Fumetti/Cartoni americani > Teen Titans
Segui la storia  |       
Autore: edoardo811    21/05/2018    0 recensioni
Quello che sembrava un tranquillo viaggio di ritorno alla propria terra natale si trasformerà in un autentico inferno per i Titans e i loro nuovi acquisti.
Dopo la distruzione del Parco Marktar scopriranno ben presto che non a tutti le loro scorribande nello spazio sono andate giù.
Tra sorprese belle e brutte, litigi, soggiorni poco gradevoli su pianeti per loro inospitali e l’entrata in scena di un nuovo terribile nemico e la sua armata di sgherri, scopriranno presto che tutti i problemi incontrati precedentemente non sono altro che la punta dell’iceberg in un oceano di criminalità e violenza.
Caldamente consigliata la lettura di Hearts of Stars prima di questa.
[RobStar/RedFire/RaeTerra] YURI
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yuri | Personaggi: Un po' tutti
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

 

XXIII

Inizia la battaglia 

 

 

 

Amalia era felice di sapere che Rosso stesse bene? Sì. Era felice di rivederlo? No. Una parte di lei ancora non voleva perdonarlo per ciò che aveva fatto, attirando i pirati sul pianeta. Un’altra parte di lei, invece, credeva alle sue parole, credeva al fatto che fosse davvero stato incastrato, perché sapeva che Rosso la amava davvero, non voleva perderla, e che pertanto non avrebbe mai fatto nulla per ferirla. In ogni caso, non poteva pensarci così tanto proprio in quel momento, era il motivo per cui era rimasta con Kori, voleva aiutarla a salvare Robin, certamente, ma voleva anche smettere di pensare al suo fidanzato.

Non riuscendoci, naturalmente. Inoltre, il fatto che Stella non stesse spiccicando una sola parola non aiutava. Salirono una rampa di scale a gran velocità, ritrovandosi di fronte ad un’altra porta chiusa. Solo che questa, in quel caso, non era sigillata. Varcarono la soglia con furore, ignorando completamente il fatto che dall’altra parte potessero esserci dei pirati, cosa che si rivelò veritiera.

Due pirati, stravaccati su delle sedie, sobbalzarono quando le videro entrare.

«Oh... ecco dov’erano le due tamaraniane...» borbottò uno di loro, prima che Amalia gli staccasse la testa con un pugno e Stella si occupasse dell’altro. Sistemato il problema, le due sorelle si guardarono attorno.

«Che posto è questo?» domandò poi Kori, guardandosi attorno. Komi la imitò, facendo caso solo in quel momento all’ambiente che la circondava. Una stanza grigia scusa come le altre, buia, illuminata solo da un paio di monitor appesi alla parete, di fronte alla quale si trovavano le due sedie su cui erano seduti i pirati. I monitor raffiguravano diversi corridoi, le celle della prigione, il ponte di coperta dove decine e decine di pirati si trovavano privi di sensi e, per finire, altre due stanze in particolare. Amalia dischiuse le labbra: quello era un locale di videosorveglianza. E nei due monitor di fronte a lei...

«Robin!» esclamò Stella, notando il giovane sdraiato a terra, il corpo pieno di contusioni, all’interno di quello che pareva un ufficio completamente distrutto. Sembrava stare bene, anche se sicuramente doveva aver passato tempi migliori.

«Che sia l’ufficio di Slag?» domandò ancora Kori, anche se sua sorella era concentrata su tutt’altro. Nell’altro monitor, erano raffigurate tre figure che riconobbe immediatamente: Lucas, Terra e, per finire, quella schifezza vivente di Shyltia. Non appena l’aliena vide la donna rettile frustare sia Rosso che la ragazza bionda con la sua coda, la tamaraniane sgranò gli occhi. La vipera stava dominando, letteralmente i due ragazzi. Amalia non credeva ai propri occhi. Com’era possibile? Li avrebbe uccisi continuando di quel passo! E perfino Stella se ne rese conto.

«Oh, no!» fece, inorridita. «Dobbiamo andare ad aiutarli!»

«No» rispose Komi, ferma, gli occhi fissi sul monitor. «Ci vado da sola. Tu salva Robin. Guarda, quello è Slag» disse, indicando il ponte di coperta, dove il pirata panzone si stava sbracciando da un corrimano. «Quello dietro di lui deve essere il suo ufficio, sicuramente Robin è lì dentro. Devi raggiungere il ponte!»

Stella la guardò, mordendosi un labbro. «Ne sei sicura, Komi?»

«Sì» rispose la maggiore, seria in volto. «Ho un conto in sospeso con quella puttana» ed indicò Shyltia, la quale, nonostante non ci fosse alcun audio, stava chiaramente ridendo di gusto a giudicare dalla sua espressione.

Malgrado la situazione, Stella riuscì a sorridere. «Va bene, Komi... non farle troppo male.»

«Non posso fare promesse» replicò la mora, dandole le spalle. «Buona fortuna Kori.»

«Buona fortuna, Komi... ti voglio bene.»

Amalia ebbe un tuffo al cuore udendo quelle parole. Sentì le labbra tremolare, come al solito colta alla sprovvista dalla dolcezza della sua sorellina. Si voltò di nuovo, sorridendole appena. «Anch’io.»

Le due ragazze si separarono.

 

***

 

Corvina sapeva di non dover cantare vittoria così presto. Infatti, quando il suo raggio di energia svanì, Caruso era ancora di fronte a lei, illeso, sorridente.

«Sono curioso, davvero» cominciò il pirata, incrociando le braccia. «Quali sono le tue origini, bella terrestre?»

La maga serrò la mascella. «Provengo da un satellite della Terra» rispose, senza nemmeno saperne il motivo. «Mio padre era un demone da cui ho ereditato i miei poteri, mia madre, invece, è una donna normalissima.»

«Davvero?» domandò Caruso. «Ne ho viste di cotte e di crude nei miei anni da pirata. Mostri, sirene, alieni, spettri, maledizioni. Ma demoni? Non avrei mai pensato di incontrare la discendente di uno di essi. Mi sento quasi onorato.» Il luogotenente ridacchiò. «Tu pensa l’ironia. Una figlia di un demone che cerca di fare del bene con la sua magia nera, ed un pirata malvagio che utilizza l’energia benefica di questo artefatto per perseguire i suoi scopi egoistici.»

«Ci sono delle ideologie di base sbagliate...» commentò la maga, strappando un altro risolino al suo avversario.

«Indubbiamente. Allora, avanti.» La invitò ad attaccarla di nuovo con un cenno delle mani. «Mostrami la tua forza, mezza demone!»

Corvina cominciò a perdere la pazienza. Odiava quelli come lui, quelli che si fingevano cordiali con lei, con loro, quando poi in realtà non avrebbero esitato un attimo ad ucciderli. Che senso aveva comportarsi in quel modo? Non lo sapeva, ma non aveva importanza: avrebbe cancellato quel sorriso irritante dal suo volto. «Azarath Mitrion Zintos!» La maga gridò il proprio mantra, dopodiché liberò l’energia dai propri palmi, indirizzandola verso Caruso.

A questo, però, basto sollevare una sola mano per proteggersi. La ragazza spalancò gli occhi. «Tutto qui?» domandò Caruso, apparendo quasi deluso. «Mezza demone, dovrai fare molto di più per avere la meglio su di me.»

Dannazione..., pensò la maga. Il potere della Reliquia era nelle sue mani. Poteva davvero fronteggiare un potere così immenso? Il raggio di luce azzurra che le arrivò in piena faccia la costrinse a distogliere la propria mente da quel quesito. Si gettò a terra, evitando per un soffio quel colpo sicuramente mortale.

«Andiamo, mezza demone!» la incalzò Caruso, tempestandola di colpi. «Regalami uno scontro degno di essere definito tale!»

Corvina non aveva nemmeno il tempo per respirare, talmente era impegnata a non farsi uccidere, figurarsi formulare una risposta. Si alzò in volo, per potersi muovere con più rapidità, mentre attorno a lei pile di monete e forzieri ricolmi di tesori esplodevano. Tutto ciò non sarebbe piaciuto per niente a Slag se solo avesse visto cosa diamine stesse accadendo.

«Accidenti, credo proprio che questa settimana le buste paghe dei membri della ciurma verranno alleggerite notevolmente» commentò Walis, ridendo di gusto. A lui non importava niente dei soldi, constatò Corvina. Non gli importava niente né dei soldi, né dei pirati, né di nessun’altro. A lui interessava solamente possedere la Reliquia. E lei doveva strappargliela via, a tutti i costi. Non poteva continuare ad evitare i suoi attacchi senza reagire, o non avrebbe concluso niente. Se voleva salvare Quantus, se voleva tornare finalmente a casa, doveva recuperarla. Doveva sconfiggerlo.

Corvina strinse i pugni e si concentrò, cercando di attingere a tutta la forza che possedeva dentro di sé, una forza molto più grande e molto più spaventosa di quanto si potesse davvero immaginare. Del resto, ini lei scorreva pur sempre il sangue di uno dei demoni più potenti, se non il più potente, di sempre. La Reliquia creava i mondi, Trigon, invece, li distruggeva. Quelle due forze potevano anche opporsi, ma erano pur sempre pari tra loro. Aveva una possibilità. Doveva solo sperare di non lasciare che la sua magia nera diventasse nera per davvero. Doveva salvare quel mondo, non distruggerlo.

La maga gridò con quanto fiato avesse in corpo, mentre l’aura nera che la circondava si faceva più intensa. Scese a terra, per poi rispondere al fuoco.

«Finalmente!» esclamò Walis, per poi scagliare un altro raggio di luce blu a sua volta. I due coni di luce si scortarono tra loro, creato un boato che spazzo via ogni cosa si trovasse abbastanza vicino. Nel giro di pochi istanti, un enorme spiazzale si creò nel punto esatto in cui loro due stavano combattendo, mentre il resto delle monete e dei forzieri fu catapultato ai lati della grande stanza.

«Sì, questo è quello che volevo!» esclamò Caruso, con entrambi gli occhi ora illuminati di blu. Se prima aveva ancora un briciolo di autocontrollo, ora questo era assente. Si era lasciato completamente assuefare dal potere della Reliquia, l’aura che lo avvolgeva era accecante ed il suono della sua risata diventava sempre più isterico man mano che i secondi passavano. Non che Rachel fosse messa tanto meglio, anche i suoi occhi, ora, erano rossi.

E a quel punto, il vero scontro tra bene e male poté cominciare.

 

***

 

Robin annaspò, mentre Slag continuava a sbraitare da fuori l’ufficio, inveendo il nome di Caruso e quello del resto dei pirati senza ottenere alcuna risposta. Si rimise lentamente in piedi, gemendo per ogni minimo sforzo che fece, appoggiandosi alla parete.

«Ehi!» esclamò Slag rientrando nella stanza ed accorgendosi di lui. «Ti avevo detto di restare a terra!» Urlò frustrato e si fiondò su di lui sollevando l’uncino. Robin si scansò gettandosi sul pavimento un istante prima di venire trafitto al volto. L’uncino trapassò la parete di ferro come se fosse fatta di burro, al che il ragazzo deglutì pensando a cosa aveva appena evitato.

Il pirata fece un verso sorpreso, dopodiché cercò di staccarsi dal muro, tuttavia non riuscendoci. Cominciò a tirare l’uncino con forza, grugnendo per la fatica, ma nulla, ogni tentativo di liberarsi fu vano. «Per mille Pythor!» commentò. «Forse ho esagerato... ehi, dove vai?! Torna qui!» ordinò, mentre Robin, di nuovo in piedi, si avviava barcollando verso l’uscita. Il leader dei Titans poté udire alle sue spalle i versi frustrati di Slag mentre cercava di staccare l’uncino dal muro.

Una volta fuori, Robin rimase senza fiato di fronte l’immagine dell’enorme ponte di coperta della nave. Da lassù, il mezzo spaziale sembrava ancora più grande. Robin zoppicò verso il corrimano, aggrappandosi ad esso ed utilizzandolo per rimanere in piedi mentre scendeva una rampa di scale che conduceva al ponte. Non aveva un piano ben preciso, doveva fuggire, ma doveva anche scoprire cosa fosse successo ai suoi amici.

Terminati i gradini, il moro si ritrovò di fronte ad uno spettacolo surreale: attorno all’albero maestro, decine e decine di pirati si trovavano a terra, privi di sensi, alcuni perfino con alcune parti del corpo, quali gambe e braccia, mancanti. Robin rimase a bocca aperta. Erano quelli i risultati della famosa "rissa" di poco prima? Più che una zuffa, quella doveva essere stata una guerra, osservò il ragazzo mentre si avvicinava ai corpi esanimi.

«EHI!» urlò Slag alle sue spalle, facendolo voltare di scatto. Era riuscito a liberarsi e sembrava più incavolato che mai. «Smettila di disobbedirmi, miserabile! Torna qui!» Con un verso adirato, il capitano della nave scavalcò il corrimano con un balzo, fiondandosi sul ponte direttamente dal pianerottolo di fronte al suo ufficio. Tuttavia, non aveva fatto i conti con il suo peso, e con il legno di cui il ponte era composto. Il pirata sfondò il pavimento, ritrovandosi sepolto fino al petto nel legno. «AH! Che mi venga un accidente!» esclamò, rendendosi conto di aver commesso un altro errore di valutazione. «Stupida nave decrepita!»

Se solo la situazione non fosse stata tanto grave, Robin avrebbe perfino riso di fronte a quella scena. Peccato però che non potesse permetterselo. Si voltò, approfittando di quei pochi secondi di tempo guadagnati, per raccogliere una sciabola da terra. Non la prese con l’intenzione di combattere, in quelle condizioni non ci sarebbe mai riuscito, tuttavia non poteva rimanere disarmato.

«Ora mi stai davvero facendo perdere la pazienza!» Slag urlò furibondo, per poi tirarsi fuori con forza dal cratere che aveva creato. «Torna qui, SUBITO!»

Robin non ci provò nemmeno a rispondere di non essere minimamente interessato ad obbedire, allontanandosi il più possibile da lui, anche se le sue condizioni fisiche non gli erano molto d’aiuto. Ma la sua fuga non durò a lungo: Slag gli fu addosso in tempo zero, sollevando ancora una volta l’uncino. Lo abbatté su di lui e il ragazzo fu costretto a voltarsi e a proteggersi con la spada. Riuscì a parare l’attacco, ma il contraccolpo lo spedì a terra, facendolo gemere, e disarmandolo.

Il pirata sollevò la gamba di legno, cercando di infilzarlo al suolo, ma il ragazzo rotolò di lato, evitandolo. Il piede del robot si conficcò nel legno, strappandogli un grido infastidito. Robin si rimise in piedi e cercò di scappare ancora una volta, sempre zoppicando. Slag cercò di raggiungerlo con l’uncino, ma il leader dei Titans si scansò ancora una volta, evitandolo per un soffio.

«Smettila di scappare, codardo!» Il capitano robot tentò diverse altre volte di trafiggerlo, sempre senza successo. Robin serrò la mascella, evitando l’ennesimo attacco. Non poteva continuare in quel modo. Era troppo debole e troppo ferito per poter combattere alla pari con il robot, prima o poi avrebbe sicuramente commesso un passo falso. Tuttavia, non poteva arrendersi, non ora che era finalmente libero.

«Se non ti fermi subito ti arrostisco di nuovo!»

La minaccia di Slag gli fece sgranare gli occhi. Una nuova idea gli attraversò la mente, forse perfino più folle della prima, ma se non altro era l’unico modo per poter avere un qualsivoglia di vantaggio sul suo avversario. Continuò a saltare e a rotolare evitando gli attacchi del robot, fino a quando non si ritrovò di fronte all’albero maestro. «Se fossi bravo ad agire anche solo la metà di quanto lo sei a blaterare, a quest’ora saresti davvero il più grande criminale di sempre!»

La provocazione portò ai risultati sperati: Slag urlò furibondo ancora una volta, per poi sporgersi verso di lui spalancando le fauci. Una lingua di fuoco fuoriuscì dalla sua gola metallica, fiondandosi sul moro a velocità disarmante. Robin si scansò ancora una volta, percependo quel calore devastante sulla pelle, e le fiamme andarono a colpire l’albero maestro che, composto di legno a sua volta, cominciò a bruciare. Non appena il pirata si rese conto di ciò che aveva fatto, spalancò gli occhi. «NO!» urlò, mentre le fiamme divoravano l’albero e scendevano a terra, cominciando ad espandersi anche lungo il ponte. «La mia nave!»

Robin barcollò, allontanandosi il più possibile da Slag e, ora, anche dalle fiamme. Il robot si dimenticò completamente di Robin e cercò di domare l’incendio, calpestando il pavimento di legno, ma era tutto inutile: ormai il fuoco aveva preso. Il suo urlò frustrato fece rabbrividire il ragazzo, che cominciò a credere di aver perfino esagerato, questa volta.

«Miserabile, è tutta colpa tua!» ululò Slag, voltandosi e correndogli incontro a velocità disumana. Robin cercò di evitarlo ancora una volta, ma il pirata, spinto dalla rabbia, fu troppo veloce. Robin fu colpito con il piatto dell’uncino al petto e scaraventato a decine di metri di distanza. Crollò contro il cornicione, la vista che si offuscava a causa del dolore. Vide a stento Slag avvicinarsi a lui con lentezza straziante, circondato dalle fiamme che stavano divorando il ponte. Il nero della notte, il rosso e l’arancione dell’incendio, gli occhi brillanti del robot e la sua figura imponente e scura che si faceva sempre più vicina davano a quel momento un qualcosa di quasi spettrale. Di sicuro, quelli erano il luogo e la compagnia che Robin avrebbe gradito meno di tutti.

Cercò di sollevarsi nuovamente, ma una fitta di dolore che gli attraversò l’intero corpo lo costrinse a rimanere a terra.

«Ora... non scapperai più.» Slag lo raggiunse osservandolo dall’alto con odio. Dopodiché piantò con forza la gamba di legno sul ginocchio del moro. Un orribile crack si udì, seguito immediatamente dopo da uno straziante urlo di dolore. Sarebbe perfino svenuto se solo la mano del pirata non si fosse avvolta attorno al suo collo, sollevandolo da terra.

«Mi hai causato un mucchio di problemi, pulcioso terrestre, e ora la pagherai cara.» Il robot ghignò, apparendo ancora più inquietante. «Nulla mi vieta di consegnarti al Dominio, morto

Robin spalancò gli occhi, mentre la stretta attorno al suo collo si faceva sempre più forte. Tutto quanto cominciò ad offuscarsi attorno a lui. Ma proprio mentre pensava che quegli occhi spettrali sarebbero stati l’ultima cosa che avrebbe mai visto, un urlo sopraggiunse, dal tono di voce che avrebbe potuto riconoscere tra milioni.

«ROBIN!»

 

***

 

Shamus rimase immobile, da babbeo qual era, mentre il ragazzo si trasformava in ciò che avrebbe sicuramente segnato la condanna del grosso robot.

«Pensi davvero che trasformandoti in quella specie di yeti tu possa...»

«Chiudi quella fogna» rantolò BB, prima di ruggire di rabbia e perdere completamente il dono della parola. La Bestia si fiondò sul luogotenente con estrema velocità, colpendolo talmente forte da spedirlo all’indietro, facendolo cadere. Vi fu un boato assordante, il pavimento tremò perfino, mentre Shamus ruzzolava sul suolo gridando per la sorpresa, con un’ammaccatura enorme sullo sportellone che aveva sul petto.

Cyborg osservò la scena meravigliato. Non credeva che avrebbe mai più rivisto BB trasformarsi nella Bestia, ma era successo. E, forse, quella era la cosa migliore che potesse capitare. Doveva solo sperare che il mutaforma mantenesse il controllo.

L’aliena tirò Cyborg per il braccio, riportandolo alla realtà. Giusto, non c’era tempo da perdere.

I due corsero ad un Torpedo, mentre la Bestia e Shamus ingaggiavano un combattimento furioso. Il pirata di era rialzato e non aveva per niente gradito ciò che il mutaforma gli aveva fatto. Il clangore del metallo che veniva colpito dai pugni della Bestia, i versi disumani di quest’ultima e quelli furibondi del luogotenente furono gli unici rumori che si poterono udire per i minuti successivi.

«Dobbiamo riuscire ad aprirla» spiegò Cyborg, una volta di fronte alla piccola navicella, tuttavia grattandosi il capo poco dopo. «Anche se... forse è troppo piccola per tutti noi.» Il ragazzo sospirò. Come avrebbero potuto lasciare il pianeta con un mezzo così piccolo? A stento potevano starci in due, figurarsi in...

L’aliena lo tirò per il braccio una seconda volta, distogliendolo da quei pensieri. «Mh, cosa c’è?» Quella le indicò la navetta da cui era sceso Shamus. Il titan bionico si illuminò. «Ma certo! È geniale!» esclamò, sorridendo all’aliena. «Bel colpo, ragazza!» L’ex prigioniera arrossì, distogliendo lo sguardo da lui, mentre il ragazzo tornava ad osservare il mezzo spaziale. Quella nave faceva perfettamente al caso loro, era praticamente grande come quella che possedevano prima che rimanessero a secco, poteva caricare tutti quanti i ragazzi più chissà quante provviste. Con quella sarebbero potuti ritornare sulla Terra senza problemi. Tuttavia, la nave da sola non era sufficiente.

«Ci servirà anche del carburante, però. Per sicurezza. Tu sapresti dirmi...» Non dovette nemmeno terminare la frase che l’aliena gli indicò un angolo dell’hangar, dove si trovava un cumulo di dispenser neri disposti li uni sopra gli altri.

«Perfetto, andiamo!» Cyborg iniziò a correre, seguito a ruota dalla ragazza. Mentre attraversavano l’hangar, Shamus fu scaraventato di nuovo a terra dalla Bestia, che oramai sembrava in pieno controllo della situazione. Mentre cercava di rialzarsi, mugugnando per lo sforzo, lo sguardo del pirata cadde proprio su loro due. «Ehi, voi due! Cosa pensate di...»

Beast Boy lo interruppe, saltandogli addosso e facendogli sbattere il cranio contro il pavimento. «AH! Maledetto insetto!» tuonò Shamus, per poi sferrargli un pugno sul volto, scaraventandolo via. La Bestia fu scagliata contro un Torpedo, sfondandone la cupola. Il luogotenente si rialzò, ridacchiando come un idiota. «Ti ho fatto male, moscerino?»

La Bestia si rialzò, ringhiando di rabbia, ricoperta da graffi e pezzettini di vetro che si erano conficcati nella sua carne. Ululò di rabbia e si scagliò nuovamente contro il proprio avversario, tempestandolo di pugni, calci, ginocchiate. Shamus dal canto suo cercava di rispondere per le rime, ma era troppo lento ed impacciato. Tuttavia, il mutaforma cominciò ben presto ad accusare la stanchezza per quel combattimento così intenso, fino a quando il pirata non riuscì a connettere con un pugno sul suo addome, scaraventandolo via un’altra volta.

BB si rimise nuovamente in piedi, ringhiando, mentre Shamus gli si avvicinava, sempre continuando a ridacchiare. La Bestia riprovò ad attaccare per prima, ma si fermò di scatto, probabilmente colpita da una fitta di dolore. Quell’esitazione permise al grosso robot di colpirlo una seconda volta, rispedendolo a terra.

Cyborg osservò la scena interdetto. Ma che stava succedendo? Prima la Bestia riusciva a tenere a bada, perfino a dominare il luogotenente, ed ora la situazione si era completamente capovolta. Tuttavia, il ragazzo bionico non ci mise molto a realizzare cosa stava succedendo. Avrebbe spalancato l’occhio se solo avesse potuto. Nonostante il pirata fosse ricoperto da vistose ammaccature, per lui era come se non esistessero. Tutti i danni che BB gli aveva inflitto... erano totalmente inefficaci. Il robot era troppo resistente per poter essere davvero messo alle strette dai rapidi attacchi del mutaforma. Per poterlo fermare non ci volevano mille attacchi di scarsa potenza, ce ne voleva solamente uno ma di potenza enorme e, per quanto la Bestia poteva essere forte, nemmeno lei la possedeva. Ma allora dove trovarla?

Lo sguardo di Cyborg cadde irrimediabilmente sulla navetta di Shamus, e sui grossi cannoni che essi possedeva. A quel punto, non ci mise molto a realizzare cosa dovesse fare. «Andiamo!» disse all’aliena, mentre iniziava a correre. Raggiunsero la nave, dove, fortunatamente, trovarono la rampa per salire ancora abbassata. Corsero dentro, raggiungendo la sala comandi. Qui, Cyborg cominciò ad armeggiare con le consolle, nel tentativo di attivare i cannoni. Il computer di bordo si accese e funzionò tutto correttamente, il problema era che tutto quanto era scritto in una lingua aliena incomprensibile per lui. Il ragazzo soffocò un’imprecazione. Senza Mr. Zurkon a tradurre per lui, non avrebbe potuto fare molto.

«Dannazione!» sbottò. «Ma come faccio a...» Si interruppe, quando notò l’aliena mettersi accanto a lui, per poi iniziare ad armeggiare a sua volta con i comandi con estrema rapidità e precisione. Il ragazzo spalancò la bocca. «Tu... tu sai come funzionano i comandi?»

La ragazza si limitò a rivolgergli un sorriso di sufficienza. Perfino Cyborg sorrise poco dopo. «Ok, ammetto di averti sottovalutata, ragazza. Ben fatto!» Il sorriso svanì dal volto dell’aliena, che distolse lo sguardo, concentrandolo unicamente sulla consolle. Sembrava quasi imbarazzata, ma Cyborg non poté rimuginarci su più di tanto, perché aveva ancora una cosa da fare. «Non possiamo fare fuoco se rischiamo di colpire anche BB. Tu resta qui, io vado ad aiutarlo. Spara al mio segnale, va bene?»

L’aliena annuì, al che Cyborg si affrettò ad uscire e raggiungere il proprio compagno.  La Bestia si stava rialzando a fatica, continuando a ringhiare per la rabbia. Solamente vedendola, il titan bionico si domandò se sarebbe riuscito a farsi capire da lei. Non sembrava molto aperto al dialogo, ad essere sinceri.

«Un altro foruncolo da spremere?» domandò Shamus, accorgendosi anche di lui.

Cyborg serrò la mascella, mentre BB si fiondava nuovamente sul suo avversario, ruggendo. Il pirata si voltò verso il mutaforma, per poi urlare e respingerlo con un colpo del braccio. Dopodiché, si voltò verso il titan, per poi sghignazzare. «Tocca a te!»

«Vieni a prendermi, grassone!» esclamò Cyborg, per poi saltare all’indietro, evitando per un centimetro un pugno che sfondo il pavimentò metallico. «ORA!» urlò.

Un forte ronzio poté udirsi nell’aria all’improvviso. Il pirata si voltò verso il luogo da cui proveniva ed osservò impotente i cannoni della navicella che cominciavano ad illuminarsi. «Uh? Cos...»

Non terminò mai la frase. Due potentissimi raggi di energia furono scaturiti dalle armi, trapassandogli la gabbia toracica da parte a parte e lasciandoli un foro grosso quando il suo boccaporto. Shamus sgranò gli occhi, per poi abbassarli e guardare cosa fosse appena accaduto. Dischiuse le fauci, sbigottito. «Non… non è giusto…» biascicò, prima che i suoi occhi si spegnessero e crollasse a terra privo di vita. Non appena il suo corpo gigantesco toccò il suolo, un boato assordante scosse l’intero hangar.

Cyborg sorrise trionfale, per poi guardare verso la cabina della nave. Sollevò il pollice, rivolto verso l’aliena che sicuramente lo stava guardando, poi si concentro sul suo amico. Corse incontro a lui, trovandolo a terra, di nuovo in forma umana, intento a gracchiare debolmente per il dolore.

«Ehi, Cy…» borbottò, quando lo vide. «A-Abbiamo vinto?»

«Puoi dirlo forte che abbiamo vinto.» Cyborg aiutò BB a rimettersi in piedi, ridacchiando.

«Ahi, ahi, piano amico…» si lamentò il mutaforma, per poi guardare il corpo steso a terra di Shamus. «Però… era un tipo tosto…»

«Nulla che il mio genio non possa fermare» replicò il titan bionico, gonfiando il petto d’orgoglio.

BB spalancò la bocca per replicare, ma non poté fare nulla perché l’aliena corse loro incontro, stritolandoli entrambi in un abbraccio. Il mutaforma divenne paonazzo, dopodiché iniziò a lamentarsi per il dolore al proprio corpo, mentre Cyborg ridacchiò una seconda volta.

«Ben fatto» disse alla ragazza, posandole una mano sulla spalla. Quella sorrise, avvampando lievemente. Dopodiché, il ragazzo si voltò verso la nave. «D’accordo, gente. Chi vuole un passaggio?»

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni americani > Teen Titans / Vai alla pagina dell'autore: edoardo811