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Autore: Wontolla    10/06/2018    4 recensioni
La verità era che faceva fottutamente male e nessuno sapeva quanto.
Tutti gli insulti, le frasi dietro le spalle, gli sguardi di nascosto. Tutto. Si accorgeva di ogni cosa ma mai avrebbe dato a vederlo. A nessuno avrebbe concesso la soddisfazione di vedere una sola crepa sul suo corpo.

***
Bakugo e l'insonnia. E forse troppa introspezione.
Perchè in fondo Kacchan non si è mai veramente capito nemmeno da solo.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Katsuki Bakugou
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Katsuki era convinto di non meritare la felicità.
Non che gli mancasse qualcosa in fondo, anzi, era uno di quelli che da bambini aveva sempre avuto tutto: l’amore dei genitori, le figurine, i videogiochi. I soldi non mancavano a casa, aveva il miglior quirk si potesse desiderare al mondo, amici e ammiratori, avrebbe potuto avere qualsiasi ragazza, qualsiasi cosa.
E allora perché continuava a rigirarsi nel letto con la testa affollata da pensieri e l’ansia ad opprimere il petto?
La verità era che Katsuki non stava facendo altro che distruggersi da solo. Da dentro. Scavava ogni giorno dentro di sé e più scavava, meno capiva e più soffriva.
Più si ostinava a voler diventare il numero uno, più si faceva del male.
Allontanava tutti solo per quella cazzo di vittoria che sembrava sempre più lontana, per onore, per orgoglio.
A cosa lo avrebbe portato tutto quello? A cosa lo aveva portato tutto quello?
 
Forse era vero quello che dicevano gli altri, si, magari avevano ragione tutti quei pezzi di merda.
Aveva un carattere di merda, dicevano, no? Era arrogante, testardo, stronzo.
Guardò il soffitto e diede la colpa al caldo allucinante.
La rabbia non smetteva di ribollire insieme a quel fastidioso senso di colpa, di delusione. Forse vergogna.
Forse soltanto profonda tristezza.
Quelle frasi non uscivano dalla sua fottuta testa.
Bullo del cazzo.
Lo era? Probabilmente. Glielo dicevano in tanti. Possibile che fosse così stupido da non frenare la propria lingua? Possibile che gli salisse il nervosismo allo stomaco con poco? Possibile che fosse davvero così?
Il villain che tanto descrivevano?
Forse era solo cattivo. Cattivo come dicevano gli altri.
Nemmeno lo conoscevano.
Dovresti morire.
Dovresti morire. Dovrebbe morire. Del resto lui lo ripeteva talmente tante volte che ormai era diventata una sua caratteristica, quel muori che usciva dalle sue labbra con spontaneità.
Quella volta lo dissero a lui. Non uno solo, più di una persona. Quello da solo era lui.
Ovviamente aveva risposto col solito sorriso strafottente, fregandosene di tutto e di tutti.
Tch. Teste di cazzo. Morite voi.
Katsuki non si era mai fatto intimorire da niente. Quando erano bambini era quello che proponeva i giochi pericolosi, il primo a dimostrare di saper fare ogni cosa, il più coraggioso, il più acceso, il più forte.
Se ne usciva a testa alta, ridacchiando, le spalle tese solo per la rabbia e gli insulti che entravano in un orecchio e uscivano dall’altro.
O questo era quello che credevano tutti.
 
Si girò di nuovo, gli occhi aperti puntati verso la portafinestra della stanza. La libreria con i fumetti e le action figures accanto.
La verità era che faceva fottutamente male e nessuno sapeva quanto.
Tutti gli insulti, le frasi dietro le spalle, gli sguardi di nascosto. Tutto. Si accorgeva di ogni cosa ma mai avrebbe dato a vederlo. A nessuno avrebbe concesso la soddisfazione di vedere una sola crepa sul suo corpo.
Ma nessuno era mai riuscito a capire come si sentisse davvero. Nessuno aveva mai visto sotto i continui strati di orgoglio quella tristezza, quella paura che gli velavano gli occhi, così invisibile a tutti.
Meglio così, pensò. Nessuno avrebbe mai dovuto vedere, mai dovuto sapere.
Nessuno avrebbe visto mai la fragilità che nascondeva sotto le ossa. Le lacrime che odiava e forse troppo spesso gli rigavano il volto.
 
Ma in parte era la sua forza, tutte le sue debolezze erano diventate il motivo a cui aggrapparsi per rimanere ostinati, per rimanere impassibili.
Uno scudo di orgoglio e indifferenza che in realtà nascondevano soltanto un ragazzino impaurito, pieno di ansie.
Lui non poteva morire, non poteva farsi trasportare dagli insulti di chi non conosceva nulla di lui.
Lui doveva diventare il numero uno. L’unico e solo.
Ma a che prezzo.
Aveva tutto. Era tra i ragazzi più invidiati, la forza di non abbassarsi a quello che gli altri pensavano di lui.
Nonostante il dolore, nonostante la paura di non farcela, nonostante l’orgoglio che lo logorava, nonostante le sconfitte, nonostante il non riuscire a dormire per la smania di andare avanti, nonostante il panico.
Nonostante tutto andava avanti.
Andava avanti con ferite logore, sanguinanti, ma sempre a testa alta.
E gli altri lo avrebbero sempre visto così. Come un vincente, un leader, un re, un numero uno.
Uno che aveva tutto. Tutto.
Tranne la felicità.
Quella era la sua sconfitta più grande.
L’unica cosa che non riusciva a conquistare.
 
E con il panico in petto si chiedeva se quella vittoria se la sarebbe mai meritata.
Scosse la testa.
In fondo erano solo cazzate.
Vero Kacchan?







***

Semplicemente Katsuki e i suoi pensieri notturni, quelli che forse non vi dirà mai nessuno. Quelli che non ammetterebbe nemmeno sotto tortura.
Dedicata a chi conosce Kacchan nel profondo, per chi, vedendolo, ha capito anche un po' me.
A Bakugo, perchè mi aiuta continuamente.
Ma soprattuto a me. Perchè ne avevo bisogno. Perchè ho bisogno di questo specchio tutti i giorni.
Perchè in fondo la prima impressione è spesso quella sbagliata.
--- scusate per eventuali errori. Testi del genere tendo a non rileggerli.
   
 
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