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Autore: TushiUndDark    04/07/2009    5 recensioni
Mi è sempre piaciuto immaginare le scappatelle di Tom. Ebbene, ho deciso di mettere il frutto della mia immaginazione su carta. Questa storia si comporrà solo di due capitoli: il punto di vista della ragazza,Jude, ed il punto di vista di Tom. La storia sarà composta esclusivamente da questi due caitoli, per chè per ora non ho intenzione di continuarla. Ma scriverò altre ff di questo tipo, con la stessa struttura in due capitoli. Nel fare questo voglio cercare di passare in rassegna le varie reazioni che le ragazze possono avere con Tom e viceversa. hope you like it
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Jude.

 

 

La luce nella stanza era fioca e debole filtrata com’era dalle spesse tende bianche, tutt’intorno era silenzio rotto soltanto dal regolare ticchettio elettronico della sveglia digitale sul comodino. Gli occhi mi bruciavano mentre cercavo di mettere a fuoco l’orario che lampeggiava sullo sfondo grigio del display. Le 11:26. Cavolo ma che giorno è? Pensai cercando di mettere ordine nella mia mente ancora annebbiata dai fumi dell’alcol della sera prima. Ricordavo poco e niente ma dalla sensazione di soddisfazione che mi pervadeva fui ben lieta di constatare che chiunque mi avesse fatto compagnia quella notte doveva saperci fare davvero. Lentamente mi girai su di un fianco cercando di fare meno rumore possibile trovandomi di fronte una massa di rasta castano scuro che accarezzavano una schiena perfetta sulla quale notai dei segni rossi che ricollegai immediatamente alle mie unghie. Poi un flash. Rividi la scena: io e Fay in quel bar, le risate e i fiumi di Mojito e poi quei due ragazzi, cavolo sembravano davvero Tom e Georg dei Tokio Hotel e a giudicare dai rasta io mi ero dilettata con quello che somigliava a Tom.

BZZZBZZZZBZZZZ

Mi rigirai dal lato del comodino e afferrai in cellulare prima che, continuando a vibrare, potesse svegliare il ragazzo che ancora dormiva.

 Oddio non ricordo neanche come si chiama!

Ci misi un minuto buono a mettere a fuoco il nome che lampeggiava sull’icona del messaggio del display, dopodiché, pigiai su ok.

“Cazzo Jude! CazzoCazzoCazzoCazzo” ma era la mia testa o c’era davvero un’infinita successione della parola “cazzo” in quel messaggio! Saltai la sfilza di ripetizioni

“Jude! Sei andata a letto con Tom Kaulitz! Merda erano loro per davvero! E l’altro era Georg, l’ho costretto a farmi vedere il documento, com’era conciato ieri si sarebbe anche venduto le mutande se gliel’avessi chiesto! Oddio mi devi raccontare tutto! Sto andando in iperventilazione per te sorella! Chiamami appena puoi baci”

Rilessi il messaggio due volte, lentamente e soffermandomi su ogni parola una manciata di secondi per essere sicura di aver carpito tutto correttamente. Ed ora l’unica parola che mi veniva in mente era “Cazzo”.

 Allora facendo il punto della situazione: primo non ricordavo un beneamato cazzo di cosa avessi fatto tra quelle lenzuola, il che mi lasciava alquanto delusa e se quello era davvero Tom Kaulitz, a giudicare dalla mia soddisfazione faceva bene a vantarsi delle sue doti d’amatore; non avevo la più pallida idea di dove mi trovassi il che era sconfortante dato che, per quel che ne sapevo, potevo trovarmi in qualunque albergo di Amburgo senza sapere un cavolo di quella città. Oh pazienza avrei chiamato un taxi! E terzo, dovevo avere la prova tangibile che quello era il chitarrista dei Tokio Hotel.

 Nel modo più silenzioso possibile sgusciai via dalle lenzuola, senza neanche curarmi di cercare gli slip, persi in chissà quale meandro della stanza immensa.

Però, si tratta bene il ragazzino!

 Stetti in piedi accanto al letto fino a che, squadrando la camera centimetro per centimetro non individuai quello che stavo cercando. Mi diressi, sempre cercando di non fare rumore, verso la poltrona rivestita di pelle bianca, afferrai i suoi jeans extra-large e affondai le mani nelle tasche alla ricerca di un qualunque documento.

 Bingo!

 Esultai tra me e me quando ebbi finalmente trovato la patente. Non so per quanto tempo restai l’ a fissare quel nome che sembrava lampeggiare come per dire “Hey bella, si è lui, ti sei scopata Tom Kaulitz, ora per favore puoi mettermi giù?”. Un grugnito proveniente dal letto mi fece pietrificare. Ci fu un millesimo di secondo nel quale presi seriamente in considerazione l’idea di scappare via, ma il fatto di essere completamente nuda bastò a farmi desistere, così, senza sapere bene neanche il perché mi scapicollai verso il letto assumendo la stessa, identica posizione di quando avevo aperto gli occhi.

Nel momento esatto i cui chiusi le palpebre sentii che Tom, mi faceva ancora strano pensare che fosse lui,  si stava girando verso di me; forse sarebbe preso un colpo anche a lui.

Ma che dico! Per lui è schifosamente normale una situazione del genere!

Schiusi gli occhi impercettibilmente, quel tanto che bastava per riuscire a guardare il suo viso: strizzo gli occhi una decina di volte, segno che anche lui risentiva dei postumi della sbronza. I rasta sparsi sulle sue spalle gli davano un’aria dionisiacamente selvaggia, il lenzuolo che copriva solo il necessario lasciava scoperti i suoi pettorali perfetti, scolpiti; era una visione talmente bella che dovetti reprimete un brivido, per evitare che si accorgesse che ero sveglia. Come se mi avesse letto nel pensiero si sfilò il largo elastico nero dal polso e si legò i rasta in una coda morbida, lasciando libere le spalle. Lentamente, cercando di non svegliarmi, afferrò il lenzuolo che mi copriva quasi interamente e lo scostò gentilmente, facendolo scivolare sulla mia pelle. Lo vedevo sorridere mentre mi percorreva con lo sguardo facendolo scivolare dalle spalle, sulla curva della schiena, soffermarsi quell’attimo in più sul sedere mentre il suo sorriso si allargava e io lottavo contro me stessa per non urlare;per poi riprendere a  scendere lungo le gambe e poi tornare su a fissare il mio volto. Se avessi avuto gli occhi aperti non avrei retto neanche trenta secondi. Distolse lo sguardo, senza però abbandonare quel sorrisetto che gli si era disegnato su quelle labbra perfette, poi infilò i boxer neri e saltò fuori dal letto.

Ti prego fa che mi dia il tempo di andare via senza parlargli, ti prego!

 Ripetevo mentalmente per poi stupirmi di me stessa. Dovevo essere pazza. Ero appena reduce da una notte di sesso sfrenato con uno dei ragazzi più famosi e più quotati del momento; ero sopravvissuta senza fare idiozie ad una radiografia integrale da parte sua e a giudicare dalla sua espressione doveva essere fiero di chi si era spupazzato e dulcis in fundo ora era in piedi, accanto al letto con nient’altro addosso se non quel misero straccetto. Una qualsiasi ragazza normale gli sarebbe saltata di nuovo addosso senza fare tanti complimenti ed io a cosa pensavo? A scappare senza dare nell’occhio per una ragione che nemmeno io riuscivo a trovare.

Intanto lui aveva alzato la cornetta del telefono dell’albergo e stava digitando un numero con una tale sicurezza che mi chiesi quante altre volte lo avesse composto, in una situazione analoga a quella in cui si trovavo ora.

“Si  salve, sono il signor Kaulitz, vorrei ordinare la colazione in camera” Maledetto tedesco! Non capivo una parola di quello che andava blaterando a telefono.

“Una, Signor Kaulitz?” rispose la voce dall’altro capo. Ero talmente frustrata che sarei scoppiata a piangere.

“Nein. Facciamo due” rispose guardandomi di nuovo, e senza aspettare la risposta proveniente dall’altro lato, chiuse la conversazione. Gli occhi cominciarono a bruciarmi, tanto che dovetti chiuderli completamente, lottando contro il bruciore e reprimendo una smorfia. Lo sentii armeggiare con qualcosa sul suo comodino. Rumore di tasti. E poi…

“Georg!” esclamò senza curarsi che il tono di voce potesse svegliarmi “si, ciao bello! Senti mi serve un favore” oddio gli avrei staccato la faccia a morsi! Cosa avrei dato perché avesse parlato inglese! “mi serve il nome della ragazza di ieri… si quella del Mojito bravo!” qualche secondo di silenzio “Cazzo Georg fa uno sforzo!”.

“Senti Georg, ‘sta qui è diversa, cavolo la faccio restare a colazione, ho già ordinato per due, se non vuoi farmi fare la figura del coglione, e so che non vuoi, cerca di ricordarti quel cazzo di nome!” abbaiò. “Lascia stare non so il perché e non sono fatti tuoi, però cazzo sembra una modella!” Restò in attesa per un minuto buono “ Jude,ecco! Sei grande amico, ci vediamo dopo!” chiuse la telefonata e poggiò il cellulare sul comodino con un rumore sordo mentre il mio cuore saltava un battito.

O merda.

 In quel momento non desideravo altro se non capire il tedesco. L’unica cosa che avevo captato era stato quello schifosissimo “danke”, preceduto da quello che, ne ero sicura, era stato il mio nome. Il cuore mi batteva a mille, le mani cominciavano a sudare sotto il cuscino e avevo l’istinto irrefrenabile di urlare. Perché diavolo aveva pronunciato il mio nome; come era solo possibile che si fosse ricordato il mio stupido nome! Cosa aveva detto a Georg? Stavo impazzendo, dovevo andare via di lì prima di perdere il controllo.

Silenzio.

Silenzio, silenzio ed ancora silenzio, troppo, fino a che non sentii i suoi passi che si allontanavano dal letto, e poi una porta sbattere. Restai immobile senza muovere un muscolo, chissà se aveva bevuto quel mio sonno finto, tanto immobile da essere davvero poco credibile. Aprii gli occhi circospetta e  con una lentezza disarmante mi tirai a sedere al centro del grande letto, rimanendo così,  incapace di muovermi o pensare, pronta a rituffarmi nelle coperte se lui fosse riapparso.

Ma nel momento in cui captai il rumore del getto d’acqua della doccia capii che quello era il momento buono.

Forza Jude, puoi filartela. Ora o mai più.

Mi fiondai fuori dal letto e diedi inizio alla ricerca disperata dei miei vestiti! Cazzo dov’erano finiti! Infilai le scarpe per prime poi il reggiseno, scovato miracolosamente sotto il letto e per ultimo inforcai il vestito che giaceva a terra proprio davanti alla porta, per gli slip, non ci fu niente da fare.

Wow ci siamo dati da fare eh?

In un nanosecondo presi borsa e cellulare mi aggiustai i capelli alla meno peggio e con un’ultima occhiata a quel letto sfatto abbassai la maniglia della porta proprio mentre il getto d’acqua cessava. Sorrisi, non potevo che fare questo mentre chiudevo la porta e mi avviavo verso l’ascensore lasciandomi Tom Kaulitz alle spalle.

Le porte si chiusero, precludendo alla mia vista la porta della stanza 239, mi appoggiai alla fredda parete dell’ascensore senza smettere di sorridere.

Forse in un’altra vita sarebbe potuto nascere qualcosa tra noi due Tom Kaulitz, ma non in questa. Questa notte non è significata niente, ne per me, ne tantomeno per te. Forse in una vita dove non sarai l’animale da palcoscenico che fa strage di cuori che tutti conoscono, ma sarai solo e semplicemente il ragazzo stupendo che in fondo sei, beh.. allora forse… forse io non sarei stata una delle tante e magari questa notte avrebbe avuto un significato diverso anche per me.

Le porte si aprirono ed io camminai sicura e svelta verso l’uscita dell’albergo, ignorando il ragazzo dietro il bancone della reception che mi guardava come se fossi impazzita.

L’aria fresca dell’estate tedesca mi accarezzò il viso, ero felice, felice di quella notte che non sarebbe più tornata, che non si sarebbe mai ripetuta. Nessuna traccia di malinconia o tristezza, solo soddisfazione. E con gli occhi che ridevano e i capelli scompigliati dal vento gridai:

“Taxi!”

 

 

a preve anche il punto di vista di Tom ^^
  
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