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Autore: gabry13    04/05/2018    0 recensioni
Ho voluto scrivere una storia dedicata ad un amore giovanile ai suoi esordi; ovvero quello tra James Sirius Potter ed Alice Longbottom. Vicenda non intaccata dai drammi e dalle avversità che hanno segnato la vita dei loro famosi genitori, bensì dalle piccole insicurezze tipiche della loro giovane età e dalla voglia di vivere senza riserve le belle emozioni che una storia d'amore può regalare.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James Sirius Potter
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Quant’è bella giovinezza,

che si fugge tuttavia!

Chi vuol esser lieto, sia:

di doman non c’è certezza

 

Lorenzo De’ Medici (Trionfo di Bacco e Arianna)

 

************

 

Ad Hogwarts, quel sabato mattina, la grande sala era invasa dalla luce dorata del sole primaverile e sovrastata dalla riproduzione del cielo terso, di un azzurro cangiante, che si estendeva all’esterno fin oltre l’orizzonte, preludio di una giornata che prometteva di essere incantevole.

Gli esami erano finiti e gli studenti affollavano i lunghi tavoli delle quattro case consumando allegramente la loro colazione, pronti a riversarsi poi negli ampi giardini intorno al castello i quali offrivano, in quel periodo, lo splendido spettacolo della natura rifiorita.

James Sirius Potter fece il suo ingresso poco prima delle dieci; le mani nelle tasche dei jeans, slavati e stropicciati ad arte, una maglietta bianca sufficientemente aderente da mostrarne il fisico asciutto e i capelli spettinati da “bello e dannato”. Catalizzò subito l’interesse del popolo femminile presente nel salone; molte di quelle fanciulle si sarebbero vendute un rene per ricevere un invito esclusivo, da parte del giovane Potter, alla festa di fine corso che si sarebbe tenuta di lì a una settimana.

Si trattava di un evento, introdotto pochi anni prima dalla preside Mcgonagall, riservato agli studenti dell’ultimo anno e ai loro accompagnatori per poter festeggiare il termine del loro ciclo di studi ad Hogwarts, prima che i diplomandi lasciassero definitivamente quelle antiche aule e cominciassero a percorrere la propria strada da persone adulte.

James tuttavia non intendeva chiedere a nessuna di quelle ragazze di essere la sua dama, tranne a colei che non l’aveva degnato di un solo sguardo: Alice Longbottom se ne stava seduta beatamente al tavolo dei Corvonero, sorseggiando una tazza di caffè bollente e divorando con i vivaci occhioni, scuri e dolci come more mature, uno dei romanzi “babbani” che era solita scovare nei mercatini londinesi durante le vacanze estive. Se James non ricordava male il libro era intitolato “Cime Tempestose” e, pur ignorandone il contenuto, si trovò a pensare che c’era qualcosa di veramente tempestoso in quelle pagine, visto che lei ne era assorbita a tal punto da ignorare tutto ciò che la circondava ma, in fondo, quella era la natura di Alice, sospesa come un agile funambolo tra evanescenti sogni e solida realtà.

Seppur coetanei, il giovane l’aveva apprezzata veramente solo da pochi mesi, tanto da essere diventata l’aspetto più interessante del suo ultimo anno di scuola. Lei, che non frequentava le lezioni di Erbologia perché non voleva essere considerata la classica “figlia di papà”, in verità ne conosceva più di chiunque altro studente nella scuola e così dispensava, nella riservatezza della biblioteca, piccole ripetizioni a chi era in difficoltà; così arguta ma mai vanesia, si librava magistralmente a cavallo della sua scopa ma, non amava il Quidditch, perché il volo, a suo avviso, era libertà e non una corsa frenetica per schivare bolidi e acciuffare boccini dorati. Piccola e esile, la pelle pallida come la porcellana e la folta chioma, sempre raccolta in una coda scomposta tenuta insieme da una matita raccattata chissà dove, quasi non la si notava mentre percorreva gli affollati corridoi; ciò nonostante, al momento debito, sapeva far valere le proprie ragioni ed esprimere le personali idee con poche, misurate ma efficaci parole. Fu proprio questa sua qualità ad aver stregato James in una tarda sera di metà ottobre; stava tentando di ritornare al suo dormitorio, dopo aver passato buona parte della serata nella stanza delle necessità a sbronzarsi solo e arrabbiato con il mondo intero, quando si era imbattuto nella ragazza di ritorno da una cena nell’ufficio del padre. In cerca di un espediente per accrescere il proprio ego, aveva cercato di rimorchiarla senza molto tatto, provocando una reazione di impassibile distacco che l’aveva decisamente infastidito. Con la mente annebbiata dagli effetti dell’alcool aveva inveito contro di lei, gettandole addosso tutta la sua amarezza nata del fatto che la preside, a inizio anno, aveva pensato bene di dare una bella strigliata preventiva a lui e ai suoi fratelli affinché demordessero da qual si voglia intento nel trasgredire le regole della scuola, pena l’espulsione. La tal cosa, in altre circostanze, probabilmente lo avrebbe colpito come una piuma sul viso ma quell’anno era diverso; poche settimane prima il suo fratellino aveva  contribuito alla sconfitta della figlia di Voldemort diventando una vera e propria celebrità ad Hogwarts e lui, dopo anni sotto le luci della ribalta, sentiva minacciata la propria popolarità. Per evitare di rimanere nell’ombra, aveva segretamente pianificato di costellare d’imprese, più o meno legali, i suoi ultimi mesi di scuola; questo, ovviamente, prima che la vecchia professoressa fosse intervenuta per rovinargli la festa. Alice, con estrema calma e autocontrollo, l’aveva fatto ragionare: - James, tu sei il capitano della squadra di Quidditch di Grifondoro, forse il più popolare dei ragazzi della tua casa. Sei sufficientemente brillante, intelligente e sveglio da lasciare il segno senza metterti nei guai. Tuo fratello, al contrario, ha vissuto da reietto per anni, il figlio sbagliato del grande eroe. Ci stava rimettendo pure la pelle in quella sorta di bravata che lo sta rendendo tanto famoso; se gli vuoi davvero bene vai oltre il tuo egoismo e prova ad essere felice per lui! – Lo aveva poi accompagnato all’entrata della torre di Grifondoro e silenziosa si era subito allontanata. Grazie alle parole di lei, James ritrovò ben presto la stabilità e cominciò a nutrire un vivo interesse nei confronti della giovane. Non parlarono mai più dell’accaduto ma divennero buoni amici, passando ore intere a chiacchierare confrontandosi su qualunque cosa, dagli argomenti più seri e intimi a quelli più futili e leggeri. Volle conoscerla sempre meglio, guadagnando la sua stima, per poterla poi  corteggiare con la serietà che ella si meritava.     

L’invito alla festa gli sembrò proprio il momento più adatto per tentare di dare una nuova svolta al loro rapporto.

- Ciao Alice, che fai? – le domandò sedendole accanto e ostentando una disinvoltura che, in verità, sentiva di non avere. La ragazza alzo i profondi occhi fissandolo con un’espressione a metà tra il sorpreso e il divertito: - Sto leggendo? –

- Si, certo, ovvio…e di che parla? Intendo dire…il libro –

- Di un amore impossibile –

- E a te piacciono gli amori impossibili? – chiese lui con trasporto, le mani sudate per l’agitazione. Alice sbottò in una risata leggera come un alito di vento: - Sì, ma solo nei romanzi! Jamie dove vuoi arrivare? Quando parti così vago significa che hai bisogno di un favore. –

- Non è un vero e proprio favore, mi stavo solo chiedendo se ti andasse di venire alla festa di sabato con me. -

Lei parve soppesarlo per qualche istante prima di rispondere: - Certo, verrò volentieri con te –

- Davvero? – rispose James, al settimo cielo, con un tono di voce abbastanza alto da essere udito per mezza sala. Balzò quindi in piedi imbarazzato: - Bene allora ci vediamo sabato…cioè a dir la verità molto prima di sabato, magari più tardi…fuori è una giornata stupenda! Ok, allora io vado. –

Alice osservò l’amico allontanarsi paonazzo, ignara del fatto che un raggio di sole sembrava averle improvvisamente illuminato il viso.

 

Il fatto che Alice Longbottom fosse stata invitata da James Sirius Potter alla festa di fine corso interessò molte più persone di quante la ragazza avrebbe onestamente immaginato. Solo poche ore dopo l’accaduto, si ritrovò avvinghiata nell’affettuosissimo abbraccio di Lily Potter, la quale si dichiarò entusiasta della decisione del fratellone di invitare una “persona per bene” invece di una delle tante oche che erano solite sbavare quando lo vedevano passare. Si offrì persino di aiutarla a scegliere della stoffa con la quale le avrebbe confezionato un abito degno di una principessa; esaminandola centimetro per centimetro con un piglio decisamente sfrontato sembrò fantasticare per un attimo sull’aspetto che la povera Alice avrebbe assunto dopo il suo lavoro di restyling: - domeremo quella sorta di cespuglio ribelle che hai in testa e ti truccherò a dovere, sarai veramente un capolavoro! –

Alice, paziente, decise di lasciarla fare per diverse buone ragioni: per cominciare, era risaputo che, quando il “ciclone Lily” si metteva in moto, nessuno era più in grado di fermarlo; in aggiunta, essendo buone amiche, proprio non se la sentì di rovinarle il divertimento e, cosa più importante, il mondo degli abiti eleganti e dei tacchi a spillo le era totalmente estraneo, quindi fu un gran sollievo avere l’appoggio di chi ne sapeva più di lei.

Si rivelò una settimana parecchio intensa ed impegnativa; di conseguenza passò in un baleno.

 

La sera della festa James aspettò Alice all’ingresso della torre di Corvonero misurando a larghi passi il breve corridoio antistante, nel tentativo di placare l’agitazione che cresceva in lui con sempre maggiore prepotenza. L’attesa durò una decina di minuti, o poco più, poi finalmente la ragazza lo raggiunse lasciandolo decisamente senza fiato; un meraviglioso abito blu le fasciava il busto, evidenziando la vita sottile, per poi scivolare sui fianchi con onde morbide e irregolari che le accarezzavano le gambe fino a sfiorare il pavimento. I capelli, sciolti e lisci, cadevano leggeri sulle esili spalle lasciando intravvedere due piccoli orecchini di brillanti ad illuminarle il viso già di per se radioso.

Lui le tese la mano: - Allora, mia splendida dama, sei pronta per la festa? – Lei, di rimando, arrossì violentemente: - Sì, direi che possiamo andare -.

Giunti nella grande sala attirarono l’attenzione di molti dei presenti, suscitando nella ragazza una leggera ilarità: - Oh Jamie, se penso che poco tempo fa eri così preso dal terrore di poter diventare “invisibile”! Non muovi passo senza avere gli occhi di tutti puntati addosso… -

- Alice, non stanno guardando me, ammirano te! –

Lei abbassò lo sguardo, incapace di sostenere anche solo l’idea di poter essere al centro dell’attenzione di molti. Accarezzandole delicatamente il mento James la costrinse a guardarlo negli occhi, colmi di affetto: - Possibile che non ti renda conto di quanto sei bella? E non solo stasera. Guardati, hai una pelle così perfetta, delle labbra che sembrano di seta e i tuoi occhi… beh nei tuoi bellissimi occhioni scuri si legge tutta la tua anima, la tua gentilezza, la tua correttezza, la tua sensibilità. –

Avrebbe voluto rivelarle quanto l’amasse ma non ne ebbe il coraggio; quel momento fu così bello ma nel contempo tanto fragile e lui ebbe paura di rovinare l’intimità che, quieta, li aveva avvolti. Si limitò quindi a cingerle la vita invitandola a danzare.

Si divertirono molto, come spesso accadeva quando stavano insieme; ciò che li circondava non era che un confine lontano del loro esclusivo universo all’interno del quale parole, gesti e sguardi danzavano vorticosi come ballerini impazziti. Trasportata da questa brezza di inebriante benessere, Alice prese le mani di James tra le sue: - Ti va di accompagnarmi nel posto che più amo in tutto il castello? –

Lui annuì e venne così trascinato prima nell’atrio e poi su per le ampie scale; correvano entrambi come bambini, il vestito di lei che si espandeva come una nuvola turchese, il sorriso di lui largo e genuino come mai prima di allora. Raggiunsero presto la torre di Astronomia e si sporsero incauti dalle immense arcate. La campagna che circondava Hogwarts, buia e tranquilla, si estendeva sinuosa per chilometri fino a fondersi con il cielo punteggiato da manciate di ammiccanti stelle; contemplarono l’immensità che si apriva dinnanzi a loro sentendosi nel contempo minuscoli ed infinitamente fortunati. Capirono di essere sufficientemente giovani e felici da poter abbracciare con serenità la tempesta che quel piccolo amore stava per regalare loro e, con l’imprevedibilità della mera spensieratezza, si baciarono con passione, le labbra calde e gli occhi accesi da sorprendenti fuochi d’artificio.

- Ti amo Alice e vorrei che tutto questo durasse per sempre – sussurrò il ragazzo sincero.

- Chi lo dice che non sarà davvero così – rispose lei: - Tra queste mura sono nate storie che si sono consumate in un batter di ciglia ed altre che sono durate una vita intera. Anche io ti amo James e, per ora, questo mi basta. -

   
 
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