Anime & Manga > Magi: The Labyrinth of Magic
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Autore: CHAOSevangeline    06/05/2018    0 recensioni
{ SinJa accennata | Adventure of Sinbad }
Pensieri di Ja'far dopo i suoi primi incontri con Sinbad.
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[Dal testo]
Era libero.
Poteva esserlo.
Sinbad aveva appena sciolto le sue ultime catene in quel gesto così intimo che oltre a dipanare una matassa di garze aveva districato la sua anima.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Ja'far, Sinbad
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Nodi




Oscurità, costante della sua vita.
Mai Ja'far aveva osato fare un passo nella luce; la osservava dalle fessure con timore, l’ammirava impaurito stagliare ombre.
Era lì che preferiva nascondersi, nell’ombra.
La luce l'avrebbe bruciato, polverizzato. Credeva di non meritarla, che non fosse da lui; « c’è chi può essere baciato dal chiarore e chi no, Ja’far », si diceva, « tu non sei una di queste persone, rassegnati ».
E così rimaneva nel buio, nel comodo giaciglio di tenebra che fin da piccolo lo stringeva, abbracciava, soffocava. Trascinava sul fondo.
In quella casa di Imuchakk lo pensava ancora, nel buio della sala con il focolare spento.
Il freddo, altro suo compagno, gli aveva morso la pelle durante i festeggiamenti. L'adrenalina e l’entusiasmo vacillavano troppo perché lo rendessero immune ai brividi, al gelo che anche in quella stanza lo perseguitava.
Era scappato da tutta quella gioia perché nemmeno questo era da lui, per lui.
Lui era Ja'far, capo di Sham Lash.
Non festeggiava, non rideva.
Non lo meritava.
Era bastato un sorso dal calice che Sinbad gli aveva offerto per ricordarlo.
Sinbad.
Il ragazzo che in quella stessa stanza aveva tentato di uccidere e che quello stesso giorno lo aveva salvato. Aveva scommesso su di lui qualcosa, forse addirittura la propria stessa vita, che Ja’far avrebbe potuto provare a spegnere di nuovo in qualsiasi istante, con le corde dei propri pugnali strette intorno al suo collo o con una ferita troppo fonda perché la fortuna lo assistesse.
Aveva sempre sentito il freddo perché era solo, non conosceva il calore umano. Gli scivolava sulla pelle senza toccarlo, senza inciderla di pelle d’oca. In quel momento invece lo pativa, sentiva i brividi perché il calore, anche se solo per un istante, lo aveva conosciuto, nei meandri del proprio cuore.
Sinbad gli aveva preso la mano, lo aveva trascinato fuori da quella pozza nera in cui stava annegando senza nemmeno dibattersi, i polmoni che si riempivano d’oscurità.
Non avrebbe ucciso ancora.
« Che senso ha festeggiare una vittoria se uno dei vincitori non partecipa? »
Inquietudine per quel tempismo.
Ja'far aveva fissato il fantasma del focolare fino ad allora, ma la presenza di Sinbad alle proprie spalle lo distrasse.
Temeva ancora che la luce lo incendiasse, si prendesse gioco dei suoi poveri occhi e lo lasciasse esanime al suolo come un carbone riarso. Lo aveva temuto mentre guardava Sinbad la prima volta: quel ragazzo brillava, brillava come, forse addirittura più del sole. Splendeva e ammaliava con la propria forza, la propria determinazione.
Non sapeva come fare a guardarlo.
E adesso che era a Imuchakk dopo essere stato salvato da lui, Ja'far credeva di non meritarlo.
« Non ho vinto niente, stanno festeggiando te e quell'altro. »
Sentiva la confusione del cambiamento dentro di sé, ma non poteva mutare in un istante, dal nero al bianco.
Graffiava come sempre la voce di Ja'far, come una tempesta di sabbia che sferza i vestiti e la pelle fino a dilaniarli.
Scegliere di guardare Sinbad era stato un errore perché di tutte le risposte che poteva ottenere, ricevette un sorriso.
Caldo, radioso.
Aveva già pensato di non meritare nulla?
Sinbad mosse qualche passo verso di lui.
« Mi posso sedere? »
« Fa come ti pare. »
Non serviva glielo dicesse lui, non serviva dicesse nulla: Sinbad si sarebbe avvicinato e seduto accanto a lui in ogni caso. Aveva già deciso.
Fu più rispettoso del previsto, perché anche lui puntò gli occhi nel vuoto come Ja'far, quasi stese tentando di aiutarlo ad immaginare un focolare che non c'era.
Gli diede il tempo che riteneva giusto affinché si abituasse.
« Per quanto hai intenzione di tenerle? »
« Che cosa? »
« Le bende. »
Un fulmine a ciel sereno.
Ne aveva parlato come se avessero un valore anche per lui.
Quelle garze che lo imbalsamavano come una mummia erano una seconda pelle per Ja'far; nemmeno provava il fastidio di respirare l'aria più calda o di avere le labbra costrette mentre parlava.
Non gli rispose perché non sapeva cosa dire, non ci aveva pensato.
« Perché le porti? »
La prima domanda divenne di colpo più facile.
« Non mi danno fastidio. »
Sinbad capì. Capiva sempre tutto, maledizione a lui.
« Ti posso aiutare a toglierle se ti va. »
Sinbad aveva già deciso di sedersi accanto a lui quando gli aveva chiesto il permesso così come aveva già deciso che Ja’far avrebbe dovuto togliere le sue bende, quella sera.
Ja'far sospirò.
« Perché no? » Questo aveva pensato. « Se voglio cambiare perché no? »
Le dita esili raggiunsero il nodo stretto fra i capelli, non una parola. Indugiarono, lavorarono industriose, ma senza successo.
Sinbad lo guardava, quasi per timore che potesse desistere. Troppa fatica e nessun risultato, perché continuare?
Non si trattava più solo delle bende.
« Aspetta. »
Sinbad gattonò dietro di lui e le sue mani si insinuarono fra le sue. « Ci penso io, non preoccuparti », sembravano dire.
Pelle contro pelle e Ja'far scostò le mani come scottato.
Avrebbe detto che ce la poteva fare da solo, ma sarebbe stata una bugia. E non parlava solo delle bende.
La presa della stoffa si fece più lenta.
Sinbad aveva sciolto il nodo. Anche quel nodo, dopo quelli già sbrogliati, che più che tra i capi di una striscia di stoffa sgualcita era con il suo passato.
Un giro intorno al suo volto e Ja’far vide le mani di Sinbad reggere le bende.
Inspirò. Aria fresca.
Stava cambiando.
Un secondo giro, le labbra libere.
Non era poi così male. Sentiva anche di poter parlare.
Un ultimo giro e le bende caddero.
Era libero.
Poteva esserlo.
Sinbad aveva appena sciolto le sue ultime catene in quel gesto così intimo che oltre a dipanare una matassa di garze aveva districato la sua anima.
Con le mani sulle sue spalle Sinbad si sporse per guardarlo. Scrutò il suo viso quasi fosse una sua opera, poi sorrise.
« Ora va molto meglio. »
Ja’far non sapeva dove fossero le bende. Che fossero cadute a terra un po’ lo spaventava.
Udì un fruscio. Sinbad le stava avvolgendo intorno alle proprie dita sotto gli occhi fin troppo sconvolti di Ja’far; non credeva avrebbe capito il loro valore, o quello del suo gesto.
Invece lo condividevano entrambi.
Quando ebbe finito le sistemò sulla sua mano.
« Un giorno mi racconterai la loro storia. »
Luce a riempire i suoi occhi.
Ja’far lo stava guardando. Ancora doveva serrare le palpebre, abbagliato, ma si stava sforzando.
Ma se Sinbad era la luce, la sua luce, poteva fare un passo timido dall'ombra e lasciarsi illuminare, baciare dal calore e crescere.
Perché lo meritava.
Perché Sinbad lo aveva detto, « un giorno », come se tutto fosse destinato a cambiare.
Come se lui già lo sapesse.
Come se sapesse che Ja’far avrebbe smesso di essere un esile germoglio del buio.
E, dopotutto, aveva deciso di credergli.



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Mi sono riaprocciata a Magi dopo circa quattro anni, con un rewatch che mi ha portata a considerare in modo decisamente più serio personaggi, coppie e di conseguenza la possibilità di scriverci su.
Ja'far e Sinbad mi sono entrati nel cuore e nel momento in cui ho visto l'episodio di Adventure of Sinbad dove si sono conosciuti non ho proprio potuto fare a meno di scrivere qualcosa su di loro.
Spero davvero che questo racconto introspettivo, che ha seguito per lo più i pensieri di Ja'far dando comunque un valore importantissimo a qualsiasi piccolo gesto di Sinbad vi sia piaciuto e che vi vada di dirmi cosa ne pensate: mi farebbe davvero felice!
Vorrei tornare a scrivere presto non solo in questo fandom, ma anche su questi due nello specifico. Mi auguro di riuscirci presto!
Alla prossima ~
   
 
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