Storie originali > Introspettivo
Segui la storia  |       
Autore: Pareidolia    10/04/2018    1 recensioni
Un'entità sconosciuta si ritrova a viaggiare tra diversi corpi in diverse dimensioni, alla disperata ricerca della propria identità. A guidarlo, creando intervalli tra i cambi di corpo e dimensione, saranno delle misteriose visioni dalle immagini ricorrenti.
Genere: Erotico, Horror, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Mischiandomi al buio delle ombre proiettate ovunque dai giganteschi palazzi, scivolavo piano fra le mute vie della città. Alle mie spalle il divario fra il mio corpo in movimento e tutto ciò a cui da sempre ero abituato si faceva più vasto, fino a divenire abissale. Eppure, nonostante la mia camminata fosse rapida e la mia mente conoscesse bene la strada da compiere, le vie sembravano volermi impedire di allontanarmi del tutto.
I marciapiedi sembravano non finire mai, i lampioni continuavano a rincorrersi all’infinito e i palazzi, stagliandosi minacciosi verso il nero cielo, parevano osservarmi severi.
Con crescente disperazione tentavo di allontanarmi dalla luce, dal cemento e dall’asfalto. Cercavo la fresca brezza di una foresta, la luce naturale della luna, fredda e pallida, i suoni ovattati della natura. Ma attorno a me non c’erano altro che i fantasmi di un mondo del quale non volevo più far parte e la tecnologia di una civiltà in cui nemmeno per un istante, dalla mia nascita fino a quel momento, mi ero sentito a mio agio. Un peso oscuro e vecchio mi gravava costantemente sul petto, mozzandomi il respiro ad ogni passo e facendomi a volte pentire di quella decisione.
La strada era dritta, simmetrica nella sua immensità, estesa tanto in altezza quanto in lunghezza e il vento che vi si agitava dentro era un presagio nero, spaventoso.
Ovunque i miei occhi vagassero non vedevano altro che sguardi fissi sui miei passi. Sguardi spaventati, alcuni, altri invece severi o addirittura sconcertati. T6ale era la convinzione che la città fosse perfetta che era impossibile per chiunque credere che qualcuno volesse allontanarsene. Eppure io in quel luogo non possedevo nulla per cui valesse la pena continuare a soffrire, nulla che rendesse la dolorosa lotta chiamata vita uno sforzo valido. Il sorriso da cui ogni sera tornavo negli anni si era spento, il lavoro che per anni, in gioventù, avevo sognato, era diventato solo un ripetersi infinito come quella strada di azioni, parole e decisioni e il cuore, col tempo, mi si era fatto silenzioso. Non parlava più, non sussurrava più alcuna parola al mio animo. E che uomo può mai essere uno il cui cuore non è più capace i parlare? E vale davvero vivere una vita infernale e ormai spenta in un luogo così tetro e triste?
Era proprio per i dubbi che queste domande creavano nella mia mente che, in quel momento, percorrevo la strada che si allontanava dalla città. Per questo volevo allontanarmi da tutto ciò che la mano dell’uomo aveva plasmato. E all’improvviso, quasi come fosse una magia inaspettata, mi ritrovai oltre l’asfalto, oltre il limite marcato dai palazzi e dalla lunga strada vuota. Libero, davanti a me non avevo altro che alberi e oscurità.
Meravigliati, i miei occhi ora non vedevano più sguardi nascosti nelle ombre oltre le finestre, bensì foglie scure e piene di vita, bagnate dell’umidità che regnava delicatamente nella foresta.
Continuai, però, a camminare, quasi senza nemmeno rendermene conto. La mia mente divenne sempre più confusa ad ogni passo e i palazzi ormai si facevano sempre più lontani alle mie spalle, al punto che divennero del tutto nascosti dalle fronde degli alberi scossi dal vento.
Poco a poco una strana nebbia azzurrina iniziò a circondare ogni cosa mentre nell’intera foresta si estendeva un silenzio sottile che sembrava potersi spezzare in qualunque istante, all’improvviso. Sentii di poterlo addirittura afferrare con le dita, quel silenzio, tirandolo verso me come fosse un velo leggero e invisibile. Nel frattempo, però, ero sempre meno conscio dei miei stessi passi.
Ero in grado solo di pensare, il corpo agiva da solo continuando a camminare lungo una linea retta che non potevo vedere, addentrandosi fra gli alberi e la nebbia come se già conoscesse quel luogo oscuro e antico.
Col passare del tempo cominciai a pensare che, forse, mi ero distaccato dallo stato fisico, che il mio spirito pensante si fosse staccato da solo dal corpo e fosse sul punto di volare via, librandosi liberamente nel cielo e facendosi beffe dei comuni esseri umani che non volevano allontanarsi di un solo passo dalla città. Sentii, a quel punto, di essere in grado di compiere qualsiasi tipo di azione, persino volare. Immaginai di ritrovarmi fra le migliaia di stelle nel cielo, di sedermi sulla luna e osservare il mondo intero da lassù, ridendo delle disgrazie dei miei fratelli e delle mie sorelle sulla Terra ma niente di tutto ciò accadde.
Il mio spirito non si era affatto distaccato dal corpo, non ero asceso ad alcuna forma spirituale, bensì una volontà completamente estranea e a me sconosciuta aveva preso possesso del mio corpo, relegandomi in un angolo della mente e ora ne muoveva le gambe e la testa, guardandosi attorno e avanzando in tutta sicurezza nell’azzurrina penombra della notte.
Da dove provenisse quella volontà misteriosa, apparsa non saprei nemmeno più in che momento senza farsi notare, silenziosa come il più temibile dei predatori, non ne avevo alcuna idea. Ormai ne ero una vittima inerme. Pendevo fra i suoi denti affilati e lunghi, incapace di compiere qualsiasi azione che andasse oltre il puro pensiero. In trappola, non potevo fare altro che seguire i movimenti calmi del mio corpo e vedere ciò che il mio sguardo osservava.
Ovunque regnava la nebbia e un debole vento secco che scuoteva appena le fronde scure degli alberi. Gli unici suoni che riuscivo a sentire erano persi nello spazio, nascosti dal pallore azzurrino che aleggiava dappertutto. Si trattava, però, più che altro di fruscii misteriosi e solo ogni tanto qualche verso strano e che non avevo mai udito prima si diffondeva nell’aria.
L’atmosfera nella foresta si fece pian piano più oscura e esoterica, come se nell’aria regnasse qualcosa di vivo o come se tutti quegli alberi, i suoni, la nebbia, il vento e persino la terra umida di rugiada fossero un solo essere vivente che respirava e agiva secondo logiche estranee alla comprensione umana. Forse, cominciai a pensare, la foresta stessa stava guidando il mio corpo verso qualcosa.
Dopo qualche altro minuto, immerso ora nel silenzio più innaturale e assoluto, giunsi davanti a una porta. La superficie di legno, dipinta a mano con lunghe pennellate di rosso, presentava alcuni graffi leggeri sopra alle decorazioni floreali che ne adornavano i lati e gli angoli. Una semplice porta, immobile nel vuoto di una radura il cui terreno era coperto da rami spezzati e bianchi che sembravano ossa lucide sotto la luce lunare. Una porta appena socchiusa e che dava su una stanza che non esisteva, un bagliore quasi accecante ridotto solo a un filo sottile che mi attendeva, mi chiamava. Non sapevo verso dove conducesse quella porta o che tipo di luogo potesse avere così tanta luce ma il mio corpo si mosse comunque in quella direzione, pronto a superare l’uscio.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: Pareidolia