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Autore: Stella Dark Star    02/05/2018    0 recensioni
[Tartarughe Ninja (film 2014)]
Quando April O’Neil si lascia scappare il segreto delle tartarughe mutanti con sua cugina, per un attimo crede di aver combinato un disastro. Invece no! Julie entra subito in confidenza con i fratelli e crea con loro un ottimo rapporto. Tranne con Raffaello, il quale sembra evitarla per diffidenza salvo poi spiarla per ben altri scopi. Ma al di là di questo gioco a nascondino tra loro, dei fili invisibili sembrano volerli legare a dispetto del buonsenso e della razionalità. E si sa che quando ci si mette di mezzo il destino…
Nota: il titolo è l’intreccio tra una nota canzone di Lana Del Rey (che fa da colonna sonora a questa storia) e il rosso, il colore caratteristico di Raffaello.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Come un’ombra
 
La musica riempiva la stanza con le sue note rockettare, sullo schermo correvano strisce colorate pizzicate da mani immaginarie che suggerivano ad una scatenata Julie cosa premere sulla piccola chitarra che aveva tra le mani. La Wii non era un gioco, era un’esperienza. Gli ultimi accordi vennero eseguiti con tanto di mossa dei fianchi, per poi terminare con il sollevamento della finta chitarra in segno di trionfo. Gli applausi esplosero sia dallo schermo che attorno a lei.
“Wuuuuh, vai Julie!” Strillò April dal divano dove era seduta, sollevando le braccia.
Lei le rispose strizzando l’occhio, quindi si rivolse a Mikey, suo sfidante non che perdente della sfida: “Mai sottovalutare una ragazza! Anche se è di buona famiglia.”
Normalmente si sarebbe lagnato della sconfitta e avrebbe preteso una rivincita, ma non con lei. Perdere contro la sua nuova sorellina non era un dispiacere, esattamente come non era un vanto vincere contro di lei. Tutto ciò che la riguardava era semplicemente…piacevole.
“Sei stata fantastica! Mi hai praticamente stracciato!”
“Ma no, è stata solo fortuna. Vedrai che la prossima volta vincerai tu, Mikey.” Oltre ad essere bella e dolce era anche modesta. Praticamente impossibile trovarle un difetto.
“Hey, che ne dici se proviamo con un’altra canzone?”
“No! Adesso Julie è mia!” Saltò fuori Leo, all’improvviso, cingendole  i fianchi col braccio. Si scambiarono un sorriso complice, quindi lui si rivolse nuovamente al fratello: “Forse April ha voglia di sfidarti.”
La diretta interessata balzò giù dal divano e disse decisa: “Puoi dirlo forte! E sceglierò anche la canzone!” Si fece consegnare la chitarra dalla cugina con una teatralità che fece sorridere Donnie -seduto sul divano in silenzio a godersi le sfide-, neanche si fosse trattato del passaggio dell’ascia di guerra. April sapeva essere grintosa da paura quando era in vena.
Ora che aveva la sua bella tutta per sé, Leo la portò fino alla poltrona -parecchio malconcia e rattoppata che giaceva solitaria in un angolo-, dove poi si lasciò cadere di guscio trascinando anche lei. Julie lasciò un gridolino, per poi mettersi a ridere una volta atterrati nella massa informe. Si ritrovò di fatto seduta su di lui, con le gambe che scendevano elegantemente da un lato e le mani poggiate alla corazza del suo petto. Una posizione alquanto intima per due che si conoscevano da pochi giorni.
“La notte scorsa avevo una gran voglia di venire a trovarti, ma non sapevo come sbarazzarmi dei miei fratelli.” Disse lui, cercando con poco successo di farla sembrare una battuta. Cosa che evidentemente non era. Julie gli piaceva davvero e, per quanto lo riguardava, aveva avviato un vero  e proprio corteggiamento al quale lei pareva favorevole. Agiva liberamente di fronte agli altri, compresa April, forte del fatto che lei non pensava minimamente a ritenere serie le sue intenzioni. Per lei si trattava solo di simpatia, in fondo anche tra loro c’era un bel rapporto aperto e confidenziale, e questo sembrava renderla ceca sulla realtà dei fatti. Meglio così.
Julie si atteggiò a preziosa, fingendo di non aver capito il senso: “Non è molto carino da parte tua dire così. Scommetto che anche a loro farebbe piacere venire nel mio appartamento per razziare i viveri e far esplodere la tv.”
“E chi ti dice che io voglia fare questo?” La pungolò Leo, stringendola più forte a sé.  Come ogni volta, non ottenne altro che una risatina e un velato rimprovero: “Quanto sei scemo! Smettila! Sai cosa ti dico? Ora vado a sistemarmi i capelli e il trucco, così ti dai una calmata.”
“Eddai, non ne hai bisogno. Sei bellissima.”
“Questo voglio valutarlo io, se permetti.” E sfuggì alla sua presa con un movimento agile, rimettendosi in piedi. Passò accanto a quell’indemoniata di April, che sembrava aver fatto un patto col diavolo per massacrare Mikey alla sfida musicale, recuperò la pochette dal tavolino e scivolò fuori dalla sala sui suoi tacchi a spillo ondeggiando come un fiore al vento.
Il bagno del rifugio era enorme ed accessoriato già prima che i mutanti lo sistemassero, in più assomigliava molto a quello di una palestra. Anzi, probabile che l’intero edifico fosse davvero una palestra qualche decina di anni fa, prima di essere abbandonato e dimenticato. Ma era anche vero che non aveva senso costruire una palestra nel sottosuolo. In ogni caso i servizi avevano richiesto la minima manutenzione, di cui si era occupato Donnie, ed ora erano perfettamente funzionanti, salvo il fatto che erano riforniti solo di acqua fredda. Appena entrati ci si trovava di fronte ad una parete piastrellata che obbligava a svoltare a sinistra, dove s’incontrava subito un ampio mobile privo di ante che i mutanti usavano per riporre il necessario per la pulizia del corpo, subito seguito da una serie di lavabi ovali e collegati tra loro da un un’unica lastra di marmo nero. A ricoprire l’intera parete soprastante  vi era uno specchio che presentava non poche incrinature ma che era comunque sufficiente al proprio uso. In fondo, subito dopo i lavabi, si svoltava a destra per accedere al corridoio dei bagni, tre in tutto, ognuno con una porta che si poteva chiudere dall’interno. Dopo questi si prendeva il piccolo corridoio di sinistra dove c’erano tre orinatoi a muro ed infine, superati anche quelli, l’ultima svolta a sinistra portava alle docce, composte da quattro scomparti separati da muretti di appena un metro. In quel momento, uno era occupato da Raffaello. Il fatto che fosse una tartaruga mutante che viveva nel sottosuolo a stretta vicinanza con le fogne, non significava che amasse il sudiciume. Dopo gli allenamenti con le armi o quelli nella sua piccola palestra personale, era sua abitudine fare una doccia e pulirsi bene facendo uso di una saponetta. Come anche i suoi fratelli.
Finito di risciacquarsi, recuperò la bandana dal muretto dove l’aveva appoggiata e si occupò di lavarla sotto il getto d’acqua prima di indossarla nuovamente. Non era solo un pezzo di stoffa del suo colore prediletto, era un vero e proprio pezzo di lui e non se ne separava mai. Chiusa l’acqua andò a prendere l’asciugamano rosso appeso alla parete, accanto a quelli dei fratelli, se lo fasciò attorno ai fianchi e si avviò. Il cuore gli mancò un battito nel rendersi conto di chi c’era all’interno del bagno oltre a lui. Per un pelo non si fece vedere, ma fortunatamente i suoi sensi e le sue abilità di ninja lo aiutarono. Si concesse un istante per riprendere il controllo di sé, stando ben nascosto dietro la parete, e solo dopo si arrischiò a spiare la bella sorpresa. Julie era lì, di fronte allo specchio dell’ultimo lavabo -dove era più integro- e intenta ad applicarsi il lucidalabbra. Ora che poteva vederla nel dettaglio, era ancora più bella di quanto avesse immaginato mettendo insieme i frammenti di lei che aveva intravisto nei giorni scorsi. Poterla osservare da così vicino era un lusso, per lui, e poi aveva anche la possibilità di valutare il suo comportamento in un momento in cui credeva di essere sola. Certo che era davvero bellissima…
Il suo corpo era modellato da anni di danza classica, però la sua magrezza non era eccessiva come spesso capitava alle ballerine, anzi le sue curve erano piene nei punti giusti, ovvero nei seni che formavano un bel balconcino e nelle natiche tonde. Ed era slanciata. Gambe lunghe, braccia lunghe, busto lungo, non gli era difficile immaginarla innalzarsi verso il cielo come un angelo, se non fosse stato per quelle scarpe dai tacchi allucinanti che avevano tutta l’aria di essere costose. La mini color cipria e il top abbinato, a sacco con una fascia di paillettes che l’avvolgeva sopra i seni, erano l’equivalente di un cartello con segnale luminoso che diceva ‘Sono una ricca di Bel Air’. I capelli invece lo attraevano per la loro lucentezza, per la loro lunghezza fino a metà schiena dove ricadevano in boccoli naturali. Tremotino aveva trasformato la paglia in oro e poi l’oro nei capelli di Julie. Sì, in qualche modo doveva essere andata così. Riflessi allo specchio vide due grandi occhi azzurro chiaro, sormontati da sottili e scure sopracciglia. Il naso era sbarazzino, perfetto per una ragazza abituata ad avere tutto e a cui veniva perdonato tutto. E poi le labbra, nonostante la quantità industriale di lucido che ci stava spalmando sopra, erano di un rosa carne acceso e della forma di un bocciolo di rosa. In sintesi, nemmeno l’attrice più bella del mondo poteva sperare di eguagliarla.
“Ecco fatto!” Disse civettuola rimirandosi allo specchio. Ripose lo stick nella pochette e, mentre se ne andava, mandò un bacio al proprio riflesso.
Raph sorrise tra sé, non c’erano dubbi che lei sapesse di essere bella! Il suo sguardo si posò per caso sul ripiano di marmo. Aveva dimenticato il cellulare. Uscì dal nascondiglio dietro la parete e andò a prenderlo. Sapeva di non essere nel giusto, ma come farsi scappare una simile occasione? Anche la cover del cellulare la rispecchiava pienamente, una base rosa confetto con una decorazione fatta di gocce di cristallo colorate. Lo girò dalla parte dello schermo, nel toccarlo questo si accese e la mancanza di password gli consentì di accedere alle applicazioni. Magari con dita più sottili sarebbe stato più facile cliccare. Pensò bene di recuperare qualcosa dal mobile lì vicino da usare come penna. Il manico del suo spazzolino da denti poteva andare! Per prima cosa premette sulla cartella delle foto. Dalla ridotta quantità era presumibile che conservasse quasi tutto in una memoria esterna, mentre lì aveva tenuto solo quelle più importanti ritraenti se stessa in giro per il mondo. I paesaggi cambiavano, i vestiti cambiavano, l’unica cosa che restava tale e quale era il suo bel sorriso.
“C’è un’altra cosa che voglio vedere.” Bisbigliò a se stesso, quasi giustificandosi di quell’invasione della privacy. Cliccò sull’applicazione della musica. Come previsto, le cartelle raccoglievano in maggioranza i grandi successi di regine e principesse del Pop, ma lui voleva andare più a fondo. Cercò le canzoni preferite. Fra i vari titoli, andò a ricercare quella più ascoltata. La scritta diceva ‘Young and beautiful – Lana Del Rey’. Sapeva di conoscerla, di certo l’aveva sentita alla radio l’anno scorso, però non ricordava la melodia. Prese coraggio e cliccò sulla canzone per avviarla. Era più forte di lui, voleva sapere che cosa Julie avesse nell’anima. Chiuse gli occhi, immergendosi nella melodia suonata dal pianoforte. E poi arrivarono le parole. Era una sua impressione o le prime frasi parlavano di Julie? Fece in tempo ad ascoltare quasi tutta la traccia quando udì chiaramente…
“Un momento, Leo, devo aver lasciato il cellulare di là.”
Raffaello interruppe l’esecuzione e trafficò con quel dannato manico di spazzolino per chiudere tutto. Quando Julie entrò non vide altro che lo sfarzoso cellulare appoggiato al marmo nero.
*
Nel giro di pochi giorni a Julie era stato raccontato tutto, ma proprio tutto, della vita dei quattro fratelli e di Splinter. Solo una cosa era sfuggita loro, per una semplice svista.
“Avete un’automobile superaccessoriata?”
Julie era rimasta letteralmente a bocca aperta, gli occhi che luccicavano di meraviglia nel vedere quel mezzo di trasporto originale che un po’ ricordava le sembianze dei suoi amici mutanti.
Donnie diede uno sguardo all’auto e poi a lei, prima di esprimere la propria perplessità: “Ehm…è quello che ho appena detto.”
Julie si avvicinò di più all’auto, le mani in avanti come se volesse sfiorarla e allo stesso tempo ne avesse timore. “Oh mio Dio! E’ la cosa più bizzarra che io abbia mai visto. E’ così strana, così verde, così…fantastica!” Si voltò verso il gruppetto, sorridente come una bambina: “Facciamo un giro?”
“Ma certo!” L’entusiasmo di Mikey esplose: “E so già come assegnare i posti!” Corse fino all’auto e aprì le due portiere da un lato: “Io e la mia fidanzata stiamo sul sedile dietro, mentre davanti si mettono Julie e Leo alla guida. Invece Donnie, se proprio vuole venire con noi, può stare nel vano sul retro.”
Un’occhiata sbilenca da parte del nominato fu d’obbligo: “Che significa ‘se proprio vuole venire’?”
“Be’, sapendo che siamo due coppie potresti rimanere al rifugio. Non credo che tu abbia voglia di sentire i nostri amoreggiamenti.”
“Sono io che non ho voglia di sentirli, Mikey.” Lo apostrofò April, guardandolo severa e con le braccia incrociate al petto. Sembrava non avesse recepito il messaggio per intero, ovvero da chi era composta l’altra presunta coppia.
Leo intervenne: “Non preoccuparti Donnie, nessuno farà niente di imbarazzante. Tu stai alla guida e…” Prima che finisse la frase, April si gettò sulla cugina con un entusiasmo alquanto sinistro: “Julie si mette dietro con me e Mikey! Ottima idea, Leo. Tanto noi tre siamo i più sottili, non staremo in stretto!”
Nessuno obiettò. Tempo cinque minuti e l’auto era su strada, calda e sfrecciante tra le vie più tranquille della città. Ovviamente, oltre al buio della notte, il miglior modo per passare inosservati era tenersi lontani dal traffico e dalle strade principali, oltre che dagli sbirri che, vedendo un simile veicolo, li avrebbero fermati sicuramente.
April si sentiva in colpa per il modo in cui stava usando sua cugina per tenere a debita distanza Mikey, però accidenti non c’era altro modo! Quel mutante era pienamente convinto di avere una storia con lei e se le inventava proprio tutte per starle addosso. Con Julie a fare da divisore e a tenerlo occupato chiacchierando del più e del meno, almeno poteva godersi il viaggio e scambiare qualche parola con Donnie e Leo.
Scelsero come tappa d’arrivo il molo di Brooklyn, un posto che di notte diventava tranquillo come pochi altri. April respirò l’aria fresca della notte e disse sorridente: “Ero proprio qui quando ho visto per la prima volta i ragazzi in azione. Anche se quella volta non avevo idea di chi o cosa fossero.” Si voltò per vedere l’espressione di Julie, già pronta a rispondere ad eventuali domande, invece lei non le era accanto, era rimasta all’auto, con le spalle poggiate alla portiera e il cellulare fra le mani.
“Sorellina, è successo qualcosa?” Chiese Mikey.
Lei sollevò lo sguardo, le labbra incurvate in un sorriso incerto: “No, è solo… Mi stavo chiedendo perché Raffaello non stia mai con noi. Non l’ho visto nemmeno una volta da quando vi conosco.”
Silenzio di tomba. I tre fratelli si scambiarono delle occhiate.
“E’ colpa mia, vero?” Chiese diretta.
I ‘no’ che uscirono tutti assieme furono una conferma. Leo le andò accanto: “Tu non hai fatto niente di male, sappilo. E’ lui che è diffidente per natura.”
Donnie aggiunse: “E’ molto introverso e scontroso. E spesso ha delle idee sbagliate, come quella che si è fatto su di te. Però non è cattivo.”
“Non ho detto questo! Chi ha parlato di buoni o cattivi? Vorrei solo sapere cosa fare per conquistare la sua fiducia. Vorrei…essere sua amica.”
“Ci credi che io non ne sapevo niente di quello che hanno detto?” Saltò fuori April, seriamente: “Dovrete darmi delle spiegazioni voi tre. Io non volevo che Raph la incontrasse per primo per timore che la spaventasse, non avevo idea che avesse qualcosa contro di lei.”
E mentre loro si perdevano in mezze spiegazioni vaghe, Julie poté isolarsi nei propri pensieri. Non aveva il cellulare in mano per caso. Da alcuni giorni non faceva che guardarlo e rigirarselo tra le dita, interrogandosi. Aveva scoperto quasi subito che qualcuno aveva sbirciato le sue cose. E quel qualcuno non poteva che essere Raffaello, l’unico perennemente assente agli incontri. Dopo un primo momento di rabbia per quel gesto insensato, aveva esaminato tutto per bene ed era arrivata alla conclusione che lui si era interessato solo a due cose specifiche. Le sue foto personali e la sua canzone preferita. Ma perché? Se diffidava della sua buona fede, sarebbe stato più logico spiare la chat per controllare se aveva tradito il segreto. Invece no. Per quale motivo si era limitato a guardare le sue foto e ascoltare una canzone? Le sfuggiva il senso. Azzardando un’ipotesi, sembrava che volesse conoscerla, ma se era così perché continuare ad evitarla? Chi era Raffaello veramente? Più se lo chiedeva, più diventava impaziente di conoscerlo e affrontare la questione. Di lui aveva sentito quasi solo cose negative, eppure era convinta che ci fosse molto di più. Un lato nascosto, una sensibilità ben protetta, una timidezza irrazionale. Qualunque fosse la verità, ogni volta che ascoltava quella canzone non poteva fare a meno di pensare a lui, ad un’ombra con la fascia rossa che forse non desiderava altro che uscire alla luce.
*
I suoni e i rumori del videogioco mescolati alle frasi d’incitazione, oltre a riempire la sala si spargevano anche nel grande atrio del rifugio. Donnie, Julie e Mikey, in questo esatto ordine sul divano, erano concentrati ognuno sulla propria auto che sfrecciava sullo schermo a velocità folle. Nelle mani i fedeli controller i cui pulsanti venivano torturati da circa un paio di ore.
Julie si alzò di scatto dal proprio posto gridando: “Sìììììì!!! Haaaa!!! Finalmente il grande giorno è arrivato!” Gli occhi le brillavano sia di gioia che di soddisfazione. Era la prima volta che vinceva una corsa. Guardando il suo abbigliamento sembrava la pilota di una corsa clandestina, ovvero con jeans molto aderenti e molto bassi di vita con strappi strategici, stivaletti attillati di colore nero con tacco dodici, doppia canotta azzurro su grigio che non lasciava spazio all’immaginazione e capelli raccolti in una coda di cavallo che ondeggiava ad ogni minimo movimento. Sembrava la ‘gemella tosta’ della Julie che si era presentata il primo giorno
“Complimenti, Julie, ti sei meritata la vittoria.” Disse con tono diplomatico Donnie, che non aveva mai raggiunto il primo posto.
Mikey invece saltò fuori con un entusiastico: “Questa è la mia sorellina! Batti il cinque!”
Julie lo accontentò anche se scoppiò a ridere per quel cinque impossibile, dato che lui era in possesso di sole tre dita per mano. “Però adesso devo proprio fare una pausa, ragazzi. Una pausa che comprende la toilette, per intenderci.” Li informò, senza vergogna, come fossero semplicemente suoi fratelli.
“Io e Donnie invece faremo un altro giro di pista! Che ne dici?” Chiese Mikey, pungolando il fratello con il gomito.
Lui ci pensò alcuni istanti e poi disse: “L’ultima volta, però. Ho delle cose da fare dopo.”
Mikey si rimise in posizione e cominciò a pigiare i tasti del controller: “Io prendo il fuoristrada.”
“Hey, lo volevo io quello!” Ribatté Donnie.
“Ah, per favore, badate al mio telefono e se April chiama rispondete.” Aggiunse Julie, mentre usciva dalla sala.
Giusto un paio di minuti per fare quello che doveva e darsi un’immancabile aggiustata ai capelli e poi si diresse verso l’angolo in cui era il frigorifero, con l’intenzione di prendersi una bella bibita gassata. Si fermò nel vedere chi c’era proprio là davanti. Era più alto, più robusto, più muscoloso degli altri fratelli, sembrava una statua del colore del muschio, i suoi bicipiti erano tondi e grossi più delle palle da bowling. Il suo colore caratteristico era il rosso, che sfoggiava nei pantaloncini aderenti a mezza gamba, nei polsini e, a differenza degli altri fratelli che portavano una fascia sugli occhi, lui aveva una sorta di bandana che gli copriva la testa. Raffaello era una visione per gli occhi di Julie. Altro che Dwayne Johnson! In quel momento lui era di fronte al frigorifero chiuso, intento a scolarsi una bottiglia di birra bionda da un litro. Probabilmente sentì la sua presenza, perché all’improvviso smise di bere e si voltò di scatto a guardarla. Lo sguardo era quello di un duro, anche se i suoi occhi di colore verde chiaro brillavano e sembravano più attrarla che intimorirla.
“Finalmente ci incontriamo, bellezza!” Le disse, disinvolto.
Julie si sentì avvampare per quell’appellativo, scosse il capo per riprendersi e decise di mettere da parte la brava ragazza per far onore ai vestiti che indossava. Si avvicinò a lui con passo strategicamente lento e controllato e quando gli fu accanto disse con gran faccia tosta: “Finalmente, davvero. Cominciavo a pensare che i fratelli fossero tre.”
Lui ammiccò: “Probabilmente lo vorrebbero. Sono sicuro che ti abbiano già detto che io sono…”
“Quello tosto?” Lo interruppe lei: “No, non hanno usato questo termine, ma l’ho capito da sola. E ora che ti vedo ne ho la certezza. Anche se…” Fece un cenno alla bottiglia: “Una bionda non me l’aspettavo. Ti facevo più un tipo da bruna, una birra più forte.”
Raffaello abbozzò un sorriso di sfida: “Chissà, forse ho un debole per le bionde.”
Julie si sentì avvampare di nuovo e non riuscì a nasconderlo. Era solo una sua impressione o quel mutante era tremendamente sfacciato, arrogante e….attraente?
“Che stai facendo, Raph?” La voce arrivò dall’alto dell’atrio. Qualche balzo e Leo si piazzò di fronte a loro. Squadrò il fratello: “La stai infastidendo?”
Lui alzò le mani: “Parola mia si è avvicinata lei.”
Julie intervenne, sperando di non peggiorare le cose: “E’ vero. Sono stata io. Ero così curiosa di conoscere…”
Leo prese la parola, tenendo lo sguardo fisso su quello di Raph: “La pecora nera della famiglia? L’assetato di potere? La testa calda? L’incontentabile?”
Raph ridacchiò: “Confermo ogni parola, fratello.” Passò la bottiglia di birra a Julie e disse ad entrambi: “Ora, col vostro permesso, torno ai miei esercizi di pugilato.”
Julie lo osservò mentre correva e poi balzava fino a raggiungere la cavità dove appunto era la sua palestra personalizzata. Aveva il cuore che batteva come un tamburo.
“Vuoi un consiglio?” Leo attese che lei gli prestasse attenzione, quindi proseguì: “Lascialo perdere. Non troverai niente di buono.”
Julie si limitò a fare un cenno affermativo col capo, anche se non era per niente convinta. Aspettò che Leonardo se ne andasse, quindi sollevò la bottiglia per guardarne il contenuto neanche fosse stato una pozione magica. All’interno era rimasto l’equivalente di mezzo bicchiere di birra. Se la portò alle labbra e buttò la testa all’indietro per godersi la bevanda fresca e frizzantina che le scendeva nella gola assetata. Forse non una pozione magica, ma un elisir doveva esserlo per avere il potere di ricaricarla in quel modo. Bevuto l’ultimo sorso guardò la bottiglia vuota, soddisfatta, e sorrise tra sé sussurrando: “Raffaello.” Avrebbe tenuto quella bottiglia con se fino alla fine dei tempi, non avrebbe permesso a nessuno di sottrargliela e gettarla via.
Dall’alto, quasi nascondendosi dietro il sacco da box rosso e fingendo di fare qualcosa, Raffaello stava spiando Julie e osservando i suoi gesti e le sue espressioni. Non si perse un solo passo mentre lei tornava sorridente nella sala dei videogiochi. Abbozzò un sorriso: “Togliamo pure il forse. A quanto pare ho davvero un debole per le bionde. O almeno per questa.”
*
Nonostante il carico di pizze extralarge che portava quasi a stento, Julie giunse al rifugio col sorriso stampato sulla faccia. Un sorriso da furbetta che aveva combinato qualcosa, per la precisione. Appoggiò il carico sul tavolo e gridò: “Qualcuno vuole pizza calda?” Tempo tre secondi ed ecco che dai punti più disparati del rifugio saltarono fuori i tre fratelli, i quali si precipitarono da lei.
“Pizzapizzapizza!” Esultò Mikey, tanto contendo da avere gli occhi fuori dalle orbite, oltre che le mani nervose in attesa di afferrare il cibo tanto amato.
“Ciao, Julie! Non ti aspettavamo.” Anche Leo era particolarmente entusiasta.
“Volevo farvi una sorpresa!” Rispose lei, strizzando l’occhio giocosamente.
Tra un saluto e l’altro, le scatole erano state aperte e ora non restava che tuffarsi sulle pizze fumanti. Cosa che i tre fecero senza complimenti! Ma di lì a poco, dopo i primi bocconi, Donnie sollevò un dubbio: “E April?”
“Lei è ancora al lavoro. Non sa che sono qui. E non deve saperlo, ok?” E il sorriso furbo si riaccese alla massima potenza mentre lei parlava, sotto lo sguardo perplesso dei mutanti. Dettaglio che le fece chiedere: “Be’? Cosa? Ormai ho imparato la strada e posso venire da sola. E poi non ho bisogno che lei mi faccia da babysitter.”
Mikey, temendo che i fratelli la facessero arrabbiare -e portare via le pizze- con qualche frase inopportuna, si affrettò a dire: “E’ giusto. E’ in grado di venire qui da sola senza accompagnatori.”
Julie gli stampò un bacio sulla guancia: “Grazie, fratellino!” Quindi prese una fetta di pizza ai cinque formaggi e l’addentò.
Le prime due pizze si volatilizzarono, praticamente, e quando Donnie fece per aprirne una al salamino, Julie lo bloccò: “No, quella è per Raffaello. A proposito, dov’è?”
“Oh… Lui si sta allenando.”
“Allora vado a chiamarlo!” Felice, fece per correre verso la stanza dell’addestramento, ma Leo la raggiunse in un balzo e l’afferrò per il girovita: “Lascialo perdere, quello. Mangerà dopo.”
“S-sì infatti. Se lo disturbi lo farai arrabbiare e non è proprio il caso.” Aggiunse Mikey con un improbabile sorriso. In effetti anche Donnie sembrava a disagio, il che era strano.
Julie si morse un labbro: “Va bene. Allora ne terrò da parte una.” Lanciò un’occhiata di sbieco a Leonardo per indurlo a lasciarla andare e si precipitò sul cartone che conteneva quella al salamino. Nessuno glielo aveva detto, ma lei era sicura che fosse la preferita di Raph. Tutto in lui era piccante. O almeno così se lo era figurato al loro primo e unico incontro. Un incontro casuale dopo giorni e giorni che lui si aggirava come un’ombra senza mai uscire allo scoperto. Sperava che adesso le cose sarebbero cambiate e invece… La odiava così tanto?
Dovette attendere che l’abbuffata finisse per avere l’occasione di fare qualcosa. Declinò gentilmente l’invito ad unirsi a loro per una partita a ‘Call of Duty’, con la scusa di voler riordinare nel caso fosse tornato Splinter -in quelle ore assente per una delle sue tipiche escursioni- ma promettendo di raggiungerli appena finito. Si armò di birra fresca presa dal frigorifero e recuperò il cartone con la pizza che aveva tenuto da parte. Era decisa ad andare fino in fondo, ad ogni costo. Sguardo puntato in avanti e passo sicuro, andò dritta alla stanza dell’allenamento e aprì la porta dandole un calcetto col piede. Per lo meno le avevano detto la verità, Raffaello era davvero lì ad allenarsi. Nelle sue mani i pugnali Sai sembravano danzare, sottili e aggraziati strumenti che potevano dare la morte. O salvare una vita.
Pur avendo udito il rumore proveniente dalla porta, Raph fece le ultime mosse che doveva eseguire per completare una sequenza di attacco, e solo dopo averle fatte si voltò a vedere chi fosse entrato. Una vista sorprendente che lo lasciò quasi a bocca aperta. Julie era lì, con addosso un miniabito azzurro dalle spalline strette e la scollatura profonda, un paio di scarpe aperte e col tacco a spillo e i capelli sciolti sulle spalle. Diede importanza a ciò che teneva in mano solo quando lei fece un cenno col capo verso il basso.
“Ho pensato che avessi fame e sete.”
Che pensiero carino. Si era preoccupata per lui nonostante tutti le dicessero il contrario.
“Raffaello, so di non piacerti, anche se non ne conosco la ragione.”
Un brivido gli attraversò la schiena nel sentirla parlare così. Cosa stava dicendo? Gli piaceva moltissimo e solo il cielo sapeva quanto desiderava stare un po’ con lei. Perché si era messa in testa una cosa così sciocca?
“Ma io ci tengo a diventare tua amica e vorrei che il nostro rapporto fosse lo stesso che ho con i tuoi fratelli.” La sicurezza l’abbandonò all’improvviso, abbassò lo sguardo un istante e si fece piccola piccola: “Se lo vuoi anche tu.”
Lo voleva eccome, in barba alle minacce di Leo e alla sua stupida gelosia. Se solo fosse riuscito a dirglielo apertamente. Invece ripose i pugnali e disse solo: “Vieni.”
Il fatto che non l’avesse cacciata era già un buon risultato. Julie ne era davvero felice! Ora che non si sentiva più un fascio di nervi sarebbe stato più facile comunicare con lui. Con questa prospettiva gli si avvicinò e, sotto suo invito, si sedette sul pavimento. Scoperchiò la pizza, già tagliata a spicchi e fortunatamente ancora calda, e si rivolse a lui: “Tutta tua!”
Raph le lanciò un’occhiata riconoscente, prima di dire: “Mangiala insieme a me. Non hai quasi toccato cibo, prima.”
E lui come lo sapeva? Julie arrossì nel chiedergli: “Mi stavi guardando?”
Lui prese possesso del primo spicchio e le rispose fingendo noncuranza: “Solo alcuni minuti. Ho sentito il trambusto di là e ho guardato cosa succedeva.” Divorò metà fetta in un boccone, mugolando in segno di apprezzamento. “Salamino. La mia preferita.”
Julie accennò un sorriso. Ci aveva azzeccato sulla pizza e, a quanto pare, anche sul suo conto. In lui non c’era traccia di antipatia nei suoi confronti. Prese uno spicchio di pizza. Le cose stavano andando davvero bene.
“Ora però devi dirmelo. Perché hai fatto di tutto per starmi lontano?” Gli chiese con curiosità, mentre la degustazione proseguiva.
“Non è stata una mia scelta, te l’assicuro.” Bevve un sorso di birra e, una volta appoggiata, confessò: “Be’, all’inizio forse sì. Non mi faceva impazzire l’idea che qualcuno oltre April venisse qui. Ma poi mi sono ricreduto.”
“E allora perché ti nascondevi?” Incalzò lei.
Raph scacciò la questione con un movimento della mano: “Lascia perdere. Ti basti sapere che non ho nulla contro di te.”
Poteva andare come risposta? Non sarebbe riuscito a dirle che tutto era cominciato a causa del proprio dannato orgoglio, a cui erano poi seguiti dei malintesi e la minaccia di Leo. Osservò Julie mentre mangiucchiava una fetta. Era così carina con quel suo modo di fare innocente, le labbra un po’ arricciate mentre dava dei morsetti come una bambina. Dopo aver passato giorni a spiarla da lontano, ora poteva godersi tutto di lei, finalmente. Julie si accorse del suo sguardo, in un leggero imbarazzo le sue gote si arrossarono. Deglutì il bocconcino e si passò la lingua sulle labbra.
“E io che temevo mi odiassi perché non mi piacciono i supereroi della Marvel e della DC!” Abbozzò quello scherzo per togliersi d’impaccio.
Raph stette al gioco: “Oh questa devo ancora perdonartela! L’importante è che non mi tocchi Vin Diesel e i suoi film o sarò costretto a toglierti il saluto!”
Giocosa più che mai, Julie si sporse su di lui per provocarlo: “Quindi non posso dire che ha la faccia da scoiattolo?”
Le puntò un dito contro, trattenendosi dal ridere: “Tu stai giocando col fuoco, bellezza.”
“Uno scoiattolo sconvolto a cui hanno rubato le noccioline!” Insisté Julie, di conseguenza Raffaello allungò le mani per farle il solletico ai fianchi, ben disposto a giocare con lei.
The crazy days, city lights
The way you'd play with me like a child

Sentì quelle frasi della canzone come se ci fosse stato uno stereo acceso dentro la sua testa.
“Mi sa che l’ho trovata io la scoiattolina! Senti come squittisce!” La prese in giro Raph, per via dei suoni che emetteva sotto l’assedio del solletico. Le concesse il tentativo di liberarsi, giusto per continuare il gioco, e quando lei riuscì a scivolare via la intrappolò nuovamente, questa volta contro il pavimento. Le loro risate riempirono la stanza. Dio, non ricordava l’ultima volta che aveva riso così di gusto. Sempre che l’avesse mai fatto. C’era voluta lei per far uscire quel briciolo di allegria che teneva sigillata dentro di sé come in un bunker. Certo che…averla fra le proprie braccia, riuscire a sentire il suo respiro contro il viso da quanto erano vicini, vedere i suoi occhi cristallini fissarlo con intensità. Quasi non si accorse che le risate erano scemate, che tra loro era calato il silenzio. Aveva voglia di…
“Julie, dove sei?”
La voce di Mikey spezzò l’incantesimo, entrambi sussultarono. Raph si rialzò, lasciandola così libera di rimettersi in piedi.
“E’ meglio che io vada. Ormai ho promesso di partecipare a quella partita in multiplayer.” La voce aveva ancora una nota di divertimento, le gote erano ancora arrossate.
“Sì, nessun problema. Vai pure, qui ci penso io.” Con la mano indicò il cartone, sporco di residui di formaggio e pomodoro, e la bottiglia quasi vuota.
“Bene, allora… Ci vediamo. Sempre che tu non decida di sparire di nuovo!”
Raph ridacchiò: “Non ci penso proprio, bellezza.” La osservò uscire dalla stanza. Sì, le cose sarebbero cambiate d’ora in poi.
“Eccomi Mikey, scusami!”
Michelangelo la vide correre verso di lui e gli venne spontanea la domanda: “Ah eccoti! Che facevi?”
“Ehm, ero con Raffaello. Abbiamo mangiato la pizza al salamino.”
Lui la guardò con tanto d’occhi. Con Raffaello? Ma allora il fratello aveva cambiato idea su di lei. Che bella notizia! Mutò subito espressione nel dire: “Mi fa piacere. Ora vieni, ti stiamo aspettando!”
 *
In quei giorni April era stata maledettamente impegnata e quindi costretta a trascurare la cugina e gli amici. Almeno quella sera era riuscita a liberarsi prima ed aveva subito avvisato i mutanti che sarebbe andata a cena da loro. Aveva proprio voglia di vederli e stare in loro compagnia.
Entrò nel rifugio maledicendo la sua abitudine di indossare stivaletti col tacco. Sospirò spazientita: “Per venire qui dovrei mettermi qualcosa di più comodo, accidenti a me.” E l’attimo dopo sfoggiò un gran sorriso rivolto ai suoi amici che le stavano andando incontro: “Eccomi, scusate il ritardo!”
Michelangelo, da solito furbacchione, andò subito ad avvolgerle le spalle con un braccio: “Le belle ragazze si fanno sempre aspettare. E tu che sei bellissima hai diritto a farci aspettare ancora di più.”
April lasciò perdere quella fanfaronata, soprattutto perché il suo sguardo andò a posarsi sul tavolo dove attendevano bibite e secchielli ricolmi di bocconcini di pollo ancora fumanti.
L’unico che sembrava indifferente alla cenetta coi fiocchi che stava per avere luogo, era Leonardo. Mentre amica e fratelli si mettevano a tavola tra chiacchiere e risate, il suo sguardo nervoso era alla ricerca di qualcosa che, evidentemente, non c’era.
“Ma…Julie? Non cena con noi?” Si decise a chiedere, vedendo che l’ingresso continuava a restare vuoto.
April, che stava ascoltando le parole buffe e sdolcinate di Mikey, sempre pronto ad omaggiarla come fosse davvero la sua ragazza, volse lo sguardo a Leo e si affrettò a rispondere: “No, mi dispiace. Questa sera preferisce stare a casa a riposare. A quanto ho capito la sua insegnante di danza l’ha bacchettata per bene e lei è stanca morta.”
Se Leo non riuscì a mascherare la tristezza, Raph si obbligò a nascondere ciò che provava riempiendosi la bocca con i bocconcini di pollo. Avrebbe preferito morire piuttosto di essere schernito per i propri sentimenti. La verità era che sperava di vederla, soprattutto dopo il chiarimento che c’era stato tra loro, dopo quella mezzora da soli in cui avevano scherzato e giocato. Però non poteva dimenticare che lei aveva una vita al di fuori di quei sotterranei, una vita alla luce del sole, una vita popolata di persone con cui interagiva. Una vita che lui non poteva darle.
“Però prima sono passata da lei e mi ha detto di salutarvi tutti.” Aggiunse poi April.
Rassegnato, Leo prese posto e cominciò a mangiare, cercando di interessarsi ai discorsi dei fratelli. Fino a quando Donnie non saltò fuori con un: “Però mi dispiace sapere che Julie ha problemi alla scuola di danza. E ancor di più che tali problemi le impediscano di venire qui. Mi viene quasi voglia di andare da quella vecchia cornacchia della sua insegnate e spaventarla a morte.”
“Non esagerare! L’insegnante fa solo il suo lavoro. E’ comprensibile che pretenda di più a pochi giorni dallo spettacolo. Soprattutto dalla protagonista.”
“Sì, ma c’è modo e modo, secondo me. Sei perfino dovuta andare a vedere se stava bene.”
Per poco April non si strozzò nell’udire quelle parole. Cominciò a scuotere il capo ancor prima di riuscire a parlare: “Hai frainteso! Sono andata da lei perché mi ha chiesto di portarle le registrazioni del progetto Renaissance. E’ molto curiosa di vedere in che modo è cominciata la vostra mutazione e così vuole approfittare di questa serata di riposo per vedere i filmati.”
Il rumore di una sedia rovesciata fece voltare tutti gli sguardi in un’unica direzione. Raffaello. Si era alzato così bruscamente da far ribaltare la sedia e ora se ne stava lì fermo come pietrificato con lo sguardo basso e i pugni sul tavolo.
“Raffaello, cosa c’è?” Gli chiese Splinter.
“Io…” Qualche secondo per riprendersi ed ecco che dalla sua bocca uscì una risposta disinteressata: “Non ho più fame. Esco.” Mentre si allontanava lo seguì il silenzio, come succedeva spesso, ma appena uscì dal rifugio di fermò ad origliare e verificare che riprendessero le solite chiacchiere di sempre. Un vantaggio dell’essere perennemente scontroso era che chi gli stava attorno prima o poi si abituava e non ci faceva più caso. Soddisfatto, fece un cenno col capo e si diede alla corsa per raggiungere l’esterno.
  
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