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Autore: Mikarchangel74    20/05/2018    0 recensioni
Un giovanissimo Aragorn alle prese con una prova. La prima volta che si allontana dalla sua casa. Molti pericoli ed insidie lungo la via e se anche un colpo alla testa gli facesse perdere completamente la memoria, come riuscirà nella sua impresa?
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aragorn, Elladan, Elrohir, Elrond, Orchi
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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~~Titolo: La Prova
Fandom: Il Silmarillon/Signore degli Anelli
No ship
Tags: Hurt & Comfort
Partecipo alla Challenge #26promptschallenge 3/26 ‘Vagabondaggio’
Parole: 3773

 

Ecco lo sapeva, si era perso. Il ragazzo poco più che dodicenne si guardò intorno spaesato, per lui quel bosco era tutto uguale. Ma come diavolo facevano gli elfi a sapere sempre dove si trovavano?
Ma non avrebbe mollato o sarebbe passato da stupido … Di nuovo. Tanto il popolo che l’aveva adottato non faceva altro che prenderlo in giro per qualsiasi cosa, anzi, non aspettava altro. Il fanciullo non era altro che un pagliaccio agli occhi dei suoi compagni e coetanei lì ad Imladris, meglio conosciuta come Granburrone. Gli unici che lo amavano e rispettavano erano suo padre ed i suoi due fratelli adottivi. Ma per gli altri lui era e sempre sarebbe stato un estraneo e una creatura inferiore, per quanto si sforzasse di adattarsi e imparare a vivere come quelle meravigliose creature scaltre e senza tempo.
Aragorn, lì conosciuto come Estel che in Sindarin significa ‘speranza’, era stato adottato dal re elfo Elrond in persona all’età di due anni, quando il popolo dei Dunedain fu’ attaccato e sterminato in un’imboscata degli orchi.
Elrond lo aveva preso sotto la sua ala e gli stava insegnando tutto quello che un qualsiasi giovane elfo doveva imparare. Credeva fermamente che le razze di Arda avrebbero potuto vivere in pace e sintonia tra loro. Arathorn padre di Aragorn era sempre vissuto a contatto con gli elfi di Imladris ed era un grande amico del Signore di quelle terre. Alla sua morte aveva chiesto ad Elrond di proteggere e salvare suo figlio ed Elrond aveva rispettato ed adempiuto questa sua richiesta, tanto da affezionarsi enormemente al giovane umano e considerandolo al pari dei suoi figli.
Aragorn, adesso nel pieno della sua adolescenza avrebbe dovuto superare una prova, che ogni giovane elfo affrontava per esser considerato un adulto e vedere se era in grado di potersela cavare da solo. Ma l’età ed il ciclo di vita degli elfi è completamente diverso da quello degli uomini.
Il giovane dunedain si era preparato fino a quel momento con la sua classe per superare questa prova, ma si rese conto che era più difficile del previsto. Per quanto si sforzasse, lui non era uguale a loro, non aveva i loro sensi acuti, non era leggero e scattante come loro. Quando da bambini giocavano ad un gioco simile al nascondino, lui era sempre il primo ad essere trovato e quando toccava a lui cercare gli altri, non riusciva a trovarli.
Si sedette su un tronco un po’ scoraggiato, appoggiando i gomiti sulle gambe e il viso sui palmi delle mani e sospirò. Non voleva deludere suo padre, che lo aveva sempre sostenuto ed incoraggiato in qualsiasi cosa. Non poteva arrendersi, gli avevano insegnato a difendersi, a crearsi oggetti ed armi con ciò che aveva intorno a se’, a trovare cibo ed acqua buoni, a riconoscere le piante curative, poteva farcela. Doveva farcela.
Così si alzò di nuovo, vide un albero che si ergeva più in alto degli altri e decise di arrampicarsi, dall’alto avrebbe scorto sicuramente qualcosa che gli avrebbe indicato la via.
Purtroppo l’ascesa risultò alquanto faticosa e complicata per lui
“Guarda io sono già arrivato lumaca!” Si beffeggiò da solo immaginando cosa avrebbe detto uno dei suoi compagni, sbuffando e cercando di non pensare alla fatica.
Quando finalmente fu’ in cima, rimase incantato dalla vastità di quella distesa di verde. Il vento soffiava fresco sul suo viso, smuovendo leggermente i suoi capelli castani, scarmigliati. Inspirò profondamente, mentre i battiti del suo cuore rallentavano.
Vide il promontorio da cui partiva il sentiero segreto per giungere a Granburrone, stava procedendo in direzione nord-ovest, ma era lontano da casa e doveva ancora trovare la radice di ercasse, un particolare agrifoglio dalle foglie argentee che cresceva solamente in una particolare zona della foresta, tra i reami di Granburrone e di Lothlorien.
Il problema era che lì vicino c’era anche un nido di grossi ragni.
Elrond aveva provato a dissuadere Aragorn dall’affrontare quella prova, ma lui si era incaponito, volendo dimostrare che anche lui poteva fare qualsiasi cosa facevano gli elfi. Magari più lentamente, ma ci sarebbe riuscito.
Il sole aveva già fatto quasi tre quarti del suo percorso di luce giornaliera e lui era terribilmente lontano dalla meta ed era alquanto pericoloso trovarsi da solo a vagare per quei boschi di notte; Molte creature delle tenebre, uscivano fuori dalle loro tane per cacciare di notte.
Si morse il labbro e guardò sotto di se, il sottobosco sembrava già molto buio da lassù. Sospirò e si decise a scendere. Se non altro tra poco dovrebbe aver trovato l’agrifoglio, non era molto lontano.
Una volta a terra si rimise in cammino e finalmente vide la pianta le cui foglie brillavano ancora alla tenue luce degli ultimi raggi di sole che filtravano tra le chiome degli alti alberi sempreverdi, sorrise e si arrampicò sulla piccola sporgenza di alcuni grossi pietroni, che forse una volta erano parte di Hithaeglir, le montagne nebbiose, rotolati a valle molte ere orsono e ormai ricoperti di muschio verde e soffice e riparo di miliardi di piccole creature.
Aragorn impugnò il piccolo coltellino che teneva attaccato alla vita con un cordino e si mise all’opera per sradicare la pianta e prenderne la radice, ottima per creare tonici rivitalizzanti e un infuso dalle proprietà curative, meno potente di Athelas della foglia di Re, ma altrettanto efficace.
Era così felice d’averla trovata ed intento nel suo lavoro, che non si accorse del grosso aracnide che era strisciato silenziosamente fuori dal suo buco e che si preparava a colpire il malcapitato.
Aragorn fece a tempo a mettere la radice nella piccola borsa fatta dalle foglie di Alocasia ma quando si voltò si sentì trafiggere al fianco.
Il dolore fu’ lancinante mentre il veleno veniva iniettato nel suo corpo. Aragorn urlò e si spinse immediatamente indietro senza pensare, i suoi piedi trovarono il vuoto e cadde di sotto dalla sporgenza, per fortuna non era molto in alto e atterrando di schiena non si ferì gravemente, ma almeno il pungiglione uscì dalla sua carne ed evitò di essere infettato dall’intera dose di veleno che lo avrebbe steso all’istante.
Si sentì subito sopraffatto da nausea e vertigini, il suo battito cardiaco accelerò e la sua fronte s’imperlò di sudore.
Vide un tronco d’albero cavo caduto poco distante, carponò e vi si nascose all’interno. Il grosso aracnide, cercò di raggiungerlo, ma dopo vari tentativi, rinunciò, la sua preda presto sarebbe stata troppo debole per muoversi o paralizzata, quindi poteva tornare con calma più tardi per cibarsene.
Il sole stava per tramontare ormai e Aragorn era troppo spaventato, dolorante e sconvolto per poter proseguire adesso, se non altro era al riparo. Adesso aveva bisogno di pensare e riposarsi un attimo prima di proseguire, la prima cosa da fare era cercare di togliere quanto più veleno possibile, anche se ormai era già in circolo. Con il coltellino cercò di incidere la carne nel punto in cui il ragno lo aveva punto, stringendo i denti e gemendo di dolore, con la speranza che almeno tutta quella sofferenza potesse servire. Non aveva mai desiderato avere vicino suo padre ed i suoi fratelli come in quel momento.
Quando infine non resistette più si mise un unguento fatto con foglie di Athelas che si era portato dietro e si coprì la ferita meglio che poté, poi si rannicchiò abbracciandosi le ginocchia mentre il suo corpo tremava, sotto l’effetto venefico, cercando di combattere la sostanza estranea già in circolo dentro di lui. Si addormentò, ma il suo sonno non fu’ affatto tranquillo, pieno di incubi così verosimili che più di una volta spalancò gli occhi gridando di terrore.

***

Il sole era ormai sparito dietro alle alte montagne, il palazzo era avvolto nel silenzio e nell’oscurità ed il Re, il cui volto era teso e corrucciato dalla preoccupazione, continuava a fissare l’oscurità, come se per magia riuscisse a scorgere qualcosa, un segno che suo figlio adottivo stava rientrando.
Era la prima volta che stava fuori dai confini del regno di notte. Estel dopo tutto era un essere umano, era troppo giovane per intraprendere una prova del genere rispetto ad un elfo.
Elrond si incolpava di non essere stato abbastanza perentorio nel suo ‘NO’. E se adesso gli fosse capitato qualcosa? L’ultimo del suo popolo. L’ultimo dei Dunedain. Avrebbe dovuto tenerlo al sicuro ed invece adesso era là fuori da solo, chissà dove.
I suoi pensieri furono interrotti da un dolce tocco sulla sua spalla. Uno dei suoi due figli biologici, Elrohir, lo stava guardando triste e preoccupato, ma cercò di confortare il padre
“Vedrai che sta’ bene, lo vedremo attraversare quell’arco con la sua radice e quella sua aria spavalda”
Elrond accennò un lieve sorriso teso al figlio prima di guardare ancora una volta nella valle immersa nell’oscurità, cullata dallo scrosciare dell’acqua che qua e là si riversava a valle in piccole o grandi cascate.

Quando Aragorn si svegliò, alle prime luci dell’alba si sentiva il corpo intorpidito e non voleva rispondere ai comandi più semplici; Bene o male riusciva a muovere qualcosina, come le mani e le braccia, perché probabilmente erano state infettate di meno dal veleno paralizzante del ragno. Lì per lì fu’ colto da un attacco di panico, immaginò suo padre ed i suoi fratelli ritrovare il suo corpo, o quel che ne restava, lì in quel vecchio tronco. No! Non poteva finire così. Prese il coltello e passò la lama su una coscia, ferendola. Il dolore c’era quindi le terminazioni nervose erano ancora attive. Si concentrò e si sforzò di muovere un piede. Gli ci volle un grande sforzo, ma alla fine ci riuscì.
La radice! La radice di ercasse che aveva preso, aveva proprietà curative anti veleno. La estrasse dalla piccola bisaccia, la pulì del terriccio e l’addentò. Iniziò a masticarla lentamente, cercando di farne poltiglia, lo stomaco l’avrebbe digerita più in fretta e sarebbe entrata prima in circolo nel suo organismo. Era così amara che non poté fare a meno di fare delle smorfie di disgusto, ma non si fermò fino a quando ingoiò tutto il pezzetto.
Tanta era la sua voglia di rivedere coloro che amava che non lasciò nemmeno il tempo alla radice di agire; Si accertò di quanto riuscisse a muoversi, la parte superiore del busto era abbastanza forte, anche se si muoveva come un ubriaco o sotto l’effetto di calmanti e doveva quasi strisciare come un verme, ma a costo di rivedere Elrond, Elladan ed Elrohir, avrebbe strisciato fino a Granburrone.

***

“Basta! Io vado a cercarlo!” Esclamò Elrohir, il gemello di pochi minuti più giovane. Aragorn per lui era proprio come un fratellino minore, gli voleva così tanto bene che avrebbe dato la vita per lui.
Elrond che solitamente frenava i figli per dar modo a Estel di riuscire a farcela, questa volta non disse niente ed annuì. Era una prova che avrebbe dovuto svolgersi in un giorno di sole, ma era passato il giorno e la notte.
Elladan ovviamente non lasciò partire il gemello da solo e dopo un frettoloso saluto al padre si misero in marcia. I loro piedi leggeri macinavano il terreno a grandi balzi, avrebbero trovato Aragorn in una mezza giornata, sempre che non avesse deviato troppo dal percorso.

Aragorn tentò più e più volte di mettersi in piedi, ma le gambe ed i piedi sembravano non esistere e dopo neanche un chilometro a furia di trascinarsi solo con la forza delle braccia, per quanto robusto, si lasciò cadere esausto su una pietra, lasciando ciondolare la testa con i capelli increspati dal sudore che si appiccicavano al suo volto. Di questo passo non sarebbe riuscito nemmeno a varcare i confini di Granburrone in una giornata.
I suoi abiti erano logori e sporchi di erba e terra ed i palmi delle mani rossi, feriti in più punti e Valar solo sapeva quanto dolevanno.
_Oh padre perdonatemi, vi sto deludendo. Non sarò mai all’altezza di esser considerato vostro figlio e non avrei mai voluto farvi soffrire_ Pensò abbandonato su quella pietra.
Di colpo sentì un rumore di frasche vicino a lui. Il cuore iniziò a martellargli nel petto come a voler schizzar fuori. Si aspettava di veder sbucare il grosso ragno della sera prima e a quel punto per lui sarebbe stata veramente finita. Si voltò cercando di assumere una posizione seduta e sicura di se, posizionò alcuni sassi attorno a sé. Sicuramente avrebbe comunque avuto la meglio l’aracnide, ma almeno sarebbe morto combattendo o tentando di farlo. Invece poco dopo sbucò un orco, nemmeno tanto grande, doveva essere in ricognizione. L’essere si accorse subito del ragazzo e senza perder tempo gli si scagliò addosso. La sua pelle era ruvida come quella di un olifante ed al tempo stesso secerneva una sostanza appiccicosa e dall’odore nauseabondo. Iniziarono a rotolare a terra, l’orco afferrò il ragazzo al collo, ma Aragorn riuscì ad afferrare una delle pietre e la sbatté con quanta più forza aveva, alla tempia dell’orco.
La colluttazione andò avanti a lungo, togliendo energie preziose al giovane Dunedain, fendette colpi col piccolo coltello ovunque, l’adrenalina per ora lo teneva vigile e incazzato dandogli una forza che nemmeno lui sapeva d’avere. Finalmente dopo quasi una mezz’ora buona, la creatura iniziò a dare segni di cedimento. Non si erano quasi mai staccati l’uno dall’altro, rotolavano sul terreno come due lucertole. L’orco ad un certo punto, vedendo che comunque era in una posizione di svantaggio, decise di fuggire. Si staccò da Aragorn ed usò entrambi i piedi per spingerlo via.
In quel punto in particolare il terreno era leggermente in pendenza e il giovane, non aspettandosi quella mossa, rotolò via velocemente e finì per sbattere violentemente la testa su un tronco di un albero.
L’orco fuggì ed Aragorn perse momentaneamente i sensi.
Il forte colpo causò un’amnesia nel fanciullo e quando si riebbe, nella sua testa c’era il vuoto totale.
Si guardò intorno sperso, confuso, esausto e sempre più dolorante.
Chi era lui? Cosa ci faceva lì? Da dove veniva e dove stava andando? Sempre che stesse andando da qualche parte…
Non sapeva perché si sentiva come sotto anestesia, ma si alzò dopo vari tentativi. La radice aveva iniziato a fare effetto e stava combattendo o almeno attenuando l’effetto paralizzante del veleno.
Ebbe così inizio per Aragorn il suo vagabondaggio in quei boschi la cui unica compagnia era il fruscio del vento tra le frasche, i piccoli animali che sbucavano all’improvviso e schizzavano via come fulmini ed il suo respiro affannoso per la leggera febbre che ancora non lo mollava.
Camminava … Arrancava e non aveva la più pallida idea della direzione o della sua meta. Ed i minuti si trasformarono in ore. Cosa lo tenesse ancora in piedi solo Valar lo sapeva. Il suo spostarsi era diventato come quello di uno scoiattolo, si lanciava da un tronco per poi appoggiarsi e aggrapparsi su quello più vicino per non cadere.

***

I due elfi giunsero infine vicino al punto in cui Aragorn si era arrampicato sull’albero. Gli elfi erano noti per la loro abilità nel seguire le tracce e così poco dopo avevano trovato l’altura e la sporgenza, dove il grosso ragno aveva attaccato l’umano. Si scambiarono un’occhiata preoccupata, non c’era bisogno di parole.
Si misero a studiare il terreno in silenzio per non attirare presenze sgradite e scoprirono del sangue nel tronco cavo e le impronte che però erano a forma di mano e non di piede, che riprendevano il percorso.
“Aragorn dev’essere stato ferito. Dobbiamo trovarlo alla svelta Elladan” Bisbigliò preoccupato Elrohir.

Aragorn continuava a procedere e nemmeno lui sapeva perché. La sua testa continuava ad essere vuota come un pozzo prosciugato.
Perché procedere senza una meta, senza uno scopo? Eppure da qualche parte in fondo al suo cuore, sentiva di dover continuare. Qualcosa di potente, un sentimento più forte di qualsiasi magia, lo spingeva ad andare avanti. Era ormai completamente fuori dal sentiero che lo avrebbe ricondotto a Granburrone, ma tanto a lui un albero o un sasso o un ruscello, non gli dicevano proprio niente.
Ed il sole aveva già tracciato gran parte del suo arco, il secondo giorno stava per giungere al termine.

I due elfi proseguirono finché la luce, ormai poco più di un flebile riverbero, permise loro di seguire le tracce e si fermarono dove Aragorn si era scontrato furiosamente con l’orco.
“Non possiamo indugiare qui, l’orco non è morto, le sue impronte si allontanano, potrebbe tornare con i rinforzi e attaccarci da un momento all’altro” Disse Elladan con la voce talmente bassa che solo l’acuto senso uditivo di un elfo avrebbe potuto sentire. Elrohir fu’ d’accordo, il problema era che non ci vedevano proprio più e andare alla cieca non era proprio il caso. Così coprirono le loro tracce e si arrampicarono agilmente su uno degli alberi, sedendosi più comodamente possibile, per quanto si possa stare comodi su un ramo e cercarono di riposare, sperando e pregando per il loro fratello sperduto.
Aragorn invece non si fermò; Tanto, andare alla cieca al buio o alla luce non gli cambiava molto. Ormai però era allo stremo delle sue forze, continuava ad inciampare e cadere, ormai la sua pelle era segnata da ematomi nerastri e tagli ovunque. Fu un bene che alla fine, all’ennesima caduta le forze gli vennero meno e lo lasciarono a terra incosciente ancora una volta, poco più avanti c’era una scarpata che finiva in un ruscello piuttosto turbolento, se fosse caduto lì, sarebbe morto sicuramente.

Si riprese coperto di formiche quando il sole era ormai alto. Era caduto sul loro nido e loro per difendersi lo stavano pizzicando ovunque. Si sollevò di scatto, cercando di scuoterle via leggermente disgustato.
La memoria non accennava a tornare. Si sedette cercando, sforzandosi di rammentare un qualsiasi piccolo particolare, ma niente. Finalmente si decise a guardarsi addosso, vestiva con vestiti di foglie e pelli, comodi anche se ormai sporchi e strappati. Aveva un piccolo coltello con la lama lorda di sangue scuro, appartenente all’orco che però non ricordava. Aveva anche una piccola sacca fatta di foglie dentro la quale c’era una pianta, ormai appassita e ingrigita. L’annusò, ma l’odore non gli disse niente.
Di colpo, sentì ringhiare alla sua destra. Un rumore basso e orribile, un suono da far gelare il sangue nelle vene. Spostò lo sguardo e la testa lo seguì, trovandosi a pochi metri di distanza da una di quelle cavalcature mannare che usavano gli orchi. Sopra di esso l’orco che lui aveva affrontato ma di cui non aveva memoria. Si alzò ed iniziò ad indietreggiare barcollante verso il dirupo con il ruscello che scrosciava impetuoso metri sotto.
Più Aragorn indietreggiava, più i due ripugnanti esseri avanzavano, con calma e lentezza, tanto la preda non aveva più via d’uscita.
“Adesso vedrai cosa significa affrontare Golund” Minacciò e sogghignò l’orco dall’alto della sua cavalcatura.
Aragorn sentì che col piede era arrivato al bordo del dirupo, un altro passo e sarebbe precipitato di sotto. Pur non avendo idea di chi o cosa fossero quelle creature, i suoi sensi gli dicevano che erano malvage.
Lanciò un’occhiata preoccupata dietro di sé al torrente. Se si gettava, rischiava di colpire qualche pietra in superficie, non doveva esserci molto fondo, ma forse poteva anche andargli bene. Se rimaneva, sarebbe morto lo stesso, probabilmente dilaniato dalle fauci di quel grosso canide ripugnante.
Rifletté velocemente e alla fine decise che se proprio doveva morire, avrebbe preferito il fiume e così si preparò a lanciarsi, ma di colpo spuntarono due figure alte e snelle, si muovevano talmente veloci che a stento riusciva a seguirle con lo sguardo, vestivano di verde e marrone ed era incredibile come si mimetizzavano con l’ambiente circostante.
I due equipaggiati di arco, frecce e corte spade, attaccarono l’orco ed il mannaro, uccidendolo velocemente. Poi spostarono la loro attenzione su di lui, sembravano sollevati di vederlo.
“Aragorn! Finalmente!! Ma cosa ti è successo?” disse Elrohir andando verso il ragazzo e abbracciandolo stretto.
Il giovane Dunedain però non contraccambiò, non conosceva quei due giovani elfi e quel nome con cui l’avevano chiamato, non gli diceva niente.
“Chi … siete?” Domandò
I due si scambiarono un’occhiata preoccupata
“Tu non ci riconosci? Siamo i tuoi fratelli Estel” Disse Elladan
Ma per quanto il ragazzo cercasse una traccia di memoria, non riusciva proprio a ricordare. Guardò Elladan e poi Elrohir negli occhi e scosse la testa sconsolato e triste, ma se questi due dicevano la verità, finalmente aveva trovato qualcuno di cui fidarsi e sicuramente lo avrebbero riportato a casa.
E così fu’.
I due elfi si misero subito in marcia dandosi il cambio a trasportare il loro fratellino umano sulle spalle fino a Granburrone. Durante il percorso cercarono di sollecitare la sua memoria, ma Aragorn non reagiva.

Quando finalmente i tre giovani giunsero a Granburrone, Elrond abbracciò Aragorn così forte che al giovane mancò quasi il respiro.
Visto che il ragazzo non ricordava niente, i due elfi cercarono di ricostruire un po’ il suo percorso e la sua avventura, raccontando ciò che avevano scoperto loro via via dalle tracce.
“..Quindi  probabilmente deve aver incontrato un ragno e deve aver avuto anche uno scontro con un orco, lo stesso che poi abbiamo ucciso. Il ragno lo ha morso su un fianco, ha una brutta ferita e questo spiegherebbe la sua difficoltà nei movimenti, ma non riusciamo proprio a capire come mai non ricorda niente.”
Elrond mandò a chiamare il medico di corte e Aragorn fu’ sottoposto a tutte le cure e gli esami possibili.
Il medico disse che probabilmente l’amnesia era dovuta ad un forte colpo in testa, infatti gli aveva trovato una piccola protuberanza sul lato destro.
“Per quanto riguarda la sua amnesia, potrebbe essere momentanea, come pure durare più a lungo, solo il tempo ce lo dirà, ma prima o poi lui riacquisterà ogni suo ricordo. Adesso ha bisogno di riposo e del vostro amore” Disse il medico.
E mentre Aragorn riposava tranquillo, nel suo soffice letto pulito, Elrond si mise a sedere al suo fianco, non riuscendo a distogliere lo sguardo da lui e si ripromise che mai più avrebbe messo a repentaglio la vita di uno dei suoi figli in quel modo. Era stato così in ansia.
Gli accarezzò il giovane volto segnato dalla stanchezza, dallo stress e dal dolore provato. Poi chiamò anche gli altri due suoi figli.
Non voleva restare solo quella notte. Quella notte avrebbero dormito tutti vicini, come quando i figli erano piccoli.
Elrond si mise a cantare una dolce ninnananna elfica e finalmente il giovane Aragorn fece un profondo e sonoro sospiro nel sonno.
Era a casa. Era amato, questo era l’importante, prima o poi si sarebbe ricordato ogni cosa.

The end

   
 
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