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Autore: Gatto1967    25/05/2018    1 recensioni
Per chi non lo sapesse “Orange is the new black” è una serie tv americana in onda sui canali internet, che racconta le vicende di una giovane donna condannata a quindici mesi di reclusione per un reato commesso dieci anni prima.
La serie racconta quindi le vicissitudini di questa donna (guarda caso una bionda come Candy) alle prese con la più variegata umanità in un carcere femminile americano.
Voi mi chiederete: “Ma come cavolo ti è venuto in mente di mandare Candy in prigione?”
Beh, a pensarci bene anche nel corso dell’anime, la nostra eroina ha rischiato più volte di finire in prigione, e un paio di volte c’è finita davvero! (Alla Royal Saint Paul School)
Già da bambina quando stava presso i Legan e venne ingiustamente accusata di furto, la zia Elroy suggerì di mandarla in prigione “quella piccola ladra”.
E poi si sa, Candy ha un temperamento ribelle, insofferente alle regole e alle costrizioni, spesso è anche impulsiva e agisce senza pensare alle conseguenze delle sue azioni.
Partendo quindi da un episodio dell’anime questa storia si immagina le vicende di Candy in un carcere femminile americano a inizio ‘900.
Riuscirà la nostra eroina a sopportare l’esperienza?
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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Ormai Candy era in prigione da più di un anno, e per quanto Albert e gli altri suoi amici cercassero disperatamente nuove prove che la scagionassero, la rassegnazione cominciava a far capolino nelle loro vite.
La stessa Candy ormai si stava rassegnando a dover vivere tutta la sua vita in quel carcere.
Nuovi tentativi di evasione erano impensabili, Candy era super sorvegliata, anche se nel carcere godeva di grande stima per il suo lavoro di infermiera.
La ragazza cercava di mantenersi viva, ma la depressione si stava lentamente impadronendo di lei.
Tutti i suoi amici andavano a trovarla spesso e lei ne era felice. Facevano in modo di andare quando era in infermeria di modo che la portassero in parlatorio in divisa da infermiera. Volevano evitarle ulteriori umiliazioni.
Un giorno, insieme a Suor Maria arrivarono anche i suoi amici Tom e Jimmy. Ovviamente sia loro che Candy versarono fiumi di lacrime.
Il direttore Baker aveva disposto che Candy fosse lasciata sola con i suoi amici quando questi venivano a trovarla, a patto che lei si lasciasse perquisire dopo ogni visita, e delle perquisizioni furono incaricate impiegate che lavoravano all’amministrazione del carcere.
“Grande Baffo” Jackson era stato diffidato dall’infastidire Candy, e con lei interagiva soprattutto il suo amico Robert Smith.
Baker cercava di rendere la vita di quella ragazza, meno sgradevole possibile. Ormai anche lui si era convinto della sua innocenza, anche se tale innocenza era impossibile da dimostrare.
 
Kate Benson arrivò finalmente alla casa sul lago di suo zio Alfred. Almeno quel notaio che le aveva scritto da Milwaukee affermava così.
È vero, quel tipo aveva lo stesso cognome di sua madre, Drumond, e sua madre spesso le aveva parlato di un fratello che viveva a Chicago, ma lei non lo aveva mai conosciuto.
Sua madre era morta da pochi mesi lasciandola senza il becco d’un quattrino, suo padre si era dileguato quando lei era ancora piccola, e adesso la proprietà di quel villino sul lago pioveva come una manna dal cielo. Avrebbe potuto venderlo e ricavarci un bel gruzzoletto, oppure stabilirsi lì e lavorare come sguattera in qualche casa di ricconi, o magari avrebbe potuto trasformarlo in una piccola locanda.
Per prendere qualsiasi decisione era opportuno visionarlo, e il notaio le aveva consegnato le chiavi proprio per questo. Dopo sarebbe dovuta andare da lui per le relative pratiche.
Aprì la porta ed entrò. La prima impressione non fu certo favorevole: la casa emanava un terribile odore di chiuso e di muffa. Stando a quanto gli aveva detto il notaio, il suo presunto zio Alfred era diventato un alcolizzato cronico e di conseguenza trascurava tutta la sua vita. Quindi anche quella casa non era stata mantenuta al meglio.
Rimetterla in sesto sarebbe stato faticoso, ma era comunque indispensabile, quale che fosse stata la sua decisione.
Aprì tutte le finestre di quella casa e lasciò che l’aria vi circolasse liberamente.
Poi cominciò a pulire tutte le stanze, e infine si mise a lavorare al salone centrale, quello dove si entrava dalla porta d’ingresso.
Si avvicinò allo scrittoio e cominciò a spolverarlo. Aprì anche i cassetti e trovò più fogli di carta scritti. Erano pieni di cancellazioni e correzioni, come se fossero le brutte copie di un testo che lo scrivente avesse provato più volte prima della stesura definitiva.
L’ultimo foglio, o meglio il primo della pila, sembrava abbastanza leggibile, con poche correzioni e cancellazioni, come se fosse stata la prova definitiva prima della stesura in bella copia.
In fondo c’era anche la firma di Alfred Drumond.
Vinta dalla curiosità Kate lesse la lettera e man mano che avanzava nella lettura il suo volto impallidiva sempre più.
Alla fine si portò la mano alla bocca e sussurrò: -Oh mio Dio...-
 
Il maggiordomo di casa Andrew aprì la porta e davanti si trovò una ragazza di circa vent’anni, vestita semplicemente ma con dignità.
-Cosa desidera signorina?-
-Buongiorno. Il mio nome è Kate Benson e desidero parlare con qualcuno della famiglia Andrew.-
-A che proposito signorina Benson?-
-Ho la prova dell’innocenza della signorina Candice White Andrew.-
Il maggiordomo strabuzzò gli occhi.
-Si accomodi signorina. Vado subito a chiamare il signor William.-
William o Albert che dir si voglia, stava ancora dormendo. Alla fine Albert aveva deciso di prendere il posto di comando della famiglia Andrew. La sera precedente aveva dovuto sorbirsi un movimentato consiglio di amministrazione che si era protratto fino alle ore piccole.
 
Il maggiordomo non si fece scrupolo di svegliarlo.
-Che c’è James? Ti avevo detto che oggi volevo dormire…-
Quando James gli disse il motivo per cui lo aveva svegliato, Albert si alzò immediatamente dal letto e si vestì alla velocità della luce.
 
Pochi minuti dopo era davanti alla misteriosa Kate Benson.
-La signorina Benson? Io sono William Albert Andrew.-
-Molto lieta signor Andrew. Io sono la nipote di Alfred Drumond, l’ex factotum di Neal Legan, e ho ereditato il suo villino vicino Milwaukee. Riordinando la casa ho trovato questa lettera. Credo sia la brutta copia di una lettera che forse mio zio voleva spedire o consegnare il giorno che è stato ucciso. In questa lettera lui confessa di aver mentito nel processo a carico di Candice White Andrew.-
Uno sconvolto Albert prese la lettera dalle mani della ragazza e la lesse avidamente fino alla fine. Quella lettera era anche firmata e questo la rendeva un documento legalmente valido.
Probabilmente Drumond l’aveva firmata e riletta decidendo poi di operare alcune piccole correzioni.
-James- disse con la voce che tremava per l’emozione. –Fai subito preparare l’auto! Devo andare dall’avvocato Clinton! Signorina, è disposta a venire con me?-
Albert piangeva per l’emozione.
-Si signor Andrew. Se fosse necessario sarei anche disposta a testimoniare per quello che varrà.-
-Grazie signorina, grazie! Una ragazza innocente le deve la vita!-
 
Il giudice Bean, lo stesso che aveva condannato Candy, lesse attentamente e più volte quella lettera. Nella stanza regnava un silenzio irreale.
Albert, Kate Benson, l’avvocato Clinton, Archie e Stear, Annie e Patty, pendevano dalla bocca di quell’uomo, da quello che avrebbe presto pronunciato.
-La signorina Legan è già sotto inchiesta. I suoi movimenti bancari non sono chiari, e abbiamo il fondato sospetto che sia coinvolta in traffici poco puliti con soggetti legati alla malavita. Credo proprio che finirà in prigione quanto prima. Ma anche senza aspettare quel momento posso dirvi che risultano movimenti di denaro dal conto della signorina Legan risalenti a oltre un anno fa, per l’acquisto del villino ereditato dalla signorina Benson.
Inoltre di recente è stato arrestato il pubblico ministero del processo contro la signorina Andrew. Si è potuto dimostrare che prese illecitamente del denaro da personaggi equivoci, fra i quali pensiamo figuri anche la signorina Legan. Anche un paio di giurati di quel processo sono indagati per aver percepito somme di denaro mai dichiarate al fisco e di provenienza ignota. E anche qui abbiamo motivo di credere che quel denaro provenisse dalla signorina Legan.-
Tacque come a voler raccogliere i pensieri.
-Pertanto considerata questa confessione autografa scritta dal testimone chiave del procedimento contro Candice White Andrew, in cui lo scrivente ammette di aver dichiarato il falso e racconta di aver assistito dalla finestra al tentativo di violenza subito dalla signorina Andrew ad opera del signor Neal Legan, e di come la signorina Andrew si sia semplicemente difesa dalle inopportune “avances” del signor Legan… decreto il totale proscioglimento di Candice White Andrew dalle accuse a lei contestate e ne ordino l’immediata scarcerazione.-
A quelle parole la stanza fu un tripudio di pianti di gioia.
Candy era libera!
 
Candy dormiva tranquillamente nella sua cella dopo l’ennesima crisi di pianto, quando l’inferriata si aprì.
-Candy! Sveglia!- la voce era quella di Robert Smith.
-Che c’è Robert? Stavo dormendo!-
Robert si chinò sulla branda visibilmente commosso.
-Beh, allora preparati ad avere il più bel risveglio che tu potessi desiderare: SEI LIBERA CANDY!-
-In che senso libera?- disse lei sbadigliando e mettendosi a sedere sulla branda.
Smith perse due lacrime di gioia mentre le prendeva le mani.
-La tua innocenza è stata dimostrata, e il giudice ha ordinato che tu venga rimessa in libertà Candy!
Il signor Andrew ti sta aspettando nell’ufficio del direttore, ragazza!-
Candy rimase un lunghissimo istante senza riuscire neanche a respirare per l’emozione. Per un po’ temette di stare solo sognando.
Poi scoppiò in un pianto dirotto mentre abbracciava il suo amico Robert Smith.
 
Iriza vide dalla finestra i poliziotti che si approssimavano presso il portone della sua abitazione.
I suoi genitori erano morti da poche settimane, entrambi vittime dell’abbruttimento e dell’alcool e Iriza aveva ereditato la loro residenza a Chicago, ormai l’unica rimasta dopo che quella di Lakewood e il villino sul lago dove era morto Neal erano stati venduti per ripianare i debiti.
Iriza non si era rivelata l’abile criminale che credeva di essere. I suoi movimenti, i suoi contatti erano stati scoperti in breve tempo. Inoltre i suoi “soci” l’avevano derubata lasciandola senza il becco d’un quattrino.
Ruppe il calice pieno di whiskey che teneva in mano tirandolo contro il muro, e poi si avvicinò allo scrittoio. Da un cassetto tirò fuori la derringer.
La puntò alla tempia e come in un estremo gesto di odio e di sfida, prima di premere il grilletto, disse a voce alta: -Non seguirò la stessa sorte di quell’orfana!-
   
 
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