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Autore: Edward    03/07/2009    3 recensioni
[Lavi-centric ( -> Lenalee)] [Surprise]
« Perché lei si e lui no? » domandò semplicemente, senza astio né malizia nella voce.
L’esorcista si sorprese di quella domanda, e non rispose subito. « … lui non era morto. » si giustificò dopo un po’, a bassa voce. Aveva ancora il capo chino e le braccia sul capo, come a nasconderlo.
« Ma tu non lo sapevi. » gli fece notare l'altro, non soddisfatto della risposta.
« Lui non era morto. » insistette Lavi.
« Tu non lo sapevi. »
Genere: Drammatico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Rabi/Lavi
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Camminava a passo svelto, secco, facendo sbattere punta suola e tacco degli stivali contro il pavimento lucido e nero del corridoio

Titolo: Dial Tone

Serie: D.Gray-man

Personaggi: Lavi-centric, Surprise

Pairing: Lavi -> Lena

Rating: Giallo

Genere: Suspance, Angst, Drammatico

Avvertimenti: One-shot, What-if

Note: Questa fanfiction è stata scritta qualcosa come cinque minuti dopo quella di Liy, con tanto di lei presente, che mi ha dato il permesso di pubblicarla, quindi non è esattamente plagio (o almeno, c’è chi dice di no, io ne sono convinta, ma pace).

L’idea mi piaceva, e l’ho voluta adattare su Lavi.

In ogni caso, l’idea di base non è mia. Andate a leggere la fic di Liy, How ti end a life.

Tornando a Dial Tone, credo che sia totalmente ooc e illogica, quindi bho. Lavi è ooc, la situazione su di lui è surreale. Ma, ehy ehy, è Lavi. Non potevo non scrivere su di lui.

(In ogni caso, non mi piace. Chiedo scusa per l’obbrobrio che seguirà. L’etero non fa per me. DHA.)

 

 

 

 

Dial Tone

 

 

Camminava a passo svelto, secco, facendo sbattere punta suola e tacco degli stivali contro il pavimento lucido e nero del corridoio.

Respirava a ritmo di andatura, Lavi, con le labbra strette e mascella serrata. Inspirava l’aria dal naso e la lasciava scendere fino al polmoni, silenziosamente, fino a che quella non risaliva, tornava giù in una specie di singhiozzo,  tentennava e poi premeva verso l’alto, liberandosi infine in un respiro pesante, controllato.

Anche le braccia andavano a tempo, avanti e indietro, avanti e indietro, avanti e indietro, mentre le dita lunghe e infreddolite di tanto in tanto artigliavano l’aria.

Stava raggiungendo l’uscita, e senza l’aiuto dell’Arca di Allen. Lui non avrebbe dovuto saperlo, no davvero. Lo avrebbe preso a pugni, come minimo. Se solo fosse riuscito ad alzarsi in piedi e uscire dalla sua camera, l’avrebbe di certo preso a pugni.

Era un insulto, dopotutto.

Un insulto a tutto quello che avevano passato, loro due –loro tre, poi di nuovo loro due e infine loro quattro- ma nonostante tutto Lavi continuò ad andare avanti. Passo dopo passo, con quella cosa che gli ribolliva nel petto e la sciarpa rossa che frustava rapida l’aria.

Intravide la sala dedicata ai pasti, e la superò. Arrivò allo studio di Komui, e superò anche quello. Si ritrovò in un altro corridoio, un po’ più largò e più buio, e si fermò.

Passo passo stop.

Le braccia oscillarono brevemente e infine si distesero lungo i fianchi, mentre le mani si serravano a pugno. Poi si posò i palmi sugli avambracci e se li premette contro il petto, riprendendo a camminare.

Il vecchio Bookman lo seguì con lo sguardo, finchè il giovane Esorcista non superò anche lui, e a quel punto prese a parlare.

« Lavi.» disse semplicemente, quasi abbaiando il suo nome. Quello lo ignorò con decisione e continuò a camminare, anche se meno velocemente di prima, e sentì Bookman seguirlo.

« Lasciami in pace, vecchio. » sibilò in risposta, scuotendo appena il viso e strizzando gli occhi. I capelli fremettero e gli scivolarono davanti al viso, poiché non c’era più la fascia nera a trattenerli.

L’aveva persa nell’ultima battaglia, e poi non gli era più venuto in mente di chiederne a Jhonny un’altra.

« Lavi. » disse ancora una volta il vecchio, assottigliando lo sguardo e serrando le labbra in una linea contrariata. « Junior! » gracchiò infine, e il ragazzo che non corrispondeva a nessun nome dovette fermarsi.

« Non ci provare, panda! » esclamò esasperato il rosso, agitando un braccio con un movimento secco. « Non. Ora. » aggiunse lapidale, e c’era una nota di isteria nella sua voce. « Ne parleremo quando tornerò. »

L’altro le stette ad ascoltare, in silenzio, e sembrò non apprezzare. Ma prima che potesse ribattere, Lavi si era voltato di nuovo.

Bookman lo afferrò per la divisa e lo costrinse a guardarlo, ma dovette ritirarsi subito perché il ragazzo se lo scrollò di dosso un attimo dopo.

« Da questo momento faccio parte della storia. » sibilò nuovamente il rosso, mentre il respiro gli si bloccava a metà gola e gli faceva sobbalzare il petto. « Annotalo dove ti pare e poi vieni ad ucciderci, ma ora lasciami andare. »

Le parole acute dell’esorcista riecheggiarono per tutto il corridoio e per lo studio del Supervisore, ma nessuno si affacciò a controllare cosa stesse succedendo.

Erano tutti da Lenalee, in quel momento.

Poi ci fu silenzio.

E Lavi si voltò un’ultima volta, stringendo i denti e sbattendo i piedi per terra, riprendendo a camminare. Strizzò gli occhi e poi li riaprì, incrociò nuovamente le braccia al petto e non si guardò più indietro.

 

E da quel momento cominciò a squillare un telefono, insistentemente.

 

 

L’aria era gelida, come l’ultima volta che era uscito dell’Ordine –Ordine Oscuro, non Home, non Home- e gli faceva pizzicare fastidiosamente il naso. Lui si strusciò naso guancia e orecchio contro una spalla, respirando piano, e rimase in attesa.

Tremava, Lavi –che non era più Bookman Junior (ma allora non era più neanche Lavi?)- e aspettava tra gli alberi.

« Fa freddo, huh? »

Domandò una voce che sapeva di caldo e tabacco. L’esorcista non si mosse, ma scrutò con la coda dell’occhio alla propria sinistra, e deglutì piano.

« Lui dov’è? » domandò dopo un po’, in un soffio. Nuvolette bianche e compatte sbuffarono verso l’alto, e non tornarono più.

« Mh. » replicò Tyki Mikk, facendo spallucce. « Non vuole venire. » spiegò. « Crede sia una trappola. »

Lavi si sorprese di quella risposta. Aprì la bocca in un’esclamazione muta, quasi sdegnata, e si voltò del tutto verso il Noah –aveva i capelli spettinati e gli occhiali spessi, la maglia slargata e un sorriso stupido sul viso- e battè un piede per terra.

Agitò anche un braccio, risentito.

« Ma lui deve venire! » disse con una nota urgente nella voce, per poi passarsi entrambe le mani tra i capelli e artigliarsi la nuca con forza. « Merda! » inveii, in un sibilo.

Il Noah piegò il viso di lato e lo scrutò, tra il curioso e il sospettoso, arricciando le labbra e aspirando dalla sigaretta.

Poi aprì bocca, e la richiuse. Inspirò piano, sospirò e la aprì di nuovo.

« Perché lei si e lui no? » domandò semplicemente, senza astio né malizia nella voce.

L’esorcista si sorprese di quella domanda, e non rispose subito. « … lui non era morto. » si giustificò dopo un po’, a bassa voce. Aveva ancora il capo chino e le braccia sul capo, come a nasconderlo.

« Ma tu non lo sapevi. » gli fece notare Tyki Mikk, non soddisfatto della risposta.

« Lui non era morto. » insistette Lavi.

« Tu non lo sapevi. » ribattè ancora una volta il Noah, in un sibilo traboccante odio. Lavi voltò il viso e lo guardò con occhi sorpresi e tesi, stillanti rabbia e paura. Poi tornò a fissare per terra e serrò gli occhi, approfittando di quella posizione per premersi le braccia contro le orecchie.

« Fuori dalle palle, Tyki. » sibilò, in una specie di esorcismo infantile. « Non è te che voglio. »

Il portoghese sbuffò, e un filo di fumo violaceo sfilò davanti all’esorcista. « … d’accordo. » concesse, stringendosi nelle spalle. « Ora conta fino a dieci e... »

« Piantala! »

Lavi si voltò di scatto, facendo scattare le braccia verso il basso, e l’urlo che gli uscì dalla gola fu così aspro e rabbioso che dovette tossire un attimo dopo per lo sforzo e la sorpresa.

Indietreggiò di scatto, e rischio di inciampare tra le radici della quercia che gli stava dietro.

Tyki Mikk non c’era più. Quello che invece gli stava davanti era il Conte del Millennio, che gli rivolse un sorriso cordiale e piegò il viso enorme di lato, facendo roteare Lero sul terreno bagnato.

Quello si lamentò, cominciando a sbraitare di congiure e tradimenti, e il Lord conficcò la piccola zucca petulante in uno strato di neve particolarmente spesso.

« Buonasera. » chiocciò allora, con una nota di felicità ed eccitazione così falsa che Lavi sentì di dover dare di stomaco. « Cercavi me, Bookman Junior? »

L’aria si raggelò all’istante, e contemporaneamente cominciò a sfrigolare.

L’Esorcista era sicuro di aver visto un varco dell’Arca dietro la schiena del Conte, ma non era altrettanto sicuro di volerlo scoprire. Si limitò semplicemente ad annuire, cauto.

« E’ un altro trucco di vuoi sporchi umani? » domandò cordiale l’altro, quasi in un sibilo.

Lavi scosse la testa, con la stessa lentezza con cui aveva annuito. Le parole sembravano morirgli in gola non appena cercava di aprir bocca.

« Mhhh… » l’enorme uomo fece oscillare il viso prima a destra, poi a sinistra. « Allora era proprio il tuo telefono, quello che squillava. » constatò pensieroso, e qualche bollicina sospetta prese a scoppiettare nel punto dove avrebbe dovuto esserci la testa di Lero.

Ovvio che lo fosse. Non c’erano errori di quel tipo, con il Lord.

Lavi rimase immobile, non sapendo cosa rispondere. Poi la rabbia prese nuovamente il sopravvento, e quello che disse dopo fu come se l’avesse abbaiato.

« Falla tornare! » urlò, e l’occhio sinistro prese a pizzicare, così, senza motivo. « E’ quello che fai, no? Falla tornare! »

C’era così tanta consapevolezza e disperazione, nella voce dell’esorcista, che per un attimo il Conte se ne sorprese. C’erano odio e curiosità, negli occhi del Lord.

Se solo il riflesso del sole morente si fosse spostato di un poco, Lavi avrebbe potuto vederli e, magari, ripensarci.

« Non essere impertinente, ragazzino. » rispose felice l’altro, facendo schioccare le dita. « Non sarà male, averti in famiglia! » aggiunse poi.

L’Esorcista assottigliò lo sguardo, tentato di sfoderare l’Ozuchi Kozuchi, ma si costrinse a chinare il viso verso il basso e a tacere. Si limitò a voltarsi, in silenzio.

Deglutì, ancora una volta.

Davanti a lui c’era una scheletro.

Fatto di metallo e ossa, di grigio e nero. Non c’era traccia di bianco, in quella cosa.

A Lavi salì un groppo alla gola, e nuovamente rischiò di lasciar cadere qualche lacrima rabbiosa sulla divisa scura.

Poi avanzò di un passo. E di un altro. Sollevò la mano sinistra, e anche la destra. Le posò su quelle che sarebbero divenute le guance dell’Akuma, e, premendo la fronte contro quella di metallo del demone, chiuse gli occhi.

Inspirò. Nuovamente il groppo alla gola si fece sentire.

« Lenalee… » sussurrò, e lo disse così piano che fu come se non lo avesse fatto.

« Non basta. » lo interruppe bruscamente il Conte, osservandolo curioso. Era la prima volta che gli capitava d vedere una cosa del genere.

Quando combatti i mostri per tutta la vita l’ultima cosa che vuoi  vedere è uno dei tuoi compagni diventare uno di loro, dopotutto.

Non aveva senso.

« Lenalee…» ripetè l’esorcista, e questa volta cominciò a piangere davvero. Gli si serrò lo stomaco e il respirò gli si bloccò nei polmoni. « LENALEE!! »

Non aveva senso. Era una cosa così sbagliata, e morbosa, e insensata, che solo un pazzo avrebbe potuto pensare e assecondare.

Ma Lenalee non c’era più. Dall’ultima battaglia, Dio se l’era portata via. Il Dio buono, quello per cui loro combattevano tutti i giorni della loro dannata vita.

Lavi singhiozzò, ancora premuto contro il corpo finto e gelido, e pensò che infondo andava bene così.

Anche da viva, Lenalee non sarebbe mai potuta essere sua. C’era Allen. C’era Kanda. E ovviamente c’era Komui.

Gli scappò da ridere, e subito tornò a piangere. Pacato, silenzioso.

Avrebbero potuto stare insieme, così. Come un’unica cosa. Non era romantico?

Un fulmine bianco e freddo colpì l’Akuma non ancora attivato, e così colpì anche lui.

Poi qualcosa cominciò a muoversi, e non era Lavi. Lui strinse gli occhi –lasciando cadere altre lacrime silenziose- e sentì il contenitore muoversi. Fremere, e fermarsi. Alzare le braccia senza mani e posarle sulle sue.

Ma premettero troppo forte, e gli fecero male.

« Lavi.. » gracchiò una voce lontana, e sembrava proprio quella tenue e sottile di Lenalee. Come la ricordava.

« Scusa. » cominciò a dire lui, anche se sapeva che non sarebbe servito a nulla. Sapeva cosa avrebbe detto lei. Sapeva già cosa sarebbe successo.

Oh, Allen l’avrebbe proprio gonfiato di botte. Anche se era lui quello con più anni, che diamine.

« Scusa. » disse ancora, sovrapponendo le scuse alle accuse di lei. Poi cercò di ricordarsi qualcosa, e stranamente la cosa gli riuscì particolarmente difficile. « Dui bu qi. » riuscì a dire, scusandosi anche nella lingua della ragazza.  

Il Lord del Millennio disse qualcosa, eccitato e felice come non era mai veramente. Anche L’anima ormai dannata disse qualcosa, e Lavi dovette allontanarsi.

« Era l’unico modo. » si giustificò ancora una volta, chiudendo l’occhio sinistro e tirando su con il naso.

Si sentiva morire. Dentro, nello stomaco. Nel cuore, nella testa.

L’Akuma si avvicinò.

E Lavi morì davvero.

 

 

 

 

Dial Tone

End

 

 

 

 

   
 
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