Titolo: Dial Tone
Serie: D.Gray-man
Personaggi: Lavi-centric, Surprise
Pairing: Lavi -> Lena
Rating: Giallo
Genere: Suspance, Angst, Drammatico
Avvertimenti: One-shot, What-if
Note: Questa fanfiction è stata
scritta qualcosa come cinque minuti dopo quella di
Liy, con tanto di lei presente, che mi ha dato il permesso di pubblicarla,
quindi non è esattamente plagio (o almeno, c’è chi dice di
no, io ne sono convinta, ma pace).
L’idea
mi piaceva, e l’ho voluta adattare su Lavi.
In ogni
caso, l’idea di base non è mia. Andate a leggere la fic di Liy, How
ti end a life.
Tornando a
Dial Tone, credo che sia totalmente ooc e illogica, quindi bho. Lavi è
ooc, la situazione su di lui è surreale. Ma, ehy ehy, è Lavi. Non
potevo non scrivere su di lui.
(In
ogni caso, non mi piace. Chiedo scusa per l’obbrobrio che seguirà.
L’etero non fa per me. DHA.)
Dial Tone
Camminava
a passo svelto, secco, facendo sbattere punta suola e tacco degli stivali
contro il pavimento lucido e nero del corridoio.
Respirava
a ritmo di andatura, Lavi, con le labbra strette e mascella serrata. Inspirava
l’aria dal naso e la lasciava scendere fino al
polmoni, silenziosamente, fino a che quella non risaliva, tornava giù in
una specie di singhiozzo,
tentennava e poi premeva verso l’alto, liberandosi infine in un
respiro pesante, controllato.
Anche le
braccia andavano a tempo, avanti e indietro, avanti e indietro, avanti e indietro, mentre le dita lunghe
e infreddolite di tanto in tanto artigliavano l’aria.
Stava
raggiungendo l’uscita, e senza l’aiuto dell’Arca di Allen.
Lui non avrebbe dovuto saperlo, no davvero. Lo avrebbe preso a pugni, come
minimo. Se solo fosse riuscito ad alzarsi in piedi e uscire dalla sua camera,
l’avrebbe di certo preso a pugni.
Era un
insulto, dopotutto.
Un insulto
a tutto quello che avevano passato, loro due –loro tre, poi di nuovo loro
due e infine loro quattro- ma nonostante tutto Lavi continuò ad andare
avanti. Passo dopo passo, con quella cosa
che gli ribolliva nel petto e la sciarpa rossa che frustava rapida l’aria.
Intravide
la sala dedicata ai pasti, e la superò. Arrivò allo studio di
Komui, e superò anche quello. Si ritrovò in un altro corridoio,
un po’ più largò e più buio, e si fermò.
Passo
passo stop.
Le braccia
oscillarono brevemente e infine si distesero lungo i fianchi, mentre le mani si
serravano a pugno. Poi si posò i palmi sugli avambracci e se li premette
contro il petto, riprendendo a camminare.
Il vecchio
Bookman lo seguì con lo sguardo, finchè il giovane Esorcista non
superò anche lui, e a quel punto prese a parlare.
«
Lavi.» disse semplicemente, quasi abbaiando il suo nome. Quello lo
ignorò con decisione e continuò a camminare, anche se meno velocemente
di prima, e sentì Bookman seguirlo.
«
Lasciami in pace, vecchio. » sibilò in
risposta, scuotendo appena il viso e strizzando gli occhi. I capelli fremettero
e gli scivolarono davanti al viso, poiché non c’era più la
fascia nera a trattenerli.
L’aveva
persa nell’ultima battaglia, e poi non gli era più venuto in mente
di chiederne a Jhonny un’altra.
«
Lavi. » disse ancora una volta il vecchio,
assottigliando lo sguardo e serrando le labbra in una linea contrariata. « Junior! »
gracchiò infine, e il ragazzo che non corrispondeva a nessun nome
dovette fermarsi.
«
Non ci provare, panda! »
esclamò esasperato il rosso, agitando un braccio con un movimento secco.
« Non. Ora. »
aggiunse lapidale, e c’era una nota di isteria nella sua voce. « Ne parleremo quando tornerò. »
L’altro
le stette ad ascoltare, in silenzio, e sembrò non apprezzare. Ma prima
che potesse ribattere, Lavi si era voltato di nuovo.
Bookman lo
afferrò per la divisa e lo costrinse a guardarlo, ma dovette ritirarsi
subito perché il ragazzo se lo scrollò di dosso un attimo dopo.
« Da questo momento faccio parte della storia. » sibilò nuovamente il rosso,
mentre il respiro gli si bloccava a metà gola e gli faceva sobbalzare il
petto. « Annotalo dove ti pare e poi vieni ad
ucciderci, ma ora lasciami andare.
»
Le parole
acute dell’esorcista riecheggiarono per tutto il corridoio e per lo
studio del Supervisore, ma nessuno si affacciò a controllare cosa stesse
succedendo.
Erano
tutti da Lenalee, in quel momento.
Poi ci fu
silenzio.
E Lavi si
voltò un’ultima volta, stringendo i denti e sbattendo i piedi per
terra, riprendendo a camminare. Strizzò gli occhi e poi li
riaprì, incrociò nuovamente le braccia al petto e non si
guardò più indietro.
E da quel
momento cominciò a squillare un telefono, insistentemente.
L’aria
era gelida, come l’ultima volta che era uscito dell’Ordine
–Ordine Oscuro, non Home, non Home-
e gli faceva pizzicare fastidiosamente il naso. Lui si strusciò naso
guancia e orecchio contro una spalla, respirando piano, e rimase in attesa.
Tremava,
Lavi –che non era più Bookman Junior (ma allora non era più
neanche Lavi?)- e aspettava tra gli alberi.
« Fa
freddo, huh? »
Domandò
una voce che sapeva di caldo e tabacco. L’esorcista non si mosse, ma
scrutò con la coda dell’occhio alla propria sinistra, e
deglutì piano.
«
Lui dov’è? » domandò dopo un
po’, in un soffio. Nuvolette bianche e compatte sbuffarono verso
l’alto, e non tornarono più.
«
Mh. » replicò Tyki Mikk, facendo spallucce. «
Non vuole venire. » spiegò. « Crede sia una trappola. »
Lavi si
sorprese di quella risposta. Aprì la bocca in un’esclamazione
muta, quasi sdegnata, e si voltò del tutto verso il Noah –aveva i
capelli spettinati e gli occhiali spessi, la maglia slargata e un sorriso
stupido sul viso- e battè un piede per terra.
Agitò
anche un braccio, risentito.
«
Ma lui deve venire! » disse con una nota urgente nella voce, per poi
passarsi entrambe le mani tra i capelli e artigliarsi la nuca con forza. « Merda! » inveii, in
un sibilo.
Il Noah
piegò il viso di lato e lo scrutò, tra il curioso e il
sospettoso, arricciando le labbra e aspirando dalla sigaretta.
Poi
aprì bocca, e la richiuse. Inspirò
piano, sospirò e la aprì di nuovo.
«
Perché lei si e lui no? »
domandò semplicemente, senza astio né malizia nella voce.
L’esorcista
si sorprese di quella domanda, e non rispose subito. «
… lui non era morto. » si
giustificò dopo un po’, a bassa voce. Aveva ancora il capo chino e
le braccia sul capo, come a nasconderlo.
«
Ma tu non lo sapevi. » gli fece notare Tyki
Mikk, non soddisfatto della risposta.
«
Lui non era morto. » insistette Lavi.
« Tu non lo sapevi. » ribattè ancora una volta il
Noah, in un sibilo traboccante odio. Lavi voltò il viso e lo
guardò con occhi sorpresi e tesi, stillanti rabbia e
paura. Poi tornò a fissare per terra e serrò gli occhi,
approfittando di quella posizione per premersi le braccia contro le orecchie.
«
Fuori dalle palle, Tyki. » sibilò, in una
specie di esorcismo infantile. « Non è te
che voglio. »
Il
portoghese sbuffò, e un filo di fumo violaceo sfilò davanti
all’esorcista. « … d’accordo. » concesse, stringendosi nelle spalle. « Ora
conta fino a dieci e... »
« Piantala! »
Lavi si
voltò di scatto, facendo scattare le braccia verso il basso, e l’urlo
che gli uscì dalla gola fu così aspro e rabbioso che dovette
tossire un attimo dopo per lo sforzo e la sorpresa.
Indietreggiò
di scatto, e rischio di inciampare tra le radici della quercia che gli stava
dietro.
Tyki Mikk
non c’era più. Quello che invece gli stava davanti era il Conte
del Millennio, che gli rivolse un sorriso cordiale e piegò il viso
enorme di lato, facendo roteare Lero sul terreno bagnato.
Quello si
lamentò, cominciando a sbraitare di congiure e tradimenti, e il Lord
conficcò la piccola zucca petulante in uno strato di neve
particolarmente spesso.
« Buonasera. » chiocciò allora, con una
nota di felicità ed eccitazione così falsa che Lavi sentì
di dover dare di stomaco. « Cercavi me, Bookman Junior? »
L’aria
si raggelò all’istante, e contemporaneamente cominciò a
sfrigolare.
L’Esorcista
era sicuro di aver visto un varco dell’Arca dietro la schiena del Conte,
ma non era altrettanto sicuro di volerlo scoprire. Si limitò
semplicemente ad annuire, cauto.
«
E’ un altro trucco di vuoi sporchi umani? » domandò cordiale l’altro, quasi in un
sibilo.
Lavi
scosse la testa, con la stessa lentezza con cui aveva annuito. Le parole
sembravano morirgli in gola non appena cercava di aprir bocca.
«
Mhhh… » l’enorme uomo fece oscillare il viso prima a destra,
poi a sinistra. « Allora era proprio il tuo
telefono, quello che squillava. »
constatò pensieroso, e qualche bollicina sospetta prese a scoppiettare
nel punto dove avrebbe dovuto esserci la testa di Lero.
Ovvio che
lo fosse. Non c’erano errori di quel tipo, con il Lord.
Lavi
rimase immobile, non sapendo cosa rispondere. Poi la rabbia prese nuovamente il
sopravvento, e quello che disse dopo fu come se l’avesse abbaiato.
«
Falla tornare! » urlò, e l’occhio
sinistro prese a pizzicare, così, senza motivo. «
E’ quello che fai, no? Falla tornare! »
C’era
così tanta consapevolezza e disperazione, nella voce
dell’esorcista, che per un attimo il Conte se ne sorprese. C’erano
odio e curiosità, negli occhi del Lord.
Se solo il
riflesso del sole morente si fosse spostato di un poco, Lavi avrebbe potuto
vederli e, magari, ripensarci.
«
Non essere impertinente, ragazzino. » rispose
felice l’altro, facendo schioccare le dita. «
Non sarà male, averti in famiglia! » aggiunse
poi.
L’Esorcista
assottigliò lo sguardo, tentato di sfoderare l’Ozuchi Kozuchi, ma
si costrinse a chinare il viso verso il basso e a tacere. Si limitò a
voltarsi, in silenzio.
Deglutì,
ancora una volta.
Davanti a
lui c’era una scheletro.
Fatto di
metallo e ossa, di grigio e nero. Non c’era
traccia di bianco, in quella cosa.
A Lavi
salì un groppo alla gola, e nuovamente rischiò di lasciar cadere
qualche lacrima rabbiosa sulla divisa scura.
Poi
avanzò di un passo. E di un altro. Sollevò la mano sinistra, e
anche la destra. Le posò su quelle che sarebbero divenute le guance
dell’Akuma, e, premendo la fronte contro quella
di metallo del demone, chiuse gli occhi.
Inspirò.
Nuovamente il groppo alla gola si fece sentire.
« Lenalee… » sussurrò, e lo disse
così piano che fu come se non lo avesse fatto.
«
Non basta. » lo interruppe bruscamente il Conte,
osservandolo curioso. Era la prima volta che gli capitava d vedere una cosa del
genere.
Quando
combatti i mostri per tutta la vita l’ultima cosa che vuoi vedere è
uno dei tuoi compagni diventare uno
di loro, dopotutto.
Non aveva
senso.
«
Lenalee…» ripetè l’esorcista, e questa volta
cominciò a piangere davvero. Gli si serrò lo stomaco e il respirò gli si bloccò nei polmoni. « LENALEE!!
»
Non aveva
senso. Era una cosa così sbagliata, e morbosa, e insensata, che solo un
pazzo avrebbe potuto pensare e assecondare.
Ma Lenalee
non c’era più. Dall’ultima battaglia, Dio se l’era
portata via. Il Dio buono, quello per cui loro combattevano tutti i giorni
della loro dannata vita.
Lavi
singhiozzò, ancora premuto contro il corpo finto e gelido, e
pensò che infondo andava bene così.
Anche da
viva, Lenalee non sarebbe mai potuta essere sua. C’era Allen. C’era
Kanda. E ovviamente c’era Komui.
Gli
scappò da ridere, e subito tornò a piangere. Pacato, silenzioso.
Avrebbero potuto stare insieme, così. Come un’unica cosa. Non era romantico?
Un fulmine
bianco e freddo colpì l’Akuma non ancora attivato, e così
colpì anche lui.
Poi
qualcosa cominciò a muoversi, e non era Lavi. Lui strinse gli occhi
–lasciando cadere altre lacrime silenziose- e sentì il contenitore
muoversi. Fremere, e fermarsi. Alzare le braccia senza mani e posarle sulle
sue.
Ma
premettero troppo forte, e gli fecero male.
« Lavi.. »
gracchiò una voce lontana, e sembrava proprio quella tenue e sottile di
Lenalee. Come la ricordava.
«
Scusa. » cominciò a dire lui, anche se
sapeva che non sarebbe servito a nulla. Sapeva cosa avrebbe detto lei. Sapeva già
cosa sarebbe successo.
Oh, Allen
l’avrebbe proprio gonfiato di botte. Anche se era lui quello con
più anni, che diamine.
« Scusa. » disse ancora, sovrapponendo le
scuse alle accuse di lei. Poi cercò di ricordarsi qualcosa, e
stranamente la cosa gli riuscì particolarmente difficile. « Dui bu qi. »
riuscì a dire, scusandosi anche nella lingua della ragazza.
Il Lord
del Millennio disse qualcosa, eccitato e felice come non era mai veramente.
Anche L’anima ormai dannata disse qualcosa, e Lavi dovette allontanarsi.
«
Era l’unico modo. » si giustificò
ancora una volta, chiudendo l’occhio sinistro e tirando su con il naso.
Si sentiva
morire. Dentro, nello stomaco. Nel cuore, nella testa.
L’Akuma
si avvicinò.
E Lavi
morì davvero.
Dial Tone
End