AVVERTIMENTO:
I nomi qui usati sono gli stessi usati nel
Gioco di Ruolo “Regni Rinascimentali”.
Essendo una storia legata a quel mondo e non
avendo fatto rielaborazioni per il mondo virtuale fuori da quello, ho scelto di
non cambiarli.
Quei nomi sono gli User Name degli utenti.
LA STORIA NON HA SUBITO NE’ ALTERAZIONI, NE’
MODIFICHE NELLA TRAMA, NEL CONTENUTO, NE’ NELLA FORMA
Questo racconto è stato scritto nel 2012
Madamigella,
Vi
chiederete chi vi lascia questa missiva davanti alla porta di casa e io debbo
dirvi che, purtroppo, sono una persona che probabilmente state odiando con
giusto rancore.
Permettetemi
di dirvi che il mio nome non ha importanza e non l’avrebbe neanche la mia identità
o la mia stessa esistenza davanti ai vostri occhi se non fosse per l’unico
motivo che riempirebbe d’orgoglio qualunque uomo sulla faccia della terra:
essere vostro padre (questa ciocca me l’ha strappata uno strano e terrificante
gatto un po’ malandato ad Alessandria: un gatto strano che comandava pecore
sbattendo la zampetta destra sul terreno...). In vero, è proprio il motivo per
cui non vi dico come mi chiamo: non voglio che un giorno a sentire il mio nome,
voi mi guardiate con i vostri grandi e meravigliosi occhi carichi di odio:
preferisco l’indifferenza che con voi so che sareste semplicemente carica di
affettuosa carità nel vedere un uomo solo che vi guarda con ammirazione.
Non
sto mentendo e la ciocca di capelli che vi lascio a testimonianza di questa
parentela non può confondervi: sono dei capelli identici ai vostri in tutto e
per tutto, solo che non vi appartengono in quanto sono i miei.
Non
vi scriverei ai se non per il caso eccezionale che sono venuto a sapere che voi
state per essere adottata.
Ne
ho sentito parlare da un’alessandrina in viaggio per il ducato e ho avuto
conferma da vostra madre a cui ho subito chiesto spiegazioni.
Per
favore, non smettete di leggere questa lettera e permettetemi di continuare
nella mia confessione: voglio raccontarvi come siete venuta al mondo. Non chiedo
ammenda, ma penso comunque ne abbiate il diritto per cominciare più serenamente
la vostra nuova vita.
Sono
un uomo che ama le stelle e dormire all’aria aperta. Per questo ormai la mia
dimora la vedo solo raramente, ma non me ne faccio un problema e neanche lei.
Conobbi
vostra madre ad Alessandria, la città dove siete nata ed è lì che siete stata
concepita. Vostra madre è una donna semplicemente eccentrica. E’
tendenzialmente una testa calda, ma sa fare anche incredibili gesti pieni di
altruismo. In vero, la prima volta che ci siamo incontrati siamo finiti a botte
e mi giurò odio eterno (il motivo non lo ricordo, lei sicuramente sì) per poi
scoprire subito dopo che ero (a suo dire) costretto a dormire sotto le stelle,
con la conseguenza che mi offrì la sua ospitalità.
Il
resto è storia: ogni volta che passo per Alessandria non posso fare a meno di
cercare rifugio da lei.
L’amo,
ma se mai scoprirai chi è, non dirglielo (te ne prego!): Mi ucciderebbe.
Quando
scoprii della tua nascita (ebbene sì, eri già nata) andai su tutte le furie: ti
vidi in taverna, così piccola e indifesa, circondata da degli emeriti sconosciuti;
ti chiederai come feci a sapere che eri mia figlia, immagino. Beh, perché vidi
come ti guardava tua madre: quello sguardo lo conosco molto bene nei suoi occhi,
era di puro amore e sono stato tra quei pochi a cui lei l’ha rivolto.
Mi
vide quando stavo per entrare e mi impedì di venire da te.
Mi
spiegò quello che aveva fatto: che ti aveva abbandonata all’entrata di una
taverna e che era stata a guardare fino a quando non ti raccolse una sua
concittadina. Mi infuriai, ma inutilmente: mi diede un colpo in testa e
ricominciammo a parlare solo quando mi svegliai legato ad una sedia della sua
bottega.
Discutemmo
animatamente e io le dissi che non avrei mai permesso che nostra figlia vivesse
senza i suoi genitori e allevata da estranei.
Fu
allora che disse un’amara verità. Queste parole le ricordo come se le avesse
appena pronunciate, tanto mi fanno male:
“Figlia
tua e mia? Povera sciagurata se lo fosse rimasta! Tu sei incapace a mettere
radici e avere responsabilità! Sei totalmente inutile a lungo termine e la faresti
solo soffrire e io: oh, andiamo! Il più grande atto d’amore che le sto facendo è
proprio quello di non essere sua madre: la rovinerei forse più di te! Ora non
ha solo due genitori disgraziati come noi! Ha Kallistra che l’ha subito presa
sotto la sua ala, ha Adamas che la segue passo passo, ha Gio che l’aiuta come
ha aiutato un tempo me, ha il tribuno e il sindaco che vegliano su di lei. Ha
tutta Alessandria che le fa da mamma e papà! E non c’è cosa più bella, né onore
più grande! Come madre so che è il mio più grande atto d’amore quello di amarla
nascosta nella maschera di una sua concittadina, piuttosto che nel volto della
madre che non saprei fare. E tu, se davvero le vuoi bene, non fare l’egoista:
amala da lontano e scambiaci qualche parola se l’incontri per strada, ma non
costringerla ad amarti come un padre perché lei merita di meglio."
E’
ironico che poi tu hai deciso di diventare Comasca e avvicinarti di più alle
mie terre che alle sue, ma quando gliel’ho fatto notare lei mi ha solo sorriso
e riposto con orgoglio: “Ma lei è quello che è proprio perché è alessandrina!
Lei sa di essere amata perché è amata, perché Alessandria la ama e perché noi
l’abbiamo amata così tanto da rinunciare a lei."
Ammetto
che, vedendoti adesso, tua madre diceva il vero (peccato che io detesti darle ragione):
ti ho visto accompagnata all’uomo che mi sta sostituendo e sei felice, più di
quanto non lo saresti mai stata con me. E ringrazio l’Essere Supremo che ha dato
a tua madre tanta lungimiranza, perché ogni volta che sei caduta, lui ti ha
offerto la mano come forse io non sarei riuscito a fare, non perché non avrei
avuto il coraggio, ma proprio perché non sarei stato lì con te: purtroppo sono
un egoista.
Ed
eccoci arrivati al motivo di questo messaggio, piccola Aryale.
Permettimi
questo ennesimo atto di amore egoista.
Quando
tua madre ti lasciò davanti alla porta di quella locanda, ad Alessandria, ti lasciò
con una copertina. Da quella copertina venne preso il tuo nome: Aryale; in verità
sarebbe “Ary" e “Le", ma tua madre non è mai stata una grande
ricamatrice (per fortuna è abbastanza onesta da aver deciso di non fare la
sarta e, tecnicamente, quella coperta era uno scialle che io le feci con della
lana d’avanzo).
C’è
da dire che il risultato è stato, comunque, un nome stupendo: ho sempre pensato
che fosse il nome perfetto per la brezza di primavera e il colore azzurro di un
cielo estivo (e se tua madre lo sapesse mi darebbe dell’idiota vagabondo; e
forse è vero, ma per l’idiota: io non sono vagabondo, sono un girovago).
Molto
prima del tuo concepimento, parlai con tua madre del nome che avremmo dato ai
nostri figli. O meglio: io parlavo e lei rideva (non ha mai avuto intenzione di
avere figli: sapeva già quali erano i suoi limiti). Io le dissi che,
assolutamente, il tuo nome, il nome di nostra figlia intendo, sarebbe dovuto
essere uno e uno soltanto; permettimi di quindi di donartelo una seconda volta,
in vista della tua adozione (da parte di un uomo che non sono io, ma che, per
quanto lo invidi, so che è migliore di me per il ruolo di padre):
Leuviah.
Leuviah,
l’angelo che offre l’anticipazione di questo paradiso terrestre con la sua sola
presenza.
Leuviah,
perché sia equilibrata, amabile e sempre di buon umore, anche nelle avversità.
Leuviah,
perché la personificazione di un amore ricco e strabordante, perché tale è
quell’amore che è riuscito a portare alla luce una creatura tanto luminosa.
Leuviah,
perché le sue emozioni facciano scoprire a chi le sta accanto i mondi
meravigliosi che la circondano.
Leuviah,
dove la Grazia della Giustizia prevale sul rigore della stessa, perché essi
sono indissolubili in lei.
E
sono felice, vedendoti, mia cara: tu non mi hai smentito. Leuviah è il
“Le" di Aryale. Sì, perché tua madre, per dispetto (non è un a menzogna:
me lo disse facendomi una linguaccia), te ne diede un altro prima del mio. Che
poi sembra che abbia visto nel futuro (o che quel messere a cui ti stai per
imparentale abbia avuto un’illuminazione): è lo stesso che, ho sentito dire,
vuole darti l’altro tuo padre, forse perché spera che tu un giorno riesca a
sgrovigliare il filo ingarbugliato del tuo passato e a tesserti un futuro
luminoso. Come del resto lo sperava (e lo spera tutt’ora) tua madre.
A
proposito di tua madre, vorrei dirti una cosa su di lei: è vero che ha deciso
di abbandonarti, ma ti è sempre stata vicina per quanto le fosse possibile e ha
odiato tutti coloro che si sono proposti di adottarti e credo abbia smesso di
odiare il tuo futuro padre adottivo per due motivi: in primis è un uomo e
quindi ti adotta un padre e non una madre, poi perché beh, ti ha visto felice e
sa incassare: non metterebbe mai barriere alla tua felicità e lei è sempre
pronta, dietro di te, in caso di caduta.
Con
infinito amore
Tuo
padre.
Ps:
comunque spero che, oltre ai capelli, tu abbia ereditato almeno il mio fegato:
tua madre non regge molto l’alcool.
Ti
ho vista anche rispondere a uomo che si dichiarava a te senza conoscerti
neanche e tu gli davi alle spalle del provolone viscido (ebbene sì: quella
volta a Milano ero dietro di te, a bere con un mio amico, l’uomo in verde che è
sempre in quella taverna) e della capra a una personalità eccessiva e devo
dirtelo, cara: così sei tutta tua madre e la cosa mi rende ancor più fiero di
te, ma tu non dirglielo.
NOTA DELL’AUTRICE:
Questa lettera faceva parte di una storia
scritta principalmente da Aryale e Terge in occasione dell’adozione di lei. Lei
la voleva per dare una stora a come veniva presa definitivamente sotto l’ala
protettrice di Terge.
Da parte mia come gioco di ruolo come
Fragolalidia mi preoccupai di partecipare come persona interessata al futuro
della sua protetta, ma la parte scritta per questa occasione è un piccolo pezzo
che estrapolato non avrebbe nè capo nè coda.
Aryale nella Storia di una vendetta -
missione cacca era poco più di una bambina, mentre ora, cresciuta, sta per
iniziare il terzo importante momento della sua vita.
La ragazza dietro il personaggio parlando
con me, voleva che ci fosse qualcosa che la facesse vacillare, che facesse
pensare ad Aryale che forse non stava facendo la cosa giusta.
Da qui saltò fuori l’idea che riceveva la
missiva dal padre naturale (a contrapposizione di quello attivo) e che visto
che lei cominciava una nuova vita, era giusto che sapesse qualcosa della
vecchia.
Così mi diede un paio di giorni e io mi
inventai questa missiva, decidendo una votla per tutte di dare un senso alle
domande che nel gioco la piccola Aryale continuava a porsi sulla sua nascita e
sul suo abbandono e permettendo anche un turbamento proprio nella giovane. Un
turbamento comprensibile per ogni individuo.
Scrivere frasi come “se cadrai io di
prenderò” sa tanto di Baci Perugina, io non sono brava con le frasi ad effetto,
scrivo soprattutto lunghi monologhi.
Spero vi sia piaciuta comunque.