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Autore: _Maeve_    13/05/2018    2 recensioni
nel suo torvo curvarsi dal bacino alle cosce
libero dalla luce che ne evidenzia, cinica e spasmodica,
ogni imperfezione

Poesia del corpo che ci è concesso, della sua forse cosmica inadeguatezza.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Del corpo, II
Del corpo, II


Non è che non mi piaccia
questo baricentro ondeggiante
del colore del grano imbrunito
sembra persino bello
nel suo torvo curvarsi dal bacino alle cosce
libero dalla luce che ne evidenzia, cinica e spasmodica,
ogni imperfezione;
non è che non vada bene
questo viso che a tratti sembra quello di mia madre
l'angolo defilato della mascella
che sboccia su labbra tumide come i tulipani
ma troppo spesso
si escoria itterico, allo specchio,
reputandosi un dilavamento grottesco alla Guernica;
è questa sensazione
di barbara incompletezza
che divora i copriletti
fa la ronda per la stanza asfittica come un Venerdì Santo
si perde nei languori degli pseudo-malanni
in cui anche il tuo apocalittico Non te ne andare
è dissipato dalla nebbia lilla del crepuscolo;
oh, il problema, sai, sono le mani
queste mani impervie e aspre
febbrilmente inermi
annaspano alla presa delle cose
accarezzano bene solo le pagine dei libri
- e su di te si arrabattano come polpi sullo scoglio nero
temendo di sgusciare via -
stanno lì a tentare di capire
afferrano, esultano, acchiappano comete come
i Magi, e ugualmente si chiedono
se infine arriverà questa salvezza,
se infine arriverà questa salvezza.


 



Note

Del corpo, II, perchè la prima non l'avete letta. Essa era forse più semplice, simile, concettualmente, nell'incipit, un po' più arzigogolata e disperata nel corpo e nella conclusione; ed invero ero partita dall'idea di postare quella. Poi però si è accalcata nelle note del cellulare ed è rimasta ancorata alla splendida e sordida tragicità  (ndA: vedi ultima poesia)  dell'apnea in cui è stata scritta, ed ecco che forse ha preso forma più o meno compiuta in questa.  Scritta ieri sera, e quindi oggi già un po' stanca, al termine di tre giornate vacanziere. Sul problema del corpo, dell'accettazione di esso, della sua estraneità a noi, di ciò che vorremmo chiedergli e infine non ci dà, avrei voluto discorrere già da tempo, ma farlo, ecco, proprio in questo modo, e non in altri dalle trite (ahimè) e inconsolabili declinazioni matronali e madonnesche. E' forse, come tutte le cose, una poesia del corpo imperfetto, del suo inevitabile cozzare con gli angoli delle stanze e gli angoli degli specchi e gli angoli delle vite. Non so se mi sono spiegata. E' probabile anche che questo titolo un po' matematico (l'unico altro che ho apposto così poi è finito per cambiare) la qualifichi come una poesia intermedia, una sorta di esercizio poetico a tema, per non perdere la vena - giacchè Orazio è morto e sono lontani i tempi del labor lime, che comunque non è da escludere a priori.  Buon lunedì ~

   
 
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