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Autore: kiaroski    02/07/2009    2 recensioni
Shin è una ragazza strana. Il suo aspetto è diverso da quello di chiunque altro, non per niente la chiamano lo Spettro: capelli come vetro, pelle bianca e coperta da tatuaggi luminosi, occhi come specchi...in lei c'è molto più di quanto sembri, e le dita di un passato che si tendono ad afferare il presente e il futuro viaggiano con lei e con i suoi quattro inconsapevoli compagni di viaggio...
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ci sono molti misteri a questo mondo, ma il mistero piu' grande e' quello piu' difficile da scoprire: chi siamo veramente. Nessuno ce lo puo' dire, a volte neppure noi stessi. E quando il proprio aspetto e' diverso da quello di chunque ci circondi allora e' ancora piu' difficile capirlo.

Shin non pensava esattamente questo, ma lo percepiva dentro di se' mentre osservava come d'abitudine la vita che si svegliava dopo la notte passata. Non sapeva quanti anni aveva, da dove veniva, chi erano i suoi genitori o qualunque altra cosa che riguardasse la sua storia. Persino il proprio nome se lo era scelto da sola, e solo perche' quel suono le piaceva. Pero' non era triste, solo curiosa. Adesso era alta come una bambina di sette anni, ma la sua eta' era quella di una donna quasi anziana. Lo sapeva perche' mentre le altre bambine oramai avevano gia' avuto dei figli lei era rimasta quasi uguale. Le piaceva osservarle. Le piaceva piu' di ogni altra cosa, anche piu' di procurarsi quello che desiderava. E adesso aveva deciso di osservarsi un'altra volta.

Scese dal tetto arrampicandosi per la parete come un insetto, ma nessuno la noto'. Nessuno la notava mai. Sapeva benissimo che sarebbe riuscita a sgattaiolare ovunque e nessuno l'avrebbe vista se non lo voleva. Non sapeva perche', ma era cosi'. A volte aveva pure delle specie di illuminazioni che le dicevano che poteva fare una cosa che subito prima non sapeva di poter fare, come nell'occasione in cui si era gettata giu' da un palazzo di sei piani ed era atterrata illesa e lei le accettava con la stessa naturalezza del suo respiro. Percio' non si preoccupo' troppo di venire scoperta quando si infilo' in una finestra lasciata aperta di quello che aveva sentito definire come “Palazzo estivo realeâ€, e quando atterro' silenziosamente sul tappeto non si sforzo' neppure di nascondersi alla cameriera che stava rifacendo il letto. La osservo' un po', poi si accorse che c'era quacosa dietro la tenda e si infilo' li dietro. Un quadro nuovo. Carino. In quel momento la servetta spazio' lo sguardo sull'intera stanza prima di uscire, ma non si accorse della bambina invisibile dietro lo spesso strato di tessuto. Quando richiuse la porta dietro di se' Shin usci' e si diresse allo specchio all'angolo della stanza. Quello in particolare era il suo preferito, nessun'altra casa ne aveva uno cosi' bello. Per l'ennesima volta contemplo' il suo riflesso. Sapeva che aspetto aveva la sua pelle: candida, quasi trasparente, e decorata con tanti, tantissimi sottili tatuaggi azzurri che potevano cambiare l'intensita' del loro colore e della loro luminosita' secondo il suo volere, da segni quasi invisibili a blu cupo, da nessuna luce a quella intensa di molte torce percio' non li osservo' molto e si concentro' invece sui suoi capelli. Aveva guardato spesso le altre persone, sia umani che elfi e aveva visto colori di ogni tipo ma mai come il suo. Anzi, il suo non era neppure un colore dal momento che i suoi capelli erano trasparenti, come tanti piccoli fili di vetro tessuti appositamente per la sua testa e che rendevano visibili i tatuaggi del suo cranio. Li osservo' con attenzione dato che non poteva certo vederli altrimenti, ma non riusciva mai a ricavarne un senso. Si tocco' i lunghi capelli, spostandoli bene dal viso e chiuse gli occhi per prepararsi a osservare quella partedi se' che piu' amava e la affascinava al tempo stesso: il suo sguardo. Questo di certo non poteva averlo nessuno, perche' lei non possedeva ne' iride ne' pupille ne' qualunque altro segno che facesse sembrare i suoi occhi umani. Perche' i suoi occhi erano uguali a due piccoli, perfetti specchi che riflettevano tutto cio' che guardavano, e quando guardava uno specchio l'effetto era quello di perdersi in infiniti mondi eternamemte riflessi l'uno nell'altro. Quando li chiuse, seppe che era il momento di andare. Usci' di nuovo dalla finestra, saltando a terra con leggerezza sulla strada deserta e si incammino' per le vie della citta'. Senti' qualcuno da una finestra parlare del diadema di una contessa, e decise che voleva vederlo. Poche ore dopo ciondolava in un vicolo contemplando ammirata il gioiello, ma poi una farfalla colorata le volo' accanto e lei lo lascio' cadere a terra per seguirla, affascinata. Non c'erano molte farfalle in quella citta'. Il diadema cadde dimenticato con un tonfo metallico, scintillando al sole come in una muta richiesta di attenzione. Fu raccolto da un ladro che se lo infilo' in tasca con un mezzo sorriso.

"Lo Spettro ha colpito ancora" commento' rivolto al suo giovane allievo.

"Lo Spettro?" domando' questi. Era forestiero e la sua natura scettica lo portava continuamente a indagare e fare domande.

"E' una ragazzina. O almeno lo sembra. Sentirai ancora parlare di lei, soprattutto se rimarrai quassu', nella sua citta'. Dicono che sappia rubare qualunque cosa. Se volesse, credo riuscirebbe a portarsi a casa anche la punta delle tue orecchie da elfo. Molti non la conoscono o credono sia una leggenda messa in giro dalla gilda...ma io l'ho vista"

Il ragazzo rimase in silenzio, come faceva spesso. Attendeva che il ladro si spiegasse.

"Possiamo andare, Krysian. Oggi sara' una buona giornata per noi. Quando si trova qualcosa che lo Spettro ha perso la fortuna sorride"

"Si maestro" disse il ragazzo elfo, seguendolo obbediente. Comincio' a contare dentro di se: tre, due, uno...

"Devi sapere che un paio di anni fa stavo per essere impiccato nella piazza di questa citta'" esordi'. Il giovane elfo sorrise tra se'. Dopo una settimana passata assieme conosceva l'uomo abbastanza da sapere che non era necessario stimolarlo per farsi raccontare una delle sue storie. Quella in particolare l'avrebbe sentita fino alla nausea.

"Ero finito, capisci" continuo', con gli occhi che gli brillavano al ricordo "pensavo: Hook, vecchio mio stavolta e' proprio finita. Gia' mi raccomandavo a Mercurio. E poi da lontano l'ho vista. Avevo trovato un capello il giorno prima, subito prima che mi arrestassero. Era uguale a questo, sembrava vetro. Adesso l'ho perso, capisci. Stupide scommesse. Ma allora me lo avevo legato al dito. Mi affascinava. Insomma, stavano per buttarmi giu' lo sgabello quando l'ho vista. Penso di essere stato solo io a vederla, e si che era in mezzo a una folla. Ma nessuno sembrava badarle. E si che era strana. Capelli tutti di vetro, e una pelle bianca, ma bianca come un vampiro. Sembrava un fantasma, sai. E' per questo che la chiamano lo spettro.

"Insomma, mi stavo giusto dicendo che era strana e che era strano nessuno la guardasse che ecco sento qualcosa...come una scossa in tutto il corpo e mi ritrovo a terra in ginocchio"

Il ladro guardo' l'allievo per vedere se fosse colpito. Stando al gioco il giovane elfo domando' cosa fosse successo. L'uomo sorrise, compiaciuto.

"Un mago, capisci, che doveva lanciare un incantesimo di chissa' cosa. Ma deve avere perso il controllo e ha colpito me. E io dalla piazza di Zeusia mi sono ritrovato a Eufrosine, a trecento miglia di distanza. Subito non ho capito che fosse successo. Nessuno mi badava piu' e io non avevo neppure piu' il collo attorno al cappio. In parole povere me l'ero cavata per un colpo di fortuna. E che colpo di fortuna! Un miracolo, altroche'. Solo qualche tempo dopo sono riuscito a mettere insieme i pezzi e a capire che un mago mi aveva lanciato per sbaglio un incantesimo per cui ero praticamente fuggito. Ma se non avessi avuto il capello dello Spettro...adesso non sarei qui a parlare con te, no"

"Una storia interessante" commento' dato che il maestro si aspettava un qualche commento.

"Altroche' se lo e'" annui' lui "ed e' tutto vero, parola mia. Percio' vedi...oggi sara' una giornata fortunata"

Il ragazzo non disse nulla. Non credeva a quelle cose e gli sembrava strano che il suo maestro, un veterano del crimine per cosi' dire vi prestasse fede. Avrebbe indagato in seguito sulla veridicita' della storia. Trovare quel diadema era certo stato un colpo di fortuna, del genere che non ci avrebbe creduto se glielo avessero raccontato, quanto alla sua storia...chissa', magari era stato tutto deciso da un membro della gilda che intendeva salvare Hook. Altrimenti quella storia andava oltre la semplice fortuna.

"Andiamo a bere qualcosa" disse quindi il maestro "e' da un pezzo che non torno in questa citta' ma forse la taverna dell'Aquila e' ancora aperta..." e s'incammino' parlandogli di altre cose.

Nessuno dei due si era accorto per tutto quel tempo di una bambina dallo strano aspetto che li osservava, a pochi passi di distanza. Quando se ne andarono si disinteresso' di loro e si arrampico' sul muro privo di appigli di una casa con la stessa facilita' che se avesse avuto una scala a disposizione. Stesa sul tetto si mise a contemplare il cielo fino a quando, lo sapeva, non le sarebbe venuta voglia di fare qualcos'altro.


Settant'anni dopo


L'imperatore Taddeus Augustus III e Lord Iulius Ressalt, capo di una delle famiglie piu' ricche e influenti dell'impero attendevano in silenzio l'arrivo dei loro ospiti. Erano soli nella stanza, come richiesto da questi ultimi e trascorrevano l'attesa il primo rimanendo seduto immobile sulla propria sedia e il secondo misurando la stanza a grandi passi.

"Avete idea di quello che gli elfi vogliono? Siete stato voi ad insistere perche' accettassi questo incontro" disse infine il sovrano, spezzando il silenzio che durava ormai da piu' di mezz'ora.

"Vagamente, maesta'".

"Ha a che fare con la lettera che avete ricevuto da vostro figlio?".

"Si, maesta'. Ho ragione di credere che alla famiglia Erysdlin sia accaduto lo stesso".

"Capisco" dichiaro' il sovrano "vorrei solo averla letta anch'io".

Lord Ressalt fece per rispondere ma una guardia busso' alla porta e annuncio' l'arrivo degli ospiti con tono accuratamente neutro.

"Falli entrare" ordino' il sovrano alzandosi e quattro elfi fecero il loro ingresso nella piccola sala con l'aria di trovarsi perfettamente a loro agio e cio' sconcerto' leggermente l'imperatore, abituato alla soggezione di quanti si trovavano per la prima volta in sua presenza.

Il primo ad entrare sembrava estremamente anziano. La pelle chiara normalmente liscia in un elfo anche di una certa eta' era una maschera di rughe sottili e una barbetta bianca gli ornava il mento, unico indizio che un tempo forse anche dei capelli ne avessero ornato il cranio. Per camminare si appoggiava a un bastone nodoso fatto su misura, e nonostante il fisico debole e sottile come quello di un passerotto il suo sguardo possedeva la stessa acutezza di quello di un'aquila. Il secondo era un elfo dalla pelle scura, calvo a sua volta e dall'aria seria e compassata. Sia l'impratore che il nobile umano lo conoscevano bene, dato che si trattava dell'ambasciatore scelto dagli elfi e avevano piu' volte avuto modo di collaborare alle questioni tra i due regni. La terza era sua moglie, una donna elfica molto bella e seria come il marito, con lunghi capelli neri che le incorniciavano il volto grigio cenere e gli occhi neri intelligenti ed espressivi. L'ultima era meno bella, ma tutta la sua persona emanava una innata maesta' tale che persino in mezzo a una folla si sarebbe potuta rconoscere per quello che era.

"Maesta', voi mi onorate" esclamo' il sovrano umano preso alla sprovvista. Aveva visto solo una volta la regiona elfica alla propria cerimonia di inaugurazione ed era stato certo che non l'0avrebbe mai piu' vista per tutto il resto della sua vita. Lei rispose secondo le convenienze e prese posto alla sedia offertagli dal re umano.

"Non prevedevo di venire a farvi visita, sire, ma i miei consiglieri hanno tanto insistito che alla fine ho deciso di accontentarli...e poiche' persino il maestro Bolzac" e chino' il capo verso l'anziano elfo "si e' unito a loro alla fine ho ceduto. Spero che sia quantomeno questione di vita o di morte" aggiunse storcendo il naso.

"Maesta', volete che vi facia portare qualcosa?" chiese il sire sollecito prendendo un'altra sedia per se' e sistemandola a poca distanza da quella della nobile elfa. Era ancora scosso da quell'incontro inaspettato.

"Tutto quello che vorrei" ribatte' la regina "e' sapere finalmente perche' dobbiamo per forza trovarci insieme qui invece di condurre le nostre questioni come sempre. Non lo dico per offendere la vostra ospitalita', Maesta', che e' eccellente nonostante la situazione improvvisa in cui vi siete trovato" aggiunse quindi dato che si era resa conto di essere suonata un po' dura "ma davvero non comprendo cosa possa esserci di cosi' importante".

"Vorremmo che leggeste una lettera" dichiaro' l'elfo piu' vecchio, imperturbato. Gli altri due elfi e il nomile umano trasalirono e si scambiarono un'occhiata. Non era cosi' che si erano aspettati di esordire nello spiegare la questione.

"Tutto qui?" chiese il re, accigliandosi visibilmente. La regina si imporporo' visibilmente, e cio' non era facile data la sua carnagione color cenere.

"Avete importunato la vostra sovrana e il re nostro vicino per leggere una lettera?" chiese lei con voce gelida.

"Si" ribatte' Bolzac, imperturbato.

"Spero almeno che sia qualcosa di importante" ribatte' la regina.

"Maesta'" disse il vecchio elfo "voi mi conoscete da quando siete nata, e quanto a voi, Maesta'" aggiunse con un lieve cenno del capo in segno di rispetto al re umano "voi e i vostri antenati avete avuto modo di conoscere se non la mia persona almeno la mia fama, e vi assicuro che in tutta la mia vita nulla, e ripeto nulla di quel che ho visto e vissuto ha la stessa importanza che potrebbe avere in futuro questa lettera"

I due sovrani si scambiarono un'occhiata. Avevano solo una vaghissima idea di quello di cui parlavano i propri consiglieri, e avevano acconsentito a quell'incontro solo dopo pressanti richieste. D'altra parte entrambi, specialmente la regina, conoscevano la fama del Maestro Bolzac Yassumandol, piu' una leggenda di una persona in carne ed ossa e non avevano dubbi che le sue parole fossero vere.

"Cosa c'e' in queste lettere?" chiese infine l'imperatore cedendo suo malgrado.

"Leggete" li invito' il vecchio elfo, e la nobile elfa e il nobile umano porsero ai loro sovrani un plico di carta. Entrambi afferrarono il primo foglio e iniziarono a leggere.

"E' il caso che vi avverta che alcune parti sono state aggiunte da me per spiegare cose altrimenti difficili da comprendere per voi" spiego' l'elfa non appena le loro maesta' ebbero terminato la prima pagina, che cosi' riportava:


“Ai popoli che vivono nel Bosco Azzurro e nell'Impero delle Nuvole, presso le famiglie Erysdlin e Ressalt e i loro sovrani e ad ogni popolo che vive nel mondo perche' apprendano la nostra storia.


Shin, Kayon Jeen, Mihael Ruben Ressalt, Shridan Erysdlyn e Tina Ditalievi


inviano i loro diari e il loro affetto.


Per iniziare

Sono successe molte cose da quando abbiamo iniziato il nostro viaggio, e qui riportiamo i fatti come si sono svolti dal nostro incontro con Shin ad oggi. La prima parte e' costituita dalle testimonianze su quanto ricordiamo dei primi mesi in cui e' iniziata la nostra avventura, successivamente abbiamo ricopiato in ordine cronologico i diari che ognuno di noi ha tenuto dal momento in cui siamo divenuti parte dell'equipaggio della “Estella†in poi.

Ci sono commenti personali che possono non farci onore, e non abbiamo ne' il tempo ne' l'intenzione di cambiare quanto scritto, ma ognuno di loro e' assolutamente sincero.

Speriamo che la nostra esperinza possa essere utile a voi anche solo un decimo di quanto lo e' stata a noi.

Con affetto, i Viaggiatori e Shin, lo Spettro di Zeusia.


Ps: alla fine del viaggio il capitano ci ha chiamato e ha inserito alcune pagine di sua iniziativa, che troverete con una calligrafia differente dalla nostra. Ignoriamo quando le abbia scritte, ma pensiamo si tratti di occasioni particolari.â€


Molte ore dopo, interrotte solo da qualche intervallo per riposare gli occhi o mangiare qualcosa i due sovrani deposero l'ultimo foglio in cima alla pila. Entrambi erano pallidi in viso e preoccupati.

"Ma e' tutto vero?" chiese il re.

"Al di la' di ogni piu' ragionevole dubbio" rispose Bolzac.

"Non si puo' fare nulla?" chiese la sovrana guardandolo fisso negli occhi.

"Non piu'" rispose lui.

"Ma allora...che succedera'?" chiese l'imperatore, pallido in volto.

Nessuno gli diede una risposta.


  
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