Sola. Vuota.
Abbandonata. Così si sentiva. Sola, perché non
c’era più nessuno a capirla ed
ad amarla. Vuota per la perdita. E abbandonata dall’uomo che
amava. Non
riusciva a trovare un senso ala vita, tutti le stavano attorno, ma lei
sentiva
solo voci confuse e lontane. Solo una si sentiva chiara e riusciva a
consolarla
e non se lo sarebbe mai aspettato da lui. Era riuscita a comprenderla
nel suo
dolore e ora le stava accanto silenzioso, ma pronto ad appoggiarla in
qualsiasi
momento. Qualcuno bussò alla porta
interrompendo il filo dei suoi pensieri.
“Avanti”
disse
la donna. Una figura avvolta in un mantello nero entrò nella
stanza.
“Severus,
come
posso aiutarti?” gli chiese con voce fioca la donna.
“Licenziando
quell’ incompetente ammasso di ciondoli che si fa’
chiamare Sibilla Cooman”
rispose freddo sedendosi davanti alla nuova Preside.
“Severus,
in
questo periodo la scuola non può permettersi di cambiare
professori. Bisogna
impegnarsi nel ricostruire la scuola, dato il recente attacco dei
mangiamorte e
credo che anche tu lo sappia bene” rispose secca.
“Sono
sicuro che
agli studenti non dispiacerà saltare la materia di
“Divinazione”” rispose con voce
provocatoria, facendo il segno delle virgolette sull’ultima
parola. Minerva
sorrise divertita e l’insegnante di Pozioni inarcò
il sopracciglio destro in
una smorfia seccata. Minerva era cambiata molto da quando Albus era
morto. Era
diventata meno acida e ogni volta che poteva sorrideva divertita dal
comportamento di qualcuno. Come se volesse imitare il vecchio Preside.
Sospirò
snervato. Gli sarebbe piaciuto fare una conversazione
sull’incompetenza di
Sibilla e sapeva che Minerva era d’accordo con lui.
”Che cosa hai da ridere?”
“E’
il tuo modo
di essere che mi fa’ ridere” rispose con un
sorriso. Un sorriso candido che non
aveva mai visto fare a Minerva. Un nuovo fatto insolito per lei. La
severa
professoressa di Trasfigurazione rideva per un buffo particolare che
prima non
avrebbe degnato di uno sguardo.
“Sei
cambiata”
le disse l’uomo vestito in nero. Il sorriso divertito della
Preside si
trasformò in un sorriso triste.
“Lo
so” rispose
pacata
“Per colpa
sua?”
“Per Abus,
dici?
Sì, ma non per colpa sua, ma grazie a lui” rispose
con un nuovo sorriso, un
sorriso spento. Teneva troppo a quella donna per vederla in quello
stato. Era
stata l’unica persona
oltre ad Albus a
starle vicino, senza giudicarlo come gli altri.
“Lascia
che
prepari io i funerali” i offrì l’uomo.
“No.
Voglio
farlo io”
“Lascia
che ti
aiuti, allora” insistette. Lei sospirò
pesantemente e si lasciò andare sullo
schienale della sua comoda poltrona e congiunse
le mani sul ventre.
“Severus,
io non
so se…” iniziò lei, ma una voce
familiare la interruppe.
“Suvvia,
Minerva. Non penserai di fare tutto da sola come al tuo
solito”. La voce era
quella del vecchio Preside. Quanto le mancava quella voce, quanti
ricordi le
affollavano la mente.
“Minerva”.
Una
voce melliflua e parecchio seccata la riportò alla
realtà. La strega scosse il
capo e tossicchiò imbarazzata.
“Scusate”
“Di nulla
mia
cara” rispose Silente. Piton si limitò a fare una
smorfia seccata. Nella stanza
calò un silenzio tombale.
“Ebbene?”
chiese
dopo poco il professore di Pozioni con aria annoiata.
“Cosa?”
chiese
con aria distratta
la strega.
“Minerva
hai
intenzione di ascoltarmi? Rispondi alla mia domanda” le disse
a denti stretti.
Minerva si girò verso il quadro del vecchio Preside e questo
gli rispose con un
sorriso dolce. Poi si girò lentamente
verso Piton e lo guardò un attimo.
“Stai
per caso aspettando un’illuminazione ?”
chiese con sarcasmo lui. Lei sorrise, quasi stanca.
“Va bene.
Mi
aiuterai per i funerali” disse annuendo. Lui si
alzò senza mostrare la sua
soddisfazione e uscì sbattendo la porta dietro di
sé.”E’ un bravo ragazzo”
“Lo so,
Albus,
lo so”
“Bene”
“Adesso
cosa
farò?”
“Io non lo
so,
ormai non sono più il Preside”
“Sì,
è vero”
“Ma
rammentati
che io ci sarò sempre, in qualsiasi cosa tu decida”
“Grazie”.
Lui le
sorrise dolce. La strega posò un bacio sulla punta delle
dita, stese il palmo e
ci soffiò sopra in direzione del quadro di Albus. Lui
allungò la mano, come per
prendere il bacio e la chiuse a pugno che si portò al petto,
vicino al cuore.