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Autore: pampa98    22/05/2018    2 recensioni
I pensieri di Thomas, dall'arrivo al Bethlem fino alla sua riunione con James
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James Flint, Thomas Hamilton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Storia scritta per la #26promptschallenge indetta dal gruppo Facebook "Hurt/Comfort Italia - Fanfiction&Fanart"
Prompt: 4/26 Prigionia






I racconti che aveva sentito fin da ragazzo non rendevano giustizia al Bethlem Royal Hospital. Quel luogo era l’Inferno in terra.
Dopo poco più di un giorno trascorso in quel luogo, Thomas aveva capito che lì non si curavano i malati di mente o, quantomeno, che essi rappresentavano una minima parte dei prigionieri segregati lì dentro. C’erano poveri accusati di assassinio o di stupro, nobili rivoluzionari, scomodi per la loro famiglia, prostitute, ladri, sodomiti… Quasi tutti entravano in perfetta salute, come Thomas e quasi tutti si trasformavano in involucri spenti, senza energie, senza identità. Talmente distrutti nel corpo e nello spirito che avevano smesso di lottare, di sperare che un giorno avrebbero rivisto la luce del sole.
Quando era arrivato al Bethlem, era stato scortato in una cella da coluì che scoprì essere la guardia più umana tra tutte. Probabilmente, perché era poco più che un ragazzo. Prima di rinchiuderlo, gli aveva dato un consiglio.
-Arrendetevi subito, signore. Nessuno verrà a salvarvi. Voi morirete qui dentro. Prima riuscirete ad accettarlo, meglio sarà per voi.-
Ma Thomas si era rifiutato di cedere. No, sapeva che sarebbe uscito di lì. Lui e suo padre non avevano mai avuto un buon rapporto, ma quell’uomo non poteva odiarlo al punto di condannarlo ad un simile fato. E James… Il suo amato James, la sua Miranda, loro non lo avrebbero abbandonato, ne era certo. Non era uno sciocco: non si aspettava un soccorso immediato. Penetrare in quella struttura era quasi impossibile, avrebbero avuto bisogno di tempo per riuscire a tirarlo fuori, ma aveva la certezza che lo avrebbero fatto.
Fino ad allora, avrebbe sopportato. Era un uomo paziente e, sebbene non avesse mai avuto modo di mettersi alla prova, si riteneva anche coraggioso. Ce l’avrebbe fatta.

+ + +

Dopo un mese i suoi propositi incominciarono a vacillare. Credeva che un prigioniero venisse rinchiuso nella sua stanza giorno e notte, senza mai vedere nessuno, se non i medici che lo avrebbero dovuto “curare”, e vivendo di due miseri pasti al giorno. Mai avrebbe immaginato un simile trattamento. Spesso si chiedeva se non fosse stato meglio essere davvero pazzo. Forse non sarebbe riuscito a percepire fino in fondo ciò che gli facevano.
Ogni sera (perché era sera, giusto?) quando tornava nella sua gabbia, si sentiva un po’ più stanco e ogni mattina tremava involontariamente al pensiero di cosa avrebbe dovuto patire quel giorno.
Una volta, si era azzardato a chiedere informazioni sulla signora Hamilton. Non poteva nominare James, ma aveva almeno il diritto di sapere come stava sua moglie. In risposta aveva ricevuto una scarica di frustate e l’aspra risposta:
-Quella puttana di tua moglie è morta. Insieme a quello schifoso che ti piaceva tanto scoparti. O forse eri tu quello che si faceva scopare. Che schifo. E non fare quella faccia, sai!- Un altro colpo, stavolta dritto in faccia. Sentì il sangue imbrattargli tutto il viso, ma non gli importava. Loro non sapevano niente. Non lo conoscevano e non conoscevano James. Non avevano idea di quello che avevano vissuto, dell’amore e della gioia che avevano condiviso in quei pochi mesi passati insieme. Osò pronunciare quelle parole ad alta voce e, per la prima volta nella sua vita, si pentì di aver detto la verità.
Da allora, le cose non fecero che peggiorare. Ogni giorno, la guardia di turno si premurava di raccontargli qualche storia sui suoi amanti. Un giorno gli dicevano che erano morti, dispersi in mare a causa di una tempesta improvvisa che aveva distrutto la loro nave, uccisi dagli inglese, suicidatisi. Un altro dipingevano per lui un quadretto di vita felice, lontano da lui e dai suoi problemi.
-Ti hanno dimenticato. Mi dispiace tanto. Si vede che in fondo sapevano che non eri niente di più che una nullità, aspettavano solo il momento buono per sbarazzarsi di te.-
A volte Thomas ci credeva, altre no. Non sapeva più cos’era vero e cos’era falso ormai. Il suo unico rifugio erano i ricordi. Di notte (forse), steso nel suo letto, quando intorno a sé gli altri ‘pazienti’ riuscivano a trovare qualche minuto di pace, si concedeva di perdersi nel passato, i primi anni trascorsi con Miranda, l’arrivo di James, l’inizio della loro storia… E si ritrovava a piangere per quei giorni così felici, che lui aveva dato per scontato, e che, cominciava a temere, non sarebbero più tornati.

+ + +

La visita di Peter lo aveva turbato, in più di un modo. Era stato felice quando lo aveva visto comparire sulla soglia della sua cella e abbracciarlo, toccare di nuovo un altro essere umano, lo aveva riempito di gioia. Aveva sperato che fosse venuto a liberarlo, che James e Miranda fossero con lui, che quell’incubo fosse finalmente finito. Invece, si fece ancora più tetro.
L’uomo con cui aveva progettato la liberazione di Nassau, l’uomo che considerava al pari di un fratello e che si era sempre mostrato così giusto e leale nei confronti del prossimo, era colui che lo aveva separato dalla sua famiglia e rinchiuso lì dentro. Avrebbe voluto odiarlo, ma vederlo piangere e supplicare il suo perdono per essere stato un codardo, riconoscere i segni di un sincero dolore e pentimento dipinti sul suo volto, lo commossero al punto da concedergli subito il suo totale perdono. E poi, anche se avesse voluto, era troppo stanco per odiare qualcuno.
Gli chiese di sua moglie e del tenente, certo che Peter sapesse qualcosa, ma non gli fu di grande aiuto. L’unica cosa che sapeva era che James aveva rifiutato l’offerta dell’uomo di trovare loro una sistemazione sicura e aveva invece deciso di trasferirsi a Nassau con Miranda. Thomas si lasciò sfuggire un sorriso, il primo che gli increspava le labbra da mesi. Almeno erano insieme.

+ + +

Passarono i mesi, poi gli anni, e la sua vita in quel luogo non migliorò. Thomas si stava trasformando nell’ombra dell’uomo che era. Non c’erano specchi, per cui non poteva vedere chiaramente i cambiamenti sul suo volto, ma riusciva comunque a notare quanto il suo corpo fosse smagrito e percepiva distintamente tutti i lembi di pelle cicatrizzata sparsi su di lui, soprattutto sulla schiena. Cercò di capire se era rimasto qualche punto in cui le fruste delle guardie non lo avessero colpito, ma il terrore di scoprire che non ce ne erano lo fece desistere.
Non parlava con nessuno. A volte, quando le guardie si sentivano particolarmente generose, era concesso ai prigionieri di pranzare tutti insieme nelle cucine. Dicevano che era un modo per allacciare i rapporti, dal momento che le difficoltà della vita si affrontavano meglio insieme ad un amico. Ridevano mentre lo dicevano.
Thomas aveva parlato ad un uomo una sola volta. Si chiamava John, doveva avere più o meno la sua età. Non sapeva per quale motivo fosse lì, ma a giudicare dal suo aspetto, era un prigioniero recente. Fu per questo probabilmente che parlò. Gli altri erano troppo stanchi per farlo. Fu una distrazione piacevole, pensò Thomas. Aveva dimenticato come si comunicava con altri esseri umani e quel nuovo contatto gli ridiede un po’ di forze. Si promisero a vicenda che, qualunque cosa fosse accaduta loro nel frattempo, si sarebbero parlati di nuovo quando ne avrebbero avuto l’occasione.
Purtroppo, John non era forte come voleva far credere e due mesi dopo Thomas vide le guardie portare via il suo corpo esanime. Si era fatto incatenare e si era tagliato i polsi con le manette.
Non era il primo che moriva, né il primo che si suicidava, e Thomas si rese conto con orrore che la morte e la sofferenza altrui non suscitavano più nessuna compassione o tristezza dentro di lui. Stava perdendo la sua umanità.

+ + +

-Alzati. Te ne vai.-
Thomas ci mise un po’ a registrare quell’ordine. Se ne andava? Dove? Perché? Le sue domande trovarono risposta dal signor Thompson, gestore dell’ospedale, che lo informò della prematura morte di suo padre per mano di un capitano pirata.
-Lord Alfred Hamilton pagava per farti stare qui. Ora, però, io non so più che farmene di te. Hai smesso di essere un guadagno.- spiegò lui. Molto pragmatico.
-Un mio vecchio conoscente si occupa di casi come il tuo,- continuò. –Andrai a lavorare per lui.-
L’offerta non sembrava così male e Thomas non esitò ad accettare. Tanto, peggio di quel posto, cosa poteva esserci?
Quando, dopo quasi tre anni, Thomas uscì dal Bethlem Royal Hospital, impiegò giorni per abituarsi di nuovo alla luce del Sole e della vita.

+ + +

Le piantagioni del signor Oglethorpe erano ampie, gli alloggi umili, ma comodi, e anche la gestione dell’intera struttura e degli schiavi che vi lavoravano era giusta e, dopo la sua recente esperienza, umana. Venivano concessi loro tre pasti al giorno, discretamente abbondanti, anche se probabilmente gli standard di Thomas non si potevano più considerare una valida misura. Il lavoro nei campi era duro, dall’alba fino al tramonto, sempre a zappare e mietere, mietere e zappare. Tuttavia non venivano frustati e, specie con i nuovi arrivati, le guardie erano abbastanza pazienti e capivano se non riuscivano a stare al passo degli altri. Inoltre la domenica era libera e ai detenuti era consentito leggere. Non potevano portare i libri nei loro alloggi, ma la biblioteca del signor Oglethorpe era aperta la sera e per tutta la domenica e chiunque era libero di andare e rifugiarsi nelle avventure narrate nei romanzi.
Dopo Bethlem, quello sembrava essere il Paradiso.
Col tempo, Thomas si rimise in forma e, grazie al duro lavoro nei campi, il suo fisico si fece più muscoloso. La sua pelle assunse un colore che mai aveva avuto in vita sua, sempre chiuso nelle stanze del Parlamento o nel suo studio a Londra. Le sue mani divennero presto ruvide e callose, ma a Thomas non dispiaceva. Gli ricordavano un po’ quelle di James.
James... Si era imposto di pensare a lui meno che poteva. Non era mai venuto. Certo, non poteva fargliene una colpa, tuttavia aveva sperato davvero di essere salvato da lui un giorno. Si chiese se sapesse che non era più al Bethlem, che l’uomo che li aveva separati fosse morto. Si chiese che cosa stesse facendo, cosa stesse facendo Miranda, come avessero vissuto in quegli anni di lontananza. Si chiese se fossero ancora vivi.

+ + +

Alla piantagione, Thomas riuscì a riprendersi anche nello spirito. La lettura e la possibilità di poter conversare con altre persone, lo riportarono a somigliare all’uomo che era un tempo. Sapeva che non sarebbe più potuto essere un idealista, un sognatore, non dopo le cose che aveva visto e patito, ma poteva ancora essere un uomo buono, poteva ancora sembrare l’uomo di cui James e Miranda si erano innamorati e che aveva destato l’odio e il disprezzo di molte persone a Londra. Decise che i sentimenti dei primi due contavano più di quelli del resto del mondo.
Aveva anche fatto amicizia con alcuni degli uomini lì presenti, nobili caduti in disgrazia che erano stati nascosti lì dalle loro stesse famiglie. Thomas si chiese se anche gli Hamilton facessero parte delle famiglie che potevano usufruire di quel posto. Preferì non saperlo.

+ + +

Negli anni aveva visto arrivare molti nuovi prigionieri. Di solito non venivano fatti grandi annunci, semplicemente ad un certo punto distoglievi lo sguardo dalla terra e notavi un volto sconosciuto tra i tuoi compagni.
Thomas, insieme ad un altro paio di detenuti, aiutava i nuovi arrivati a venire a patti con la realtà di quel posto e cercava di mostrar loro che, in fondo, non era poi così male.
Non tutti erano stati al Bethlem come lui, perciò, abituati alla loro vita agiata nei palazzi di Londra, spesso facevano fatica a sopportare il peso del lavoro a cui erano sottoposti. Tuttavia, Thomas era piuttosto soddisfatto del suo lavoro.
Solitamente non si sapeva in anticipo quando o chi sarebbe arrivato, ma quel giorno, i mormorii erano presenti ovunque andasse.
Il famigerato Capitano Flint, il pirata più feroce e disumano che la storia avesse mai conosciuto, stava arrivando alla piantagione. In veste di prigioniero.
Thomas ricordò di averlo sentito nominare per la prima volta quando era stato trasferito in quel luogo. Lui era l’assassino di suo padre. Ancora non aveva deciso se odiarlo o ringraziarlo per averlo, inconsapevolmente, salvato da un destino orribile.
Arrivò verso mezzogiorno, quando il Sole era così alto e cocente che Thomas faceva fatica a zappare la terra. Notò gli sguardi intorno a lui che, di tanto in tanto, osavano guardare in direzione di quell’uomo. Anche Thomas decise di prendersi un momento per osservarlo, approfittandone anche per riprendere fiato.
Ciò che non si aspettava era che quell’uomo ricambiasse il suo sguardo. Thomas lasciò cadere la pala. Per un attimo, gli era sembrato di vedere James.
Il pirata si avvicinò a lui, titubante. Lo guardava come se non riuscisse a credere a ciò che aveva di fronte.
La mente di Thomas impiegò del tempo per realizzare che no, non stava sognando e che sì, l’uomo che aveva di fronte, stanco e senza più i capelli, era proprio il suo James.
Avrebbe avuto tante domande da fare, tante cose da dire, ma in quel momento, mentre lo stringeva a sé, mentre assaporava di nuovo le sue labbra, riusciva solo a pensare James, James, James, James, James.

+ + +

Era venuto a patti con l’idea che potessero essere morti, ma quando aveva visto James, quando aveva avuto la conferma che in realtà era vivo, aveva dato per scontato che lo fosse anche Miranda. Quelle rare volte in cui si concedeva di fantasticare sulla possibilità di fuggire da quel luogo per tornare dai suoi amanti, aveva sempre immaginato di trovare entrambi oppure nessuno. Non aveva mai preso in considerazione la possibilità che solo uno dei due fosse morto.
Ebbe l’impressione di averla persa un’altra volta, ma ascoltando il racconto di James non poté che provare una rabbia e un odio ciechi nei confronti dell’Inghilterra per tutto ciò che gli avevano fatto patire. Non soffrì nel sapere della morte di Peter, non poteva, non dopo aver saputo che era stato responsabile per la morte di Miranda.
Ascoltò in silenzio tutto ciò che James aveva da dire, dall’assassinio di suo padre fino al momento in cui John Silver lo aveva condotto in quel luogo. Mentre parlava, Thomas notò la tristezza negli occhi di James e dalle sue parole capì che odiava l’uomo che era diventato. Avrebbe voluto interromperlo per stringerlo a sé e dirgli che non era stata colpa sua, che non era un mostro e che lui lo amava ancora, lo avrebbe amato sempre.
Si erano ritirati al calar del Sole e James finì di parlare solo a notte fonda. Non sapeva se era perché si trattava del capitano Flint, perché lui fosse in qualche modo simpatico a Oglethorpe o perché il governatore era stato pagato abbondantemente all’arrivo di James, ma avevano concesso loro di condividere la stanza. Era piccola, il letto non particolarmente adatto a due persone, ma non importava. Poter stare insieme era tutto ciò che volevano.
Quando James terminò la sua storia, Thomas gli prese dolcemente la mano. Sentì il suo corpo tremare sotto il suo tocco.
-Thomas,- disse James con voce roca. -Thomas, le cose che ho fatto, io non...-
-Ssh.- Thomas gli prese il viso tra le mani, voltandolo verso di lui in modo che non potesse evitare il suo sguardo, come aveva fatto per tutte quelle ore. -Non c’è niente di cui devi scusarti, amore mio. L’Inghilterra ti ha portato via tutto e tu hai cercato di ripagarla con la stessa moneta.-
-Non è solo quello...- disse. -Non sono più l’uomo di un tempo e non... Non credo di poter meritare di stare ancora al tuo fianco.-
Thomas scosse la testa.
-Anch’io sono cambiato, James. Sono passati 10 anni, è normale che siamo diversi. Questo non significa certo che non possiamo stare insieme. Io ti amo, ora come allora, e sappi che non ho intenzione di perderti un’altra volta.-
James chiuse gli occhi, nel tentativo di trattenere le lacrime.
-Nemmeno io voglio lasciarti. Mai più.-
Thomas sorrise e appoggiò la fronte sulla sua.
-Allora non dovremo fare altro che restare uniti e imparare a conoscere i nuovi aspetti del nostro carattere. E anche quelli del nostro corpo.- aggiunse, passando una mano sulla testa calva di James. Il pirata si concesse una risata.
Thomas rise a sua volta. -Non fraintendere, mi piaci anche così. Diciamo che, potendo scegliere, ti preferisco con i capelli lunghi.-
-Ricresceranno,- rispose lui. -Servirà del tempo, ma direi che ne abbiamo a sufficienza, no?-
Thomas si sporse per dargli un bacio sulle labbra, delicato e sicuro come la prima volta.
-Abbiamo l’eternità.-
 





 
   
 
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