Capitolo Due –
Insieme, per forza!
Sara non badava alle persone che incontrava e che, al suo passaggio, le
rivolgevano sguardi quasi di rimprovero; il suo abbigliamento, la sua
acconciatura, tutto nell’insieme la rendeva una creatura strana ai loro occhi.
Non conosceva Los Angeles e non vi era
stata neanche quando suo padre si era risposato e poi trasferito; da quando i
suoi genitori avevano divorziato, aveva
perso interesse per tutto, tranne la scuola e la musica.
A distanza di qualche anno, aveva poi
ripreso in mano i libri che lei tanto amava e che adesso erano l’unica via di
scampo dall’angoscia che l’assaliva almeno una volta al giorno.
Sara camminava guardando dritto
davanti a sé in cerca di un taxi; era quasi ora di punta e trovarne uno libero
fu un’impresa a dir poco titanica; ogni qualvolta ne intravedeva uno e vi si
dirigeva, c’era sempre qualcun’altro che l’aveva preceduta e che, con scortesia
e noncuranza, la spingeva da parte e si appropriava del mezzo. Sara restava
ogni volta con lo sguardo fisso sulla targa dell’auto che si allontanava, fino
a quando non ne restava altro che un puntino lontano.
Anche per quello appena perso era stato così: aveva allungato la mano per
aprire la portiera posteriore, quando un braccio muscoloso la spinse da parte e
lo fece al posto suo. La persona a cui apparteneva l’arto la guardò.
“Di nuovo tu? Mi stai seguendo forse? Togliti ragazzina, ho fretta!” le disse
con disprezzo. Era il ragazzo contro cui si era scontrata poco prima!
Per quanto ne capiva lei, era molto
bello, ma anche molto maleducato; rimase ferma mentre la macchina partiva e si
allontanava.
D’un tratto ecco il primo colpo di
fortuna di una giornata iniziata male: un nuovo taxi le si fermò davanti e Sara
vi si infilò dentro come un fulmine.
L’autista la guardò con un sorriso; era un uomo alto e grasso, ma aveva un viso
simpatico, il primo che vedeva da diverso tempo.
“Dove ti porto, piccola?” le chiese.
Sara gli porse il biglietto su cui era annotato l’indirizzo del padre e lo vide
annuire.
Il tassista mise in moto e partì.
Durante il tragitto non si interessò minimamente a ciò che vedeva, perché per
lei erano solamente strade piene di negozi e belle ragazze, vestite all’ultimo
grido, che camminavano attirando l’attenzione dei passanti.
Lei non si era mai occupata del
proprio look; le bastavano un jeans e una maglietta comodi con cui era solita
sdraiarsi sul dondolo della veranda a leggere un buon libro.
Quante volte sua madre e Alexandra
l’avevano trascinata a forza dal parrucchiere per sistemare il taglio di capelli
e il colore, ma lei irrimediabilmente si rifiutava di farsi applicare quegli
intrugli strani e aspettare più di mezz’ora perché facessero effetto; dopo la
seduta snervante, la portavano nei vari centri commerciali per farle acquistare
qualche capo d’abbigliamento alla moda, ma proprio non ne voleva sapere,
soprattutto se si trattava di lingerie: non avrebbe mai e poi mai indossato
succinti completi che venivano utilizzati solo a scopi lascivi, o almeno questo
era quello che lei credeva!
Poi sua madre era morta, e suo padre era rientrato prepotentemente nella sua
esistenza, costringendola a lasciare la sua semplice vita e la sua unica amica.
Quando il taxi si fermò, Sara non si era neppure accorta di essere arrivata.
Guardò stupita la casa: era una villetta
a due piani, con un bel giardino percorso da una stradina lastricata e
circondata da una siepe perfettamente curata.
Non avrebbe mai immaginato una casa
così bella, situata in un quartiere residenziale. Si trovava a Holby Hills,
così era scritto sul biglietto, a est di Westwood.
Per curiosità Sara decise che avrebbe
cercato ulteriori informazioni sulla zona, tanto cosa aveva di meglio da fare?
Pensandoci bene, suo padre era
impiegato in un’agenzia assicurativa e la moglie era avvocato, perciò era abbastanza
normale che vivessero in una casa simile!
Pagò la corsa e, salutato il tassista
con un accenno di sorriso, scese e si avvicinò al cancello. Una volta suonato
il campanello, attese qualche minuto senza ottenere risposta e, quando cominciò
a pensare che non ci fosse nessuno, sentì la serratura scattare.
Percorse il tratto che la divideva dalla porta d’ingresso senza fretta;
quest’ultima si aprì quando mancavano pochi passi e suo padre apparve sulla
soglia, lo sguardo sorpreso nel trovarsi la figlia di fronte.
“E tu che ci fai qui?” le chiese per prima cosa.
Non un ‘ciao, come stai?’
oppure ‘piccola mia, ma come mai sei qui?’ che, seppur poco, sarebbe
stato decisamente meglio.
“Ciao papà, io sto bene grazie…e tu?” gli chiese senza però esternare qualsiasi
sentimento.
Il padre rimase spiazzato dalla risposta, sentendosi in colpa per la reazione
che aveva avuto.
“Scusami piccola, ma non mi aspettavo di vederti oggi! Non dovevi arrivare
domani?” le chiese mortificato.
Era sempre così con Sara, sin da
quando lui e sua madre avevano divorziato; la figlia non aveva accettato la
separazione, anzi non aveva accettato il motivo che aveva portato a quello! Il
lavoro, sempre e solo il lavoro…
Il loro rapporto era andato
deteriorandosi ogni giorno di più, fino alla morte di Julia, e anche ora la
situazione non sembrava certo essere migliorata, semmai il contrario!
Sara fece appena un cenno d’assenso con la testa e, con il braccio del padre
che le circondava le spalle, si accinse a entrare in casa.
L’ingresso era pieno di luce, pareti
bianche con quadri che rappresentavano paesaggi splendidi e una scala in legno
che portava al primo piano. Dalla cucina arrivò una voce di donna, dolce e
serena.
“Tesoro, chi era alla porta?” chiese.
“Vieni a vedere tu stessa, cara!” le rispose il marito. Sara alzò gli occhi al
cielo, perché quelle dimostrazioni di affetto proprio non le reggeva.
“Arrivo!” la donna lasciò le stoviglie che stava riponendo nella credenza e si
avviò nell’ingresso. Quando vide Sara si bloccò, e un sorriso le si dipinse in
viso.
Le si fece incontro e l’abbracciò con
vigore, non ricambiata dalla ragazza che rimase immobile tra le sue braccia.
Per niente scoraggiata dalla mancanza di entusiasmo della giovane, Fran si
staccò da lei e, tenendola per le spalle, le parlò con gentilezza.
“Sono contenta che tu sia qui con noi, anche se probabilmente tuo padre ha
fatto confusione con il giorno, giusto?” disse guardando il marito con un
sorriso di rimprovero.
“Non importa! Adesso sono qui e sono molto stanca! Posso vedere la mia stanza
per favore?” chiese tagliando corto Sara.
“Certo!” le rispose Fran, precedendola su per le scale “Vieni, te la mostro!”
Sara prese il borsone anticipando il
padre che si era chinato lui stesso per prenderlo.
Steve guardò la figlia lasciare la
stanza e, senza dire una parola, si diresse in cucina sedendosi su uno degli
sgabelli della penisola; purtroppo avrebbe dovuto avere tanta pazienza se
voleva recuperare il rapporto con la figlia.
Fran condusse Sara al primo piano;
percorsero un breve corridoio e si fermarono davanti all’ultima porta chiusa.
Fran l’aprì e lasciò passare la ragazza che entrò osservando ciò che la
circondava.
Era una stanza abbastanza grande, le pareti spoglie per lasciarle decidere ciò
che volesse affiggere; il letto da una piazza e mezza era stato messo in un
angolo della stanza e alla parete opposta vi era una grossa scrivania con, a
fianco, una libreria per i suoi numerosi volumi.
La luce proveniva da una grossa finestra che aveva un davanzale interno sul
quale ci si poteva sedere comodamente e, dulcis in fundo, vi era un bagno
personale, in comune con un’altra camera del tutto simile alla sua.
Di certo Fran e Steve volevano fare
colpo su di lei!
“Ti lascio riposare, fai con comodo!” le disse Fran, prima di uscire.
“OK” rispose solo Sara.
Rimasta sola iniziò a sistemare le
poche cose che aveva portato con sé.
Stanca, si avvicinò al letto e vi si gettò letteralmente sopra; senza neanche
accorgersene si addormentò.
Al piano di sotto Fran aveva raggiunto suo marito e lo aveva trovato in cucina,
mentre fissava un punto indefinito della stanza; si fermò davanti al
frigorifero dal quale tirò fuori una bottiglia di succo d’arancia, prese due
bicchieri dal mobile vicino e li riempì, porgendone uno a Steve.
Si sedette davanti a lui e allungò una mano afferrando la sua saldamente.
“Sono sicura che ce la farai! Tu e Sara tornerete ad avere il rapporto che
c’era tra voi prima del divorzio! Probabilmente passerà del tempo, ma
succederà, ne sono sicura!” lo rassicurò.
“Lo spero! Le ho fatto del male e ho continuato a fargliene per anni,
trascurandola. Non sono stato un buon padre e adesso credo che lei mi odi, ma
cercherò di rimediare!” rispose lui.
Non si erano accorti che Sara,
svegliatasi quasi subito, era scesa e si era fermata sulla soglia della cucina,
ascoltando l’ultima parte della conversazione.
Quando la videro, Fran si affrettò a
invitarla a sedersi insieme a loro.
Suo padre la guardò e sorrise. Sara ripensò alle ultime
parole che aveva sentito: lei non lo odiava, solo che ormai erano come estranei
e con gli estranei era fatta così… non dava confidenza però, per evitare di
causargli altri dispiaceri, dal momento che era pur sempre suo padre, sorrise a
sua volta.
Ecco qua, quasi quasi un capitolo nuovo lo aggiungo!!! Si può biasimare Sara? Secondo me assolutamente no! Chissà cosa accadrà alla nostra piccoletta da adesso in poi? Ne vedrete delle belle...e non solo!!! Buona lettura a tutti!!!
anzy