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Autore: Diamond96    20/04/2018    0 recensioni
Timida, solitaria e continuamente presa in giro dai suoi compagni, Lisa ha una vita complicata fino all'arrivo di un ragazzo che le ruba il cappuccino. Il cappuccino, il centro del loro amore.
- Perché non mi lasci il tuo numero? Potremmo sentirci ancora.
- Dammi un buon motivo per farlo.
- Sono quelli che ti ruba il cappuccino.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Ciao a tutti. Questa storia mi è stata ispirata da un sogno in cui, appunto, un ragazzo mi rubò il cappuccino. Spero possa piacervi.
 
 
CAPPUCCINO

Ti rubo un sorso
 
Suonò la campanella e rimise libri e quaderni nel suo zaino. Con calma uscì dall’aula, lasciò passare prima i suoi compagni. Lisa non andava molto d’accordo con loro, spesso veniva derisa per il suo fare imbranato, così aveva assunto un atteggiamento distaccato. Cercava di evitarli il più possibile, se ne stava da sola ogni volta che poteva, si metteva sempre nell’angolo più lontano. Durante le lezioni ascoltava i professori e non parlava mai se non interpellata, in questo modo nessuno poteva prenderla in giro per la risposta sbagliata o per la sapienza. Ignorante o secchione, bello o brutto, allegro o serio, in quella scuola non faceva alcuna differenza. Quando venivi preso di mira, tutti iniziavano a prendersi gioco di te.
Si incamminò lungo i corridoi. Gli altri studenti correvano accanto a lei frettolosi di tornare a casa mentre cercava di schivarli, ma una ragazza la urtò facendola cadere. Alzò lo sguardò per vedere chi fosse quella maleducata: era alta e snella, i capelli lunghi e biondi, gli occhi azzurri come il ghiaccio, con un rossetto rosso fuoco e l’eyeliner marcato sulla palpebra superiore. Una di quelle a cui i maschi andavano dietro come fosse un’ossessione.
- Guarda dove vai, stupida! – urlò Nicole guardandola come fosse un orrendo mostro, prima di riprendere la sua strada. Non era la prima volta che quella bulletta se la prendeva con Lisa. In varie occasioni l’aveva presa in giro o le era andata addosso di proposto, giusto per dirle qualcosa e insultarla come aveva appena fatto.  Era il suo divertimento preferito.
Raccogliendo le sue cose, la sfortunata studentessa si rialzò e uscì dall’edificio. Camminò fino al cancello del cortile, dove la sua amica Serena la stava aspettando quasi completamente sola, dato che tutti gli altri erano già corsi a prendere l’autobus per tornare a casa o per andare da qualche parte a svagarsi.
- Era ora che arrivassi! Dove ti sei persa? – domandò la ragazza appoggiata al muretto con il volto annoiato.
- Nicole, come sempre. – spiegò Lisa alla compagna avviandosi verso la solita fermata, seguita da Serena. Lei era l’unica in tutta la scuola con cui era riuscita ad instaurare un vero rapporto d’amicizia. Si conoscevano fin da quando erano bambine, parlavano sempre di tutto tra di loro, anche delle brutte vicende che capitavano spesso alla povera vittima di bullismo. Conosceva anche altra gente, ma si confidava solo con quella ragazza dai lunghi capelli neri e arricciati, la pelle scura per le varie lampade che faceva in inverno e per tutto il sole che prendeva d’estate. Sapeva che gli altri la deridevano alle spalle e che non vedevano l’ora di scoprire qualche pettegolezzo da raccontare in giro. Era sfortunata, ma non ingenua.
- Inutile dirti di reagire e farle capire che deve lasciarti stare. Te l’ho detto un sacco di volte, ma tu non fai mai niente. – risposte la mora mentre si accendeva una sigaretta. Lisa non disse niente. Serena aveva ragione. Ogni volta che Nicole se la prendeva con lei, le passavano nella mente varie idee o parole da urlarle contro per potersene liberare, ma non succedeva mai. Restava sempre in silenzio, a subire, per paura di non essere abbastanza forte o, peggio, di ottenere l’effetto opposto.
Quando arrivò l’autobus salirono insieme, correndo a prendersi gli unici due posti liberi rimasti, prima che gli altri studenti facessero lo stesso. Era completamente pieno, tutti si lanciarono nel mezzo per non restare in strada ad aspettare ancora. Qualcuno entrò rimanendo sull’orlo delle porte che, quando si chiusero, per poco non presero anche i loro zaini. Un paio di volte era già capitato di vedere una piccola parte di borsa spuntare fuori da quella piccola fessura tra gli sportelli. I motori ripartirono, percorrendo gran parte della città con qualche sosta alle dovute fermate, dove, finalmente, si liberò un po’ di spazio in quella scatola metallica che era ormai diventata soffocante. Dopo una ventina di minuti Lisa arrivò alla sua destinazione. Salutò la sua amica e si avviò verso l’uscita.
- Ah, Lisa! – urlò Serena all’ultimo minuto, facendo voltare di scatto l’altra. - Tieniti libera per sabato sera, il ragazzo di mia sorella darà una festa e mi hanno invitata. Devi venire anche tu!
 
Entrò in casa, salutando la madre. Appoggiò lo zaino sul divano, si recò verso lo scaffale per prendere il libro che stava leggendo al momento, Draco, l’ombra dell’imperatore, un romanzo storico sull’epoca romana preso in prestito dalla biblioteca, ma fu subito interrotta dal fratellino.
- Lisa! Lisa! Mi aiuti con i compiti? Non riesco a fare gli esercizi! – gridò il piccolo Marco. Era ancora alle elementari, ma il più delle volte le chiedeva di aiutarlo nonostante fosse capace a fare quei semplici compiti per casa. Lei lo accontentava sempre, si divertiva a tornare bambina e a vedere quei facili esercizi che le davano quando aveva la sua età, non tutti quei libri da studiare praticamente a memoria per riuscire a passare difficili test e interrogazioni in classe.
- Vediamo un po’. – guardò il quaderno del piccolino, vedendo numeri ovunque. – Ah! Matematica! E’ facile allora. Prendiamo quelle caramelle, così impari anche tu. – si alzò e raccolse la ciotolina piena di dolcetti da usare per insegnarli a fare i conti, come facevano con lei i suoi genitori quando era ancora piccola. – Allora, abbiamo cinque caramelle e dobbiamo aggiungerne tre. – dispose le prime, poi aggiunse le altre tre. – Ora quante sono?
Marco le contò una ad una fino ad arrivare al numero desiderato, come facevano la maggior parte dei bambini. – Otto!
- Bravo! Ti sei meritato una caramella!
- Evviva! – urlò lui mentre si affrettava a togliere l’involucro di carta. Continuarono così fino al termine degli esercizi. Non erano molti e presto la ragazza poté tornare presto sul suo libro. Parlava delle nobili gesta di Flavio Claudio Giuliano, imperatore e filosofo romano. Amava quel genere di racconti, le piaceva immaginare quel vecchio mondo pieno di soldati forti e valorosi. Probabilmente se le facessero studiare tale materia tramite i romanzi storici, avrebbe alzato la media, invece di leggere le svariate vicende del passato in modo così noioso. Si immerse nella lettura, facendo passare le ore ed entrando in quel mondo passato pieno di guerra, ma anche di amore e di valori.
 
La mattina seguente si alzò ancora stanca, ma fu lieta di farlo. Quel giorno le aspettava un’uscita di classe. Niente lezioni, niente banchi di scuola, solo un po’ di aria aperta e qualche visita qua e là. Corse in bagno a farsi la doccia, si asciugò i capelli di un rosso sbiadito e li ondulò con la sua piastra, ricoprì la pelle di fondotinta, le labbra con un rossetto rosa, un po’ di matita e ombretto scuro intorno agli occhi azzurri e del mascara. Con un paio di jeans aderenti e una maglia nera larga e un po’ di scollata, ma non troppo, una semplice collana al collo, un paio di bracciali, i soliti orecchini e una spruzzata di profumo era pronta. Raccolse la sua borsetta, dato che quel giorno non avrebbe avuto bisogno di tanti libri, e si avviò verso la porta. Si guardò un secondo allo specchio per controllare che fosse tutto in ordine e pensò che doveva sistemarsi la tinta entro sabato. “La festa!” pensò, ricordandosi dell’invito.
- Mamma! – chiamò a gran voce, fin quando non vide la donna avvicinarsi e chiedere cosa volesse. – Serena mi ha invitata ad una festa sabato. Posso andare?
- Non devi studiare per qualche verifica? – domandò Silvia, ovvero la madre, preoccupata di un eventuale calo della media.
- Solo uno pratico, ma niente di particolare. Lo passerò senza problemi.
- Va bene, ma niente alcol! – detto ciò la giovane studentessa uscì di casa tutta contenta. Durante il periodo scolastico era raro che sua madre le permettesse di uscire, soprattutto in vista di test. Preferiva che sua figlia desse priorità allo studio, ma sapeva che non poteva negarle le gioie dell’adolescenza.
 
Camminarono per qualche metro dopo essere scesi dall’autobus in direzione di un bar per andare a bere qualcosa prima di avviarsi verso il museo che dovevano visitare quel giorno. Gli altri suoi compagni si fiondarono al bancone per ordinare da bere, alcuni anche delle brioches. Lisa li seguì con più calma, aspettando che gli altri si allontanassero per andare a sedersi a fare colazione.
- Solo un cappuccino, per favore. – chiese gentilmente la ragazza. Osservò il barista: un ragazzo giovane, probabilmente non aveva tanti anni più di lei, i capelli erano biondi e ricci e gli coprivano una piccola parte del volto con le guance leggermente paffute, gli occhi scuri e di media grandezza. Era alto e magro, ma dalla maglietta si intravedeva un po’ di muscolatura, le spalle larghe e le braccia grosse, sempre dovute all’allenamento che, molto probabilmente, praticava nel suo tempo libero. Aveva un sorriso stampato in volto e continuava a scherzare con il suo collega, più vecchio, basso e robusto, mentre preparava la mia bevanda. Doveva essere una persona molto allegra dato il suo comportamento. Lisa avrebbe voluto essere come lui, ma le risultava difficile. Più ci provava e meno risultava simpatica agli altri, nessuno rideva mai alle sue battute, non si interessavano alle sue poche avventure e questo l’aveva portata a parlare sempre meno, chiudendosi sempre più in se stessa.
- Ecco qui, signorina! – la avvertì il ragazzo con fare esuberante e con un sorriso ancora più grande di quello che aveva un attimo prima. Lisa allungò le braccia in direzione della tazza, ma, non appena la sfiorò, la vide allontanarsi in un attimo, raggiungere le labbra del giovane che face sparire un sorso della bevanda, lasciando un po’ di schiuma sulla pelle leggermente scura che si affrettò a pulire con la lingua, poi la vide tornare al suo posto sul piattino. Lo osservò stranita, con la bocca aperta e senza parole. Non capiva tale gesto, non aveva mai incontrato nessuno così strano da fare una cosa simile, soprattutto in un bar. Presto si accorse anche lui di quello che aveva appena fatto e diventò subito serio, arrossendo un po’. – Mi…Mi scusi. Glielo cambio subito. – disse mentre prendeva la tazzina per cambiarla, ma fu subito fermato.
- No, fa niente. Non vorrei che mi bevessi anche il prossimo. – rispose Lisa, suscitando una breve risata nel biondo. In un primo momento non capì, poi si rese conto della battuta e lasciò un sorriso anche lei prima di andare al tavolo. Non lo fece tanto per la frase simpatica, ma più per essere riuscita ad essere divertente, senza nemmeno volerlo. Non era una cosa che le capitava spesso.
Non appena si fu allontanata abbastanza, il ragazzo si voltò dalla parte opposta mettendosi una mano in faccia. “Ma che combino?” pensò. Più volte aveva scherzato con i clienti, faceva parte del suo carattere estroverso, oltre che a una necessità per il lavoro che faceva, ma mai si era comportato così. Ne lì, né altrove.
- Sei matto?! – lo riprese l’altro uomo dietro al bancone, mantenendo un tono di voce basso per non farsi sentire dai presenti. – Per fortuna non si è lamentata, ma non mi stupirei se non tornasse più qui. Si può sapere che ti è saltato in mente?
- Non lo so, non volevo. L’ho fatto e basta, me ne sono accorto dopo. – cercò di scusarsi, provando a capire tutto ciò, ma non riusciva proprio a capacitarsi di tutto ciò. Era stranito quanto il suo capo.
- Che sia l’ultima volta! Non ci sono ragazzi bravi come te in questo lavoro, non mi va di licenziarti per certe bravate. – detto ciò tornò a sistemare i bicchieri sporchi nella lavastoviglie, mentre il biondo metteva via quelli puliti in attesa di altri clienti. Prese dei cucchiaini e aprì un cassetto per metterli al loro posto, poco dopo alzò lo sguardo e vide la ragazza seduta al tavolo di fronte a lui. Se ne stava lì in disparte, mentre le sue compagne parlavano tra di loro ignorandola. Osservò i lunghi capelli dalla tinta sbiadita scenderle sulle spalle parzialmente nude, le mani ben curate con uno smalto chiaro color pelle che tenevano in mano la tazza calda, le labbra rosa sporche di schiuma che veniva subito pulita con un fazzoletto leggermente tamponato su di esse, come per non voler rovinare il trucco. Si guardava intorno studiando il locale, dai quadri ai lampadari, dalle piante ai soprammobili, fino a lui, ma, notando lo sguardo del ragazzo su di sé, abbassò gli occhi sul suo cappuccino. Azzurri come il cielo. Il biondo si voltò di scatto e notò che il suo capo era sparito, probabilmente in dispensa a prendere qualche scorta. Vide che c’era ancora una brioches e si affrettò a metterla su un piattino insieme ad un tovagliolo. Lasciò il bancone alle sue spalle e si avvicinò a quel tavolino dove la rossa beveva solitaria che si accorse subito della sua presenza.
- Per scusarmi. – appoggiò lo spuntino vicino alla tazzina, formando un sorriso sperando di conquistarla e cancellare il passato. Lisa fece altrettanto.
- Non serviva. – rispose poggiandosi bene sullo schienale, mettendo le mani fra le gambe in segno di imbarazzo.
- Se vuoi ti rubo un boccone anche di quella. – scherzò e funzionò. Scoppiarono entrambi in una leggera risata, attirando l’attenzione di alcune compagne, pronte ad origliare per poi spettegolare ancora.
- No, no. Visto che me la offri ne approfitto. – prese la brioches e la avvicinò a sé, come per paura che gliela rubasse. Dopo pochi secondi si sforzò di continuare la conversazione, visto che lui non intendeva allontanarsi. – Il tuo collega era arrabbiato? Prima mi sembrava che ti stesse sgridando, o almeno è quello che mi ha fatto intendere la sua faccia.
Lui ridacchiò. – Era solo geloso perché ho potuto servire una ragazza bella e giovane. – doveva risultare come un’altra battuta, ma la rossa sentì un misto di compiacimento e imbarazzo. Non ricordava molti complimenti. – Sei con la tua classe? Dove andate di bello? – continuò sedendosi su una sedia accanto a lei, nella speranza di continuare quella conversazione.
- Un museo d’arte. Al Muse.
- Ah, che noia! L’ho visitato un sacco di volte quando andavo a scuola che ora ne ho la nausea. Sono molto meglio le sculture senza senso che fa mio fratello con i bastoncini del gelato. – un’altra risata. Entrambi si trovavano a loro agio, ma Lisa sentì il bisogno di non fidarsi troppo di quel ragazzo. Tante volte aveva ricevuto delusioni, era convinta che lui non era diverso. Probabilmente si stava solo prendendo gioco di lei come facevano gli altri, ma volle comunque godersi quel momento, interrotto da un fischio proveniente dal bancone. Il proprietario del bar era tornato e aveva notato i due a parlare, così si salutarono e tornarono ognuno al loro posto.
 
Tra quadri e spiegazioni della guida, Lisa era persa nei suoi pensieri. Aveva ancora in mente quel barista scherzoso che le aveva rubato un sorso di cappuccino. Normalmente non le piacevano i biondi e, tantomeno, i ricci, ma lui le era rimasto impresso. Non riusciva a pensare ad altro. Ricordava ancora quel sorriso, il suo modo di fare così energico, il modo in cui era andato da lei per parlarle. Una tattica per attaccare bottone o un semplice modo per scusarsi? Se lo continuava a chiedere. Temeva di essersi illusa, ecco perché cercava di non fantasticare su di lui, nonostante la cosa fosse difficile. Immaginare quel momento era più forte di lei. Le sembrava di sentire ancora il profumo che portava, di udire quella voce forte e le loro risate. Improvvisamente fu svegliata dal suo sogno da una sua compagna, che le se era fiondata alle spalle spaventandola.
- Allora, chi era quel ragazzo? – chiese Bianca, la regina delle pettegole. Ogni volta che succedeva qualcosa si trasformava in una specie di detective alla ricerca di ogni segreto da raccontare in giro. Insisteva fino a farti venire il mal di testa, con quel sorriso da ebete stampato in faccia.
- Non lo so, non lo avevo mai visto. – rispose Lisa, allontanandosi sperando di liberarsi di quell’arpia, ma sapeva benissimo che non sarebbe stato così facile.
- Dai, a me puoi dirlo! -  una bugia enorme. – E’ il tuo ragazzo?
- No.
- Allora ti piace! Ti piace?
- No.
- Lisa è innamorata! – iniziò a urlare attirando l’attenzione delle altre ragazze che corsero tutti da loro per scoprire qualcosa di più. La rossa rinunciò a dire altro. Avrebbe potuto passare l’intera giornata a giustificarsi, ma avrebbero continuato a inventarsi storie, mettendola solo in imbarazzo. Però se lo chiedeva anche lei. Gli piaceva quel ragazzo? Lo aveva incontrato solo quella mattina e per pochi minuti, forse era solo una semplice cotta. Lasciò perdere e si avvicinò alla guida, cercando di ignorare il gruppo di pettegole alle loro spalle. Non lo avrebbe più visto, tanto valeva dimenticarsene al più presto.
 
Erano ormai ore che le due amiche si stavano preparando per la festa. Lisa aveva pensato a sistemare le unghie a entrambe, nere con dei cuoricini bianchi per la rossa e viola con dei fiori blu e fucsia per la mora. Serena invece aveva ripassato all’altra la tinta, facendola tornare color fuoco, e le aveva sistemato i capelli arricciandoli un po’ e glieli aveva tirati indietro da un lato fermandoli con una forcina. Per sé invece li aveva piastrali, incurvandoli solo sulla parte finale del ciuffo. Davanti allo specchio finivano di truccarsi, la più esuberante con abbondante ombretto lilla e una linea di eyeliner e un rossetto rosa shocking, la più timida con gli occhi circondati da un sottile strato di matita nera sfumata e la polverina oro a coprirle le palpebre, mentre le labbra color pelle per non risultare troppo pesante. Quella sera Lisa aveva deciso di mettersi un vestito nero con delle decorazioni in pizzo rosse che formavano delle forme indefinite, la sua amica, invece, aveva preferito un abito viola aderente che le risaltava le curve.
- Pensi di far colpo su qualcuno? – domandò la rossa mentre controllava di aver messo bene il mascara.
- Io faccio sempre colpo. – si vantò l’altra facendo schioccare le labbra e assumendo posizioni vanitose, fingendosi una modella. – Tu invece? Oggi sei stata molto attenta nel curare il tuo aspetto e ci hai messo ore a scegliere un vestito. Anzi, dove lo hai preso? Non lo ho mai visto, ti sta molto bene. – si fermò ad osservarlo. Non era molto stretto, ma faceva comunque sembrare che quel corpo fosse più bello di quello che era già. Non si vedeva per niente brutta né grassa, ma era sempre stata invidiosa del bell’aspetto della sua amica.
- Me lo ha regalato mia cugina per il mio ultimo compleanno, ma non l’ho mai messo e non pensavo nemmeno di farlo. Non sembro una sgualdrina, vero? – nel dirlo cercò di abbassare il vestito che, a parer suo, era troppo corto. Non era abituata a vestirsi in quel modo.
- Ma figurati! Sei stupenda! Però non hai risposto alla mia domanda.
- No, non faccio mai colpo, perché dovrei sperare di riuscirci sta sera? Sei tu quella che attira tutti i ragazzi.
- Non me la bevo. Non ti sei mai impegnata tanto nel farti bella. C’è qualcosa che devi dirmi? Hai conosciuto qualcuno che viene alla festa? – le diede dei lievi colpetti col gomito, come a incitarla a parlare. – Forza! Racconta!
- E va bene! – si rassegnò la rossa, focalizzando ancora quei momenti vissuti qualche giorno prima. – Quando siamo andati al Muse ci siamo fermati in un bar a far colazione e lì ho conosciuto un ragazzo, ma non penso che sarà alla festa. E anche se ci fosse, come pensi possa trovarlo in mezzo a tanta gente?
- Uuuh lo sapevo! Come si chiama? – continuò Serena, ormai incuriosita, quasi peggio di Bianca. Almeno di lei poteva fidarsi, non l’avrebbe presa in giro e non sarebbe andata a raccontare cose non vere.
- Non lo so. Abbiamo parlato per poco, poi il suo capo lo ha chiamato per farlo tornare al lavoro. E’ il barista di quel bar. – nel dire ciò pensò ancora che sarebbe stato impossibile incontrarlo. Probabilmente avrebbe lavorato quella sera. Era sabato, doveva essere ovvio.
- Il barista? Cos’hai fatto? Ti sei messa al bancone a chiacchierare con lui? No, non ci credo. Non è da te. – commentò incredula. In effetti non potrebbe mai accadere una cosa del genere, Lisa era troppo timida per parlare con qualcuno di sua spontanea volontà.
- No. In realtà...ecco, lui mi ha…- esitò per un momento. Sentiva ancora l’imbarazzo di quel momento. – Mi ha rubato il cappuccino. – Serena la guardò stranita, con un sopracciglio alzato come per dire “Ma che stai dicendo?!”. – Cioè, non me lo ha proprio rubato. Solo un sorso, prima di servirmelo. Poi mi ha offerto una brioches per scusarsi e si è seduto al tavolo con me a parlare, finché non è arrivato il suo capo.
La mora tornò a guardarsi allo specchio. Era rimasta senza parole. Non aveva mai sentito una storia simile, tanto meno avrebbe potuto immaginarsela. Ancora si chiedeva se la sua amica la stesse prendendo in giro o se era seria. Tornò a dare un colpo ci cipria e una spruzzata di lacca prima di prendere la borsetta ed avviarsi in macchina con sua sorella Clara e il ragazzo Fabio.
 
La musica era magnifica. Nonostante fosse pieno di persone, le due ragazze erano riuscite a trovare un buco per poter ballare insieme. C’era chi gridava, chi si baciava, chi beveva. Loro seguivano le note muovendo il proprio corpo a ritmo. In quel momento era come se fossero solo loro due. I capelli si scuotevano, ondeggiando nell’aria. Le luci, che andavano a scatto, facevano sembrare le immagini delle foto scattate a brevissima distanza l’una dall’altra. Ogni tanto si innalzava anche del fumo, oscurando leggermente la vista.
Ad un certo punto si avvicinò un ragazzo moro e alto che cominciò a flirtare con Serena. Danzava dietro di lei seguendo i suoi movimenti, tenendola per i fianchi. Lei si voltò verso di lui, dandogli un po’ di attenzioni e corteggiandolo a sua volta. Sembravano una delle tante coppie che c’erano un po’ ovunque sulla pista da ballo.
- Andiamo a bere qualcosa. – suggerì lui, invitando anche la rossa. Si allontanarono insieme, incrociando Clara e il suo fidanzato fermi su una panca a baciarsi. – Hey, piccioncini! Noi andiamo a prendere da bere! – li avvertì la fanciulla.
Fabio squadrò il moro, quasi come un fratello geloso e decise di accompagnarli insieme alla sua ragazza. Lisa preferì aspettarli li. Non amava quando Serena trovava qualcuno con cui passare il tempo, finiva sempre per dimenticarsi di lei e anche la festa più bella diventava noiosa.
I quattro si avviarono verso la folla vicino al bancone dove servivano gli alcolici, ma Fabio fece fermare tutti quando incontrò una sua vecchia conoscenza seduto li vicino insieme ad alcuni amici, intenti a bersi un po’ di birre che avevano in un vassoio.
- Andrea! Quanto tempo! – gridò spaventando il ragazzo, che si voltò di scatto spaventato, almeno fino a quando non riconobbe quel viso. Si alzò contento con le braccia aperte, pronto per un enorme abbraccio. I due chiacchierano qualche minuto, in ricordo dei tempi passati insieme durante la scuola, delle loro avventure, dei vari disastri combinati e si presero anche un po’ in giro a vicenda. Era bello rivedersi dopo tanti anni.
Dopo tutti quei discorsi si lasciarono stringendosi ancora più forte di prima, tornando ognuno sulla propria strada. Andrea si mise a sedere e, nel farlo, notò una ragazza non molto distante da lì su una panchina. Era tutta sola, con lo sguardo triste e annoiato. La osservò bene, concentrandosi sui bei lineamenti del corpo, poi salì guardando bene il suo volto. Riconobbe i suoi occhi. Salutò il gruppo senza dare troppe spiegazioni, portandosi dietro due birre che nessuno aveva ancora iniziato a bere e si avviò verso di lei. A ogni passo ebbe modo di focalizzare meglio quella figura e confermare che non si era sbagliato. Era proprio lei. Appena arrivò al suo fianco avvicinò un bicchiere al volto, attirando la sua attenzione.
- Ne vuoi una?
La ragazza alzò lo sguardo guardandolo negli occhi. Restò a bocca aperta, ancora una volta. Non poteva credere che fosse veramente lui. Voleva darsi un pizzicotto sulla guancia per vedere se stesse sognando, ma pensò che sarebbe stata una cattiva idea in caso di errore. Altro che figuraccia che sarebbe stata. Cercò di riprendersi quando si accorse che lui attendeva ancora una risposta e cercò di parlare, ancora sbalordita per quello che considerava un miracolo. – N..No, grazie. Non mi piace la birra, ma fai come se avessi accettato. – Andrea appoggiò i bicchieri sulla panca, accanto a lei, chiedendole cosa desiderasse. Inizialmente rifiutò, ma lui insistette, obbligandola a decidere. – Un…margarita?
- Ah, però! – commentò lui stupito, voltandosi per andare a ordinarne uno. Gli ci volle un po’ per oltrepassare la folla ferma nel posto sbagliato a bere i loro drink e la fila al bancone che aspettava di ordinare, ma poi tornò dalla fanciulla che lo stava aspettando. – Non bevi birra, ma il margarita sì. Sei strana. – disse porgendole la bevanda. Lei fece per afferrare il bicchiere, ma, non appena le sue mani lo sfiorarono, lo vide allontanarsi, andare verso le labbra del ragazzo che ne bevve un sorso, prima di riconsegnarlelo.
- Anche tu sei strano. Prima mi rubi il cappuccino, ora il margarita. – entrambi scoppiarono a ridere, ricordando la vicenda accaduta la mattina di un paio di giorni precedenti. Questa volta quell’azione era voluta. Intendeva farla ridere, gli piaceva il suo sorriso, fin troppo raro da vedere. Si sedette accanto a lei, riprendendo le birre che aveva lasciato. Era contento di essere lì, ma anche leggermente in imbarazzo. Era più bella di quello che ricordava.
- Allora spiegami, cosa fai qui tutta sola? – cambiò discorso, cercando di creare una conversazione per poterla conoscere.
- Stavo aspettando la mia amica. E’ andata a prendere da bere.
- Sono andato io per lei. – risero ancora. – Adesso che non hai più motivo di aspettarla cosa intendi fare? Sempre se non vuoi un altro margarita!
- Per ora no.
- Per ora? – si fermò qualche secondo a pensare facendo una faccia buffa. - Hai capito la ragazza! Per ora! – la fece ridere ancora. Era felice di farle quell’effetto. Non che per lui fosse difficile, ma con lei era diverso. Poterle dare quella gioia lo faceva stare bene. Avrebbe potuto continuare all’infinito. – Sono Andrea. – si presentò alla fine, facendole capire che non intendeva andarsene dopo una semplice bevuta insieme.
- Lisa. – rispose imbarazzata, comprendendo ciò che stava succedendo. Osservando dietro la sua testa notò in lontananza Serena che la fissava, facendole gesti. Non c’era bisogno di dire niente, si erano capite all’istante e, con un sorriso, tornò a guardare il ragazzo affianco a lei. Parlarono per svariati minuti, conoscendosi meglio. Si rese conto di quanto le stesse simpatico, di come si sentiva a suo agio con lui e di quanto fosse fortunata quella sera. Per una volta aveva conquistato qualcuno e sperava che sarebbe andata avanti così per tutta la durata della festa.
 
Entrarono in uno dei pochi bar ancora aperti. Non si udiva più musica dalla discoteca non molto lontana e la gente iniziava a tornare a casa. Si sedettero ad un tavolino nell’angolo, aspettando la barista.
- Perché non mi lasci il tuo numero? Potremmo uscire ancora. – chiese il biondo, tirando fuori il cellulare pronto a digitare, convinto del suo successo. Lei ci pensò su un po’ prima di rispondere.
- Dammi un buon motivo per farlo. – non sapeva da dove le fossero uscite quelle parole. Aveva appena incontrato un ragazzo fantastico, avrebbe potuto accontentarlo e lo avrebbe sentito ancora. Forse temeva ancora che fosse tutto un gioco.
- Perché sono bello? – scherzò lui, ricevendo un rifiuto. – Perché sono muscoloso?
- Sii serio! – lo sgridò facendosi scappare un sorriso.
- Allora perché…sono biondo e con gli occhi azzurri! – scoppiarono a ridere per l’ennesima volta.
- Hai gli occhi marroni. – gli fece notare non appena riuscì a calmarsi.
- Cavolo, hai ragione! – un'altra risata. – Perché sono intelligente?
- Non ti conosco abbastanza per confermare. – lui la guardò a bocca aperta fingendosi offeso, poi tornò a pensare.
-  Non saprei. Voi ragazze siete così complicate. Non puoi darmi un indizio? – Lisa si osservò intorno prima di decidere la risposta.
- Offrimi un cappuccino. – il ragazzo la guardò confuso e, proprio in quel momento, arrivò la barista per ordinare.
- Un cappuccino per la signorina e un caffè liscio per me. – aspettarono le bevande e, per tutto il tempo, pensò a quale fosse il collegamento giusto. Poi vide le due tazzine appoggiate al tavolo e, d’istinto, prese la più grande per fare un sorso. La osservò attentamente rendendosi conto di aver sbagliato, ma trovò anche quello che stava cercando. – Sono quello che ti ruba il cappuccino. – affermò convinto. Lei rimase in silenzio per un po’ prima di rispondergli.
- Dammi il tuo cellulare.
   
 
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