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Autore: cin75    30/04/2018    5 recensioni
Dalla storia:
“Sam, ascolta!” lo fermò Dean.
Fece un respiro profondo e parlò di nuovo. “Ok! Niente più giri di parole. Tu...Sammy. Tu , sei mio fratello. Sei tu quel fratello che sto cercando da mesi!”
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Garth Fitzgerald IV, Sam Winchester
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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"Ehi!! Dean!!" fece il giovane barista mingherlino non appena vide entrare Dean nel modesto locale. "Solita birra??!"

Sam, da dietro il bancone, si voltò non appena sentì quel nome.

Sorrise timidamente e si fece avanti.

Studiò il nuovo avventore e increspò appena le labbra in una chiara espressione di disappunto.

"No, amico. Questa è decisamente una faccia da qualcosa di più forte di una semplice birra." e dopo essersi scambiato un fugace sguardo di intesa con il giovane collega di bar, questi si interessò dei clienti di Sam e Sam scivolò di fronte a Dean.

Lo guardò comprensivo per quella stanchezza che gli vedeva in volto. Ma non disse niente.

Prese una bottiglia di scotch , due bicchieri. Versò prima nel suo e poi in quello di Dean. Posò la bottiglia ma senza riporla via. Prese il suo bicchiere e lo alzò aspettando pazientemente che Dean lo imitasse.

Il ragazzo lo guardò, sorrise stanco e finalmente prese il bicchiere in mano e lo alzò fino a farlo tintinnare contro quello di Sam.

"E bravo Dean!!!" esclamò soddisfatto il barista. "Questo...” indicando il bicchiere: “... per buttare giù questa giornata di merda. Tutti gli altri che verranno ...solo per il gusto di bere!!" brindò.

"Mi piace questa filosofia!" convenne il biondo.

"Non ne conosco altre!!!" replicò Sam, finendo il suo scotch e riempendosi il secondo bicchiere e subito dopo anche quello di Dean.

 

I due stettero per un po' in silenzio, annuendo appena a chissà quale pensiero sembravano condividere solo con lo sguardo. Poi fu Sam, da bravo barista, a parlare.

"Allora ? Giornata pesante?"

Dean sospirò pesantemente e mise insieme la risposta più diplomatica che riuscisse a trovare. "Diciamo...infernale!" e lo era stata davvero dopo aver fatto fuori tre demoni decisamente duri a morire.

Sam alzò le sopracciglia, sorpreso ma anche preoccupato per quella scelta di parole di Dean.

“Senti, so che non dovrebbero essere affari miei ma , credimi, Dean, hai davvero una faccia che fa paura. Da quanto non ti fai una bella dormita? Hai decisamente un aspetto sfinito per non dire di merda!” disse sincero.

“Tranquillo, Sam. Ho dormito qualche ora...” e rimase in silenzio come se stesse cercando di ricordare quando aveva “dormito qualche ora”.

“Dean, saranno giorni che non chiudi occhi e si vede. Quindi non cercare scuse. Esci di qui e vattene a casa a farti una bella dormita!” fece con tono autoritario.

 

Dean sentì qualcosa alla bocca dello stomaco quando Sam lo “rimproverò” in quel modo. Gli mancava. Gli mancava davvero, ma non poteva fare niente contro quello che stavano vivendo adesso.

 

“OK! Basta che me dai un altro!” fece remissivo alzando il bicchiere.

“Si può fare! Ma questo è il bicchierino della staffa!” acconsentì l’altro e versò sia a lui che nel proprio bicchiere.

 

Qualche altro scambio di battuta su argomenti disparati e poi Dean, decise di obbedire a “quell’ordine” impartito.

Battè il palmo della mano sul bancone. Lasciò la solita banconota da dieci sotto l’ultimo bicchiere bevuto. Salutò l’altro barista e si alzò dal suo sgabello, pronto ad andare via.

“Ci vediamo Sam!” disse mesto mentre si girava e si avviava verso l’uscita.

A Sam fece quasi pena vederlo andare via così.

Da quando lavorava lì, Dean entrava spesso in quel bar, si sedeva, beveva con lui, parlavano delle assurde giornate di lavoro, lo ascoltava sperando di poterlo aiutare meglio che poteva, anche perché aveva capito, e a volte il ragazzo stesso glielo aveva accennato in modo “leggero”, che stava vivendo un momento, o meglio vivendo mesi, davvero duri da affrontare.

 

“Ehi….. Dee!” lo richiamò cordiale venendo fuori da dietro il bancone.

 

Dean, a quel richiamo, a quel nome, non riuscì a girarsi subito. Nessuno al mondo lo avrebbe potuto chiamare così, se non suo fratello.

Dovette respirare a fondo, deglutire la miriade di sensazioni che gli stavano attanagliando lo stomaco. Chiuse per un solo attimo gli occhi come a voler resettare tutto.

Solo dopo si voltò.

“Sì, Sam?!” chiese come se niente fosse anche se , senza rendersene conto, contrasse la mascella, vedendo il bastone con cui Sam si aiutava per compensare la gamba con cui zoppicava vistosamente.

 

Sam gli sorrise comprensivo. E poi gli fece quella domanda che ormai da settimane, quasi ogni sera, gli faceva.

“Hai trovato tuo fratello? O almeno sei riuscito a scoprire altro su che fine abbia fatto?!” chiese apprensivo a quel suo amico che , da qualche mese, sembrava aver trovato in lui un appiglio amichevole.

 

Circa quattro mesi prima….

Agente Page...agente Page!” fu il richiamo rivolto verso Dean, versione FBI.

Che succede sceriffo Thomanson!?….altre novità sul caso del...” chiese Dean vedendo la preoccupazione su quello sceriffo che ignorava la sua vera identità e soprattutto su che cosa nascondesse davvero il caso su cui stava “indagando con l’FBI”.

No, ma credo che siano comunque pessime notizie!” fece avvicinandosi a lui.

Che cosa succede?!”

Mi dispiace...ma ho cattive notizie!” continuò. “Anche per lei!” precisò amareggiato.

Per me? Ma cosa significa?!” replicò Dean, mentre nel suo stomaco l’ansia che fosse stato scoperto cominciava a procurargli un certo disagio.

L’auto di servizio su cui viaggiavano il mio vice e il suo collega, l’agente Plant, ha avuto un brutto incidente.”

Cosa?!” sbottò Dean, già in panico.

Erano sull’interstatale per quei controlli sul luogo del delitto, hanno visto qualcuno fuggire, si sono messi all’inseguimento, ma a quanto pare una ruota è scoppiata. Il vice sceriffo ha perso il controllo e la macchina è uscita fuori strada cappottando per la scarpata!” riportò.

No..no..no.. dove sono? Dove li hanno portati?!” fece ansioso Dean, mentre si avviava di corsa verso l’uscita dell’ufficio dello sceriffo.

Al Memorial Trauma Center. Sono messi male!”
 

Quando il cacciatore arrivò in ospedale, chiese immediatamente informazioni.

Dov’è l’agente Plant ? Ha avuto un incidente stradale. Lo hanno portato qui meno di un’ora fa. Come sta? Che gli è successo? Che ferite ha riportato? E’ cosciente ? E’...” tempestava di domande la povera infermiera alla reception del Pronto soccorso.

Sentendo quell’agitazione, si avvicinò una dottoressa.

Agente?” lo richiamò poggiandogli una mano sulla schiena contratta dalla preoccupazione. “Lei è il collega dell’agente Plant?”

Dean si voltò di scatto

Sì...sì...come sta? Lui come sta?”

E’ vivo ma non so se posso darle altre informazioni. Non è di famiglia, ma forse vuole chiamare qualcuno che...”

Mi ascolti dottoressa. Sam, l’agente Plant, non è solo il mio collega, è anche mio fratello. Mio fratello minore. Io, sono la sua famiglia!” rivelò deciso.

Ma i vostri nomi , non...”

Esigenze di lavoro. Solo lavoro!” si volle giustificare Dean.

La dottoressa annuì e lo invitò a seguirla nel suo ufficio.

Allora? Quali sono le condizioni di mio fratello? Perché non posso vederlo?”

Lo stanno finendo di visitare e devono concludere alcuni esami che il neurochirurgo ha ritenuto necessari. Ha numerose ferite da impatto dovute al cappottamento della macchina. Una gamba è rotta in tre punti e il chirurgo ortopedico,purtroppo, dispera che possa ritornare al cento per cento...”

Dean l’ascoltò. Ascoltò ogni parola che quella dottoressa stava dicendo , leggendo dalla cartella clinica che aveva tra le mani. Ma per una strana sensazione sapeva che non era tutto e che il colpo finale doveva ancora arrivare.

Era sempre così per loro, il peggio arrivava alla fine della storia.

Ok! Queste sono cose che mio fratello affronta ad occhi chiusi ogni giorno della sua vita a causa del nostro lavoro. Ora mi dica il resto.” asserì certo che quel “resto” gli avrebbe spezzato il fiato.

E’ stato notato qualcosa mentre suo fratello veniva soccorso. All’inizio pensavamo fosse una confusione dovuta allo choc dell’incidente , ma poi...”

Un attimo...un attimo….ha detto neurochirurgo. Perchè un neurochirurgo?!”

Suo fratello ha un subito un forte trauma alla base del capo. Gli abbiamo fatto una TAC e una risonanza. È stato riscontrato un ematoma subdurale che preme su quella parte di cervello che è addetto alle funzioni mnemoniche di lunga e breve scadenza.”

Dean sentì una goccia di sudore scivolargli lungo la schiena. Aveva davvero davvero un brutto presentimento.

Che sta cercando di dirmi?!”

Abbiamo fatto dei test e ne faremo ancora. Non sappiamo se questa situazione sia momentanea o definitiva. E non potremo saperlo nemmeno dopo che avremo agito chirurgicamente sull’ematoma, ma...”

Quale situazione?!” quasi sussurrò Dean.

Almeno per il momento, quello che noi credevamo uno stato di choc, si è rivelato essere una grave forma di amnesia da post trauma.”

Mi sta dicendo che Sam, che mio fratello, non ricorda niente di quello che gli è successo?!”

Non solo. Da quello che risulta dai test, Sam non ricorda nulla affatto.”

 

Ed ecco: il fiato gli si spezzò e fu talmente forte il colpo , che Dean, credette che sarebbe morto soffocato.
 

I giorni, le settimane passarono tra le varie operazioni alla gamba e la riabilitazione. A Sam fu spiegata la sua situazione “mentale”. Dean, su consiglio dei medici, divenne almeno per il momento, “solo” colui che lo aveva tirato fuori da quella macchina.

La giustificazione fu che, per Sam, sapere di avere un fratello, rendersi conto che non si ricordava di lui o della sua famiglia o della sua intera vita, poteva creare dei sensi di colpa che ne avrebbero ritardato la guarigione. Se guarigione poteva esserci.

E Dean, anche se a malincuore, assecondò quella specie di terapia e divenne il ragazzo che ogni tanto la sera entrava in quel bar, a pochi chilometri dal loro bunker, in cui era riuscito a farlo assumere, in attesa che ricordasse tutto e tutti. Che ricordasse lui.

Fu così strano vedere Sam passare accanto all’Impala e non degnarla nemmeno di uno sguardo. Sedersi al posto passeggero senza borbottare di non poter mai guidare e non fare una piega quando alla radio passò Bieber invece che uno dei loro amati pezzi rock.

Il resto del tempo, quello che non passava cacciando, quello che non passava al bar con Sam, Dean lo passava a cercare di rintracciare Castiel, sperando che almeno lui, la sua magia, il suo tocco angelico, potessero restituirgli suo fratello.

La sua famiglia.

L’unica che aveva mai avuto.

L’unica che aveva mai voluto.

 

Ora, di nuovo in quel bar…...

Sam gli sorrise comprensivo. “Hai trovato tuo fratello? O almeno sei riuscito a scoprire altro su che fine abbia fatto?!” chiese apprensivo per quel suo giovane amico che da qualche mese sembrava aver trovato in lui un appiglio amichevole.

Dean trattenne il fiato. Guardò di sfuggita l’altro barista alle spalle di Sam.

“Non ancora, Sam. Ma non mi fermerò fin quando non riuscirò a riportarlo da me.” disse convinto.

“E quel tuo amico...quel Cast….Cassiel?….o qualcosa del genere?” domandò ancora.

“Castiel. Il suo nome è Castiel anche se io lo chiamo sempre Cass. Credo di avere una mania per i nomignoli.” fece Dean.

“Già! Cass.” convenne, Sam, con un po’ di vergogna per quella sua mancanza

“Sì, sto cercando di mettermi in contatto con lui, ma a quanto pare , ovunque lui sia, non è raggiungibile. Ma riuscirò a mettermi in contatto con lui. Tranquillo!!” fece sforzandosi di sembrare rassicurante.

“D’accordo. Ma chiama se hai bisogno ...non lo so...anche solo di parlare, ok?!” fece il barista. “Mi hai tirato fuori da quella macchina e anche se non lo ricordo, beh!! in verità non ricordo niente, ma so che ti devo comunque la vita!”

“Ok!” e non resistendo oltre, perché in quel momento, oltre alla sua mente, anche lui voleva gridare:

Ti prego!! Ti prego, Sammy. Ricordati di me. Sono giorni, mesi, che ti parlo, che vengo qui, che ridiamo insieme, beviamo insieme e io ogni volta spero che tu mi guardi e mi dica finalmente “So chi sei, Dean!!” Dio...ti prego...ti prego ...ricordati di me. Ricordati di noi!!”, uscì dal bar.

 

Prima che riuscisse ad infilarsi nell’Impala, sentì dei passi correre verso di lui. Si girò verso quei passi.

“Dean?!”

“Ehi, Garth!?, grazie amico per quello che stai facendo!” disse non appena il “giovane barista mingherlino” si fermò di fronte a lui.

“Non dirlo nemmeno per scherzo. Quando mi hai chiamato e mi hai detto quello che era successo e di cui avevi bisogno, io e Bess non ci abbiamo pensato due volte a venire qui e darti una mano. Era il minimo dopo l’aiuto che tu e Sam ci avete dato con quegli esaltati del Ragnarok!!”

“Ringrazia Bess da parte mia!”

“Lo farò anche se non ce ne sarà bisogno. Comunque... “ e poi si fece serio. Forse preoccupato. “Come stai, Dean?!”

“Bene!” rispose subito. “Alla grande!!”

“Seh! Come no!!!” replicò ironico. “Come stai?!” chiese ancora, più apprensivo.

Dean sospirò davvero stanco. Che senso aveva mentire? Garth li conosceva bene e sapeva cosa legava lui e Sam e perciò sapeva che quel “Bene!...alla grande.” era una stronzata colossale.

“Non ce la faccio , amico! E’ tutto...tutto così..assurdo e ..e...svilente. Entro lì dentro e vedo mio fratello che è mio fratello che però non lo è. Non più. E lui mi guarda e io so che quello che lui vede non è altro che un tipo incasinato con un lavoro incasinato che il più delle volte alza il gomito dopo l’ennesima giornata incasinata.”

“Situazione incasinata! Chiaro come concetto!” convenne Garth, battendogli amichevolmente la mano sulla spalla. “Ma pensa a questo, Dean: Sam è vivo!” asserì con decisione l’amico mannaro. “Tu stesso mi hai detto di aver visto la macchina da cui lo hanno tirato fuori e che è stato un miracolo che ne fosse uscito vivo.”

Dean annuì e sentì un lieve tremore al solo ripensare a come era accartocciata quella macchina e a ricordarsi che il vice sceriffo, purtroppo non ce l’aveva fatta. Il poverino non era arrivato nemmeno in ospedale.

“Sì, è vivo. Ma...”

“Ma riuscirai a rintracciare Castiel e lui rimetterà le cose a posto, testa e gamba compresa. E voi tornerete ad essere Batman e Robin!” cercò di rassicurarlo.

“E se non trovassi Cass? Se lui, anche con il suo potere non riuscisse a guarirlo? Se..” ma Garth lo fermò.

“E se Bess non mi avesse trovato ? E se non mi avesse insegnato a controllarmi? E se non si fosse innamorata di me? E se il mondo finisse? E se il cielo cadesse...” ironizzò. “Dean!!! sei un cacciatore, e nessuno più di te sa che di cose assurde a questo mondo ce ne sono e ne possono accadere. Ma sai anche , che a volte i miracoli accadono, quando meno te lo aspetti.”

Dean strinse le labbra in un sorriso stentato. Come se volesse , per forza, accettare ciò che Garth gli aveva appena detto.

“Grazie, Garth! Grazie davvero!” disse abbracciandolo forte.

Garth ricambiò e ridendo: “Ehi!! Ehi!! sono io quello che prendevate in giro perché ero uno da abbracci!! Non rubarmi il lavoro!!!”

I due si salutarono dopo il solito : “Chiamami se succede qualcosa!” di Dean e il solito: “Sì, tranquillo. E nel frattempo tu arrivi, io tiro fuori le zanne!!”

 

Quando Dean fu nel bunker, quell’enorme, vuoto, tranquillo, fastidiosamente silenzioso bunker, nemmeno si fermò nella grande sala come di solito faceva con Sam , quando rientravano da uno delle loro tante missioni di caccia. Andò direttamente nella sua stanza, ignorando a forza, la dolorosa amarezza che provò quando passò davanti alla porta chiusa della camera del fratello.

Una volta in camera sua , posò il borsone, si sedette sul bordo del letto. Prese il telefonino e digitò quel numero che ormai da mesi chiamava e che da mesi non rispondeva o risultava irraggiungibile.

Il numero di Cass.

Uno squillo...due….tre...cinque….otto...e poi come al solito si arrese e decise di mettere giù. Come ogni volta.

Ma quella volta…

Dean?!” fu la voce dall’altro capo del telefono.

Dean non poteva crederci. Castiel aveva risposto, finalmente aveva risposto.

Si mosse piano, come se muoversi più veloce avesse potuto causare una qualche perdita di segnale.

“Castiel? Cass? Sei tu?” chiese , rendendosi conto della domanda stupida. Cosa che però non gli passò l’angelo.

“Dean, mi hai chiamato tu, al mio numero, ho risposto io, quindi , sì, sono io!”

“Dove diavolo sei finito, Cass? Sono mesi che cerco di mettermi in contatto con te!” sembrò rimproverarlo il giovane.

“Dean, ho tenuto sotto controllo le notizie e non mi sembra che sia successo qualcosa che tu o tuo fratello non potevate gestire senza di me e non credo che tu mi abbia chiamato solo per sapere quello che sto facendo. Che succede?”

“Sammy.” disse solo, Dean. “E’ successo qualcosa a Sammy.”

Non ci furono altre domande, o altre richieste di spiegazione.

Mi metto in viaggio adesso. Domani mattina sarò al bunker!” e mise giù.

 

Dean era incredulo.

Quasi senza rendersene conto, mandò un messaggio conciso a Garth: “Ho trovato Castiel.”, poi spense il telefonino.

Solo una notte. Un’altra sola notte da solo, senza fratello.

E poi , forse, l’incubo sarebbe finito.

Forse Garth aveva ragione , dopo tutto:“I miracoli avvengono quando meno te lo aspetti.”

 

La mattina arrivò e con lei anche Cass. Non appena , l’angelo mise piede nel bunker, trovò Dean già pronto a spiegargli tutto. A raccontargli del caso che stava seguendo con Sam, dell’incidente e delle conseguenze assurde di quell’incidente.

Il giovane si mise in contatto con Garth e prese appuntamento per fare in modo che anche Sam fosse presente.

Nel bar, non appena tutti furono presenti, arrivò anche Sam.

“Ehi, Dean!!” fece il giovane non appena lo vide. “Tu, qui...di mattina?! Un po’ presto per il solito bicchierino della staffa.” scherzò e poi si fece più serio quando vide la presenza davvero seria al fianco del giovane.

“Devo parlarti, Sammy? c’è una cosa che devi sapere.”

Sam per una strana ragione non riusciva a non smettere di fissare curioso, il modo strano con cui quel nuovo ospite continuava a fissarlo.

 

E anche quella strana sensazione quando quel Sam era diventato Sammy.

 

“E l’ispettore Colombo, qui, fa parte della...cosa?” chiese ironico, indicando l’abbigliamento di Castiel

“Decisamente.” rispose Dean.

Poi gli andò più vicino , rimanendo tra il fratello e l’angelo. “Sam...lui, lui è Castiel. Ricordi? Te ne ho parlato.”

“Castiel?” ripetè sorpreso. “Il tizio che avrebbe dovuto aiutarti a trovare tuo fratello?!”

“Sì. Lui.”

“E c’è riuscito? Lo avete trovato?!” chiese ansioso sperando che quel suo “strano, ma incasinato amico”, avesse trovato quello che voleva.

“Sì, Beh!...in realtà io ho trovato mio fratello da parecchio!” confessò stranamente in imbarazzo.

“Come?” fece stranito Sam. Forse deluso per quella bugia. “Ma l’altra sera, quando te l’ho chiesto mi hai risposto che ancora non sapevi niente di tuo fratello e adesso mi dici che ...”

“Sam, ascolta!” lo fermò Dean. Fece un respiro profondo e parlò di nuovo. “Ok! Niente più giri di parole. Tu...Sammy. Tu , sei mio fratello. Sei tu quel fratello che sto cercando da mesi!”

   
 
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