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Autore: _aivy_demi_    07/04/2018    23 recensioni
Questa OS fa parte de "Il gioco di Pasqua" del gruppo fb "Il giardino di Efp".
Prompt: "hai detto qualcosa?" "dicevo... hai degli occhi veramente strani".
Ho impostato questa fic in Boruto, nel periodo in cui Sasuke era ancora via di casa e Sarada era solo una bambina. Qui un primo ipotetico incontro tra i due :)
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sarada Uchiha, Sasuke Uchiha | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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GIOCO DI PASQUA 2018: IL GIARDINO DI EFP

 

uovo n. 22

prompt: “hai detto qualcosa?” “dicevo... hai degli occhi veramente strani”

 

fandom Boruto

 

 

Sasuke Uchiha, di ritorno da una delle solite ronde al di fuori di Konoha, si diresse presso l'ufficio del Settimo Hokage; passando per una delle strade secondarie, capitò accanto ad uno dei piccoli parchi alla periferia del villaggio.

Una bimba dai capelli neri stava raccogliendo fiori lì accanto: l'Uchiha non poté far altro che ammettere d'aver incontrato proprio sua figlia, tra le migliaia di persone che abitavano la Foglia. Facendo finta di niente, continuò: doveva far rapporto, le missioni venivano prima di ogni cosa.

Raggiunto il posto stabilito, Sasuke entrò dalla finestra, come suo solito.

-Esiste anche la porta sai?

Naruto rimbeccò il comportamento dell'altro, alquanto fastidioso a suo dire.

-Lo sai che preferisco non farmi vedere.

-Smettila, sono passati più di dieci anni da quando hai preso l'abitudine di comportarti in questa maniera. Hai salvato Konoha ed il mondo, la gente lo ha riconosciuto da tempo: quindi, perché fai ancora così?

Il moro non rispose: era una di quelle situazioni in cui non sapeva cosa dire, o semplicemente non voleva farlo.

-Devi smettere di nasconderti.

-Tu dovresti invece imparare a farti i fatti tuoi.

-Simpatico come al solito.

L'uomo porse una pergamena ad Uzumaki, che ne lesse il contenuto in silenzio.

-Bene, vedo che ormai la situazione è stabile, ottimo lavoro.

L'Uchiha non disse nulla, perso nel pensiero della piccola che incontrò poco prima. Naturalmente il Settimo si rese conto dell'improbabile distrazione dell'altro, sentendosi in dovere di intromettersi, come suo solito.

-Sei andato da lei?

Un'altra domanda che sarebbe rimasta fine a sé stessa: no, Sasuke non era ancora tornato da Sakura. Non sapeva neppure spiegarne il motivo, ma qualcosa lo bloccava all'idea raggiungere la propria famiglia.

-Sarada vorrebbe incontrarti lo sai? E' piccola, ma penso sia giunto il momento per lei di vedere di nuovo il padre, no?

-Non sono cose che ti riguardano.

L'Hokage sospirò, massaggiandosi la tempia con le dita.

-Sasuke, posso parlare sinceramente per una volta?

-Lo fai sempre, perché devi scocciarmi di nuovo?

-E' una cosa importante, tua moglie mi ha chiesto di nuovo tue notizie: io non so più cosa rispondere quando mi domanda del tuo ritorno. Ti sta aspettando, ne sta soffrendo.

Il silenzio cadde pesante nell'ufficio: l'Uchiha si sentì sotto processo, ma immaginava che prima o poi sarebbe arrivato il momento in cui Naruto avrebbe affrontato l'argomento. Quando il biondo si impuntava su qualcosa, era difficile dissuaderlo.

Uzumaki sospirò visibilmente, osservando con fare combattivo Sasuke.

-Stavolta va da lei, se lo merita.

-Chi sei tu per permetterti di parlarmi in questo modo?

L'uomo si alzò, scostandosi dalla scrivania e portandosi davanti al moro; lo sguardo che si scambiarono fu duro. Nessuno avrebbe ceduto, il carattere testardo di entrambi certo non lo avrebbe permesso.

-Non hai idea di ciò che ha passato Sakura per colpa tua, ha tutto il diritto di volerti vedere. Glielo devi.

-Taci!

-Non permetterti di zittirmi, visto che sono io che ho badato a tua figlia mentre tu te ne andavi in giro!

L'atmosfera già pesante palesò il disagio, Naruto sentì l'improvviso impulso di sferrare un pugno in faccia all'altro, tentando di fargli capire che il punto di vista dell'Uchiha non era per niente corretto nei confronti di chi lo amava; caricò il braccio, ma fermò il gesto ad un centimetro dal viso dell'amico.

-Te lo chiedo per favore, va da loro.

I due restarono fermi così, uno di fronte all'altro, per un tempo che parve interminabile. Senza aggiungere nulla alle parole di Uzumaki, Sasuke riprese la via del davanzale per uscire dall'edificio.

“Fa la cosa giusta, anche per te.” Naruto si sporse, guardando il sole tramontare illuminando di rosso i tetti di Konoha.

 

-Mamma, guarda cosa ho preso per te!

La piccola Sarada corse attraverso il parco, stringendo in mano qualche fiorellino, mostrandolo trionfante alla madre che la stava aspettando seduta su una panchina.

-Sono bellissimi tesoro, ma ora vieni, è ora di tornare a casa.

La bambina prese la mano di Sakura, saltellando allegra e calciando i sassolini che le si presentavano davanti seguendo la direzione del sentiero acciottolato.

Arrivate a casa, si dedicarono ad un bagno caldo ed una cena rincuorante: portare a spasso la figlia per Sakura era sempre un gran dispendio di energie. La donna sospirò, confrontando la fatica delle missioni a cui ormai non poteva partecipare, con quella di fare da madre e da padre alla piccola: sì, decisamente essere kunoichi era meno sfiancante.

La sera scese placidamente, portando il silenzio per le vie della Foglia. Sarada, accovacciata sul tappeto, giocava con le costruzioni di una fattoria, mentre la madre leggeva un volume sui jutsu medici di ultima generazione. La tranquillità di casa Haruno venne spezzata da un lieve rumore di nocche sulla porta d'entrata.

“Strano, non aspetto nessuno a quest'ora.” La donna si mosse verso l'uscio, i nervi tesi; aprì lentamente la porta, pronta ad ogni evenienza.

-Sì...?!- Sakura ebbe appena il tempo di concludere la sillaba che si smorzò in gola, restando senza fiato: davanti a lei, Sasuke.

L'Uchiha attese impassibile davanti all'entrata; il volto della donna si riempì di lacrime, e non poté fare a meno di muoversi verso l'amato, gettandogli le braccia al collo e singhiozzando sulla sua spalla. Non ci furono parole, ma l'uomo chiuse gli occhi, poggiando il proprio viso accanto a quello di lei.

La Haruno si mosse verso la sala, ancora scossa, asciugandosi le gote umide arrossate dall'emozione. Sarada corse verso la madre, con un animaletto di plastica in mano.

-Guarda mamma, il cavallo vola!

La bambina si fermò un attimo davanti al padre, squadrandolo per un secondo, tornando poi a giocare accanto al tavolinetto dove ormai la fattoria aveva preso spazio a gran parte del salotto.

-Accomodati, posso portarti qualcosa?

-Non serve, grazie.

I due si sedettero uno accanto all'altro, mentre le mani di Sakura tremavano come quelle di un'adolescente innamorata; sentì le proprie dita sfiorate leggermente da una mano calda e rassicurante. Ancora non riusciva a credere ai propri occhi, faticava ad immaginare un momento così meraviglioso come quello che stava vivendo. Si godette il silenzio che li avvolse, mentre la bimba continuava ad imitare i versi degli animali, uno dopo l'altro, muovendoli in tutte le direzioni ed interagendo con loro.

-E' parecchio cresciuta.

Scossa da una voce così familiare che per tante notti la confortò solo nei sogni, la Haruno si voltò verso Sasuke, sorridendogli.

-Ed è davvero bella- il moro sollevò un braccio, carezzando il viso della donna. -ti somiglia molto.

Non si scambiarono altro che quella lieve effusione: Sakura già si sentì felice, vista la riduzione della distanza sia fisica che affettiva dell'uomo che amava da così tanto tempo ormai.

Sarada si voltò verso di loro, stabilendo un contatto visivo curioso e prolungato verso l'uomo che stava seduto accanto alla madre.

-Scusa signore- sussurrò da lontano la piccolina.

-Hai detto qualcosa?

La bimba si avvicinò, sedendosi accanto all'Uchiha, osservandolo attentamente in viso.

-Dicevo... Hai degli occhi davvero strani.

Sasuke sorrise: chissà cosa potesse sembrare allo sguardo di una creatura così piccola, lo sharingan accostato al rinnegan. Rosso e viola, due pupille completamente differenti, due iridi anomale.

-Sarada, non si dice così a papà.

-Papà...- la figlia sgranò gli occhi, che si riempirono di lacrime fino ad offuscarle la vista. -Papà??

Lei si buttò letteralmente tra le braccia del moro, stringendolo forte ed inumidendone i vestiti: i gemiti scossero il corpicino accoccolato all'uomo, che carezzò con fare dolce e delicato la testa corvina.

I tre stettero così, godendo di quel momento di quiete e vicinanza reciproca: questo fu il primo vero ricordo del padre che Sarada riuscì a formulare nella propria mente.

Sasuke si alzò dal divano, stringendo ancora in braccio la figlia che già dormiva profondamente: Sakura li accompagnò in camera, poggiando la piccola sul letto. L'uomo le rimboccò le coperte, le posò un lieve bacio sulla fronte, sussurrandole di passare una buona nottata; la donna attese all'uscio della porta, quasi commuovendosi alla vista di quel quadretto che mai avrebbe sperato di vivere. Purtroppo si era convinta già da tempo che l'amato non sarebbe più tornato da lei, troppo preso dal lavoro e dal tentativo di redimersi per gli errori della propria esistenza passata. Si spostarono entrambi in sala, pronti ad affrontare il loro primo incontro dopo anni.

La Haruno, particolarmente tesa, fece cenno all'Uchiha di accomodarsi accanto a lei, sedendosi nuovamente su quel sofà che aveva sostenuto il primo vero momento di famiglia in quella casa. La donna non riuscì ad esternare subito tutto ciò che aveva dentro: quell'abitudine l'aveva persa da tempo ormai. Non sapeva esattamente come muoversi, non osava chiedere nulla riguardo al lavoro, tanto meno alla vita privata di quello che era il suo compagno.

-Senti, Sakura... Mi dispiace.

Lei sospirò, voltandosi: lo sguardo che gli lanciò non fu benevolo, nemmeno comprensivo.

-Già in passato ho sopportato poco le tue scuse, ora non voglio saperne. Anche perché non è a me che devi rivolgerle, ma a Sarada.

La donna non ottenne alcuna risposta; di certo l'Uchiha non avrebbe avuto la faccia tosta di rimbeccare alle parole rivolte con un leggero sentore di cattiveria. La Haruno lo fissò negli occhi: si era decisa a fargli capire il proprio punto di vista, e non l'avrebbe lasciato andare finché non avesse compreso tutto.

-Sai quanto abbiamo sofferto per colpa tua? Per favore, non interrompermi. Non hai mai sopportato i dialoghi lunghi, ma adesso starai a sentirmi, perché hai il dovere di riconoscere quello che ti sei lasciato alle spalle. Dalla nascita di nostra figlia, hai ricominciato ad uscire costantemente in missione, e non ho mai capito se lo facessi per scappare dalle tue responsabilità, o per redimerti nei nostri confronti. Beh, fortunatamente Sarada è sufficientemente piccola per non dare troppo peso a queste cose, ma sta cominciando a chiedere il motivo per cui in casa non ci fosse un padre, come tutte le famiglie normali; non ho intenzione di raccontarle delle favole, quindi ora che ti ha visto penso sia corretto da parte tua renderti partecipe della nostra vita. Non mi importa se non ci sarai spesso, posso capire che tu sia l'ombra dell'Hokage, e l'ho sempre saputo... Ma ci siamo anche noi, che ogni giorno aspettiamo di poterti riabbracciare.

Sakura decise di fermarsi un attimo, prima di sentire la propria voce tremare: non voleva vacillare di fronte al marito, non voleva più mostrarsi debole.

-La prossima volta, passa da casa quando finisci una missione, anche perché torni a Konoha a far rapporto al Settimo, giusto?

Sasuke fissò il proprio sguardo su quello della donna, prendendole la mano e portandosela alle labbra: sfiorò la pelle con un lieve bacio, sentendola tremare sotto il proprio tocco. Il moro alzò lo sguardo ed accennò un sorriso sincero.

-Passerò.

-Resterai qui?- il tremolio nella voce di lei tradì l'emozione, soprattutto la rassegnazione.

-Devo ripartire, i confini occidentali devono essere tenuti maggiormente sotto controllo.

La Haruno abbassò il viso, tentando di nascondere la delusione che trapelava dal proprio sguardo.

-Starò qui finché non ti addormenterai.

Non fu più necessario dire nulla, per lei era sufficiente percepire nuovamente il profumo tanto amato, toccare quella pelle così pallida e delicata, poggiare il proprio capo sulla sua spalla, rilassandosi e godendo di ogni singolo istante passato accanto alla persona a cui aveva votato il proprio amore anni addietro. Il respiro si fece tranquillo e lento, il silenzio ben accetto accompagnò rapidamente la donna verso un sonno rilassante.

L'Uchiha le carezzò delicatamente il viso, scostando i capelli che le ricadevano sugli occhi; constatando il sonno profondo, si scostò, baciandole la fronte. Era arrivato il momento di ripartire, ma prima di uscire di casa l'uomo passò per la cucina, rovistando in tasca e scrivendo rapidamente una nota su un foglietto.

 

-Mamma! Dov'è papà?

-Amore, intanto si dice buongiorno.

Sakura si sporse per prendere in braccio Sarada, baciandola sulla guancia ed arruffandole i capelli corvini.

-Va bene, buongiorno. Dov'è papà?

La donna sospirò, osservando la bambina a cui avrebbe dovuto dare una notizia non buona.

-E' tornato al lavoro.

C'era da aspettarselo: la piccola cominciò a piangere copiosamente.

-Ma io lo volevo qui!

-Lo so amore, ma tornerà presto.

Sarada si asciugò velocemente il viso bagnato con la manica del pigiama.

-Davvero?

-Sì, promesso.

Il più radioso dei sorrisi illuminò il suo volto, mentre la bimba corse in sala a giocare.

La donna si avvicinò al frigorifero, dove una calamita a forma di fiore reggeva un foglietto con poche parole scritte con una grafia familiare: “Una settimana e sarò di ritorno. Sasuke.” La Haruno staccò il magnete recuperando la nota appuntata, stringendosela al petto e sorridendo.

-Ti aspetto- disse, guardando fuori dalla finestra. Stavolta ne era sicura, sarebbe tornato: anche solo per una sera alla volta, ma avrebbe varcato la porta di casa, passando del tempo con loro. I pensieri della donna vennero interrotti dalla voce proveniente dal salotto.

-Mamma, facciamo un disegno per papà?

-Che bella idea, arrivo tesoro.

Quella mattina, in casa Haruno, il sole sembrò splendere più del solito, e l'atmosfera che si respirava nell'aria finalmente era più leggera. Sakura ripensò alle carezze della sera prima, alla sensazione di protezione e amore che provò nell'addormentarsi accanto a Sasuke; emozioni che avrebbe voluto riprovare.

“Una cosa alla volta, sembra d'avere a che fare con due bambini, non con uno”, rifletté lei mentre prendeva i pastelli ed i fogli dal cassetto.

-Ricorda, di che colore faremo gli occhi?

Sarada si fermò un attimo a pensare, ridendo.

-Uno rosso e uno viola! Perché sono proprio strani.

La risposta accese un'improvvisa ilarità.

-Sì, strani davvero, ma mi raccomando non dirglielo di nuovo.

-Sai mamma, papà è tanto tanto bello, e io gli voglio bene.

-Lo so, gliene voglio tanto anche io. Glielo diremo quando tornerà. Ora però continua il disegno, non abbiamo tutto il tempo che vogliamo per poterlo finire, deve essere pronto per domenica va bene?

“Domenica, manca poco davvero.”

Il suono del campanello interruppe i pensieri della Haruno, che si sbrigò ad andare ad aprire.

-Naruto?

-Ehilà Sakura, passavo di qui e...

La donna sorrise, probabilmente più del dovuto, ringraziando il Settimo.

-Grazie per cosa?

-Per avermi donato un po' di felicità.

-Allora è venuto davvero?

La risposta non fu necessaria: le piccole lacrime che scesero fino al mento di Sakura furono una risposta sufficientemente chiara.

I due si sorrisero.

-Te l'avevo detto: impegnandomi, sono capace di riportarlo a casa, tutte le volte.

-Eh sì, hai proprio ragione.

“Tutte le volte, come quando eravamo ragazzini...”

-Sarada, vieni, c'è zio Naruto.

La bambina corse veloce verso l'entrata di casa, stringendo trionfante un foglio di carta completamente colorato.

-Guarda zio, è papà con gli occhi strani!

I tre scoppiarono a ridere, illuminando quella mattina con il proprio buonumore.

L'Hokage rabbrividì per un secondo: “se sa che ho riso di lui, mi ammazza.”

Uzumaki prese la piccola per mano, portandola dentro, e chiedendole con una dolcezza infinita di parlargli del padre. Tutto ciò che lei raccontò, lo fece con enorme entusiasmo. I due si scambiarono uno sguardo d'intesa, sorridendo a Sakura: lei ricambiò di getto, e quel giorno si sentì bene, come non accadeva da molto ormai. Perché? Finalmente percepì il legame ricucirsi pian piano; un rapporto instabile aveva trovato modo di ricominciare a funzionare anche grazie all'intervento dell'amico che ora stava in sua compagnia.

-Ehi, si vede che oggi stai bene sai?

-Dici? Si nota tanto?

-Decisamente, e va bene così.

-Davvero, grazie.

Non ebbero bisogno di dirsi altro, gli occhi della donna parlavano da soli. D'altronde, dopo tutto quel tempo, una domenica non sembrava poi così lontana.

 

 

   
 
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