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Autore: EliChan    06/07/2009    5 recensioni
Dieci anni dopo le vicende di Saiyuki, uno strano demone minaccia Gojyo. Il kappa è costretto a intraprendere da solo un nuovo viaggio per scoprire chi lo sta minacciando e perché cerca di rapire i Figli della Proibizione, ma non rimarrà solo a lungo.
Sanzo dal canto suo incontra una persona che senza volerlo potrebbe riuscire a cambiare il carattere scorbutico del bonzo, ma fino a che punto?
Inizia così un nuovo viaggio, questa volta verso nord, che vede i nostri impegnati ad evitare un nuovo caos nel Togenkyo.
Genere: Generale, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Cho Hakkai, Genjo Sanzo Hoshi, Nuovo Personaggio, Sha Gojio, Son Goku
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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…:::UN NUOVO VIAGGIO:::…

Note:
Questa fanfiction (che è solo il primo di un ipotetica trentina di episodi) l'ho scritta già da qualche anno, ma è una delle più complete e adatte ad essere pubblicate. Personaggi come Gojyo, Goku, Hakkai, Sanzo e Hakuriu (aka Jeep) sono naturalmente della Minekura (anche se la serie è principalmente incentrata su Gojyo), tutti gli altri personaggi sono mie divagazioni per cui probabilmente ho preso qualche spunto che ora non riesco a ricordare.

Un secondo episodio è quasi a posto da pubblicare e un terzo è sulla buona strada, ma non garantisco nulla perchè conoscendomi faccio un po' fatica a scrivere forzatamente su un testo piuttosto che su un altro e questa serie non la prendo in mano da ormai parecchio tempo.

Spero comunque che vi piaccia l'idea e se non vi piace Gojyo/le fanwriter Gojyocentrice, vi consiglio di non continuare a leggere le prossime puntate perchè, a parte qualche tentata puntata comica o volutamente "ot", saranno sempre peggio :E

Enjoy.

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Il profilo di un paese. Del fumo sale acre da alcune abitazioni. O da quel poco che ne rimane.
Gli abitanti del luogo stavano facendo caccia grossa, e non furono certo tre o quattro case, bruciate per errore, a fermarli. Quelli erano solo incidenti, capitati per sbaglio. O forse per colpa del purpureo colore degli occhi di una ragazza.
Gli uomini tirarono dritto. Loro cercavano una persona. Tutto il resto non importava.
Una ragazza dai lunghi capelli raccolti in una treccia, correva a perdifiato, cercando un posto in cui nascondersi.
Non aveva fatto nulla, eppure tutti gli abitanti del paese in cui era cresciuta, ora la rincorrevano, con l’intento di ucciderla.
Esser nata con i capelli e gli occhi color del tramonto, color del sangue... esser nata come figlia della proibizione, era questa la sua colpa. E  per gli abitanti di quel luogo, era una colpa abbastanza grave da comportare pena di morte.
Lei non capiva…
Ed ora si ritrovava a dover fuggire. A dover scappare dalle stesse persone che fino a pochi giorni prima la salutavano come fosse una di loro.
Chissà, forse, se il piccolo fiume non si fosse improvvisamente prosciugato, gli abitanti della città non l’avrebbero nemmeno notata. Avrebbero continuato ad ignorarla, oppure a salutarla gentilmente, com’era successo fino a quel giorno.
Sfinita, e con le lacrime agli occhi, la ragazza si fermò. Avrebbe voluto riprender fiato e poi fuggire di nuovo, ma non si accorse che nella piazza in cui si era fermata, piccoli gruppi di uomini erano in agguato ad ogni incrocio.
Improvvisamente saltarono fuori. Brandivano ogni genere di armi.
“Shea! Finalmente ti abbiamo trovata!”
“Allora, mostro, sei pronta a salutare il mondo per sempre?”
Ormai era accerchiata.
Uno degli uomini le si avvicinò, brandendo un’accetta.
“Dì le tue preghiere.”, disse, alzando l’arma.
Lei chiuse gli occhi, terrorizzata.
Un colpo di pistola deviò l’accetta, facendola scivolare di mano all’uomo e facendola finire a qualche metro di distanza.
“Mi avete davvero stancato.”, disse con un tono quasi pacato l’uomo biondo che teneva ancora la pistola dritta davanti a sé. Appoggiato sulle spalle teneva uno dei più importanti oggetti della propria religione. Uno dei sutra grazie ai quali era stato creato quel mondo. Non appena le persone del villaggio lo videro, un sommesso brusio di commenti prese il posto del silenzio.
“Perché ce l’avete con questa ragazza?”, tuonò lui, zittendoli ed abbassando la pistola.
“Perché è un mostro!”
“Non è degna di vivere!”, gridarono diverse voci.
“Potrei dire la stessa cosa di voi.”, rispose lui, alzando nuovamente la pistola, ma questa volta puntandola verso la testa dell’uomo.
“M-ma voi siete un bonzo… Non potete uccidere una persona!”
“Persona? Io di fronte a me vedo solo della stupida feccia, ignorante e superstiziosa. Se avete paura del colore degli occhi di una ragazza, non potete considerarvi persone.”
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Una casa come centinaia di altre, in quella città. Non aveva nulla di speciale, nulla di diverso. Era una casa, basta.
Un uomo, seduto in ombra, bevve l’ennesimo bicchiere di sakè.
Guardava il suo migliore amico dormire profondamente, a pochi metri da lui.
Era stata una giornata pesante, quella.
Anche lui era sfinito, ma non sarebbe stato in grado di dormire. Non quella notte.
Era troppo teso per poterlo fare.
Era ormai diverso tempo che giravano voci riguardo ad una nuova e strana follia che aveva preso i demoni, a nord.
Ma non era questo che lo turbava. Non tanto da togliergli il sonno, almeno.
Ciò che non lo faceva dormire erano gli eventi sempre più strani che accadevano ormai quotidianamente, in una città tanto sperduta e solitamente tranquilla.
Per iniziare i tipi che avevano preso a passare da quella città…
Tipi strani, certo, ma lui non ne aveva per nulla paura. Li avrebbe uccisi facilmente in uno scontro. Però, i loro sguardi. I loro sguardi riuscivano quasi a fargli raggelare il sangue nelle vene. Si sentiva tenuto d’occhio… E la sensazione non gli piaceva per nulla.
Si sentiva un ricercato con una taglia sulla testa e con un intero esercito di cacciatori di taglie pronto ad avventarsi su di lui, al primo errore.
Però, quel giorno, era accaduta un’altra cosa, molto più allarmante. Un demone su tutti era riuscito a prenderlo alla sprovvista.
Lo ricordava alla perfezione. Ce l’aveva di fronte. Indifferente. Una persona tra le tante che giravano per la strada principale.
Non l’avrebbe quasi notato, se non fosse stato per il magnifico mantello scarlatto, raffigurante un’aquila che uccide un drago, e che stonava decisamente con i suoi stivali, rotti e sgualciti per il troppo uso.
Anche quel particolare, a dir la verità, sarebbe rimasta solo una fugace curiosità, insignificante rispetto ai problemi da affrontare in una qualsiasi giornata di lavoro, se non fosse accaduto in quel momento qualcosa che il mezzo demone non si sarebbe mai aspettato.
Mentre guardava quasi rapito quel bellissimo ricamo, lo sconosciuto svanì di botto, sotto i suoi occhi. Lui non ebbe nemmeno il tempo di guardarsi intorno che lo sconosciuto gli comparì alle spalle.
Gli bloccò braccia e torace in un abbraccio, mettendosi a parlare.
“Complimenti, signor Gojyo. È riuscito a vedermi. Non è da tutti, sa?”, poi sembrò stringere più forte.
“I figli della proibizione sono il frutto di legami proibiti, e verranno utilizzati per scopi vietati con tecniche corrotte. Diverrete tutti cavie.”
Gojyo, ripresosi finalmente dalla sorpresa, cercò di divincolarsi e di colpire lo sconosciuto, ma quello svanì nuovamente.
“Si rallegri, signor Gojyo, lei sarà il primo. Un posto d’onore.”, disse, ricomparendogli di fronte.
“Verso dove inizia la follia, finirà per impazzire.”, ghignò, svanendo definitivamente.
Si. Era decisamente quello che non lo faceva dormire.
Gojyo posò gli occhi sul tavolo. Le carte da poker ancora sparse. Nemmeno questa volta era riuscito a vincere. Ormai avrebbe dovuto rinunciarci, vincere contro Hakkai sarebbe stato più difficile di veder nevicare d’estate in pieno deserto, però non gli importava.
Da troppo tempo lo conosceva, per sperare di poterlo battere, ma si divertiva lo stesso.
Scosse la testa, mettendosi a guardare fuori dalla finestra. Il cielo, con la luna piena che pareva un faro, era davvero troppo luminoso per aiutarlo a dormire…
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/Choan\
Un monastero come tanti, tra le montagne.
Una ragazza dai lunghi capelli vermigli raccolti in una treccia, stava guardando il sole tramontare.
Un uomo con un sutra sulle spalle, camminava lentamente lungo il corridoio aperto al giardino. Veniva venerato come una delle più alte cariche ecclesiastiche della sua religione, ma, infondo, a lui importava ben poco.
Non avere nulla… Se incontri un Buddha, uccidilo. Se incontri un tuo antenato, uccidilo. Non avere legami, non essere schiavo di nessuno .Vivi semplicemente per la tua vita.
L’unica vera lezione che il suo maestro e la vita erano riusciti ad impartirgli.
E a lui bastava… Infondo, solo questo gli poteva importare.
La ragazza udì i passi cadenzati dell’uomo. Sentì quasi il dovere di liberarsi da un peso…
“Venerabile Sanzo…”, disse, timidamente.
“Che c’è?”
“Volevo chiederle… Perché mi ha aiutato? Infondo io sono solo un tabù…”
“Una volta… Conoscevo qualcuno che ti assomigliava. Tutto qui.”, disse lui, con un tono decisamente inespressivo, anche se, in verità, la domanda, in una situazione normale, lo avrebbe lasciato perplesso. Lui, che in fin dei conti pensava solo a sé stesso, aveva salvato una persona che nemmeno conosceva…
Forse erano stati i capelli e gli occhi rubini di una figlia della proibizione, a fargli decidere di agire. Quegli occhi che non erano altro che normali occhi… e che erano in grado di mettere nella testa di quella stupida gente, altrettanto stupide supposizioni e superstizioni, arrivando al punto di voler uccidere una persona solo per il loro colore.
“Vuole dire… Un altro figlio della proibizione?”
“Si. E un rompiscatole come pochi.”, rispose, distogliendosi dai propri pensieri.
Shea stava per dire qualcosa, quando un monaco venne a chiamare Sanzo.
“Venerabile Sanzo, i Sanbutsushin vi attendono.”
“Ho capito. Shea, tu rimani qui.”
---
Gojyo posò le lettere sul tavolo. Aveva scritto in tutta fretta, ma non aveva tempo per andarle a consegnare di persona, né poteva attendere il rientro di Hakkai.
Doveva andarsene. Doveva andarsene subito.
Non poteva permettersi di mettere in pericolo la propria ragazza o il proprio migliore amico, solo per essersi fermato a far qualcosa che avrebbe potuto evitare.
Avrebbe solo voluto non doversene andare così all’improvviso, ma quello che era successo un’ora prima gli aveva fatto capire che non poteva aspettare.
Mentre preparava l’essenziale per partire, si mise a pensare a quello che era accaduto.
Come diavolo facevano quei demoni a sapere la frase che gli era stata detta da quello stranissimo sconosciuto solo due giorni prima?
E perché lo avevano attaccato così all’improvviso?
Gojyo cominciava a prendere sul serio l’intimidazione di quello strano straniero.
Nonostante la notte passata in bianco, si era convinto in uno scherzo o in qualcosa del genere…
‘I figli della proibizione sono il frutto di legami proibiti, e verranno utilizzati per scopi vietati con tecniche corrotte.’
‘Verso dove inizia la follia, finirai per impazzire.’
Le frasi dette da quei demoni, poco prima di attaccarlo, continuavano a ronzargli nella testa.
E non riusciva a non pensare nemmeno al fatto che quei due che lo avevano aggredito, erano stati davvero molto difficili da abbattere…
La cosa non gli piaceva per nulla, ma l’unica scelta che gli era rimasta, era cercare di capire cosa stesse accadendo, e, per farlo, doveva andare a nord.
---
Un paio di ore dopo Sanzo tornò indietro, con un’espressione indecifrabile in volto.
“Venerabile Sanzo… Cosa c’è?”, chiese Shea.
“Nulla.”, rispose seccato lui.
A dir il vero, gli era appena stato affidato un incarico. Molto importante.
Non era questo a seccarlo, ma erano stati alcuni dettagli della sua nuova missione a dargli fastidio.
{Poco prima, Shayoden.
“Vai a nord, verso Tomoko. Cerca informazioni su un demone chiamato Hirakuman Ken.”
“Temiamo stia cercando di creare un esercito invincibile attraverso incantesimi corrotti, per prendere il controllo sul mondo terreno.”
“Se i nostri timori si rivelassero fondati, il tuo compito sarà quello di bloccare Hirakuman Ken.”}
Si distolse dai suoi pensieri, preparando l’essenziale per partire.
“Partite?”, chiese la ragazza.
“Si.”, rispose lapidario lui, senza nemmeno voltarsi.
“Allora vi prego, fatemi venire con voi.”, disse lei, andandogli accanto.
“Non se ne parla.”
“Ve ne prego… Non saprei star qui, e non ho altro posto dove andare…”, disse lei insistentemente.
“Tsk, mi ricordi una rumorosa scimmia di mia conoscenza.”, mormorò dopo qualche istante Sanzo, seccato.
La ragazza non capì.
Lui si voltò finalmente verso di lei e la guardò negli occhi.
“Fa come ti pare.”, disse poi, voltandosi e uscendo.
---
/Un paio di giorni dopo.\
Sanzo, da solo in mezzo ad una piccola piazza, era alla presa con una decina di demoni. Sicari di Hirakuman Ken.
“Tsk, non c’è nulla da fare. Tutte le volte vengono in forze, convinti di poterne uscire vivi.”, disse al vuoto, mentre sparava quasi schifato ad alcuni di loro.
“Io questa voce la conosco.”, disse qualcuno.
Sanzo non riconobbe subito quella voce, nonostante gli fosse molto famigliare.
Improvvisamente un’azzurra barriera di Ki, deviò alcuni dardi, proteggendo il bonzo.
“Hakkai?”, chiese lui, stupito, vedendo il demone di fronte a lui.
“Sanzo! Allora sei davvero tu!”
“E chi credi che possa essere?”, chiese lui, mentre continuavano a battersi contro i sicari.
“Anche questo è vero.”, mormorò Hakkai, sorridendo, mentre una sfera del suo Ki uccideva due demoni di fronte a lui.
Qualche minuto dopo, tutti gli avversari erano stati annientati.
“Ne è passato di tempo dall’ultima volta…”, mormorò Hakkai con un sorriso.
“Già…”
“E Goku? Perché non è con te?”
“Solo perché è partito per un compito che gli è stato affidato. Per fortuna, ormai è abbastanza grande da permettermi di non dovermelo portare appresso.”
In quel momento arrivò Shea.
“Venerabile Sanzo… Cos’è accaduto?”
“Ah, sei tu. Hakkai, questa è Shea.”
“Piacere di conoscerla.”, disse gentilmente lui, nascondendo magistralmente la sorpresa.
“Il piacere è mio.”, replicò lei, con un gesto di saluto.
Pochi minuti dopo erano tutti nella casa di Hakkai e Gojyo.
“Kiuuuu!”, Hakuriu prese a volare per la stanza, come a salutare Sanzo.
“Hakuriu! Non pensavo che fossi ancora con questi due.”, disse Sanzo, vedendolo.
“He he, a questo punto Gojyo avrebbe sicuramente cominciato a borbottare.”, rise Hakkai.
“Perché, non abita forse con te?”
“Si… ma in questo momento non c’è”, mormorò il demone, cambiando d’un tratto umore.
Hakkai offrì ai suoi ospiti del caffè.
Shea declinò gentilmente l’offerta, rimanendo in piedi accanto alla porta.
Sanzo la guardò. Era evidente che la ragazza fosse a disagio.
“Hei, Shea.”, la chiamò.
“S-si?”, chiese, distogliendosi dai suoi pensieri.
“Vammi a prendere delle sigarette e della birra.”, disse, lanciandole la carta oro.
“Con permesso.”, disse Shea uscendo.
Hakkai stette per qualche attimo in silenzio, guardando Sanzo con uno sguardo che si spiegava da solo. Voleva certamente saperne di più su Shea.
“È solo una persona che ho aiutato. E che ora mi rimane incollata per ricambiare il favore…”, disse lui, quasi sconsolato, quando non ne poté più di quello sguardo.
“Su, non fare quella faccia. Ti sei comportato egregiamente, e vorresti rimpiangerlo?”
“Mi conosci. Non rimpiango facilmente quello che faccio.”
“E allora che problema c’è?”
“Che non sopporto la gente appiccicosa.”
Hakkai sorrise, ma poi abbassò lo sguardo.
“A proposito…”, il suo stato d’animo mutò improvvisamente, divenendo ora carico di ansia e nervosismo.
“Sanzo… Volevo dirti una cosa…”
“Perché questo tono mi puzza di richiesta d’aiuto?”
“Beh… In effetti…”, mormorò il demone, quasi imbarazzato.
“Scordatelo.”, disse lapidario Sanzo.
“Ho già abbastanza grane da solo, per aggiungerci anche le tue.”, continuò, alzandosi e facendo per uscire.
“Immaginavo che avresti risposto così. Però…”
“Si tratta di Gojyo, non è vero?”, chiese, fermandosi.
“Si. Temo sia in guai grossi.”
“Me lo aspettavo. Uno come lui non se ne sa stare lontano dai guai. È una vera seccatura.”
“Questa volta temo non sia colpa sua. Credo sia stato tirato in mezzo con la forza, in una storia che ho paura possa diventare davvero troppo pericolosa, anche per uno come lui.”
“Cosa intendi?”, domandò, voltandosi nuovamente verso di lui.
“Era già da un po’ di tempo che si comportava in un modo strano, e non capivo veramente cosa stesse accadendo. Senza contare il fatto che lui insisteva a non volerne far parola. Poi, due giorni fa, è scomparso, lasciando questa.”, mormorò, mentre tirava fuori una lettera da un cassetto.
La calligrafia veloce e quasi incomprensibile, dava l’idea di qualcosa scritto molto velocemente, probabilmente di getto, e da qualcuno con Lucifero in persona alle costole.
Per un po’ non ti darò più fastidio. Come sono certo che saprai già, sono in un casino, e non sono tanto sicuro di poterne uscire in fretta. Spero solo di non mettere nei guai anche te, stavolta. E, per favore, non ti intromettere. È diventata una questione personale.
E… Se vedi Lewy, ti prego, dalle quest’altra lettera… Io non ne ho avuto il tempo…
Gojyo.
“Non è da Gojyo comportarsi a questa maniera…”, mormorò Hakkai, quando Sanzo ebbe finito di leggerla.
“In che senso?”
“Andarsene di punto in bianco senza nemmeno salutare la sua ragazza.”
Sanzo lo guardò con un’aria di sufficienza.
“Non spererai che ti creda?”
“Lui è cambiato molto in questi anni, te lo assicuro. Non è più il donnaiolo di un tempo… Ha messo la testa a posto…”, disse, mentre accarezzava distrattamente Hakuriu.
“Tsk…”, Sanzo non credeva a una sola parola di quello che gli aveva appena detto Hakkai, ma lasciò perdere il discorso…
{/Choan, Shayoden\
“Per la strada è facile che tu incontri nuovamente i tuoi vecchi compagni di viaggio, Sha Gojyo e Cho Hakkai.”
“Non vorrete costringermi a viaggiare di nuovo con loro?”
“Se non te lo ordineremo noi, sarai costretto dagli eventi.”}
«Non mi piace. C’è qualcosa di cui sono all’oscuro… E quello che mi piace ancor meno che questo qualcosa temo c’entri con lo strano comportamento di quel Kappa pervertito.»
“A quanto ne sono venuto a sapere, l’hanno visto dirigersi verso nord.”, disse Hakkai, distogliendolo dai propri pensieri.
“E ho intenzione di andarlo a cercare.”, continuò dopo un istante.
“Verso nord, hai detto?”, chiese Sanzo.
“Si…”
“Tsk.”
“Cosa c’è?”
“Mi sto dirigendo anch’io verso Nord…”
“Beh, allora potrei venire con voi.”
“Scordatelo.”
“E perché? Infondo potrei esservi d’aiuto, senza contare il fatto che potrete usare Hakuriu per spostarvi. Credo che così sarebbe molto più veloce, oltre che più comodo. Non credi?”
Sanzo soppesò per un attimo le motivazioni di Hakkai.
“Fa un po’ come ti pare.”, disse, desistendo.
Hakkai sorrise.
“Però prima devo fare ancora una cosa…”, disse, prendendo in mano la lettera ancora sigillata.
“Non ho ancora avuto il coraggio di andarla a cercare…”, mormorò più a sé stesso che non al bonzo.
---
Hakkai bussò alla porta della casa di Lewy.
La ragazza aprì pochi istanti dopo.
“Hakkai! Dov’è finito Gojyo?”, chiese lei preoccupata, appena lo vide.
Un minuto dopo erano in casa.
“È da due giorni che lo cerco, ma non l’ho trovato da nessuna parte, e quando sono passata a casa vostra, non c’era nessuno…”
“Gojyo se ne è dovuto andare in tutta fretta. Per questo non è venuto a dirti nulla.”
“Andato? Dove?”
“Non lo so. Tutto quello che so è che ha lasciato questa per te.”
Hakkai porse la busta, ancora sigillata, alla ragazza.
Lei la prese timidamente in mano.
La guardò a lungo tra le sue dita affusolate e sottili. Aveva un bruttissimo presentimento.
Poi, con le mani tremanti, la aprì.
Mentre leggeva, gli occhi le divenivano sempre più lucidi.
“Gojyo…”, mormorò con un nodo alla gola.
“Fra poco partirò anch’io. Voglio andare a cercarlo. Ti prego,  prenditi cura della nostra casa.”, disse Hakkai, dandole le chiavi.
Lei le guardò per diversi istanti, senza dir nulla. Si vedeva che soffriva.
Hakkai si sentì quasi in colpa per lo stato d’animo della ragazza, ma, prima che potesse dire qualcosa, lei abbassò lo sguardo, parlando con una voce carica di agitazione e timore.
“Hakkai, ti prego, fallo tornare a casa… vivo.”, mormorò la ragazza con le lacrime agli occhi.
“Te lo prometto.”
Lewy alzò lo sguardo, ora più disteso.
“Ora devo proprio andare.”, disse il demone dagli occhi smeraldini, voltandosi.
“Hakkai… Un’ultima cosa…”, mormorò lei, fermandolo per un polso.
“Ti prego… Dagli questo.”, disse, mettendogli fra le mani una piccola scatola di metallo.
“A-avrei voluto regalarglielo il giorno del suo compleanno… ma non credo che tornerà in tempo…”, mormorò, con un nodo alla gola.
Hakkai guardò per un istante la scatola.
“Va bene. Ti prometto che gliela darò…”, disse con un sorriso, poco prima di uscire.
---
Gojyo si fermò un attimo a riprender fiato. Per ora li aveva seminati…
Era da ormai tre giorni che se ne era andato dalla città, ma il rimorso per non aver avuto tempo per salutare la propria ragazza, continuava a tormentarlo.
Si costrinse a non pensarci. Era in pericolo. Da quando aveva lasciato la propria casa, consistenti gruppi di demoni avevano iniziato ad attaccarlo, rallentando di parecchio il suo viaggio.
Ed erano tutti abili… molto abili. Ookami, il loro capo, poi, era molto pericoloso, e a stento Gojyo era riuscito a non venir catturato.
Le grida dei propri nemici lo risvegliarono dai propri pensieri.
Si stavano avvicinando. Non avrebbe evitato un nuovo scontro, lo sapeva. Si guardò attorno.
Non poteva rimanere in una via tanto angusta e probabilmente senza via d’uscita. Sarebbe stato un suicidio certo.
Guardò un attimo oltre l’angolo della via. Gli si raggelò il sangue nelle vene. Alcuni di quelli che lo stavano cercando, sembravano venire verso di lui, ma voltarono strada, entrando nella via prima.
Lui tirò un sospiro di sollievo e si guardò nuovamente intorno. Non sembravano esserci altri nemici.
Prese un lungo respiro, e poi uscì dal proprio nascondiglio, iniziando a correre dalla parte opposta.
Qualcuno lo vide, e richiamò gli altri. In pochi istanti, una ventina di demoni iniziò a rincorrerlo.
Poche centinaia di metri dopo entrò in una piazza, e notò con orrore che un’altra trentina di demoni lo aspettavano, con le armi in pugno. Si ritrovò accerchiato. Iniziò a scontrarsi, ma sapeva che i suoi avversari avrebbero avuto presto la meglio.
Anche se riusciva ad ucciderne parecchi, altri continuavano ad arrivare e mano mano erano sempre più forti e lui sempre più stanco.
Improvvisamente uno dei demoni che aveva alle spalle, gridò, svanendo in una nuvola di polvere.
Gojyo si voltò. Si ritrovò di fronte l’ultima persona che si sarebbe immaginato di incontrare.
Lo squadrò per un attimo.
Goku era cresciuto in altezza. Non molto per la verità, e questo contribuiva a dargli la stessa aria da scimmia di dieci anni prima.
“Gojyo?”, chiese stupito Goku, vedendolo.
“Hei, scimmia! È da parecchio che non ci si vede.”
“Non mi chiamo scimmia, pervertito di un Kappa!”
“Era da un po’ che nessuno mi chiamava così… Si può sapere che ci fai qui, stupida scimmia con lo stomaco al posto del cervello?”, domandò, tornando alle vecchie abitudini.
“Non sono affari tuoi. E poi potrei chiederti la stessa cosa.”, disse indispettito.
“Heh, vedo che sei diventato malizioso. Ben per te. Ora però ti conviene andare… Quelli sono i miei nemici, non i tuoi.”
“Ma nemmeno per sogno! Cos’è, ti vuoi divertire tutto da solo?”
Gojyo sorrise ed un istante dopo alzò le spalle.
“Si, sei davvero tu. Se ci tieni tanto accomodati, ma poi non dire che non ti ho avvisato.”
I due cominciarono ad attaccare i nemici.
“Questi sono davvero forti… Eh, Gojyo?” , disse poco dopo Goku, voltandosi verso l’amico.
Lui, alle prese con quello che sembrava essere il loro capo, non rispose.
Il demone che aveva di fronte, aveva bloccato la Shakujyo e la sua mezzaluna con delle catene che sembravano spuntargli dalle spalle e dalle braccia e che avevano imprigionato anche i polsi del kappa. Gojyo faticava non poco a respingerlo.
“Allora. Non pensa sia arrivato il momento di arrendersi, signor Gojyo?”
“Non farmi ridere.”
“Ah, così è ancora questa la sua risposta… Bene, vorrà dire che questa volta le darò un assaggio di quello che la aspetterà se ci farà perdere ancora tempo.”, disse quello, arretrando di un passo e mollando la Shakujyo.
Tutte le catene iniziarono ad allungarsi verso il mezzo demone. Come pesanti ma veloci fruste, iniziarono ad attaccarlo. Gojyo parò i primi colpi con la Shakujyo, ma quelle catene lo bloccarono nuovamente.
“Scacco matto, figlio della proibizione.”, disse quasi pacato Ookami, mentre un gruppo di catene si avvicinava con estrema velocità a Gojyo.
Lui venne colpito in pieno fianco, andando a sbattere violentemente contro un muro, che andò in pezzi.
“Gojyo!”, Goku rimase sorpreso nel vedere la forza di quel demone e nel vedere l’amico sotto il cumulo di macerie.
Seppur barcollante, Gojyo si rialzò, impugnando di nuovo la propria arma.
“Bene. Vedo che non la ho ancora messa a terra… Ora però mi perdoni ma sono stato incaricato di fare una prova… molto importante.”, ghignò il nemico, mentre dal palmo della sua mano sembrava scaturire una lieve luce.
Prima che Gojyo avesse modo di accorgersene e di schivarla, una specie di freccia di luce lo colpì ad una spalla. Lui se la strinse, dolorante, e il dardo scomparve. Non scomparve però il dolore, che, anzi, sembrò accentuarsi.
Gojyo cedette lievemente, cadendo su un ginocchio.
“Gojyo! Resisti!”, gridò Goku.
Lui aprì gli occhi, ansimante. Alzò lo sguardo e vide la scimmia combattere.
“Umpf… Sei davvero una scimmia rompiscatole.”, mormorò con un sorriso quantomeno enigmatico.
Poi, cercando di non pensare al dolore, riuscì a rialzarsi in piedi.
“È tenace, a quanto vedo. Bene, questo dimostra che è esattamente quello che serve ai nostri scopi.”, disse Ookami.
“Bene, andiamo!”, gridò ai propri sottoposti. Quelli si bloccarono all’istante, facendogli un educato cenno di intesa, pochi istanti prima di svanire.
“Per ora non abbiamo ancora fatto sul serio, per il semplice fatto che abbiamo ancora parecchio lavoro da fare, ma la prossima volta vi porteremo via con noi. Vedrà, lei sarà un bel souvenir per il nostro signore.”
“Dannato…”, mormorò Gojyo, con uno sguardo infuriato.
“Si ricordi. Questo era l’ultimo avvertimento.”, disse quasi austero l’avversario, svanendo in un polverone.
“Gojyo! Tutto a posto?”, chiese Goku, preoccupato, andandogli velocemente vicino.
Lui lo guardò con uno strano sguardo, pieno tanto di curiosità quanto di amicizia.
“Hei, scimmia… Sei cresciuto…”, mormorò, con un sorriso sincero e quasi affettuoso, anche se sofferente e sfinito.
Un istante dopo cadde a terra, privo di conoscenza.
“Gojyo!”

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