Tibias
Tibias non sente niente.
Nessun dolore, nessun segno d'avvertimento.
Arriva all'improvviso, e gli strappa la gola. Non respira.
Si sente avvizzire nelle sporche vesti verdi, le iridi brune si contraggono mentre la vista si appanna.
Cade; sente il corpo grigiastro fluttuare in una bolla solida, colpito da ogni parte da spilli che gli annientano qualsiasi sensazione ad ogni colpo.
E arriva.
Il volto lo confronta, lo tiene per un filo, un sottile rivolo che attraversa lo spiritello. Sei mio, cantilena quella linea sinuosa, sei mio, e ad ogni tiro la sua anima è sul punto di staccarsi e lasciarlo un misero guscio vuoto.
È con uno sforzo sovrumano che riesce finalmente a sentire il capo fargli male e scappare dall'incubo. Tocca la nuca dolorante, la massaggia sotto alle piume bianche che gli coprono la testa. Con un leggero tremolio, si siede.
Non passa giorno che non lo tormenti. È un ricordo terribile che non può essere soppresso.
Non è stata colpa sua.
Tibias piange solo. Nessun altro lo sa.