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Autore: Anya_tara    26/05/2018    3 recensioni
"Si dice che gli uomini davanti all’altare abbiano un solo, unico pensiero.
E no, non è quello di spogliare la sposa – o lo sposo- nel più breve tempo possibile.
Kanon di Gemini, evidentemente nervoso, adesso iniziava a capire quale potesse essere.".
Perché noi la vita a questi poveretti vogliamo renderla complicata. Fino alla fine! XD
P.S: questa storia segue gli eventi descritti in "Nemesis"
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Gemini Kanon, Virgo Shaka
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Angolino di Saga: Okay, vi dico subito che avrei dovuto pubblicare per il 30/05, giorno del compleanno dei gemelli, una storia che vedeva protagonisti entrambi, assieme alle rispettive dolci metà; ma siccome il tempo è tiranno e io sono una fan del detto “chi ha tempo non aspetti tempo”, e sono anche in procinto di terminare la connessione Internet a mia disposizione ( ebbene sì, confesso, non ho l’adsl :’-( ) ho preferito postare questa ch’era già pronta. Il brano di cui si parla è “Absolute beginners” di David Bowie ( ormai abbiamo capito che Kanon ha ottimi gusti musicali), e credo sia perfetta anche come base per l’ascolto oltre che come testo per questa coppia, quindi se qualcuno di voi non la conosce gli consiglio caldamente di andarla a cercare; per questo stavolta il mio angolino è sopra invece che sotto ( ogni tanto fa bene cambiare, e non pensate male, cattivelli XD) . Il titolo invece proviene da un brano della cantante Sade ( ancora capricorni, qui spuntano come funghi ), che nel film di cui “Absolute beginners” è omonimo e colonna sonora appunto interpreta il ruolo di Athene Ducannon … ( e qui non voglio aggiungere altro, fate vobis! ) e inoltre i più scafati ci vedranno anche un altro legame, ma anche su questo non aggiungo altro.  
Bene, adesso che ho scritto una nota più lunga della fanfiction in sé mi congedo. Come sempre buona lettura, sono a disposizione per i vostri lanci di pomodori! ( ma anche d’insalate, rape, cipolle, zucchine, i minestroni fanno bene, Shaka dixit! )
Bacioni,
Saga
 
 
“ … Ti dirò che hai ragione quando vuoi,
e se solo tu potessi vedere dentro di me
oh, quando avrai freddo ci sarò, ti terrò stretto a me
oh quando sarai giù
sarò lì al tuo fianco, amore …”
  • By your side, Sade -
 
 
Si dice che gli uomini davanti all’altare abbiano un solo, unico pensiero.
E no, non è quello di spogliare la sposa – o lo sposo- nel più breve tempo possibile.
Kanon di Gemini, evidentemente nervoso, adesso iniziava a capire quale potesse essere.
E … se ha cambiato idea? Se si è reso conto … che io non sono abbastanza per lui? E se …
<< Oh, Kanon >>. Deathmask di Cancer si avvicinò, e Kanon adocchiò il mozzicone spento che reggeva nella mano destra. Se solo avesse potuto farsi una fumatina … ma era fuori discussione.
<< Tutto okay? Sembri nervoso >>, osservò il crostaceo, lisciandosi il bavero della giacca. Coi capelli argentei tirati indietro e il completo gessato blu scuro portato senza cravatta sembrava appena uscito da uno di quei film sulla mafia italo-americana che Shaka si rifiutava categoricamente di lasciargli guardare, a favore di documentari sulla salvaguardia del Pianeta, delle specie a rischio e le conseguenze apocalittiche prospettate se non si prendevano provvedimenti urgenti. Roba che a momenti rimpiangeva Aphrodite come coinquilino. Quei programmi erano quasi più spaventosi delle minacce di Hades, Poseidone e compagnia bella.
<< Chi, io? Naahh >>. No, non l’avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura, che se la stava facendo sotto. << Più che altro ho mal di piedi >>.
Cancer sorrise con aria tenera. << Certo, come no. Anch’io ricordo il mio mal di piedi di quel giorno … andavo e venivo costantemente dalla soglia >>. Gli strizzò un occhio, battendogli una mano sulla spalla prima di allontanarsi.
Kanon alzò gli occhi al soffitto, non per esasperazione quanto per controllare l’effetto finale.
Inutile dire che degli addobbi e dei rinfreschi si erano occupati Dite e Aldebaran. Ovunque gigli candidi, rose bianche, foglie profumate di edera e qualche altro rampicante di cui non conosceva il nome.
Era semplicemente fantastico. L’arco intrecciato sotto cui avrebbero dovuto prendere posto era un capolavoro di pazienza e abilità: rami odorosi tenuti fermi con nastri di seta bianca e fili dorati. Aveva scelto personalmente il tappeto, azzurro e acquamarina, soffice come velluto, cosparso di piccoli garofani simili a cuccioli di fiocchi di neve.
Gli era parso perfetto, sublime appena Pesci gli aveva mostrato la bozza preparata da Cancer, seguendo il progetto che Kanon stesso aveva proposto.
Ora sembrava invece tutto orrendamente pacchiano e scontato, una brutta copia di ciò che aveva in mente. E stonava in modo tremendo con la semplicità armoniosa del suo compagno.
E se non gli piacesse, questo?
<< Kanon >>. Uno sguardo sardonico. Un mezzo sorriso storto, tra comprensivo e sarcastico. E un bicchiere nella sinistra malgrado fossero solo le dieci del mattino. Nonostante dicesse di non bere, Capricorn stava dimostrando una resistenza incredibile, con gli alcolici.
Quasi gli avesse letto nella testa, glielo porse. << Tieni, l’ho preso per te >>.
<< No, grazie >>, declinò Gemini, alzando le mani neanche gli avesse proposto chissà quale nefandezza.
<< Scusa. Ho solo pensato ti servisse … visto che sei in preda ad un attacco di ansia da palcoscenico >>.
<< Anche tu con questa storia? Ho solo mal di piedi >>, lo rimbrottò Gemini malamente. << Un poveraccio non può avere mal di piedi? >>.
<< Effettivamente quelle scarpe non hanno l’aria di essere molto comode … >>. Guardarono entrambi i suoi piedi, stretti in un paio di mocassini bianchi. Quando le aveva scelte senza esitare gli sembrava fossero state create su misura per lui e quell’occasione. Adesso gli pareva di avere ancorati alle caviglie due yacht da ruffiani arricchiti. << Dove diamine sei andato a pescarle? >>.
<< Internet >>, spiegò, con una piega amara del labbro. << Merito di Leo >>.
Shura fece un’espressione sorniona. << Mhmm. Ancora non sa usarlo bene, temo. O erano proprio queste che avevi scelto? >>.
Kanon sbuffò spazientito. << Capricorn, non farmi pentire di non averti ammazzato, nessuna delle volte in cui ne ho avuto l’occasione … >>.
La bocca di Shura s’indurì, ma lo scintillio negli occhi neri rivelava ch’era uno scherzo. Come se non l’avesse già preso in giro abbastanza, fin lì. << Ehi, guarda che io lo facevo per te. So come ci si sente a starsene come un idiota a sorbirsi i lazzi degli altri, sai? Ci sono passato anch’io >>.
<< Se era un tentativo d’incoraggiamento, era piuttosto scarso, devo dire >>. Guardò ancora una volta le sue scarpe, risalendo poi per l’intera sua mise: dei morbidi calzoni di seta, sotto un kurta ricamato ad ago, entrambi bianchi con dei dettagli dorati, fatica tutta particolare della stilista ufficiale del Santuario – chiamarla “sarta” sarebbe stato riduttivo, viste le meraviglie che sapeva creare- e alla prova definitiva lo avevano fatto sentire uscito dalle Mille e una Notte e che adesso lo faceva sembrare in pendant con l’allestimento neanche fosse un addobbo anche lui.
Il peggiore, per giunta. Un coglione di un metro e novanta scarso con un pigiama e delle scarpe orrende. Almeno ci avesse abbinato delle babbucce, avrebbe fatto una figura migliore.   
Si sentiva un cretino. Un cretino vestito tutto di bianco … come un verginello.
Che accidenti aveva creduto di fare? Forse sarebbe stato meglio sposarsi in jeans e maglietta. Okay, forse in maglietta no, magari in camicia, o se proprio voleva onorare la tradizione poteva indossare un chitone.
Ma era tardi per rimediare, poteva solo maledirsi.
<< Ehi, Kanon >>. Un’altra pacca sulla schiena. Stavolta alzò gli occhi per esasperazione.
<< Aiolos, possibile che devi stare sempre in mezzo come il giovedì? >>.
<< Giove è il mio pianeta guida >>, replicò Sagitter senza battere ciglio.
<< E per questo ti senti autorizzato a stare sempre tra le palle? >>.
Aiolos non rispose direttamente a lui; si voltò verso Shura con aria d’intesa e sfoderò un sorriso eloquente che fece saltare a Kanon il ticchio di lasciarlo senza denti. << Strizza da altare? >>.
<< Oh, un caso da manuale >>.
<< Che stronzi. Non è vero >>.
<< No? Meno male che sai nuotare, Gemini, altrimenti saresti finito annegato nel tuo stesso sudore … guardati le mani >>.
<< Sta’ zitto, ronzino >>, lo rimbeccò. La voce però gli tremò, e si passò i palmi con noncuranza sulle braccia. Cavolo, stava sudando sul serio … tra poco avrebbe finito per sembrare uno di quei muratori che lavoravano nei cantieri per le strade di Atene, con le chiazze scure sulla maglietta attaccata al torso.
Peggio di tutto, tra qualche momento avrebbe dovuto stringere le delicate mani di Shaka in quelle …
Forse era ancora in tempo a rimediare un paio di guanti. Di gomma. Di quelli gialli. Tanto peggio di così si moriva. Era già parato da imbecille, che differenza avrebbe fatto un particolare indegno o meno?
<< Fratellino? >>. Si girò trovando Saga con in volto un’espressione incuriosita. << Tutto bene? Ti serve qualcosa? >>.
<< No, perché? >>, domandò a sua volta, sfoggiando la sua migliore espressione da agnellino pasquale.
Ma a Saga non avrebbe potuto farla nemmeno se fosse stato un bugiardo molto più abile di così. Gli si avvicinò posandogli una mano sulla testa, senza però scompigliare la coda che gli tratteneva i capelli sulla nuca. << Sta’ calmo. Andrà tutto bene >>. Gli sorrise e andò a raggiungere il suo compagno, che stava animatamente ragguagliando Capricorn – si capiva che la conversazione fosse a senso unico perché Shura stava zitto, limitandosi ad annuire di tanto in tanto con aria poco convinta, tenendosi il mento tra le dita della mano sana- su qualche suo nuovo delirio mistico. Oppure gli stavano semplicemente ridendo dietro, chissà.
Oh, ma chi se ne fregava.
Piuttosto, stavano tardando parecchio, giù alla Sesta. Non vedeva Shaka dal giorno prima; in onore alla tradizione, avevano dormito separati. In genere era la notte che la sposa trascorreva con le amiche e lo sposo coi compagni più fidati: in questo caso avevano optato per la soluzione che già parecchi avevano adottato, metà con l’uno e metà con l’altro, a sorteggio, perché nessuno aveva più da esprimere preferenze. Ormai erano tutti fratelli, in amore, per amore. E come veri fratelli, sapevano essere anche un po’ stronzi, quando ci si mettevano.
Lui si era barricato nella Nona con Aiolos, Saga, Shura, Cancer, Dohko – che adesso era con Shin, bastardo fortunato, lui- e Milo, mentre il resto della banda era nella Sesta con Shaka. A dispetto di ciò che si poteva immaginare avevano passato la notte a giocare a carte, poi erano passati al tavli, il backgammon greco; poi Angelo aveva rispolverato il famigerato Monopoli, visto che il numero di giocatori era giusto giusto il massimo consentito, cioè sette, e mentre Capricorn li smutandava tutti allegramente, perché a quel figlio di buona donna di uno spagnolo erano capitati “ Parco della Vittoria” e “Viale dei Giardini” a inizio partita, avevano trincato un bel po’ e alla fine si erano ritrovati a ronfare sul pavimento.
Ed era stato probabilmente il più bell’addio al celibato che potesse desiderare … anche perché non vedeva appunto l’ora di scrollarselo di dosso, questo benedetto celibato. In forma ufficiale.  
Sperava tanto valesse anche per il suo padmì.
Però … certo che … erano in parecchi, laggiù, e nessuno da buttar via. Leo, Camus, Mu, Aphrodite … non dubitava di loro, e non solo perché erano ormai tutti felicemente accasati e sistemati; ancora meno di Shaka, tuttavia … quel diavoletto dispettoso si era appollaiato sulla sua spalla, e vi mormorava dentro senza sosta.
E se … fosse scoccata qualche scintilla last minute? E avesse fatto come nel film con la Julia come-diavolo-si-chiama che se la svignava a cavallo, ma visto che il ronzino era lì con lui magari avrebbe preferito un animale differente?
Era così impegnato a dar retta a quella vocina che non si accorse immediatamente dell’arrivo di Shaka. Solo quando Capricorn fece un cenno col mento in direzione della soglia, si decise a voltarsi, ed ebbe un tuffo al cuore.
Bellissimo, più del sole, della luna, del cielo sereno e delle innumerevoli stelle nelle galassie, più dei coralli custoditi nel cuore degli abissi.
E se fosse venuto a dirmi che non vuole più sposarmi?
Lo stomaco di Kanon si serrò in un grumo più pesante di una pulsar. E poi anche il petto, la gola, il cervello, mentre percorreva il suo uomo con lo sguardo.
E la litania di “e se? …” cambiò bruscamente.
Ma chi diavolo è stato????!!!!
Le lunghissime gambe snelle di Shaka erano nude fino a metà coscia. Il chitone che indossava era talmente corto, che se appena appena si fosse piegato Kanon era certo di riuscire a intravedere il segno che gli aveva lasciato un paio di notti prima nell’interno della sinistra, un succhiotto poco sotto l’attaccatura.
Chi devo ammazzare, per questo? Lo sguardo intercettò Pesci, intento a sistemare qualcosa sulla schiena di Virgo e dire qualcos’altro a Lythos, in piedi accanto ai due; prese mentalmente l’appunto di cantargliene quattro, per quell’accorciamento al limite della decenza. Perché era certo fosse opera sua.
Poi Shaka mosse un passo, e tutto fu accantonato in favore del quesito successivo.
Ma quanto diamine è lunga, questa passatoia?  Lo voleva vicino, subito, ma quella maledetta sembrava non finisse mai.
Ma alla fine fu al suo fianco, i suoi capelli dorati splendevano come oro puro, sapientemente intrecciati e fermati con un nastro acquamarina, al dito l’anello di fidanzamento che lui stesso gli aveva regalato.
Ovviamente niente bouquet, non era mica una fanciulla; ma un laccio dorato avvolto all’avambraccio passava intorno all’anulare, da cui spuntava, quasi per magia, un fragile bocciolo di loto dai petali color neve. E come effetto speciale aprì gli occhi davanti a Kanon, solo per lui. Le gemme delle iridi brillarono tra le lunghissime ciglia nere e folte, se non gliele avesse conosciute così da sempre avrebbe sospettato ci fosse lo zampino del beauty-case di Aphrodite anche per quelle.
<< Ehi, ciao >>, sussurrò, e risentire la sua voce, il suo profumo di loto fu per Kanon un balsamo che gli ammorbidì l’anima sciogliendo il nodo che gl’impediva di respirare.
<< Cia … ciao >>.
Shaka batté le palpebre. << Stai bene? Sembri nervoso >>.
<< Lo ero >>. Non poteva mentire al suo amato.
<< Paura che scappassi? >>.
<< Come hai fatto a indovinare? >>.
<< Bah, ti conosco. So quanto sei idiota >>, sentenziò in tono lapidario. Poi sorrise, porgendogli la mano, che Kanon esitò a raccogliere nella propria.
Fu Shaka a prenderla, stringendola con delicatezza tra le dita. << Ho i palmi sudati >>, si giustificò Gemini, la voce roca come fosse da un mese nel deserto.
L’altro alzò le spalle con noncuranza. << Anche quando siamo a letto sudi, ma non mi pare ti sia mai servito da deterrente >>.
<< Shaka! >>. Il Custode della Vergine esibì un sorrisetto tronfio, che subito si addolcì mentre i suoi occhi inimitabili vagavano intorno per poi tornare a posarsi sul suo promesso.  
<< E’ bellissimo. Sei bellissimo. E ti amo, e non scapperò, né oggi né mai. Ho tribolato troppo, per ricondurti a me. E non vedo l’ora che sia finita per portarti a casa e farti sudare per tutt’altra ragione >>.
Kanon sorrise anche lui, tutto il nervosismo ormai dissipato, decantato per lasciar posto all’emozione, pura e semplice.
Il Sommo, con accanto Aiolos e Saga in qualità di testimoni, si posizionò davanti a loro due. I Gold alle loro spalle tacevano, ma anche se fosse scoppiata la rivoluzione Kanon non se ne sarebbe accorto.
Era troppo impegnato ad ammirare il suo uomo, pieno fino a scoppiare di gratitudine.
<< Ti amo >>, sillabò a labbra mute. Shaka gli rivolse un ultimo, tenerissimo sguardo.
Poi si voltarono entrambi.
 
Il più era fatto. Terminata la cerimonia, nella Sala dei Banchetti del Tredicesimo Tempio era iniziata la festa. I ragazzi avevano fatto un lavoro egregio, ed era anche giusto che ora se lo godessero. Anche i servitori del Santuario, parati a festa, più che andare e venire per lavoro pareva danzassero da un angolo all’altro dell’enorme stanza piena di luci, di fiori e invasa dagli aromi celestiali delle portate magnificamente approntate.
Lui invece era di nuovo sulle spine. Ormai erano uniti, non solo in carne e anima ma anche davanti alla Dea; tuttavia si sentiva daccapo nervoso da matti, tanto che gli sudavano le mani.
Con la scusa di andare un attimo in bagno, restò ad indugiare nel corridoio. Dei, quando l’aveva percorso assieme a Shaka … mai si sarebbe immaginato che avrebbe condotto a tutto questo.
C’era davvero di che credere nel divino. Nel … misericordioso, ad oltranza.
Poi entrò, e dopo essersi lavate le mani uscì, sobbalzando nel trovare Aiolia e Scorpio appoggiati al muro di fronte, a braccia conserte.
Kanon li guardò male. Aveva già capito perché erano lì, anche se sperava di sbagliarsi. << Ma voi due non avete di meglio da fare che starmi alle calcagna anche al gabinetto? >>, borbottò.
Leo stirò un sorrisetto furbo. << Sì. Perché sai, c’è un uccellino, di là, che mi ha riferito che c’era una cosa che desideravi molto fare … ma temeva che non ti decidessi. E siccome io sono mooolto buono … >>.
<< Da quando, scusa? >>.
Leo spostò l’aria con la mano, continuando come non avesse sentito. << Mooolto buono, dicevo, e inoltre ho diversi debiti accumulati con te, ho deciso di aiutarti … sarò la tua fatina Turchina, per questa volta >>.
<< Uhm. Non vedo il cappello a punta e la bacchetta magica, però >>.
<< Il cappello l’ho lasciato a casa. Per quanto riguarda la bacchetta … è meglio se mi credi sulla fiducia. A meno che non voglia sfidare di nuovo il filo di Excalibur >>.
Kanon lo fissò esterrefatto. Quindi lanciò un’occhiata a Milo, il complice.
Che alzò le mani. << Non mi guardare, a me mi ha trascinato lui. Casomai servisse aiuto fisico >>.
<< Innanzi tutto, si dice “a me” oppure “mi” . Ma Camus non ti ha insegnato niente, fin qui? >>.
<< Ma sentilo, parla proprio come il suo uomo, ormai >>, ridacchiò Scorpio che avvampò leggermente, abbassando lo sguardo. << E poi quello che mi insegna Camus … è meglio se rimane tra me e lui >>.
<< Su questo non ci piove >>, dichiarò Gemini, portandosi una mano sugli occhi. << Non oso immaginare cosa sia successo di sotto ieri sera >>.
<< Nulla. Però potresti avere una sorpresa, quando Shaka toglierà le scarpe … >>, ridacchiò Aiolia. << Spero ti piaccia il rosso cremisi. Milo ci ha prestato il suo smalto per tingere le unghie dei piedi al tuo promesso >>.
<< Deficiente >>, tuonò Scorpio.
Leo scoppiò a ridere, e Kanon scosse la testa. << Ma chi te lo fa fare, di essere amico di uno così? >>.
<< Essere orfano ti porta su brutte strade. Ti attacchi un po’ dove capita >>.
Aiolia lanciò un’occhiataccia all’amico, e si schiarì la voce. << Allora, Gemini, cammini da solo o dobbiamo trascinarti noi? No, perché non ho intenzione di fare l’alba aspettando che tu ti decida a muoverti … una notte posso anche farcela, due però sono troppe >>.
<< Così impari. Dovresti consigliare al tuo uomo di tenere la bocca chiusa, di tanto in tanto >>.
<< Ah no. Ci sono voluti vent’anni perché si decidesse a parlare, col cavolo che gli suggerisco qualcosa del genere >>.
<< E dai, mica è un giro nell’Ade … cosa sarà mai, un … >>, cominciò Milo, venendo brutalmente ammutolito da una manata di Gemini piantata sulla bocca.
<< Zitto. Non lo dire >>.
<< E allora lo dico io. Un ballo. Che c’è di male? Se ce l’ha fatta Aldebaran, che ha la grazia di un panzer, puoi farcela anche tu, anche se è la prima volta >>, disse Leo, con un’aria comprensiva da dare sui nervi anche un santo, di quelli veri. << Che c’è, paura di pestargli i piedini? >>.
<< No. E lo so che posso farcela, grazie tante >>. Dopo quello sbotto acido, Kanon si fece timido, scrocchiando le dita delle mani. << E’ solo che … be’, sapete com’è Shaka >>.
<< No che non lo sappiamo. Stiamo ancora aspettando di svegliarci, e scoprire ch’è sempre il solito rompiballe frigido e ipercritico … senza offesa, eh! >>.
<< Ah, figurati >>. Kanon levò gli occhi al soffitto. Ormai erano sulla soglia della Sala. Shaka, seduto accanto a Mu e Aphrodite, parlava amabilmente. << Dai, muevéte. Male che vada, ti difendiamo noi >>.
<< Eh, ora sì che mi sento al sicuro >>.
Per ripicca, Leo lo spinse fuori, e un’anima solerte – il suo compagno, senza dubbio, quel caprone della malora che aveva tolto la transenna alla lingua per spettegolare su una confidenza alquanto intima raccolta in un attimo di tregua tra un bicchiere di ouzo e l’altro- azionò un aggeggio che mai avrebbe dovuto fare la sua comparsa al Santuario, facendo partire una delle canzoni che non aveva trovato il coraggio di segnare tra le sue preferite, perché parlava di una speranza troppo grande.
Ma questo accadeva prima di riavere Shaka, chiaramente.
Il pensiero che potesse bacchettarlo a dovere perché si era fatto venire un’idea talmente sdolcinata e infantile però non gli dava pace. E pensare che sarebbe bastato non farsi sfuggire nulla, quando Shura l’aveva ringraziato per il regalo di nozze. Mordersi la lingua quando gli aveva raccontato della sorpresa ch’era stato, ritrovare una sua vecchia conoscenza tra le canzoni inserite, senza entrare nei dettagli però.
Così gli era venuto spontaneo confidargli che anche lui aveva un legame speciale con uno di quei brani, e che gli sarebbe tanto, tanto piaciuto chiedere a Virgo di danzarlo insieme, per il loro matrimonio. Ma contava sul fatto che Shura si sarebbe fatto gli affaracci suoi.
E invece no.
Vatti a fidare di un Capricorno. Com’è che ancora non aveva imparato la lezione?
Si voltò, ma i due spalla a spalla ostruivano il passaggio.
<< Vedi che se non glielo chiedi tu, glielo diciamo noi. E inoltre ti prenderemo per il culo a vita. Quindi, cosa hai deciso, Kanonino bello? >>.
Gemini espirò con forza, reprimendo a stento la voglia di mandarli nel Triangolo delle Bermuda.
Bastardi.  
Okay, ormai era in ballo, tanto valeva ballare, per rimanere in tema. 
Così prese fiato, e tagliata la Sala da un angolo all’altro arrivò davanti al suo sposo, che smise di conversare con Aries per guardarlo. << Tutto bene, Kanon? >>, chiese, vedendolo teso come una corda di violino.
<< Ehm, posso … invitarti … a ballare? >>, sputò fuori tutto di filato.
Il tono inquisitore di Shaka gli fece salire il dubbio di aver messo un piede in fallo, con quella proposta. << Vorresti … ballare con me? >>.
<< Ecco, io … sì >>.
Shaka fece una faccia aggrottata, come se stesse considerando l’idea di spedirlo in un Samsara a sua scelta, come luna di miele alternativa.
Ma il sorriso che lo illuminò subito dopo chiarì ch’era solo lecita sorpresa la sua. << Credevo non me l’avresti mai chiesto >>, disse infatti, accettando la mano che l’amato gli porgeva.
<< E io credevo che non avresti mai accettato >>. Lo tirò su e Shaka gli allacciò le braccia al collo, morbido e sensuale come solo a lui si mostrava. << Non sapevo se ti avrebbe fatto piacere essere considerato … un principiante assoluto. Ho temuto mi spedissi da qualche parte >>.
Shaka aprì piano le dita contro le sue, facendole schiudere come il bocciolo legato al suo dito, sotto l’anello nuziale. << Ho imparato a riconoscere i miei limiti. E solo ora so come superarli. Grazie a te >>.
Kanon posò un polpastrello sotto la mascella di Virgo, alzandogli il volto per lambirgli delicatamente la bocca. Fu un bacio tenerissimo, a cui Shaka si arrese con altrettanta dolcezza.
<< Sai, è … la prima volta … che ballo con qualcuno. Cioè, è la prima volta che ballo in generale >>, gli confessò.
<< Quindi, siamo due principianti >>.
<< Già >>.
<< Ma non mi pare ce la stiamo cavando male. O no? >>.
<< Mhhmm mhmm >>.
<< Mi piace, sai? >>.
<< Cosa? >>.
<< Esserlo insieme a te. Mi piace l’idea … di dover imparare fianco a fianco, l’uno dall’altro >>. Shaka gli strusciò la mascella nell’incavo della spalla, facendolo rabbrividire. << Anche questa canzone, mi piace. L’hai scelta tu? >>.
<< Lei ha scelto me. Ma … mi ci è voluto un po’, perché … me ne rendessi conto >>.
<< Perché? >>.
<< Perché non avevo accanto te >>. Gemini gli fece fare una lenta giravolta, prima di riattirarlo a sé. Gli parve di sentire dei fischi d’incoraggiamento, gli applausi e i frizzi dei suoi compagni, ma era tutto così distante, sfocato mentre fissava gli occhi di Shaka puntati nei suoi.
Tenne duro per i cinque minuti e mezzo del brano. Poi strinse i denti, perché quell’onore era passato da tutt’altra parte del suo corpo, e quei calzoni erano troppo sottili per far finta di nulla.
<< Andiamo a casa? >>, domandò, sentendo che quell’idillio non poteva durare oltre, non con il suo sposo che gli si premeva addosso indossando soltanto quella tunica impalpabile dall’orlo assassino.
Shaka gli si schiacciò contro con più intenzione. << Hai bisogno di chiederlo? >>, gli sussurrò in tono eloquente.
Approfittando della distrazione degli altri si trassero in disparte, e toccò a Kanon utilizzare i suoi poteri per trasferirli entrambi alla quiete delle loro stanze, illuminate solo dalla luce della luna piena, splendente.
Un laccio alla volta, un nodo dietro l’altro, le energiche dita di Kanon slegarono con infinita premura i capelli di Shaka, sfilando le ciocche dai ferretti che le tenevano assicurate nella treccia, passandone per gioco i pungenti capi sulle braccia nude, nelle curve della gola, delle spalle, sulla pelle sensibile della schiena dell’amato.
Quando furono un manto di onde dorate lunghe fino alle magnifiche rotondità delle natiche, tirò giù con lentezza la parte superiore del chitone, scoprendogli solo il petto su cui poggiò la punta dei polpastrelli, con la cautela dovuta ad una cosa fragile e preziosissima, inestimabile.
<< Devo ricordarti che non sono vergine? >>, lo punzecchiò Shaka.
<< Te lo farei dire solo per il gusto di sentirti enunciare un simile paradosso, giuro >>. Si abbassò a lambirgli un capezzolo con le labbra, fremendo nel sentirlo mugolare di aspettativa.
Con altrettanta pazienza Shaka spogliò lui, passandogli dalla testa il kurta, mettendo a nudo il torso scolpito, abbronzato, i muscoli in rilievo. Liberò le lunghe onde marine dalla prigionia della coda e si drizzò sulla punta dei piedi, per baciarlo.
<< Mi piace quando lo fai >>, notò Kanon con un sorrisetto molto compiaciuto.
<< Stupido >>.
Gemini ridacchiò, lasciando che gli sbottonasse i calzoni, senza però levarglieli. Shaka si sedette sul bordo del letto, attirandolo a sé; e lo guardò da laggiù. Lo faceva impazzire sempre, quando gli rivolgeva quello sguardo ch’era un invito, un’offerta, una resa, una promessa.
Kanon si chinò su di lui a cercargli ancora la bocca. Si piegò e lo prese per le caviglie, spingendolo in alto sul giaciglio.
Allora Shaka fece qualcosa di meraviglioso, che lo colpì nel profondo non tanto per il gesto in sé quanto per il significato che aveva in quel momento. Divaricò le cosce, inclinando il volto per continuare a guardarlo.
Gli si stava affidando. Facevano l’amore da mesi, e giocoforza gliele aveva aperte infinite volte.
Ma questa era speciale. Aveva il sapore di un rito, in cui adesso toccava a lui soggiacere.
Le loro chiome, le mani, le gambe, la pelle, le bocche: tutto di loro due si fuse, mescolandosi a quelli dell’altro, quasi passandogli brani di DNA. Non c’era soddisfazione più grande per Kanon, che vedere Shaka affondare nel guanciale, reclinando la testa bionda e inarcando la schiena, artigliandogli le spalle mentre arricciava le dita dei piedi e inchiodava i talloni nel materasso. In quegli attimi indescrivibili lasciava che la mente si aprisse a quella del compagno, perché la inondasse con la sua luce.
Lo fece anche adesso. Sulla soglia dell’orgasmo passò un braccio sotto le reni di Shaka, crollando con la faccia nell’incavo della sua gola.
<< Ti amo, ti amo, ti amo … >>. Shaka sfinito, ansimante gli serrò forte una mano, mentre l’altra era asserragliata alla testata del letto: sembrava avesse attraversato una lunga, dolorosa agonia, o nuovamente la via dell’Ade. Ma Kanon sapeva che non era così: anzi, tutto il contrario.
Fu in quel momento che l’idea prese vita e forza. Una vera e propria illuminazione, che lo attraversò con la potenza di un fulmine. Non era poi così strano ma era la prima volta che ne avvertiva la necessità impellente, quasi che la sua sopravvivenza dipendesse da questo, oltre che dall’uomo a cui era saldamente avvinghiato dagli ultimi, intensi spasmi dell’apice del piacere.
Lo voleva. Non sapeva come avrebbero fatto, se il suo uomo sarebbe stato d’accordo, se sarebbe accaduto a breve termine: ma lo voleva, lo desiderava con tutte le sue forze.
E sperava tanto … che anche per Shaka sarebbe stato lo stesso.
Leggermente placato, l’amante gli sfiorò la tempia con un bacio. << Anch’io >>, mormorò, e Kanon trasalì senza volerlo.
Non sapeva come fosse possibile, se c’entrasse il fatto ch’era onnisciente o semplicemente fosse la sua anima gemella, ma Shaka … era la risposta. A tutte le sue domande.
 
<< Buongiorno >>.
Un sorriso raggiante. La sua inimitabile tunica arancio vivo addosso. E una tazza stretta nella mano sinistra, su cui ora brillava la vera dorata, sotto l’anello con l’acquamarina.
Kanon provò un curioso senso di dislocazione spazio-temporale. Era … cominciata così, tra loro due.
Ma era finita molto, molto meglio.
Si tirò su a sedere sorridendogli, accettando con gratitudine il carico bollente che gli porgeva. Non era tè di rose ma caffè alla greca, fumante e fragrante, coperto della immancabile kaimaki e di sicuro abbondantemente zuccherato, proprio come piaceva a lui. Ormai Shaka era diventato maestro nel prepararlo meglio di un vero greco purosangue.
<< ‘Giorno, padmì … che ore sono? >>.
<< Le nove >>.
<< Da quanto sei sveglio? >>.
<< Uhm, vediamo … da abbastanza per fare i miei soliti esercizi di meditazione, lavarmi, vestirmi, rimettere un po’ a posto, preparare il caffè come piace a te … e spiarti un po’ nella testa mentre dormivi >>, elencò Shaka sorridendo. << Scherzo. Cioè, sulla cosa dello spiarti in testa. Il resto è vero >>.
<< Mhmm >>. Fece un sorso, ma solo per nascondere il sorrisetto che sentiva salirgli alle labbra. Ricordava abbastanza distintamente il sogno che aveva fatto poco prima di svegliarsi … era molto, molto vivido, oltre che erotico.
E la cosa bella era che non fosse nulla che non potesse accadere nella realtà. Sognava solo perché il suo cervello era obbligato ad entrare in quella fase ad intermittenza, altrimenti non gli sarebbe neppure più occorso. Ormai sognava ad occhi aperti, pensò guardando il suo uomo in piedi accanto al talamo nuziale che avevano consacrato a dovere, durante la notte, e godendosi un altro sorso di quell’ottimo caffè. 
<< Tutto bene? >>.
<< Sì >>, rispose Kanon, osservando la soffice schiuma nocciola sopra il mare scuro del caffè. << Sai, pensavo … >>.
<< Lo so. Era così che doveva andare. E non avrei saputo desiderare di meglio >>. Shaka si tese catturandogli la bocca come solo lui sapeva fare, con un bacio delizioso. << Vai ad allenarti, stamattina? Non dirmi di sì, per favore >>.
Gli venne da sorridere a quel tono supplichevole. << Veramente avevo intenzione di proporti qualche giorno di vacanza >>, mormorò, trattenendo con la mano libera le dita di suo marito. << Ti andrebbe di tornarci? >>.
<< Vuoi tornare in Turchia? >>.
<< Già. Senti … a proposito di Turchia, c’è una cosa che vorrei raccontarti. E non pensare male, non è nulla di brutto, o di sconcio. Solo è strano. Ma ci terrei che tu lo sapessi >>. Giacché era entrato nell’argomento “sogni”, tanto valeva confidare a Shaka quello che lo aveva turbato mentre era al seguito di Leo e Capricorn. Forse lui avrebbe saputo aiutarlo a capire, o quanto meno ci si sarebbero fatta una bella risata sopra.
<< Aspetta. Anch’io ho una cosa per te >>. Si alzò e andò all’armadio, tirando fuori un borsone. << Volevo dartelo ieri sera, ma … sai com’è. Ero un attimino preso >>, disse, con quella malizia più o meno innocente che ormai non era più un segreto.
Kanon si appoggiò con la schiena alla testa del letto, tenendo la testa dritta quanto bastava a bere senza rischiare di versarsi addosso il liquido bollente. << Cos’è? Qualche giocattolino erotico con cui volevi stupirmi? O un completino fetish da dominatore con tanto di corredo appropriato? >>.
<< Depravato. Ti piacerebbe, non è vero? >>.
<< Be’, dipende … l’importante è che non varchi la soglia di questa stanza. Già ieri Pesci ha rischiato di finire buttato a mare >>. 
<< Guarda che la tunica l’ha cucita Lythos >>, dichiarò Shaka, continuando a frugare nel borsone poggiato sul pavimento, fuori dalla portata dello sguardo di Kanon.
<< Sì, lo so, ma Lythos è una brava ragazza, e sono pronto a giocarmi la casa sul fatto ch’è stato lui a suggerirle di farle quel ritocchino da denuncia per oltraggio al pudore >>.
<< Senti chi parla di pudore! >>, sbottò Virgo, smettendo la sua caccia al tesoro per rivolgergli un’occhiata scandalizzata.  Poi scosse la testa. << Depravato e maligno. Pensi sempre male di quel poveretto. E poi, scusa, non dicevi ch’ero io la tua casa? >>.
<< Appunto >>.
<< Cretino >>.
<< Oh, siamo in vene di smancerie da novello sposo, stamattina >>, ghignò Gemini, vuotando la tazza.
Shaka fece una smorfia. << Fottiti >>, lo rimbeccò allegramente.
<< Eeeeeed … ecco che torniamo alle origini >>.
<< Non è colpa mia se tiri fuori il lato peggiore di me >>.
<< E certo, diamo sempre la croce al povero Kanon … tanto lo so, che io sono solo il tuo alibi >>.
<< E’ chiaro. Sennò per quale altro motivo ti avrei sposato? >>.
<< Già. Quale altro? >>, domandò in tono retorico, posando la tazza sul comodino con estrema lentezza. << Chissà >>.
Sentì Shaka ridacchiare, e stirò un angolo della bocca. Erano sempre stuzzicanti, quelle schermaglie verbali. E gli erano care: facevano parte anch’esse della loro storia, del loro rapporto.
Dei, erano passati solo pochi mesi, eppure gli sembrava una vita. Anzi, non gli pareva neppure possibile che ci fosse stata una vita, prima di quell’adorabile musetto che celava una lingua tagliente.
Un avita degna di essere vissuta, quanto meno.
Shaka tornò accanto a lui. << Ecco il tuo completino … com’è che l’hai chiamato? Lascia stare, non lo voglio sapere >>. Aprì la mano, lasciando ciondolare ciò che conteneva a mezz’aria.
Nel vederlo, Kanon non trasalì, no; saltò direttamente su dal letto, di almeno un palmo, arretrando contemporaneamente dall’oggetto incriminato. Meno male che aveva finito il caffè. << Ehi, non è poi così male … cioè, immaginavo non fosse proprio il genere di cosa che metteresti tu, però … >>.
<< No, non è questo … come l’hai avuto? >>.
<< Per vie legalissime, se proprio lo vuoi sapere. Me l’ha consegnato direttamente la persona a cui era stato restituito … quando i miei sono mancati. Appartiene alla mia famiglia da generazioni, così ha detto. Non ha un gran valore materiale, solo affettivo. Però ci tenevo lo stesso lo avessi tu … anche se vista la tua reazione, forse è meglio che lo metta via >>.
<< No, Shaka, no. Aspetta, tesoro >>. Lo prese per il polso, facendolo sedere accanto a lui. << Era … appunto di questo che volevo parlarti >>. Gli raccontò per filo e per segno quella strana visione onirica, fino al dettaglio che ora giaceva sul palmo del cavaliere di Virgo.
<< Era questo. Sono pronto a giocarmi tutto quello che vuoi, anche la testa. Una piccola stella marina d’argento >>.
Shaka, ch’era rimasto ad ascoltarlo fin lì con estrema attenzione, senza mai interromperlo, si fece pensieroso. << Forse, potremmo … >>.
Aveva già inteso cosa stava per proporgli. E Kanon lo fermò. << Ascolta. Io … è vero, quel sogno mi ha colpito, mi è rimasto impresso e credimi, non è stato semplice mandarlo giù. Però … io non sono sicuro di voler svelare il mistero dietro di esso, se di mistero di tratta. E non perché dubiti di te, amore mio, questo mai, è solo che è qualcosa di così … magico, che non me la sento di rompere quest’incantesimo che mi lega a te. Ti dispiace? >>.
<< Secondo me è perché non vuoi sapere se sei davvero stato una donna >>, osservò caustico Virgo. << Ma sì. Sono d’accordo con te. E … per entrambe le cose >>.
<< Bene >>.
<< A patto che non ti fai picchiare di nuovo. A parte che da me, ovviamente >>.
<< Come desideri, sua Santità >>.
Shaka sorrise e si allungò a baciarlo, posando la mano inanellata sulla sua guancia. E Kanon realizzò finalmente che aveva avuto torto marcio a temere tanto le parole di quella canzone.
Sembrava scritta apposta per lui. Per loro. Per il calore di quel loro primo amore che si erano tenuti da parte perché fosse assoluto, e all’inferno se potevano sembrare due ragazzini un po’ toccati e non due uomini fatti e finiti, se quello che lui si augurava, e desiderava, e … sognava per loro due a volte non sarebbe stato proprio semplice da ottenere. Se non sempre sarebbero d’amore e d’accordo come in quel momento.
“Fino a quando continui a sorridere, non c’è nient’altro di cui ho bisogno. Ti amo senza riserve. Siamo veri principianti … ma se mi ami come t’amo, ce la faremo”.
Sì, padmì. Noi due … ce la faremo.
   
 
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