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Autore: ReaRyuugu    05/05/2018    1 recensioni
"[...] non gli pesava tornare a casa per trovarsi davanti una figura che piano piano, con insidiosa invadenza, era lentamente diventata una costante: non poteva rimproverare le sue lunatiche intrusioni perché, in cuor suo, provava piacere ad avere silenziosa compagnia, che inizialmente si riassumeva in pochi sguardi e qualche parola scambiata senza entusiasmo, ma che forse adesso stava iniziando a sfuggire dalle mani di entrambi."
{Ryuurou Hirotsu x Gin, perché... perché no?}
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Gin Akutagawa, Ryurou Hirotsu
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve! Quanti anni sono passati dall’ultima volta che ho pubblicato qualcosa su queste sponde, tipo… due?

Per un motivo o per l’altro il mio desiderio di scrivere e/o di pubblicare si è completamente affievolito LOL ma ogni tanto qualcosa, con dolore, in tutto questo tempo l’ho scritto ancora, e questa credo sia una delle poche cose che abbia veramente voglia di postare.

… nonostante sia una crackship su due personaggi completamente ignorati, motivo per cui probabilmente non me la leggerà nessuno. Welp.

ATTENZIONE: I personaggi citati sono ovviamente da intendersi come anagraficamente maggiorenni!

ATTENZIONE2: Non ho ancora imparato a inventare titoli!!

Buona lettura!!!

 

 

 

 

{ Darling, help me smoke this one more cigarette, now.

 

Non si era allarmato quando aveva sentito odore di fumo non appena aveva messo piede nel proprio appartamento, così come non era scattato sull’attenti quando un tossire sommesso aveva raggiunto le sue orecchie.

La vita di un assassino consisteva il più delle volte nel rimanere col fiato sospeso, nascondendosi dietro gli angoli e colpendo più rapidamente di quanto il nemico avrebbe potuto farlo – ma sapeva già, Ryuurou Hirotsu, che l’ospite inatteso ad aspettarlo tra quelle quattro mura era armato di tutto meno che di intenzioni ostili, e si prese tutto il tempo del mondo per togliersi giacca, sciarpa e scarpe prima di avventurarsi verso il salotto.

- Quante volte ancora te lo devo dire? Quando la accendi non devi ingoiare il fumo, devi solo tirare l’aria per infiammare il tabacco. Se non ti riesce, perché ti ostini? –

Due occhietti sottili e indispettiti si puntarono verso di lui, sopracciglia fini aggrottate su un’espressione offesa, ma anche imbarazzata. Gin sedeva nel mezzo della stanza principale della casa, i suoi usuali vestiti accantonati in un angolo e i capelli, lunghi, neri, lucenti, che le cadevano sulle spalle coperte da una delle camicie del padrone di casa: colpi di tosse leggeri tradivano un tentativo di determinazione che davanti all’uomo finiva come sempre per svanire, e questi sospirò, avvicinandosi a lei e togliendole dalle dita le sigaretta che stringeva ostinatamente per portarsela alle labbra.

Non era la prima volta che una situazione del genere gli si parava davanti agli occhi, e anzi, ormai ne era pienamente abituato: per un motivo o per l’altro il membro più silenzioso e insospettabile della Black Lizard aveva da molto preso l’insolito vizio di infilarsi in casa sua, prendendosi piano piano sempre più libertà verso ciò che la circondava.

- Ce l’hai, una casa. Tuo fratello non sarà in pensiero? –

- Sono giorni che non torna. –

Si era alzata da terra, intanto, rimanendo in piedi davanti a lui. Non c’era preoccupazione nella sua voce, ma il suo sguardo tradiva inevitabilmente una punta di amarezza – solitudine, forse, figlia di un ostinato affetto familiare misto alla sensibilità di quella che era poco più che una ragazzina. E lui pure, d’altronde, era un uomo solo: era stato al fianco dei vertici della mafia da un tempo in cui, forse, la giovane davanti a sé ancora non era neppure nata, e le obbligazioni derivate da un’organizzazione così potente da controllare direttamente o meno la vita di tutti i suoi membri gli avevano sempre impedito, o meglio, l’avevano sempre dissuaso dall’idea di crearsi una famiglia o qualsiasi affetto al di fuori del lavoro.

Per questo, in fondo, non gli pesava tornare a casa per trovarsi davanti una figura che piano piano, con insidiosa invadenza, era lentamente diventata una costante: non poteva rimproverare le sue lunatiche intrusioni perché, in cuor suo, provava piacere ad avere silenziosa compagnia, che inizialmente si riassumeva in pochi sguardi e qualche parola scambiata senza entusiasmo, ma che forse adesso stava iniziando a sfuggire dalle mani di entrambi.

Lo riconosceva quando sentiva senza esitazione il suo busto asciutto premersi contro di sé, quando i suoi occhietti incuriositi lo fissavano dal basso – anche adesso, mentre si metteva in punta di piedi per tentare di raggiunger la sigaretta che le aveva strappato dalle mani, stringendo le dita esili sulla sua camicia.

Ci aveva provato, lui, ad essere razionale; a non abbassarsi al desiderio fugace e temporaneo di una fanciulla che si era divincolata dalla denominazione di ‘adolescente’ da un tempo imbarazzatamente breve, ma più la sua vicinanza diveniva una piacevole abitudine, più la sua ragione veniva elegantemente meno.

- Perché la vuoi, se tanto non ti riesce? – la ammonì pacatamente, senza muoversi di un millimetro. Lo sapeva benissimo il perché, ben conscio del fatto che non si trattasse che di un ennesimo tentativo di mostrarsi, ai suoi occhi, adulta e capace.

“Non sono interessato nelle ragazzine”, le aveva detto; ma nemmeno lui ci aveva creduto quando poi se l’era ritrovata addosso, in una pigra serata d’inverno, con lo sguardo intrecciato al suo e i capelli corvini che eleganti gli ricadevano addosso, regalandogli una visione celestiale e spaventosa al contempo. Spaventosa, perché era stato in quel momento che Hirotsu aveva capito che anni in cui la pretesa di poter stare da solo per il resto della propria esistenza non era che una menzogna, e che la possibilità di poter stringere, baciare, amare una giovane donna lo accendeva come se avesse avuto una ventina d’anni di meno. Gin gli aveva offerto il suo acerbo interesse, e lui, dopo una ridicola resistenza, aveva deciso di accoglierlo: non riusciva più a sentirsi in colpa, adesso, quando iniziavano a comportarsi in un modo che non avrebbero mai potuto mostrare agli occhi degli altri; quando erano, come in quel momento, così intimamente vicini.

- Gin. – tentò di richiamarla, adesso che non si era fatta problema a salirgli direttamente sui piedi per darsi una spinta ulteriore: tanto era l’impegno per raggiungere il simbolo della sua adultezza che neppure si stava rendendo conto di star tirando fuori espedienti e trucchi di una puerilità quasi tenera – Lascia perdere il fumo. Ti fa male, finirai per rovinarti quell’adorabile vocetta. –

Un rosso traditore le imporporò le guance, colpita da qualche parte nell’orgoglio mentre si arrendeva e poggiava nuovamente i piedi a terra. Hirotsu si sentì sicuro abbastanza da concedersi un’aspirata, l’altra mano che scendeva, invece, a cingere gentilmente il busto alla ragazza che, nel mentre, si era un poco imbronciata.

- Non che mi importi nulla della mia voce. – borbottò, stizzita - … ma non avevo idea di quando saresti rientrato. E volevo sentire il tuo sapore. –

Stavolta fu lui a dover trattenere un indegno rossore, che sul viso di un uomo della sua età sarebbe stato tutto meno che appropriato. Poche parole, ma concise e dritte al punto: non c’era dubbio che Gin, pure senza armi e senza violenza, fosse un’assassina provetta.

Il pensiero lo fece sorridere, e si incurvò su di lei: ben presto sentì le sue dita esili sul viso, tirandolo più vicino a sé.

- Allora facciamo che te lo lascio ricordare meglio, hm? –

Un’ultima aspirata, proprio prima di premersi sulle sue labbra; e quando furono finalmente uniti non esitò a inondarle il respiro di fumo, mentre la sentiva stringersi a sé ancora più forte.

   
 
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