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Autore: Blackmoody    25/04/2005    8 recensioni
In una notte tanto serena quanto particolare, le riflessioni di Goku sul suo passato e sul rapporto che lo lega a Sanzo.
Anche la scimmia pensa, signori miei.
Genere: Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Genjo Sanzo Hoshi, Son Goku
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The Black Moody’s fanfics corporation presents

 

 

The Black Moody’s fanfics corporation presents

 

Listen to me

 

 

 

Mi è sempre piaciuta la notte. Non saprei dirne il perché, visto che da un lato è capace di turbarmi, di suscitare ricordi poco gradevoli, ma mi piace. Sarà che nelle notti come questa mi viene naturale riflettere su cose che, normalmente, occupano solo un misero spazio della mia semplice mente. Anche la scimmia pensa, signori miei. Non ho idea di che faccia farebbero gli altri se glielo dicessi… mi prenderebbero in giro, con molte probabilità, o non mi crederebbero.

Soprattutto Sanzo. Forse è per questo motivo che non gli ho mai parlato delle mie riflessioni notturne, perché non sopporterei un suo commento sarcastico, disinteressato, su questioni che lo riguardano da vicino. Lui non lo sa, non deve saperlo, ma è uno dei miei principali pensieri, nelle notti come questa. Non credo che avrò mai il coraggio di dirlo.

Lo sto guardando anche adesso: dorme alla mia destra, incurante del russare sordo di Gojyo – chissà com’è che ci è toccata una stanza da quattro? – il volto placido e disteso nella chiazza di pallida luce lunare.

Lo sto guardando quasi ipnotizzato, ancora una volta, senza riuscire a distogliere gli occhi. Vorrei che capisse quello che provo, perché è difficile spiegarlo a voce. Ed io non sono mai stato bravo con le parole serie.

Quello che provo… è così strano da definire! Affetto, ammirazione, soggezione: nessuno di questi è la risposta giusta, e al tempo stesso lo sono tutti. Sentimenti nuovi e al tempo stesso antichi, conosciuti. Ecco un’altra cosa che non saprò mai spiegare. E gratitudine, una gratitudine tanto immensa da farmi paura.

Alzo lo sguardo verso la piccola falce di luna che brilla fioca oltre la persiana; involontariamente, i ricordi m’investono, impietosi, impossibili da scacciare. Ma non conoscono il concetto di “tregua”, queste maledette immagini?

Una larga cella scavata nella roccia, sbarre di pietra, strane colonne attraverso le quali filtrano i raggi del sole.

La mia solitudine, i giorni che non passano mai e che si assomigliano talmente gli uni agli altri da ucciderti.

La mia voce che risuona invano tra le pareti di roccia dura. In cerca di cosa?

 

 

I'll be standing here and I'm miles away
Making signals hoping they'd save me
I lock myself inside these walls
'Cause out there I'm always wrong
I don't think I'm gonna make it
So while I'm sitting here
On the eve of my death bed
I'll write this letter and hope it saves me

 

 

Se avessi avuto carta e inchiostro avrei tentato di spedire un messaggio di parole scritte al mondo che si apriva al di fuori di quel luogo, nella speranza che qualcuno leggesse il mio grido d’aiuto. Ma avevo soltanto la mia voce con me, e non sapevo come avrebbe potuto aiutarmi, non lo sapevo davvero. Non ci avevo nemmeno mai pensato, in tutti quegli anni eterni, fino al giorno in cui la mia disperazione si era fatta opprimente, insostenibile.

Desideravo solo essere libero, come quel passerotto che osservavo volare al di là delle sbarre. Libero, come tutti.

 

 

Is anybody listening?
Can they hear me when I call?
I'm shooting signals in the air
'Cause I need somebody's help
I can't make it on my own
So I'm giving up myself
Is anybody listening
Listening

 

 

Inviavo pensieri disperati, pensando che qualcuno li avrebbe recepiti, anche a migliaia di chilometri di distanza da quel luogo dimenticato da Dio. Pensavo, e pregavo, e piangevo, forse, ma di questo non ho chiara memoria.

Non volevo morire lì, da solo, perché sapevo – e non avevo idea di come facessi a saperlo – che non ero sempre stato solo in vita mia. In quel tempo di cui non ricordavo niente ero stato circondato da altre persone e conoscevo cosa significasse l’avere qualcuno accanto. Ecco perché non riuscivo a sopportare l’idea di morire in quella cella.

Di sparire dal mondo senza averlo conosciuto, senza che lui avesse conosciuto me.

Fu così che un giorno iniziai a urlare. Non so bene quali parole mi uscirono fuori, mentre il petto mi bruciava ed il cuore sembrava scoppiarmi. Qualcuno mi senta! Qualcuno mi ascolti! Qualcuno mi liberi! Sono qui! Sono qui! SONO QUI!

 

 

I'm lost here
I can't make it on my own
I don't wanna die alone
I'm so scared
Drowning now
Reaching out
Holding on to everything I loved
Crying out
Dying now
Need some help

 

 

Urlai e parlai ad alta voce per giorni interi, sperando che servisse davvero a qualcosa. Una parte di me era convinta che fosse una speranza illusoria, ma ero deciso a non arrendermi. È incredibile quanta determinazione potesse esserci in uno come me, un moccioso sacrilego che aveva compreso a malapena il senso della sua finora inutile esistenza.

Gridai come un forsennato e alla fine, dopo non so quanto, qualcuno arrivò.

Il sole mi colpì gli occhi, poi una sagoma bianca mi si parò di fronte: il mio richiamo gli dava fastidio, mi disse, e l’unico modo che conosceva per farlo cessare era portarmi via di lì. E mi portò con sé.

Mi aveva sentito, ascoltato, liberato. Il moccioso sacrilego tornava nel mondo.

 

 

Is anybody listening?
Can you hear me when I call?
Shooting signals in the air
I need somebody's help
I can't make it on my own
So I'm giving up myself
Is anybody listening?

 

 

Sospiro, accorgendomi con sollievo che i ricordi mi stanno lasciando in pace. Stavolta però sono stati meno tremendi del solito. Mi volto verso Sanzo, ancora profondamente addormentato. Se sapesse cosa rappresenta per me, se sapesse quanto mi ha donato, quante sensazioni mi suscita dentro… se sapesse quanto è importante ai miei occhi.

Allungo un braccio, azzardandomi a sfiorargli i capelli, una tempia, con la punta delle dita. Per fortuna non se ne accorge, continua a dormire.

Ma in questa notte tanto particolare vorrei fregarmene delle mie inibizioni, della mia timidezza, delle mie paure.

Vorrei soltanto dormire abbracciato a lui, anche senza svegliarlo, comunicargli così quello che sento. Vorrei stringere quella mano che una volta mi ha teso. L’ho detto che non sono bravo con le parole, no? Vorrei solo questo.

Ciò che ho trovato non voglio perderlo, non questa volta.

La mia luce, il mio mondo, la mia salvezza. La mia libertà. Lui è tutto questo.

Sorrido, e mi decido finalmente a stendermi sotto le coperte. Mi è venuto sonno, con tutto questo riflettere. Mi rannicchio contro il fianco di Sanzo: non m’importa se domattina mi darà il buongiorno picchiandomi con l’harisen e chiamandomi “stupida scimmia”. In una notte così, non è certo questo spaventarmi.

 

 

I'll send an SOS tonight
Wonder if I will survive
How in the hell did I get so far away this time?
So now I'm sitting here
The time of my departure's near
I say a prayer
Please someone save me
Is anybody listening?

 

 

… ma non salvatemi adesso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Un ringraziamento speciale a Minekura-sensei e a tutti coloro che hanno letto questa breve storia.

Song: “S.O.S.” dei Good Charlotte

Copyright: Black Moody aka Reidur © All rights reserved

 

 

 

 

 






 




 

  
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