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Autore: YellowSherlock    05/05/2018    2 recensioni
Ispirata all'omonimo film Les Choristes, in poche righe ci immergiamo in un piccolo segreto di Sherlock, che per John, si rivela uno dei più dolci.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Breve testo ispirato ad un brano appartenente al film Les Choristes.
Ve lo linko qui : https://www.youtube.com/watch?v=prZwrcTEFfs&start_radio=1&list=RDprZwrcTEFfs
Mi sono divertita molto a immaginare la scena, spero piaccia anche a voi.
A presto!

“Un coro di voci bianche.”

“Che cosa?”

dissi a Sherlock, cercando di capire cosa volesse intendere.

“Stasera, alla Royal Opera House, c’è un concerto di voci bianche.”

“E questo me lo dici perché…”

“Perché mi piacerebbe andarci.”

“Oh.”

“Già.”

Restai in silenzio per qualche secondo: Sherlock non mi aveva mai lanciato un invito del genere, né tantomeno in questo modo.
Non sapevo cosa pensare.

Da quando si interessava a quel genere di musica?
Che avesse una cultura musicale invidiabile io lo avevo sempre saputo, ma le voci bianche…davvero mai me lo sarei aspettato da lui.

“Desideri andarci?” gli risposi.

“Oh si, sarebbe magnifico, ma i biglietti sono finiti circa tre settimane fa.”

“E perché me lo dici solo ora?”

“Perché l’ho saputo stamani. Che domande.”

Ed eccomi, di nuovo a fare domande stupide.

Provai un moto di tenerezza quando mi accorsi che probabilmente quello era uno dei suoi desideri più nascosti.
Presi velocemente il cappotto dal divano e uscii correndo.

“Dove vai?”

“A lavoro. Che domande.”

Sherlock alzò gli occhi al cielo ridendo, sapendo che avevo comunque ripagato in quel momento la sua aria saccente.

Chiaramente non avevo nessun turno quel pomeriggio, ma uscii di corsa perché dovevo assolutamente trovare un biglietto per il mio compagno.

Cambiai due treni, tre autobus e due taxi, prima di recarmi alla biglietteria ufficiale.
Su internet avevo consultato ogni tipo di vendita e prevendita, era completamente tutto esaurito.

Non mi persi d’animo e chiamai Mycroft.

“Mycroft.”

“Oh, John Watson. Quale onore.”

“Ci siamo incontrati ieri.”

“E’ sempre un piacere parlare con l’uomo che fa tornare la ragione a mio fratello.”

“Oh. Ok.” arrossii.

“Dimmi, di cosa hai bisogno.”

“Due biglietti, Royal Opera House, concerto di voci bianche, stasera.”

“Ecco. Adesso l’hai persa tu la ragione.”

“No Mycroft, sono serio! Davvero!

“Da quando Sherlock ascolta questo tipo di musica?”

“Non lo so, dimmelo tu, sei suo fratello.” Dissi ascoltando dei sospiri inquieti dall’altra parte del telefono. 
“Mmmh. – cambiò argomento-  E’ praticamente impossibile. E’ un evento organizzato otto mesi fa, perché se ne ricorda solo stasera?”

“E’ Sherlock, Mycroft! Dovremmo smetterla di porci queste domande!”

“Beh. Effettivamente. Comunque temo di non poterti essere d’aiuto. Vi saluterò dal palco Reale.”

“Mycroft!!!”

“Scherzo. Rifiutai l’invito, ho di meglio stasera.”

“Risparmiami i particolari.”

“Non avevo nessuna intenzione di rivelarteli.”

“Addio, ciao.”

“Ciao, Dottore!”

Mycroft talvolta mi mandava sui i nervi anche più di Sherlock, e la cosa restava perenne perché almeno di lui non ne ero innamorato.

Percorsi le scale del botteghino a falcate, fino a che non mi ritrovai dinnanzi alla biglietteria chiusa.
Un vetro opaco mandò in frantumi tutta la speranza di poter regalare alla persona che amavo qualcosa che desiderava da anni.

Andai via con la consapevolezza e l’amaro di chi aveva scoperto troppo tardi una cosa di vitale importanza; Sherlock non era manifesto nei sui sentimenti, e se qualcosa poteva aprirlo ancora di più nei confronti di ciò che lo circondava, andava colta immediatamente.

Ma le voci bianche, perché?

L’aria frizzantina di quel tardo pomeriggio di Marzo non mi aiutò nel combattere la malinconia; il cielo divenne d’un azzurro carico e le nuvole di uggiosità lo contrastavano con un bel blu cobalto. Gli alberi circostanti decoravano quel capolavoro, e io mi persi in quel dolce blues.

“John.”

una voce mi ridestò da quella trance.

“Mike! Che ci fai qui!”

“Oh facevo una passeggiata. Mi preparo al grande evento di stasera.”

“Oh che succede, stasera?”

“C’è il grande concerto delle voci bianche, non ne eri a conoscenza?”

Sospirai cercando di non farmi prendere in giro dalla vita, e sorrisi malinconicamente.

“Sì, Sherlock avrebbe tanto voluto andarci, ma purtroppo io sono distratto e lui troppo stupido per ricordarsene prima, quindi siamo senza biglietti.”

“Oh mi dispiace! Li avrei presi anche a voi, se avessi saputo… insomma, Sherlock! Le voci bianche!” Mi disse sorpreso.

“Infatti. Beh, ci aggiorniamo. Magari facci sapere com’è stato.”

Mike mi salutò con dispiacere, è sempre stato di una bontà unica e ogni incontro o situazione lo toccava nel profondo.

Ripresi il mio cammino e mi diressi verso la fermata del bus.
Dopo qualche minuto lo ritrovai alle mie spalle, era rosso in viso ed aveva l’affanno poiché aveva corso.

“John! John!!”

“Mike. Che succede?!”

“Ho la soluzione!”

“Hai trovato i biglietti?”

“No, purtroppo no! Ma ho un amico scenografo, potrei farvi accedere da lì! Non sarebbe l’ideale ma comunque avreste la possibilità di ascoltarli dall’impalcatura. Vale lo stesso?”

“Oh Dio Mike, ti sarei debitore a vita!”

Poi mi accorsi della sciocchezza detta, io gli ero già debitore a vita.

“Ahah! Adesso lo chiamo e ti faccio sapere. Tieni il cell acceso, ti scrivo!”

“Ok!!” Sorrisi e presi l’autobus per tornare a casa.

Il viaggio fu breve, più breve dell’andata, probabile che stavolta incideva la speranza in più.

Arrivai a Baker Street senza avere notizie, ma quando presi le chiavi dalla tasca, un tintinnio raggiunse le mie orecchie.

* TEXT *

*Ci vediamo tra un’ora fuori all’ingresso degli artisti.
Non mancate o vi ammazzo sul serio, stavolta.* 

La mia felicità arrivò alle stelle, avrei portato Sherlock a quel concerto e niente avrebbe potuto impedirmi quella missione.

Le scale del nostro appartamento le percorsi con dolcezza, non avevo più motivo di correre: dovevo solo assorbire tutto la gioia. 

Entrai e trovai Sherlock seduto sul divano con il suo violino.
Pizzicava le corde creando una leggera melodia, poi mi guardò.

“Dov’è che sei stato?”

“Oh, non posso dirtelo.”

“Mhhh.”

“Forza, vai ad indossare qualcosa. Ti porto fuori.”

“Mi porti fuori. Come il cane.”

Sorrisi ammettendo di aver usato un tono quasi come se mi stesse aspettando per fare la pipì.

“Per piacere.” Gli dissi con una faccia felicemente supplicante.

“E va bene. Solo perché ho voglia di patatine, altrimenti avrei rifiutato questo tuo invito blando.”

Disse alzandosi e portando elegantemente tutte le sue forme con sé.

Gli feci un piccolo cenno con la testa come a volermi inchinare, e lui non riuscì a trattenere un sorrisetto, fino a che non scomparve dietro la porta della nostra camera da letto.

Io andai in bagno e mi diedi un tono, una rinfrescata.
Non avremmo visto in platea lo spettacolo, ma saremmo dovuti andare sempre alla Royal Opera House.

Indossai un pullover color crema con un pantalone nero ed una giacca.
I miei capelli argentei risaltavano il colore della maglia e la mia aria era finalmente fresca e rilassata.

Quando tornai nel soggiorno vidi Sherlock, ed il mio cuore saltò.
Era sempre elegante, ma quella sera, probabilmente aveva voglia di strafare.

Aveva indossato anche lui un pullover ma bianco, di kashmir, una giacca rosso vino e un pantalone altrettanto bianco che gli fasciava perfettamente le sue gambe chilometriche.
Eravamo davvero una bellissima coppia.

“Sei splendido.” gli dissi.

Lui mi sorrise : “Anche tu non sei niente male. Potresti anche dirmi dov’è che andiamo, visto che non indossi camicia e maglioncino!”

“Oh ma sei perfido! Voglio portarti a cena fuori!”

“Mhh. Non mi chiederai di sposarti, vero?”

Scoppiai in una risata isterica, poi un leggero olezzo di malinconia mi raggiunse alla gola.

“No. Non stasera.”

gli dissi specificando che prima o poi l’avrei fatto.

“Menomale, non sono ancora in forma per il vestito da sposa.”

Risi, stavolta di gusto, e gli indicai la porta.

Uscimmo velocemente e con un cenno della mano lui Fermò un taxi.
Gli diedi il passo ed entrò prima di me.

“Covent Garden.” Dissi al tassista.

Sherlock spalancò gli occhi guardandomi.

“Che cosa?! Lo sai che lì c’è il concerto!”

“Ma anche un bel ristorante.”

“Oh John Watson, e io sarei quello col tempismo perfetto.”

sbuffò lasciandosi cadere sullo schienale.

Il fatto che lui fosse ancora all’oscuro di tutto mi rendeva assolutamente divertito, e dovetti combattere contro la risata che si faceva spazio in me.

Il viaggio verso Covent Garden fu breve, e quando uscimmo dal taxi incontrammo tutte le persone in ghingheri che erano lì per il concerto.

“Guardali John. Vestiti costosi, cariche uniche e nessuno che conoscesse davvero il senso di quello che stanno per andare ad ascoltare.”

“Sherlock!! Non essere crudele, le persone non sono tutte ignoranti!”

“Quelle che frequentano questi posti, in genere, sì.”

alzai gli occhi al cielo cercando di distrarlo, quando poi una telefonata, ringraziando il cielo, mi venne in soccorso.
Era sua madre.

Approfittai di quel momento di confusione per farmi seguire, e quando calò giù il telefonino, ci ritrovammo entrambi dinnanzi a Mike.

“Cosa diamine ci facciamo qui?”  Mi disse.

“Oh, ciao Sherlock! E’ un piacere anche per me rivederti!”

“Non fraintendermi Mike, è che se John ha preso i biglietti e mi ha portato al concerto lasciandomi vestito così, giuro che lo ammazzo.”

“No, i biglietti non li ha trovati, ma c’è qualcosa di meglio. Forza. Seguitemi.”

Sherlock mi lanciò un’ occhiataccia e io lo ignorai seguendo il nostro amico.

L’ingresso artisti era magico, odorava di cere, di gessi, di costumi nuovi e di attacchi di panico.
Attraversammo tutte le aule, i camerini, i bagni, fino a che non ci ritrovammo dietro le quinte.

“John…”

“Sssh, dopo mi dici quel che vuoi.” Lo guardai rassicurandolo, e colsi nel suo sguardo un velo di gioia che mi ripagò di tutto.

“Lui è Jackson – disse Mike- è lo scenografo, voi sarete con lui lassù, mi raccomando, non fate guai!”

ci disse, lanciandoci nelle braccia di quest’uomo che si era ritrovato a carico due persone completamente sconosciute.

Ci fece strada e lo seguimmo fino alla sua impalcatura.

“Potete accomodarvi qui, da questa altezza nessuno vi noterà e potrete comunque riuscire a vedere qualcosa.”

Eravamo praticamente sospesi sul palcoscenico, potevamo osservare i capi di ognuno e guardare i volti delle persone sedute alle prime file.
Sherlock era estasiato, e non perse tempo nell’accomodarsi  sulle sedie indicateci da Jackson.

Restammo lì a guardare come la gente prendeva posto, e come si svolgeva la scena dietro a quel sipario rosso velluto.

“John, è il regalo più dolce mai ricevuto.”

“Ne sono felice, Sherlock. Ne sono felice.” Gli sorrisi accarezzandogli una mano.
Lui ricambiò la stretta, che divenne morsa nel momento in cui le luci si spensero.

Aveva paura del buio, da sempre, e allora avvicinai la mia sedia alla sua ancora di più, e gli poggiai la testa su una spalla.
Egli poggiò il suo capo sul mio, e mi lasciò un bacio sulla fronte.

Poche note si alzarono agli inizi, e tutto divenne diverso.
Le luci sottostanti ci raggiungevano vagamente, mentre il suono era puro.
Era nostro.

Restammo in quella posizione per un tempo indefinito, tra Mozart ed Haendel che benedirono la nostra unione.

Dopo un po’ Sherlock si scostò e si alzò lentamente dalla sedia, indicandomi di seguirlo.
Si inginocchiò noncurante del suo pantalone bianco, e si sporse un po’ con la tesa per poter osservare; feci lo stesso e i miei occhi non furono mai inondati di grazia così come in quel momento:
cinque file di bambini tutti vestiti d’oro e di bianco, un maestro, una bacchetta, e nient’altro che la musica.

I miei occhi si posarono da lì, a Sherlock, che aveva lo sguardo perso su quella meraviglia.
I riflettori rimbalzavano la luce, e sulla nostra parte arrivò un raggio che illuminò il suo volto ceramico.
Riuscii a notare che una lacrima rigò il suo viso, ma non disturbai quel suo momento sacro.

“Sai perché le amo?”

Mi guardò e mi sussurrò.

Io ricambiai il suo sguardo, dolcemente interrogativo.

“Perché?” dissi.

“Perché da bambino ero uno di loro.”

Fui sorpreso dalla sua affermazione, mai avrei immaginato che Sherlock sapesse cantare.

“Non sono un religioso John, ma credo che non ci sia nulla di più sacro della musica.
Vedi le persone credono che esista un dio, qualcuno che poi un giorno leggerà una nostra relazione, dei voti, e ci dirà in quale classe dovremmo passare l’eternità.
Non è banale? Ridurre tutto ad uno scontare di pena.
Dio è molto di più.
E’ la chimica che ci ha formati così, perfetti.
E’ la natura che sa rigenerarsi, che continua oltre te, oltre me, oltre il tempo.
Dio è in ogni perfetta nota di quest’arte, è nelle arti.
E’ in ogni raggio che vedi, in ogni sentimento che provi.
Dio sei stato tu, quando hai scelto me.
E allora questo è il mio modo di pregare; non perché io debba riparare la mia anima, o perché debba chiedere scusa a qualcuno.
Io prego affinché la mia essenza contribuisca a questo meraviglioso meccanismo e quando non ci sarò più nulla dovrà cambiare, ma tutto dovrà sempre restare immutato e continuo nel tempo.
Prego e canto, e so che tu capirai il senso della frase che chi canta, prega due volte.
Dio è una carezza d’amore, una carezza sull’oceano, una carezza su di te.”
Carezza sull’ oceano

Porta l’ uccello cosi’ leggero

Spirito di terre innevate

Aria effimera dell’ inverno

In lontananza il tuo eco s’ allontana

Castelli in aria

Vira al vento volteggia spiega le tue ali

Nell’ alba grigia del levante

trova un cammino verso l’ arcobaleno

Si scoprirà la primavera

 

Carezza sull’ oceano

Posa l’ uccello cosi’ leggero

Su una pietra di un’ isola immersa

Aria effimera dell’ inverno

Alla fine il tuo soffio si allontana

Lontano sulle montagne

Vira al vento volteggia spiega le tue ali

Nell’ alba grigia del levante

Si scoprirà la primavera

Calma sull’ oceano


PS: Ho letto il regolamento e spero di aver capito bene, in caso contrario fatemi presente un'effrazione e provvederò subito alla rimozione di questa postilla.

Gestisco un blog su Sherlock, non avendo sempre il tempo di poter scrivere Fan Fiction, prendo ispirazione da alcune immagini e ne scrivo piccoli pensieri, se volete farci un salto ne sono felice.

Lo linko nel caso in cui qualcuno volesse curiosare,  spero di essere stata esaustiva, e ripeto, nel caso in cui non fosse permesso rimandare a link esterni, sono pronta ad eliminare questo post.

https://scienzadeduzione.wordpress.com

A presto! 

   
 
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