19/04/2018
1 recensioniI personaggi non mi appartengono. La storia non è scritta a scopo di lucro.
Quello che resta
Nami inspira a fondo dalle narici, riempiendosi fin nei polmoni del puzzo che infesta la Sunny. C’è qualcosa di rotto, lì, in mezzo a loro, dappertutto. Come una sorta di acre e umida infelicità. La sente entrarle a poco a poco nella pelle, poi nella carne e infine nelle ossa – una scheggia dritta nel cuore.
Cerca di dissimulare il suo stato d’animo, ma ogni giorno che trascorre è sempre peggio. Vorrebbe vomitare, persino con Rufy che, sopra di lei, ansima e spinge e la guarda dritto negli occhi, fino in fondo – dentro l’anima, senza sosta – squarci stellari. Allora non ha scelta, se non soffocare in fondo alla gola ogni conato, ogni singhiozzo, ogni gemito, tutto. Si lascia stringere, toccare, baciare e teme di perdersi, prima o poi, in quella foga – disperazione che lacera entrambi.
Da quando si sono riuniti, le pare essere andato tutto in pezzi. Forse era già da prima, quando ha teso la mano verso Rufy e lui non l’ha salvata – una promessa spezzata è come un cuore in frantumi: non c’è nulla che possa rimettere ogni coccio al suo posto. E Nami sa, a malincuore, devastata, che del sesso non basterà a risanare ferite vecchie di anni – li hanno colpiti a morte.
Nel mezzo di tutto, tra il puzzo e le lacrime sul cuscino, la fitta più lancinante e sorda è guardare il capitano negli occhi, sotto la tesa sempre più buia del cappello di paglia, dritto nel centro della pupilla, e trovarci solo un’ombra sterile del passato. È un ricordo sbiadito che vive con loro, spronato da un’abitudine, e nulla di più. E Nami lo guarda dritto negli occhi, mentre fanno l’amore più bastardo al mondo, in modo da rimembrarsi sempre che quello non è il suo Rufy, che quello non è fare l’amore con il suo Rufy – e la parte ridicola è che nemmeno sa come sia fare l’amore con lui.
Le stringe i capelli fino a farle male e lei gli graffia la schiena. Sente la pelle spaccarsi sotto al suo tocco e dopo poco il sangue gocciolare. Si muove con forza dentro di lei ed è come un piccolo terremoto interiore, che la sconquassa e travolge – e c’è la morte, c’è la distruzione, c’è la disperazione.
Vorrebbe maledettamente tanto, da fare male, tornare a due anni prima e urlare in faccia a quel fottuto mondo di non mandare a morte Portuguese D. Ace, ch’è solo un’anima a pezzi, come ognuno di loro, ch’è il fratello di qualcuno.
Ansima forte, mentre Rufy le lecca un capezzolo turgido e la soffoca nel suo abbraccio spezzato.
L’ha capito nell’immediato che qualcosa non andava, il giorno del loro incontro. C’erano delle scheggiature troppo arzigogolate e stridenti nel suo sorriso e nel suo sguardo e sulla sua pelle, per non chiedersi chi diavolo fosse quella persona che stava loro dinanzi. Non sa rispondersi nemmeno ora, a settimane di distanza.
Rufy è divenuto un rompicapo diabolico – non ci sono più i dolci e buffi momenti di prima. Le odora i capelli, ripetendole come ogni volta quanto siano belli così lunghi, ma non c’è dolcezza nelle sue parole – non c’è nulla – sono vuote come lui – prosciugato d’ogni sensazione che gli era appartenuta. Persino l’affetto singolare che le aveva sempre dimostrato pare perduto in antri disperati. Che cosa le è rimasto ora d’amare?, se lo chiede ogni giorno e ogni notte, sempre, anche ora. Non v’è risposta, non v’è pace. Ama quel fantasma come amava Rufy, perché non può amare Rufy. Così ogni carezza che gli dà è una disperata ricerca di qualcosa e ogni bacio è un lento addio.
Le morde il labbro, mentre l’orgasmo li travolge – li scaraventa e svuota d’ogni pena per qualche istante. Le si stende addosso, lasciando che le loro pelli bagnate e segnate aderiscano, che i loro lividi si facciano violacei, che il dolore torni ancora a tormentarli.
È un modo malsano di amarsi, un po’ come tagliarsi una vena e non uccidersi. Trovano la vita laddove sta il dolore e così le notti di incubi passano più alla svelta.
Ora piange Nami, come ogni volta. Lascia che le lacrime scivolino dalle ciglia lungo tutto il viso sfiorito – inzuppano e lacerano e spezzano lo spezzato.
«Piangi» dice solo Rufy, con una voce rauca e stravolta che non gli appartiene.
Lo dice anch’egli ogni volta, senza alcuna cattiveria. Sa che un tempo l’amava, e lui è un uomo distrutto per poter amare ancora – così le dà quello che può darle – dolore, rabbia, lividi. Quello che resta. Cerca di non impazzire Rufy.
Così Nami continua a piangere, lasciandosi sfuggire qualche singulto tremante – ultime scosse della terra – sofferenza in piena. Non parlano, non dormono, restano stesi l’uno di fianco all’altra per tutta la notte di terrori perché Rufy non è più Rufy e Nami non lo ha mai potuto amare.
Angolo ritagliato
Ogni tanto mi piace ritornare a bazzicare su questo fandom, e su questa coppia in particolare.
Era da un po' che la suddetta One shot se ne stava a prendere polvere nel mio computer, in attesa - forse del coraggio di pubblicarla. Non è la prima volta che tratto il rapporto di questi due personaggi in chiave così amara, problematica. Mi piacciono molto come coppia e ho una vena per l'angst, quindi eccoci qua. Spero di aver mantenuto la caratterizzazione per entrambi, anche se Rufy non è molto presente in quanto protagonista, ma è filtrato dagli occhi di Nami.
Se vi è piaciuta o avete delle osservazioni, non esitate a farmi sapere! Grazie per l'attenzione ^^.
Mimi