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Autore: swimmila    14/06/2018    21 recensioni
Non voglio alleggerire il peso dei miei errori. Non voglio sconti per le mie colpe. Non voglio comprensione, né giudizi. Desidero solo dar voce al mio cuore di padre.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: André Grandier, Generale Jarjayes, Oscar François de Jarjayes
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Piangeva, il Generale

 
Camminava, il Generale. Avanti e indietro nel suo studio. Falcate lunghe come un’attesa. Snervate come un’angoscia. Infernali come l’orrore. Ferali come la lealtà.
Si agitava, il Generale. Come un animale braccato. Come gli ultimi lampi di fierezza prima della morte. Come uno strazio imbrigliato nell’orgoglio.
Sudava, il Generale. Una pozza di disperazione nella divisa. Una gora di degrado nell’onore.
 
Arriviamo a palazzo Jarjayes che è già buio. Smontiamo dai cavalli. Entriamo nelle scuderie.
Siamo silenziosi, inquieti. Sappiamo che dopo quanto accaduto oggi pomeriggio nulla potrà più essere come prima.
Ho ancora negli occhi la tua figura fiera, ritta, immobile, sola. Quanto ti ho amata. Per il coraggio delle tue braccia allargate contro un ordine della Corona. Per la tua esile, breve vita offerta in cambio dello spessore secolare dell’assolutismo. Quanto ti ho amata, in quel silenzio drammatico che ha segnato una cesura nella Storia.
E quanta ammirazione per il Comandante Girodel, che nel momento della decisione ha scelto la tua.
 
La guardava, il Generale. Dalla fedeltà della finestra, sua figlia ribelle.
Li osservava, il Generale. Di affiatamento muti, i loro gesti cresciuti nel plurale.
Lo sentiva, il Generale. Accerchiargli la gola il nodo dell’ineluttabilità.
Era immobile, il Generale. Dita convulse dietro una schiena impassibile.
Piangeva, il Generale. Lacrime asciutte di disciplina.
 
Accarezzo i cavalli per togliere loro di dosso una tensione che è nostra: indugio con la mano sul manto accaldato di César; sul muso umido di Alexander. Sospiro di un nervoso pesante, credendomi solo. Mi sbaglio. Un fruscio alle mie spalle mi dice che sei rimasta dietro di me. Mi volto. Il silenzio fra di noi si spande in una convulsione di parole.
La consapevolezza del tuo gesto scolpito sui nostri visi.
Muoviamo gli stessi passi in direzioni opposte. Ci fermiamo allo sfiorarsi delle nostre mani.
I tuoi occhi, pieni di parole non dette. Liquidi di tempo che sta per scadere.
I miei, fermi di certezza. Saldi. Di imperituro amore.
 
Barcollava, il Generale. Nel solco della sua reputazione.
Lo sapeva, il Generale. Di non potersi sottrarre al suo dovere.
Lo odiava, il Generale. L’onere del suo nome.
Ricordava, il Generale. Un pianto disperato di nascita e temporale. La sfida, nel silenzio sanguinante di un labbro spaccato. La serietà, nell’adolescenza in divisa. La responsabilità, negli anni della spensieratezza.
Piangeva, il Generale. Lacrime secche di rigore.
 
Alzi una mano a sfiorarmi la guancia. Mi arrivi fino al cuore. Ed è lì, che trovo il senso di questi nostri ultimi mesi.
I tuoi silenzi densi di timore. L’incanto nel tuo sguardo su di me quando lo credevi clandestino. Un fremito a sfumare la tua voce quando incrociava la mia. La tua schiena: a schermirmi la tua anima; a nascondermi i tuoi pensieri; a celarmi la vastità della tua paura di fronte a parole che non sai affrontare se non con la fuga.
Le dirò io per te.
Alzo una mano a trattenere la tua. Le mie labbra, nell’incavo della tua carezza. Il crollo, nell’azzurro liquefatto dei tuoi occhi.
Le nostre parole. Zitte d’amore. Monche di futuro. Aspre di rimpianti.
 
Lo sentiva, il Generale. Quel bussare sulla porta, battergli sul petto.
La percepiva, il Generale. Di sua figlia, la calma tumultuosa riempire lo studio.
Aspettava, il Generale. Che la ribellione si accomodasse sullo scranno della morte. Che il coraggio armasse la sua mano. Che i suoi pensieri smettessero di frignare.
Piangeva, il Generale. Lacrime aride di uniforme.
 
“André, che cosa è successo? Quando il Generale mi ha chiesto di Madamigella Oscar aveva un viso tirato”
Come le fibre del mio corpo. Come la tua voce piena di tensione.
“Che cosa vuoi che sia successo, nonna? Ti preoccupi sempre troppo”.
Come la risposta che fingo di non avere.
 
L’ammirava, il Generale. Di quella figlia, la dedizione ai suoi soldati. Di quel perdono, la dignità nella sua richiesta.
Lo sentiva, il Generale. Farsi pavido, il braccio. Annaspare il cuore, nel travaglio dell’onorabilità.
Le udiva, il Generale. Le proprie parole, di orgoglio indurite.
Lo cercava, il Generale. Il punto più indolore dove fermare quella vita.
Piangeva, il Generale. Lacrime nascoste nella divisa.
 
L’ultimo gradino sotto i miei passi. La calma sulla maniglia. Il Generale, in piedi dietro Oscar. Lei, seduta nello stordimento dell’obbedienza. La spada del Generale sollevata. La mia presenza invisibile nel loro attimo di eternità. Il mio tuffo su un braccio incerto. La mia serenità che collutta con la sua offesa.
 
L’ammirava, il Generale. Di quell’uomo, la fedeltà che ha la forza di divenire insubordinazione.  Della sua docilità, il coraggio di farsi rivolta.
Lo temeva, il Generale. Quell’amore libero e sublime. Oltre la superbia di un padre accecato di princìpi.
Tremava, il Generale. Alla vista di quella pistola consegnatagli insieme alla sua vita.
Piangeva, il Generale. Lacrime ferme di autocontrollo.
 
“Allora se ci dovete uccidere, uccidete prima me. Perché se mi uccidete dopo, sarò costretto ad assistere alla morte della donna che io amo”.
 
La invidiava, il Generale. Di quell’uomo, la pace perfetta di un animo che non conosce dubbi.
Si dibatteva, il Generale. Nel miasma irrespirabile della propria esitazione.
La sentiva, il Generale. L’irresolutezza sollevargli ancora il braccio.
Piangeva, il Generale. Lacrime morte di prestigio.
 
“Farò come vuoi, André…..”.
 
Un dolore afono nella gola. La mia mano sull’elsa. Le uniche parole che conosco. Il clangore della mia spada svestita. Senza più riserve, la mia abiura.
 
Non ti vedo. Sei in piedi dietro di me. Io, in ginocchio davanti a questa scena apocalittica. Non hai emesso un fiato. Ma sento la tua spada prepararsi a difendermi. Le parole che conosci. La paura che non hai più.
 
“……ti lascerò…andare via con mia figlia, se è questo che vuoi.”
 
Lo udì, il Generale. Il tonfo, per terra, di due spade sgomente.
La riconobbe, il Generale. Stremata, al fine, la propria resa.
 
Siamo tutti in piedi, immobili di stupore. Non ancora una parola a cancellare l’eco sbigottita della capitolazione di tuo padre. Non un gesto, ad incidere la solidità dell’aria.
 
I miei passi a colmare la distanza. Il vuoto che diventa mano. Le mie dita intrecciate nelle tue. Il mio posto, qualunque cosa accada.
 
Sento la tua mano raggiungere da dietro la mia; fondere le nostre dita con l’urgenza del sollievo. Mi tieni stretto, mi stritoli di promessa e di angoscia. Nella fissità di questo oblio, le nostre mani pulsano di vita.
 
Lo scrutava, il Generale. Quell’incontro indissolubile di dita predestinate.
Grondava, il Generale. Sudore rivestito di colpa, per quell’unione rivestita di ritardo.
Piangeva, il Generale. Lacrime di onore svestite. Di uomo profumate.
 
Nella mente, il pensiero dei miei soldati da salvare.
Nella coscienza, il presagio di una morte solo di poco rimandata.
Con le dita, a tenermi il mio uomo.
Negli occhi, la dignità di un Generale solitario.
Con il cuore, a ricambiare l’amore di questo mio magnifico padre.
 
Pianse, quell’uomo. Lacrime verticali su scisti di dolore.
Pianse. Lacrime pudiche di gioia inesperta. Lacrime liquide di redenzione. Lacrime vive di sollievo.
Pianse, quel padre. Lacrime di un amore beffardo di regole.
 
 
Un lampo, a strappare il cielo. Il tuono, a riempirlo di dolore. Una voce, gridata al limite della rottura.
“Aprite! Ho un messaggio di Sua Maestà la Regina, aprite!”.
   
 
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