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Autore: Mikarchangel74    29/05/2018    1 recensioni
“Ditemi ciò che vogliamo sapere e non dovrete temere nessuno di questi ogget..” Spiegai di nuovo, ma fui interrotto ancora da Dean “Tu non hai la più pallida idea di che cosa abbiamo dovuto affrontare in tutti questi anni… Tortura? Accomodati pure se questo ti crea diletto. Alle volte mi pento di farmi un culo così per salvarvi. Quest’umanità non merita tanto!” Sbraitò con rabbia ma Sam lo ammonì e la cosa mi sorprese.
“Dean …” Pronunciò soltanto il suo nome. Ma come, tra poco avrebbe patito le pene dell’inferno e nonostante questa consapevolezza stava cercando di calmare il fratello.
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dean Winchester, Sam Winchester
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Nel futuro
- Questa storia fa parte della serie 'Nuove avventure per Sam, Dean e Jack'
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~~Titolo: “There ain’t no me if there ain’t no You”
Warning: Violenza e probabile SPOILER per chi non avesse ancora visto la 12^ stagione, questo racconto è tratto da un episodio, anche se poi ho aggiunto parti di mia invenzione.
Ship: nessuna
Fandom: Supernatural
Tags: Hurt & Comfort
Partecipo alla Challenge #26promptschallenge 4 e 5/26 ‘Prigionia’ e ‘Acqua’
Parole: 6470

PRIGIONIA

C’era voluto molto tempo, ma alla fine i due Winchester avevano fatto il fatidico passo falso e finalmente erano stati presi dall’esercito americano, o meglio un’unità speciale dell’esercito. Quel genere di reparto che cela le proprie identità e lavora nell’ombra, alle volte svolgendo anche compiti sporchi e non proprio conformi alle leggi americane.
Attentare addirittura alla vita del Presidente degli Stati uniti, certo che quei due erano da ammirare per il loro coraggio, per la loro sfrontatezza .. o per la loro stupidità.
Sam e Dean Winchester erano stati beccati sul fatto, il presidente a terra svenuto, loro con una pistola ed uno strano oggetto a forma di uovo e con impressi strani simboli, in mano.
Non avevano posto resistenza all’arresto, così erano stati incappucciati, ammanettati polsi e caviglie e trasportati con un mezzo blindato in una base segreta, uno di quei posti fantasma sconosciuti persino al presidente in persona; Non risultava esistere su nessuna carta o mappa esistente sul pianeta terra.
Una volta arrivati erano stati spogliati dei loro abiti e vestiti di una tuta da carcerato grigia e chiusi in piccole celle d’isolamento, separati, neanche fossero tra i più pericolosi degli assassini.
Il generale in comando lì, si era prima documentato su di loro, leggendo tutti i fascicoli vecchi dell’FBI e poi aveva cercato di parlare con entrambi e farsi raccontare tutto, ma i due cacciatori si erano entrambi chiusi in un silenzio di tomba.
E cosa raccontare poi? Che il presidente era stato posseduto dal diavolo in persona e che loro erano riusciti a rispedirlo all’inferno di nuovo? Che invece che esser stato un attentato, era stato un salvataggio? Come avrebbe reagito chi ascoltava? Non gli avrebbe creduto come sempre, e poi questa volta, chi ascoltava si era già fatto le proprie idee su di loro e non c’è peggior cosa di chi non vuol ascoltare.
Il Generale, che a molti non sembrava un tipo sveglio e non credeva nella tortura, aveva deciso di adottare il sistema della passività: lasciarli chiusi in isolamento in quella piccola stanza di un metro per due, con una branda per dormire, un buco sporco e puzzolente nel terreno in un angolo per il loro bisogni ed una piccolissima feritoia per la luce esterna, troppo in alto e troppo polverosa per poter guardare all’esterno. Non potevano avere contatti con nessuno, persino il cibo, se così si poteva chiamare ciò che gli veniva dato due volte al giorno, gli veniva passato attraverso uno sportellino nella porta di ferro della loro angusta prigione.
Come se anche quella non fosse una tortura, secondo le prescrizioni in virtù dei diritti umani, quella era una privazione della libertà personale. Ed il generale sapeva che prima o poi quei due sarebbero crollati pur di uscire di lì e parlare o rivedere una faccia amica. L’essere umano non è fatto per stare solo, in isolamento prima o poi si impazzisce ed in quel posto dimenticato da Dio, non c’era nessun interesse o fretta di tirarli fuori, potevano far finta di essere i più duri dei duri, ma tanto non c’era stato un solo prigioniero lì dentro che non era finito in singhiozzi e suppliche o ben felice di parlare alla fine.

Ed il tempo iniziò a passare, una settimana che presto divennero una decina.
Ma a quanto pare qualcuno non la pensava allo stesso modo e qui entro in scena io.
Lavoro per i servizi segreti già da molti anni ormai, ho una laurea in psicologia, una in chimica, e nel mio lavoro sono sempre risultate molto utili. Sono una di quelle figure che obbedisce agli ordini e non si fa troppe domande Ho imparato a farmi il pelo sullo stomaco, ad essere distaccato e professionale, perché ciò che faccio io, non vuole farlo nessuno. Quando dicono che la tortura è obsoleta e che esiste il famoso trattato di Ginevra, ecco, è tutta una menzogna.
La maggior parte dei prigionieri scomodi o pericolosi, come l’Isis o Al Qaeda vengono catturati e torturati per avere tutte le informazioni necessarie ed il più delle volte molte notizie vengono proprio nascoste all’attenzione del genere umano perché il prigioniero non sopravvive a tale trattamento.

***

SAM

Era stato sempre disposto a tutto pur di cercare di ributtare Lucifero nella gabbia, si era sempre sentito responsabile di tutto questo, in fin dei conti il primo a scatenare quel putiferio e far uscire il demonio dal suo buco era stato proprio lui. E quindi quando gli uomini di lettere inglesi, gli avevano dato quel nuovo manufatto a forma di uovo e gli avevano detto che il successo era garantito per espellere Lucifero dal corpo del presidente senza ucciderlo, lui aveva accettato subito, l’inconveniente di essere arrestati era stato messo in conto come una possibile conseguenza, era capitato altre volte che venissero arrestati, ma se l’erano sempre cavata, solo che non si sarebbe mai aspettato una situazione del genere.
Lo avevano maneggiato come se fosse un oggetto, non una persona, finché poi era stato rinchiuso lì.
Non gli piaceva stare rinchiuso anche perché gli riportava alla mente il passato, quel maledetto periodo della sua vita quando nel suo sangue scorreva il sangue demoniaco, quando aveva iniziato a berne litri ed aveva dato inizio a tutto, … all’apocalisse.
Sapeva che in una cella lì da qualche parte c’era suo fratello, e questo era una piccola fiammella di speranza e di conforto in quella squallida e orribile prigione. E sperava che Dean pensasse a lui allo stesso modo e si consolasse.
Ma poi, il tempo aveva iniziato a passare, lento, sempre più lento, all’inizio aveva cercato di tenere il conto dei giorni, ma piano piano il pensare o il contarli, gli creava solo uno stato di angoscia fin quasi a spaventarlo, quando si era reso conto che i giorni erano diventate settimane e le settimane mesi.
Ed erano iniziati piccoli attacchi di panico. Non voleva morire lì da solo. Alle volte pensava di non farcela proprio e alle volte sognava Dean che gridava, ma svegliandosi si rendeva conto che le urla venivano da lui.
Il Generale era tornato a trovarlo allora, pensando fosse pronto a parlare, ma come Sam vedeva entrare quell’uomo, si sedeva sulla sua branda, guardando a terra e rimanendo muto come un pesce. Non sarebbe stato lui a tradire se stesso e soprattutto suo fratello, perché sapeva, era certo che Dean non lo avrebbe mai tradito.
Ma Sam iniziava a sentirsi perso, ormai non sapeva nemmeno più se suo fratello era ancora lì e se stava bene.

DEAN

Come al solito sempre impulsivo, ma era stato d’accordo con Sam nel tentare anche questa carta per intrappolare e mandare di nuovo quel maledetto figlio di puttana dagli occhi rossi giù all’inferno. Il tempo stringeva, non mancava molto alla nascita del nephilim.
Avevano pensato a tutto, o quasi. Erano riusciti a convincere la donna che aveva il figlio di Satana nel suo grembo, ad aiutarli per attirare lì Lucifero, dovevano solo esorcizzarlo e Castiel poi si sarebbe occupato di far fuori anche quella creatura malefica finché era innocuo. Semplice, un piano ben congeniato, e tutto era filato liscio fino a che la casa non era stata immediatamente circondata dalle forze dell’ordine speciali. Aveva cacciato via Castiel
“Vai! Vattene! Occupati di lei e della creatura!”
Quindi Castiel aveva afferrato Kelly e si era teletrasportato da un’altra parte. Pochi istanti dopo era stato scaraventato a terra, tenuto giù con un ginocchio dietro alle scapole, ed aveva visto Sam nelle stesse condizioni poco distante da lui, mentre lo ammanettavano e prima che il sacco nero gli fosse calato sulla testa e si trovasse nel buio più totale.
Una volta nella sua cella Dean allora si era impresso quello sguardo da duro ed incazzato sul volto, aveva incrociato le braccia sul petto e da allora si era mosso solamente per incidere sul muro il passare dei giorni con una piccola vite della propria branda-letto e per prendere i vassoi di cibo.
Più di una volta il suo pensiero era andato a Sam, sperando che stesse bene, il suo fratellino … era stato rinchiuso fin troppe volte e un paio di volte era stato proprio lui a rinchiuderlo nella panic room di Bobby per disintossicarlo del sangue di demone che aveva ingerito, se ci pensava poteva ancora sentire le grida strazianti che Sam aveva lanciato durante il suo delirio, come se lo stesse rivivendo in quel momento. Povero Sam, se solo lo avesse lasciato seguire la sua strada universitaria molti anni prima, probabilmente gli avrebbe evitato tutte quelle sofferenze. Ma era tardi per pensare a quello adesso, adesso doveva pensare solo al modo di poter uscire di lì.
Ma quando si rese conto che non c’era il modo, che nemmeno Castiel, udiva la sua richiesta d’aiuto, anche la sua corazza di fermezza e propositi risoluti, iniziò lentamente a sgretolarsi. Stava tutto il giorno a fissare davanti a se’, impassibile, se non fosse stato per il lento e costante movimento del torace ad ogni respiro, poteva esser benissimo scambiato per una statua.

***

Rimasi a lungo seduto davanti allo schermo nella sala dove arrivavano le immagini di ogni angolo di quell’edificio in cemento armato, mimetizzato tra la vegetazione di una vasta foresta in Colorado vicino alle montagne rocciose ad osservare quei due giovani uomini, cercando di capire come fossero, vedendoli muovere senza sapere di essere osservati, anche se in realtà lo sapevano perché dovevano aver notato la telecamera montata all’angolo in alto sopra la porta della cella, ma dovevo capire se avrebbero avuto lo stesso comportamento anche in mia presenza.
Mi avevano spiegato a grandi linee di cosa erano stati accusati e già da giorni stavo leggendo ogni fascicolo redatto su di loro dall’FBI.
Erano due tipi alquanto bizzarri e facevano cose prive di senso per lo più. Eppure sembravano capaci di intendere e di volere. Ma il mio compito lì era farli parlare, capire il perché del loro gesto e se c’erano complici. A mio parere sembrava però che qualcuno di quegli ufficiali non vedessero l’ora solo di veder crollare ed urlare i due prigionieri.
Mi alzai dalla scrivania, presi la tazza di caffè appoggiata sul piano e sorseggiai la bevanda bollente, riflettendo sul da farsi. Mi lisciai il completo blu scuro, specchiandomi nella finestra che dava sul cortile interno, ormai completamente al buio, essendo le due di notte. Posai di nuovo la tazza distrattamente, mi infilai i guanti di lattice ed aprì un armadietto con la chiave che portavo al collo, quindi estrassi il misterioso oggetto a forma ovoidale e fissai quegli strani simboli impressi sopra, se ci avessi creduto, avrei giurato si trattasse di un’oggetto alieno.
Gli ordini erano chiari. Sapere cosa fosse ed a cosa servisse quell’oggetto, a qualsiasi costo.
L’indomani sarebbe stata una lunga giornata pensai sospirando, quindi riposi l’oggetto, spensi il pc e decisi di andare a riposare almeno qualche ora.

***

La mattina dopo mi alzai alle prime luci del giorno, mentre mi rasavo il viso, sperai che quei due si dimostrassero collaborativi. Per quanto ormai per me compiere certi atti e sentire urla, fosse divenuto abbastanza ordinario ed indifferente, non mi piaceva dover infierire su un essere umano.
Tutti però erano soddisfatti del mio operato. Mi dicevano che ero proprio tagliato per certe cose e finché riuscivo a guadagnare delle ingenti somme, avrei potuto torturare anche il Santo padre in persona.
Volli vedere i prigionieri da soli, uno alla volta prima di iniziare.


SAM

Un nuovo rumore destò il sonno del cacciatore, Il tintinnio di chiavi ed il click della serratura della porta della sua cella che veniva aperta e che non aveva più sentito da molto tempo, lo fece sollevare su un gomito e guardò nella direzione del rumore, forse aveva urlato nel sonno ed il generale era tornato?
Ma non si trattava del generale. Era un uomo sulla cinquantina, vestito di un completo blu scuro e camicia azzurra, non molto alto, forse sul metro e settata, capelli corti scuri, ben pettinati, con un accenno di grigio ai lati della testa, gli occhi erano coperti da occhiali scuri.
Forse qualcuno aveva saputo di loro e magicamente aveva pagato una cauzione? Si disse Sam anche se non ci credeva veramente… Non avevano più nessuno che tenesse così tanto a loro, se non Castiel, ma per una piccolissima frazione di secondo ci aveva veramente sperato.
L’uomo entrò, prese una sedia e si sedette accavallando elegantemente le gambe, sotto gli occhi scrutatori e diffidenti di Sam
“Buongiorno.” Salutò l’uomo.
Sam si mise lentamente a sedere, non rispose subito dischiuse le labbra domandandosi se tutto questo stava succedendo sul serio o era definitivamente impazzito a star chiuso lì e se stava immaginando tutto.
L’uomo aspettò pazientemente. Non disse più niente, si limitò ad osservare Sam che se ne rimase seduto sulla branda, con la schiena leggermente incurvata, fissandolo.
Ma cosa voleva? Perché se ne stava lì in silenzio a guardarlo? Gli stava mettendo ansia, così alla fine chiese
“FBI?” Il suono della sua voce gli fece una strana impressione; Dopo così tanto tempo stava parlando con qualcuno. Non aspettò la risposta e rivolse subito una seconda domanda “Dov’è mio fratello? Sta bene?”
L’uomo si grattò il mento come se stesse riflettendo, poi si alzò e fece per andarsene.
“Vorresti rivederlo?” Gli chiese prima di uscire e Sam annuì, poi la porta fu chiusa nuovamente e Sam sospirò sconsolato. Dean gli mancava terribilmente. Perché non gli aveva risposto? Cosa significava? Dean era vivo? Era morto? Gli era capitato qualcosa? Il suo respiro si fece più rapido mentre continuava a tormentarsi la mente in cerca di una risposta, facendosi mille filmini preso dall’angoscia.

DEAN

Era disteso sulla branda con le braccia sotto la testa a fissare il soffitto, quel soffitto che ormai conosceva a memoria, ogni macchia di muffa, ogni parte di intonaco mancante, ma tanto nemmeno lo stava guardando, il suo sguardo era perso nel vuoto, nel flusso dei suoi cupi pensieri. Continuava a fomentare la sua idea di vendetta. Chiunque aveva permesso che accadesse tutto ciò, l’avrebbe pagata cara una volta che sarebbero usciti di lì.
Quando sentì aprire la porta scattò come un fulmine senza pensare. Travolse la persona che stava entrando spingendolo sgarbatamente e cercò di precipitarsi fuori, ma le due guardie armate in tuta mimetica, lo agguantarono subito. Uno lo colpì con il calcio del fucile nello stomaco, facendo piegare Dean in due e lo ricacciarono dentro chiudendo la porta.
Dean si ritrovò carponi a fissare il pavimento e rimase giù per un po’, tossicchiando e reggendosi lo stomaco con una mano grugnendo leggermente. Non sollevò minimamente il volto sullo sconosciuto che adesso se ne stava seduto lì vicino a lui ad osservarlo.
Non gliene fregava niente, avrebbe potuto anche esserci Lucifero in persona lì.
Alla fine decise di rialzarsi, si spostò all’angolo della sua stretta prigione, dove c’era l’orinatoio e svuotò la vescica, come a voler provocare quel visitatore, ma da cui non ricevette alcun segno di disagio o disappunto. Se ne stava lì fermo a guardarlo.
“Bè? Mi fissi perché ti piaccio? Mi dispiace non sei il mio tipo” Sbottò Dean con il suo fare aggressivo e spocchioso mentre si ritirava su la lampo davanti di quella tuta che sembrava da meccanico. Non ne poteva veramente più di stare lì dentro, voleva solo andarsene. E voleva suo fratello.
Si spostò per la stanza, camminando nervosamente davanti al tipo su e giù
“Potrei prenderti in ostaggio e usarti per fare uno scambio. Uscire finalmente da questo maledetto buco!”
L’uomo non ebbe reazioni nemmeno questa volta, nonostante la minaccia del cacciatore. Ma come per Sam, si alzò e se ne andò. E Dean tirò un calcio alla porta di ferrò non appena fu chiusa, ritrovandosi nuovamente solo.

Avevo osservato bene i due uomini, all’apparenza il secondo aveva dato l’impressione di essere il più forte e sicuro di se’, ma non lo era affatto in realtà, adesso non rimaneva che farli parlare e la pressione andava fatta su Dean Winchester.
Il loro punto debole? Erano fratelli.
Circa un’ora dopo avevo chiesto alle guardie di condurre i prigionieri nella stanza degli interrogatori. Lì volevo lì entrambi, volevo che si rivedessero. Uno dei due avrebbe parlato, o se avrebbe parlato pur di non veder soffrire l’altro.
Infatti quando entrarono quasi contemporaneamente nella stanza, vidi la gioia nei loro occhi nel vedersi. Entrambi pronunciarono il nome del fratello. Dean tentò di andare da Sam ma le guardie glielo impedirono reggendolo fermamente da entrambe le braccia.
I due fratelli rimasero a lungo occhi negli occhi, finché non interruppi il momento
“Allora signori miei. Ho bisogno di sapere cos’è questo” Presi l’oggetto d’ottone a forma d’uovo con gli strani simboli incisi sopra e lo appoggiai su un piccolo tavolino.
“Raccontatemi tutto e finiremo presto e magari potrete anche condividere una cella questa volta.” Gli promisi cercando di invogliarli.
I due posarono gli occhi sul manufatto e si scambiarono di nuovo una rapida occhiata
“Allora” Iniziò Dean con un leggero sorriso affatto divertito sulle labbra e Sam lo guardò aggrottando la fronte “Noi con quello abbiamo rispedito il maledetto culo bastardo di Lucifero giù all’inferno, salvando quella testa d’uovo del presidente. Ti basta come risposta?” Disse con il suo solito fare scocciato, tanto sapeva che anche stavolta nessuno avrebbe preso per vere le sue parole.
In effetti ciò che aveva detto aveva dell’assurdo ed il modo in cui l’aveva detto, sembrava proprio fosse a presa in giro. Sospirai e tentai di mettergli paura minacciandoli. Facendogli vedere cosa gli sarebbe capitato se continuavano ad ostinarsi a non parlare.
Dissi alle guardie di portarli più vicino al tavolo. Aprì un vecchio borsone di cuoio marrone e iniziai ad estrarre oggetti che sapevo maneggiare bene come coltello e forchetta, oggetti che sarebbero stati usati su di loro e che avrebbero fatto molto male.
C’erano fruste, pinze, oggetti lunghi ed appuntiti, teasers ed altri oggetti che facevano venire i brividi solo a guardarli.
Sam deglutì e i suoi occhi si allargarono a tal punto che sembravano voler schizzare fuori, ma fu Dean a parlare per lui “Tortura? … Veramente?” L’uomo mi lanciò un’occhiata carica di odio che trapelava da quegli occhi verdi fissi nei miei, anzi nella sua immagine riflessa nelle lenti a specchio dei miei occhiali.
“Ditemi ciò che vogliamo sapere e non dovrete temere nessuno di questi ogget..” Spiegai di nuovo, ma fui interrotto ancora da Dean “Tu non hai la più pallida idea di che cosa abbiamo dovuto affrontare in tutti questi anni… Tortura? Accomodati pure se questo ti crea diletto. Alle volte mi pento di farmi un culo così per salvarvi. Quest’umanità non merita tanto!” Sbraitò con rabbia ma Sam lo ammonì e la cosa mi sorprese.
“Dean …” Pronunciò soltanto il suo nome. Ma come, tra poco avrebbe patito le pene dell’inferno e nonostante questa consapevolezza stava cercando di calmare il fratello che aveva staccato momentaneamente il contatto con il mio viso sbuffando contrariato e cercando di liberare le braccia a furia di strattoni.
Diamine, sembrava proprio ci credessero in quello che dicevano. Ma di cosa diavolo stavano parlando? … Salvare l’umanità? Da cosa? … Magari avrei approfondito l’argomento più tardi, adesso la priorità era avere informazioni di quell’oggetto.
“Va’ bene, bando alle ciance, tenete fermo Dean e legate l’altro, voglio che si rendano conto che mentire non è una buona cosa qui.”
Le guardie afferrarono saldamente Dean, rimanendo ai due lati, mentre le altre due guardie denudarono il busto e bloccarono i polsi di Sam ad un paio di catene che pendevano dall’alto, lasciandolo in piedi, con le braccia sopra la sua testa.
Sam cercò liberarsi ribellandosi e dibattendosi nelle sue costrizioni, mentre il ritmo del suo battito cardiaco accelerava esponenzialmente per la paura, il suo respiro era quasi affannoso e i suoi occhi erano come due pozze verdi nel deserto, dato il pallore che stava prendendo il suo volto.
Anche Dean aveva perso la sua apparente calma e stava cercando in ogni modo di liberarsi delle guardie che gli impedivano di raggiungere il fratello.
“Maledetto figlio di puttana ti abbiamo detto la verità!!” Gridò Dean. Non c’era più traccia di sbruffonaggine nella sua voce adesso allarmata
“Preferisci una menzogna? D’accordo senti questa. Il Presidente era stato rapito, noi ci siamo trovati nel posto sbagliato nel momento sbagliato ok?! Lascia andare mio fratello”
Ma io ovviamente ero intenzionato a procedere. Continuavano a dare versioni diverse come facevo a sapere quale fosse la verità? Secondo me ancora neanche l’avevano sfiorata la verità.
Presi i lunghi aghi, molto simili a quelli che si usano per l’elettromiografia e con precisione e competenza iniziai ad inserirne uno dietro l’altro andando piuttosto in fondo, fino ad introdurli profondamente nella muscolatura dell’uomo, sarebbero serviti da elettrodi.
Sam s’irrigidì alla vista di quei lunghi aghi che reggevo in mano avvicinandomi ed indietreggiò allontanandosi quanto poté, quanto le catene gli permisero tendendosi come una corda di violino e prima che inserissi il primo lanciò un altro gemito di aiuto al fratello, invocando il suo nome, ma poi strinse occhi e denti durante tutta la minuziosa operazione, sbuffando solo leggermente quando toccai parti più sensibili, come i fianchi e la colonna vertebrale dietro al collo.
Sentiva quei lunghi corpi estranei appuntiti penetrare in profondità ed erano dolorosi quando trafiggevano   i muscoli ma era più preoccupato di quello a cui potessero servire tutti quegli aghi.
Iniziai quindi ad attaccare i vari cavetti metallici alle estremità che fuoriuscivano dal suo corpo, per poi intrecciarli tutti insieme e farli combaciare con uno dei poli di un marchingegno molto simile ad una batteria per auto.
Quando tutto fu pronto mi fermai un momento per controllare che tutto andasse bene e perché anche quella fase di preparazione influiva molto sulla mente della vittima.
“Ascolta…” Disse Sam, volendo risultare tranquillo ma la cui voce era leggermente roca e tremula, come il suo corpo “Che senso avrebbe mentire? … Pensaci. Ti abbiamo detto la verità. Siamo cacciatori di demoni.”
“Tipo i gostbusters?” Gli chiesi leggermente seccato di tutti questi inutili tentativi. Certo che erano tenaci! Era l’ora di fargli capire che non stavo scherzando ed girai una piccola manopola dando una leggera scarica elettrica che sarebbe arrivata dritta alla fascia muscolare dell’uomo.
Sam di colpo trattenne il fiato incapace persino di respirare, strinse i pugni così forti che le nocche gli divennero bianchi, inclinò la testa indietro, la bocca leggermente aperta, come quegli uccellini di nido che aspettano di essere imboccati dalla madre, ma non emise un suono. Sentì i muscoli come paralizzati e così tesi che pensava si sarebbero spezzati come ramoscelli secchi, anche se era solo una sua impressione ed il tutto durò solo un paio di secondi.
Quindi il corpo del più giovane dei Winchester si rilassò quando posizionai di nuovo la manopola su OFF. Sam lasciò cadere la testa in avanti e si lasciò sorreggere per qualche secondo dalle catene, mentre cercava di calmarsi e riprendere il controllo del suo corpo già dolorante.
Dean continuava a sbraitare ed inveire contro di me e chiamava suo fratello preoccupato
“Sammy?! Hey Sam!”
Sam si rimise in piedi e guardò Dean “S-Sto’ bene” Cercò di tranquillizzarlo, non voleva riprovare una cosa del genere mi guardò con occhi imploranti “Ti..Ti prego… Credici! Se vai a vedere nella nostra aut..”
Non gli detti modo di proseguire e azionai di nuovo la manopola, ad un voltaggio più alto e non letale tenendolo qualche secondo in più.
Stavolta Sam serrò la mascella ed urlò tra i denti, le catene tintinnarono e si tesero mentre il suo corpo si inarcava all’indietro, il metallo ferì i suoi polsi, ogni muscolo era uno spasmo di dolore, accartocciato su se stesso come se avesse il peggiore dei crampi. I tendini del collo erano tesi e le vene in vista a sottolineare il tremendo dolore che adesso stava provando.
E di nuovo feci cessare il tutto.
Sam si abbandonò sorretto da quelle costrizioni crudeli di metallo. Il suo corpo era scosso da visibile tremore, la fronte imperlata di sudore, il respiro irregolare mentre tentava di nuovo di cercare di recuperare un controllo che non aveva.
Dean non poteva fare altro che sbraitare ed accanirsi contro di me, sentendosi impotente contro tutto quello che stava accadendo
“Devo continuare Dean? Il corpo umano non può sopportare a lungo scariche elettriche di questa portata, il cuore potrebbe cedere”
Dean aveva un’espressione distrutta adesso sul volto, non c’era più traccia ne’ di odio, ne’ di spavalderia, adesso era fisso su suo fratello, come se cercasse di confortarlo con la sola forza del pensiero, mi guardò giusto il tempo di rispondermi, implorandomi di staccare tutto e lasciarlo libero e ribadendo che loro avevano detto solo la verità, tornando poi con lo sguardo su un Sam accasciato e sull’orlo dello svenimento.
“C’è qualcuno che può confermare o dare prova delle vostre affermazioni?”
Dean pensò disperatamente, frugò nella sua mente in cerca di una qualsiasi anima che avrebbe potuto confermare e liberarli da quell’inferno. Ma Ellen e Jo erano morte, come pure Bobby. No, non c’era nessuno in grado di aiutarli.
“Castiel ti prego aiutaci!!” Gridò disperato rivolto al cielo
“Chi è Castiel?”
“E’ un angelo! Forse allora ci crederesti!”
Attendemmo tutti in silenzio ed i secondi iniziarono a passare. Ma poi scossi la testa.
“C’ero quasi cascato sai? … Siete veramente bravi ..”
Afferrai di nuovo la manopola girandola per una nuova scarica di corrente, il corpo di Sam s’irrigidì nuovamente ed urlò straziato dal dolore, ma di colpo ci fu’ un gran fragore, un lampo di luce accecante e dovetti coprirmi gli occhi nascondendo il volto nell’incavo del mio braccio. Le urla cessarono di colpo e quando, pochi secondi dopo il bagliore accecante era sparito e potei riaprire gli occhi ero rimasto da solo con le guardie che si guardavano tra loro allibite, come lo ero io. Tutti gli aghi erano a terra e dei due prigionieri non c’era più traccia. Volatilizzati.

‘ACQUA’

Non potendo andare personalmente Castiel era riuscito a convincere un altro angelo ad andare a salvare i due cacciatori. L’angelo li aveva teletrasportati di nuovo in Kansas, ma incurante delle condizioni di Sam, li aveva lasciati nella foresta nei paraggi del bunker senza tanti convenevoli e quasi scocciato per il disturbo, abbandonati nel bosco senza nemmeno dirgli dove si trovavano.
“Hey tu! Cura mio fratello! Hey!” Aveva gridato Dean appena aveva toccato terra, ma l’angelo era già svanito. Sam era molto debole e non c’era una parte del corpo che non gli faceva un male pazzesco, soprattutto all’interno, gli sembrava come quando da giovane esagerava con il jogging o con lo sport ed i muscoli dolevano, solo che stavolta il dolore era mille volte peggio e purtroppo la muscolatura assieme allo scheletro, reggevano il corpo. Ma adesso una delle due parti era stata massacrata e gli sembrava di avere gelatina dentro di sé.
Dean gli era andato subito vicino, inginocchiandosi gli aveva sollevato il busto e lo aveva appoggiato con cura nel suo grembo, Sam aveva tanti piccoli segni rossi che nemmeno sanguinavano, dove c’erano stati gli aghi fino a qualche minuto prima. Gli tirò su’ la parte superiore della tuta per coprirgli il torso.
“Hey Sammy, coraggio ragazzone, ce la puoi fare” Gli aveva spostato alcuni ciuffi di capelli dal viso ancora sudato e contratto in una smorfia di sofferenza ed aveva cercato di sdrammatizzare il momento con un tono di voce più rassicurante che mai, Sam lo aveva guardato sforzandosi di far comparire la traccia di un sorriso sulle sue labbra
“Ho tanta sete Dean.” Era stata l’unica cosa che aveva sussurrato, le scariche elettriche lo avevano disidratato.
Dean si guardò intorno “Ok, certo, vado a cercarti un po’ d’acqua” gli rispose, ma non si mosse. Non sapeva cosa fare. Sam era ferito e non avevano armi, se una qualsiasi creatura li avesse attaccati, come si sarebbero potuti difendere? Non avevano una mappa, una cavolo di bussola e non aveva la più pallida idea di dove quell’angelo li avesse scaricati.
“Ce la fai a camminare?” Azzardò Dean, cercando di aiutarlo ad alzarsi, ma Sam era quasi un peso morto contro il fratello.
“Mi dispiace Dean” sussurrò Sam e dietro a quelle parole c’era più che il semplice chiedere scusa per non riuscire a stare in piedi, c’erano le scuse di averlo coinvolto in tutta quella faccenda, da quando aveva accettato l’oggetto dagli uomini di lettere britannici. Dean era sempre stato riluttante e diffidente di quelle persone mentre Sam alla fine si era lasciato ammaliare, si era fidato ed aveva creduto in loro. Ma anche stavolta si trovavano in quella situazione per colpa sua.
Dean non rispose, si limitò a scuotere la testa poi si fece passare il braccio di suo fratello attorno alle spalle, sorreggendolo e grugnendo leggermente per lo sforzo, per fortuna in quella prigione maledetta lui era riuscito a mangiare le porzioni di cibo che gli venivano date ed era abbastanza in forze, mentre Sam il più delle volte aveva rimandato indietro il vassoio di cibo intatto ed aveva anche perso peso.
“Lasciami qui… Vai a cercare aiuto, non preoccuparti, me la saprò cavare” Biascicò Sam ma Dean non accennò a mollare la presa, camminando e incespicando con fatica sul terreno disconnesso del bosco, procedette lentamente e più di una volta rischiarono di cadere; Dopo quasi un’ora buona, Dean dovette appoggiare il fratello a terra e sedersi esausto e sudato. Non potevano continuare così. Adesso aveva sete anche lui. Doveva trovare dell’acqua, ma poi? Andava bollita o si sarebbero ritrovati come minimo colpiti da dissenteria.
Scalciò a terra con rabbia, facendo saltar via un po’ di foglie umide e muschio.
“Ce la caveremo Dean … Ci riusciamo sempre” Disse Sam con voce flebile sentendosi la bocca impastata ed arida. Moriva di sete, ma non voleva far star ancora più in ansia Dean.
Poco dopo Dean si rialzò, trascinò Sam appoggiandolo con le spalle ad un grosso masso gli mise accanto bastoni robusti e pietre da lanciare.
“Ok, senti vado a cercare un po’ d’acqua o vedere se trovo una strada o … qualsiasi cosa mi possa aiutare a capire dove diavolo siamo. Tu grida se sei in pericolo, cercherò di non allontanarmi tanto ok?” Si accoccolò davanti al viso di Sam poggiandogli la mano e dandogli un leggero colpetto d’incoraggiamento sulla guancia, anche se la sua espressione effondeva preoccupazione da tutti i pori.
Sam annuì e seguì con lo sguardo Dean che si allontanava, finché non sparì tra la vegetazione. Sospirò e si sistemò un pochino più comodo. La gola gli bruciava dalla sete. Cercava di non pensarci, ma ogni cosa intorno a lui gli ricordava l’acqua, avrebbe strizzato foglia per foglia pur di estrapolare la microscopica acqua o la linfa presente. Raccolse uno stelo d’erba e se lo mise in bocca, masticandolo, magari la masticazione avrebbe creato un po’ di salivazione.

Dean iniziò a camminare per il bosco, cercando di lasciarsi dietro piccole tracce che avrebbe riconosciuto per il ritorno, come sistemare le pietre in posizioni diverse o rompere qualche ramo, cercava di tenere una direzione, anche se non si sarebbe accorto di cambiare. Ogni tanto si fermava cercando di ascoltare ogni minimo rumore, per sentire se c’era scroscio d’acqua o rumore di auto che passavano o Sam che chiamava, ma quello che riceveva era solamente il leggero fruscio del vento tra gli alberi, il canto degli uccelli e leggeri scricchiolii del sottobosco.
Anche per lui la sete si faceva sentire, ma non osava immaginare a come potesse averla Sam, sospirò avvilito. Senza acqua non sarebbero riusciti a sopravvivere molto.
Senza rendersene conto alzò gli occhi al cielo in una supplica silenziosa e disperata
‘Castiel dove sei?!’

Quando Dean tornò da Sam, il fratello riposava, doveva essere stremato. Lo osservò preoccupato qualche secondo, poi si accoccolò di nuovo davanti a lui e lo scosse dolcemente. Sam aprì gli occhi lasciando che le due sfumature di verde dei loro occhi si fondessero per un secondo.
“Mi dispiace…” Si scusò Dean alla tacita domanda stampata nello sguardo del fratello che distolse lo sguardo rassegnato. Stava facendosi notte, dovevano trovare almeno un riparo.
Dean si caricò di nuovo Sam sulle spalle e cercò un qualche riparo. E dire che non erano poi così distanti dal bunker, ma anziché andare da quella parte, stavano muovendosi nella direzione opposta.
Finalmente trovò una specie di nicchia, erano solo due grosse pietre che si erano incastrate formando come una V capovolta, ma per il momento quella sistemazione sarebbe andata più che bene, per evitare di avere l’umido della notte sulle spalle, o si sarebbero presi anche una polmonite e non avevano certo bisogno di questo adesso.
Sam continuava a deglutire aria e passarsi la lingua sulle labbra “Ho così tanta sete…” Gemette senza rendersi conto che lo aveva detto a voce abbastanza alta da farsi sentire dal fratello.
Dean gli stava seduto accanto, gli carezzò una guancia triste e preoccupato. Cosa poteva fare? Aveva letto che alcuni uomini dispersi nel deserto avevano bevuto la propria urina… A mali estremi. Strisciò fuori dal riparo e si ingegnò con grosse foglie verdi per creare qualcosa di simile ad un piccolo recipiente, poi si tirò giù la lampo della tuta da prigioniero che ancora avevano addosso e la fece nel contenitore improvvisato. Guardò il liquido caldo e giallo con espressione dubbiosa ma dopo qualche secondo gettò via tutto, tornando vicino al fratello che respirava pesantemente durante un sonno agitato.
“Riuscirò a farti bere Sammy” Promise piano ed iniziò la veglia. Non aveva intenzione di farsi prendere di sorpresa da qualche nemico.
Durante la notte Sam mugolò ripetendo la parola acqua diverse volte e a Dean si stringeva il cuore a sentirlo senza avere i mezzi per aiutarlo
“Resisti fratellino, domani troverò dell’acqua, te lo prometto” gli ripeteva accarezzandogli il viso.
Poco dopo iniziò a piovere. Dean non rimase a domandarsi se era stata la divina provvidenza, un miracolo o chissà quale incantesimo, uscì svelto dal riparo, andò più o meno dove aveva gettato quel bicchierino arrangiato e sondando il terreno con le mani, visto il buio pesto della foresta, lo trovò e cercò un punto dove riuscire a raccogliere l’acqua, poi però lasciò il bicchierino e andò a scuotere Sam
“Sam presto svegliati! Vieni, sta’ piovendo, vieni fuori!”
Trascinò Sam fuori dal riparo mentre mugolava intontito. Lo lasciò disteso sul terreno umido, ancora non pioveva molto, perché le volte degli alberi dovevano impregnarsi d’acqua prima di lasciarla passare al disotto.
Adesso Dean non si preoccupava nemmeno della polmonite, voleva dar sollievo e far bene suo fratello. Riprese il bicchierino e fece di tutto per versare un goccio d’acqua nella gola riarsa di Sam, non pensò affatto a se’ stesso, nonostante avesse molta sete anche lui, la priorità era far star bene Sammy.
Rimasero molto tempo sotto la pioggia e sul terreno che diventava sempre più umido e impregnato d’acqua, le loro tute e i loro capelli s’inzupparono. Sam rimase disteso a pancia in su’ godendosi le gocce d’acqua fresca sul suo viso e Dean seduto accanto alle volte sollevava il viso per saggiare la stessa sensazione e teneva la bocca aperta per bere qualche goccia d’acqua anche lui ed infine crollarono entrambi lì nel terreno bagnato e sotto la pioggia.

***

Quando i raggi del sole mattutino iniziarono a filtrare attraverso il sottobosco, Dean si svegliò di colpo.
Accidenti! Come aveva fatto ad addormentarsi?! Vide Sam disteso lì accanto sempre nella stessa posizione supina, sembrava che dormisse tranquillo, gli tastò subito la fronte per paura che si fosse preso un bel febbrone, ma la fronte era fresca. Tirò un sospiro di sollievo, ma adesso dovevano togliersi da quell’umido o veramente si sarebbero ammalati. Pur dispiacendogli dover svegliare Sam, lo chiamò dolcemente
“Hey bell’addormentato nel bosco è ora di alzarsi”
Sam mugolò e si strofinò gli occhi con le dita infangate poi sorrise a Dean che lo afferrò dal colletto della tuta e lo tirò a sedere. Sam fece qualche smorfia sofferente, ma prima che il fratello si allontanasse, lo agguantò circondandogli le spalle con le braccia e stringendolo in un abbraccio stretto. Pensando a tutto il tempo che avevano passato in quella maledetta prigione, separati, senza sapere più niente dell’uno o dell’altro, adesso Sam aveva bisogno di quel contatto ed in un certo qual modo anche Dean che dopo il primo attimo di sorpresa ricambiò l’abbraccio strofinando e dando piccoli colpi sulla schiena del fratello, stando attento a non fargli male. Non c’erano bisogno di parole.
Quando si separarono Dean aveva gli occhi lucidi, ma guardò altrove, cercando di mostrarsi il solito ‘duro a morire’ di sempre e strappando un sorriso a Sam
“Allora, io vado a fare un altro giro, non possiamo restare qui, non bagnati ed in queste condizioni” Disse il fratello maggiore “Non muoverti di qui”
“E dove vuoi che vada… sento un dolore allo sterno come se mi fosse passato addosso uno schiacciasassi” Rispose Sam, che sembrava essersi un po’ ripreso rispetto al giorno precedente e Dean ne era sollevato.
Così si rimise in cammino, prendendo un’altra direzione e facendo la solita traccia con sassi, rami etc.
Questa volta era deciso a trovare un sentiero battuto, una strada trafficata o un qualche segno di vita a cui chiedere soccorso. Aveva tutto il giorno, poteva farcela e così si allontanò il più possibile e di colpo si ritrovò dietro ad una struttura che conosceva benissimo. Aveva trovato il bunker e non sapeva se ridere o piangere, ma non perse un attimo di più. Tornò di corsa da Sam rivelando la scoperta. Quindi gli si mise sotto braccio sorreggendolo ed insieme, lentamente tornarono a casa.
“Non pensavo che lo avrei mai ammesso ma… Casa dolce casa!” Disse Dean e si prese immediatamente cura di suo fratello come faceva quand’era piccolo.
Si tolsero quelle maledette tute e Dean disinfettò ogni piccola ferita del fratello, gli avrebbe fatto anche il bagno se Sam non si fosse rifiutato categoricamente “Dean per favore, posso lavarmi da solo, sono cresciutello per l’ora del bagnetto.” Scherzò, anche se gli faceva un’enorme piacere ricevere tutte quelle attenzioni da Dean e se avesse insistito, probabilmente avrebbe ceduto e si sarebbe anche lasciato lavare dal suo amato fratello.
Nella notte, mentre Sam ormai riposava tranquillo nel suo letto al sicuro, Dean raccolse da terra quegli odiati abiti che avevano dovuto sopportare per tutto quel tempo e li bruciò. Era un capitolo da chiudere e dimenticare, anche se ci sarebbe voluto molto tempo. E mentre guardava le fiamme languire, cancellando ogni traccia della loro disavventura, si gustava un buon bicchiere dell’agognato wiskey, gustandoselo con calma, sentendo la familiare sensazione di bruciore mentre l’alcol scendeva giù nella gola e nello stomaco.

The End

   
 
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