Winged~
Il crepitio della fiamma dell’accendino
sull’estremità della sigaretta e il conseguente
odore di fumo, che iniziò a impregnare l’aria
nella stanza, lo risvegliarono dal torpore del sonno. Lysandre
mugugnò infastidito e strinse palpebre e narici.
«Ho aperto la finestra» brontolò Castiel
per giustificarsi, sentendolo rigirarsi tra le lenzuola.
La sua svogliatezza sarebbe divenuta presto proverbiale,
si
ritrovò a pensare. Aprì con cautela un occhio per
guardare e realizzare dove fosse rivolto: in fondo, oltre il divano e
il tavolino, vi era la porta chiusa e sulla la parete bianca la luce
del sole colpiva direttamente il poster – un due pagine di un
giornaletto per ragazzine – dei Winged Skull.
Ancora quell’orrore…
Sospirò rassegnato.
Pur condividendo le stesse preferenze in fatto di musica, Lysandre
tendeva meno a farne un vanto e… Davvero, quella roba era un
insulto al buon gusto, checché ne dicesse Castiel.
Passò una mano sul volto assonnato, abbandonandosi ad un
piccolo sbadiglio. Leigh avrebbe anche lasciato loro casa libera senza
troppi problemi, ma il chitarrista preferiva la privacy concessagli dal
lavoro di entrambi i genitori. Il fatto che questi amassero tornare a
casa senza previo avviso – per ottenere
quell’effetto “sorpresa” di cui la
signora andava pazza e che faceva ogni volta uscire fuori dai gangheri
il figlio – non era servito a dissuaderlo dal cambiare luogo
per i loro incontri; tuttavia, la fortuna era dalla loro e durante
quelle poche occasioni la scusa del “fermarsi a dormire da un
amico” funzionava anche troppo bene.
Lysandre alzò gli occhi al soffitto. Chissà
perché, poi, Castiel si ostinasse a tenere quel poster, a
premurarsi – addirittura! – di incollarlo
ogniqualvolta si staccasse dal muro: la carta, già di bassa
qualità in origine, continuava ad essere intaccata dal tempo
e dalla polvere; ma era inutile questionare: i suoi gusti musicali
erano sacri.
Ricordava ancora e bene quante ne avessero passate per strapparlo dal
mensile di gossip di Iris. «Non capisci, Lys», gli
aveva detto allora, «È la foto dello shooting del
loro album migliore!» E poi aveva aggiunto qualcosa come
“Guarda la chitarra, la chitarra! Questa ha fatto la storia
del grunge e tu la schifi così!”. Lysandre aveva
anche tentato l’azzardo, proponendogli di chiederlo
cordialmente alla proprietaria, ma – ovviamente –
Castiel era stato irremovibile: «Eh, cosa ci vorrà
mai! Non se ne accorgerà nemmeno!». No, che non se
n’era accorta… Almeno da quel che ne sapeva
Castiel; poiché Iris, invece, l’aveva saputo
– eccome – ed era stata anche abbastanza
intelligente da parlarne con lui, più mansueto e discreto
del cagnaccio che si ritrovava come migliore amico – e
ragazzo.
Lysandre stiracchiò con un mugolio braccia e gambe e si
voltò verso Castiel, nonostante il fumo che avrebbe
direttamente respirato – come se i suoi baci non ne fossero
già abbastanza pieni.
«Vuoi fare un tiro?» gli chiese lui con un mezzo
ghigno.
Non si prese il disturbo di rispondergli: era più una
domanda retorica, una presa in giro tra loro, che Castiel si prendeva
la libertà di fare con buona pace di Lysandre che non
riusciva mai a dirgli no.
Il chitarrista, in fondo, non era che un tenerone, ma far emergere quel
lato era un’impresa pari al sollevamento di una montagna:
impossibile. A Lysandre non interessava certo cambiarlo, altrimenti
tutto avrebbe perso di senso; tuttavia, a volte, si ritrovava ad essere
quell’azione che provocava una breccia nel suo caratteraccio.
Così, gli sorrise mite. «Buongiorno anche a
te».
Castiel rise divertito. «Sì, grazie»
disse senza ricambiare l’augurio e diede un altro tiro alla
sigaretta con l’accortezza di espirare lontano da lui.
Proprio a causa di quei piccoli gesti non era mai riuscito a rivelargli
quanto in realtà detestasse quel suo vizio, quanto
quell’odore gli pizzicasse naso e gola. Quanto, nonostante
tutto, ne era diventato dipendente e quanto spesso, ormai, lo cercasse
nella sua bocca.
La finestra aperta non bastava ad evitare di respirare quel veleno, ma
almeno il ricambio d’aria avrebbe lasciato la camera meno
impuzzolentita dal fumo.
Lysandre seguitò ad osservare la punta incandescente della
sigaretta consumare a poco a poco tutto il sottile cilindro. Socchiuse
gli occhi, rilassato, e si godette la vista del profilo del suo viso,
degli occhi persi a scorrere i messaggi sul cellulare, delle labbra che
stringevano e lasciavano il filtro, delle sue braccia e del torso nudi
e ben definiti, delle gambe rilassate sulle lenzuola sfatte.
Castiel posò il telefonino accanto alla radiosveglia sul
davanzale e gli rivolse un’occhiata ammiccante, giusto per
renderlo consapevole che quella minuziosa ispezione non era di certo
passata inosservata, anzi: era stata anche piuttosto sfacciata.
Lysandre arrossì appena di una vergogna non più
genuina, come le prime volte, ma più giocosa e partecipe,
suscitando il riso sulle labbra del compagno.
Dalla luce che entrava nella camera probabilmente erano già
passate le otto e, come sempre accadeva in quelle occasioni, non
sentì alcuna necessità di alzarsi: le notti che
trascorrevano insieme avevano sfasato la sua impeccabile sveglia
biologica e lui aveva preso la brutta abitudine di crogiolarsi nel
letto più di quanto credeva di poter sopportare; con grande
soddisfazione del chitarrista che, avendo il sonno leggero, mal
sopportava i suoi orari da “canto del gallo”
– letteralmente.
«So che ti è difficile resistere al mio fascino,
ma abbiamo appuntamento con la band tra qualche ora». Castiel
spense la sigaretta nel posacenere sul davanzale e tornò a
stendersi accanto a lui.
Lysandre lo lasciò libero di accarezzargli gli zigomi, la
bocca e il collo, in punta di dita o con le nocche della mano. Castiel
stirò le labbra in un mezzo sorriso, compiaciuto per
quell’abbandono e mordendosi l’intero di una
guancia con una punta di frustrazione.
«Non sei tu la parte responsabile tra noi due?»
Arcuò un sopracciglio, riprendendolo con una finta
severità che vacillò nell’incrociare il
suo sguardo disarmante, così perso e quieto.
No, non ne aveva voglia. Lysandre annegò
nell’argento vivo e liquido degli occhi di lui. No, non aveva
voglia di alzarsi.
Di abbandonare quel letto, almeno, e quei momenti. Quei rari momenti in
cui il suo migliore amico sbrogliava le redini con cui frenava i
sentimenti che provava ma difficilmente mostrava.
Ma sapeva anche che, se fosse dipeso da Castiel, avrebbero poltrito per
tutta la mattinata e, purtroppo, quell’impegno era abbastanza
urgente ed importante, dato che riguardava le ultime prove prima della
loro prossima esibizione dal vivo in un piccolo locale in centro.
Atteggiò le labbra in un forzato sorriso e si
puntellò su un braccio per sollevarsi dal materasso. Il
contatto reciso lasciò un vuoto nello stomaco e freddo sulla
pelle, così tentò di concentrarsi sulla ricerca
dei vestiti, che fortunatamente erano finiti sul divano accanto invece
che sul tappeto.
Fece per sporgersi ad afferrare gli indumenti, quando si
sentì osservato: lo sguardo di Castiel risalì
dalla base della schiena, su fino alle spalle per ancorarsi proprio in
quella zona con insistenza.
«Sai», attaccò il ragazzo con un
mugugno. «Mi sono sempre chiesto se tu non l’abbia
fatto per me».
Lysandre ridacchiò. Che arrogante! Così sicuro di
sé – irresistibile.
«Per via dei Winged
Skull, intendi?» gli chiese, gettando un’occhiata
veloce dietro le spalle.
Castiel emise un suono che venne interpretato liberamente come assenso.
«Be’… Winged…
Ali…» spiegò vago.
Rise di gusto; ma la mattina non aveva altro a cui pensare?
Il chitarrista si morse il labbro inferiore, un po’ irritato:
no, certo che non era quello il motivo; anche se il collegamento
risultava davvero ironico.
«Ma avrei preferito qualcosa di meno…»,
tornò a insistere.
«Appariscente?» Lo aiutò Lysandre,
arcuando un sopracciglio con aria canzonatoria.
«Eccessivo», concluse Castiel, non dandogli sazio.
Con i polpastrelli prese a tracciare le linee nere, lungo tutta la sua
schiena, facendolo rabbrividire e accelerare il respiro. «Non
è da te questa… Quest’ammasso
così poco raffinato. Ti fa tanto schifo il mio poster e
poi… Ti fai tatuare tutte queste ali sulla schiena? Pensi
che un solo paio non basti a volare?»
«No. Non sono tutte, sono solo-», ci tenne a
specificare, ma la voce gli si spezzò in un gemito di
sorpresa quando Castiel aggiunse la punta della lingua per aiutarsi a
disegnarlo meglio.
C’erano una volta le buone intenzioni…,
si
raccontò Lysandre con ironia nel vano tentativo di domare la
tensione che iniziò a incendiargli il sangue.
«Castiel» lo chiamò in un ansito. Doveva
fermarlo, no? Non pregarlo di continuare quell’umida
esplorazione.
Un mugugno fu l’unica risposta che ricevette. Forse le parole
erano rimaste intrappolate tra la propria pelle e le sue labbra, o i
suoi denti, o la sua lingua.
Sì, certo…
Lysandre reclinò la testa di lato e indietro, adagiandola
sulla sua spalla, per esporre il collo alle sue attenzioni.
Castiel lo trasse a sé con un braccio sul petto e attorno
alla vita, intrappolandolo nell’abbraccio.
«Vediamo se sono bravo a indovinare» gli
sussurrò all’orecchio in un soffio caldo e roco.
Tirò tra i denti il lobo e poi lo succhiò.
«Rappresenteranno qualcosa, conoscendoti».
Non era una domanda, ma Lysandre si morse la lingua per frenarsi
dall’annuire: non gliel’avrebbe data vinta,
né si sarebbe fatto prendere in giro tanto facilmente.
Portò una mano tra i suoi capelli, strattonandogli la nuca
per far scontrare con voracità le loro labbra, invadendo
quella bocca da cui uscivano parole spesso a sproposito.
Sapeva ancora della sigaretta che aveva fumato e mugolò
assuefatto, dal fumo e dalle sue carezze che si erano spinte oltre
l’addome.
Castiel si credeva tanto figo quando faceva così, quando lo
piegava al suo volere soltanto per evitare di esporsi. Era un
atteggiamento infantile che Lysandre aveva imparato a conoscere prima e
ad accettare poi, sopportando in silenzio per utilizzarlo
così a proprio vantaggio: era l’unico modo per
arrivare a toccarlo dove più era fragile; a Castiel piaceva
prendere l’iniziativa ma non ammettere che era lui, tra i
due, a desiderarlo di più, a volerlo quasi con disperazione.
Lysandre si lasciò spingere di schiena sul letto sfatto,
finalmente libero di far scorrere le mani sul suo corpo, saggiando la
compattezza dei muscoli sotto la calda pelle.
«Non ti servono delle stupide ali: voli già fin
troppo di tuo» fu l’ultimo commento di Castiel, che
ghignò e si abbassò tra le sue cosce.
*
«La libertà di essere, di
esistere come qualcosa
di simile ad altri ma differente» mormorò Lysandre
con la testa affondata nel cuscino.
Castiel lasciò perdere la rotellina dell’accendino
con cui stava martoriando il pollice e la sigaretta ancora integra che
pendeva dalle labbra. Gli lanciò uno sguardo perplesso
– eh, sì, che era abituato alle sue stranezze!
Il cantante non rispose all’occhiata interrogativa con cui
venne squadrato, ma allungò un braccio per aiutarlo:
sfilò dalle sue dita l’accendino, diede un colpo
alla rotellina e la fiammella apparve in uno sfrigolio di scintille.
Quando lui ne ebbe usufruito, lo rese al suo palmo teso e attese un suo
commento sarcastico, che stranamente non arrivò.
«Ogni paio ha il suo significato particolare, ma è
l’insieme il fulcro di tutto» spiegò
Lysandre, divertito. «Quello che tu hai definito poco
gentilmente come “ammasso”».
«Perché lo è»,
sottolineò l’altro con sguardo furbo.
«Potrei sentirmi offeso».
Castiel strinse le labbra in un sorriso canzonatorio e consapevole,
continuando a fumare tranquillo.
Lysandre scosse piano la testa e i suoi occhi vennero catturati
dall’ora segnata dalla radiosveglia. «Ah,
dannazione!»
Il chitarrista ridacchiò per la concitata esclamazione,
pulita nonostante il tono allarmato; ma il divertimento durò
poco: la sigaretta venne strappata via da sotto il proprio naso e
spenta in malo modo nel posacenere dalle sue belle dita affusolate.
L’imprecazione gli morì in gola: le mani di
Lysandre potevano far concorrenza a quelle di una ragazza per quanto
lì la pelle era liscia e morbida; soltanto piccole
macchioline d’inchiostro e qualche rilievo nelle zone in cui
teneva la penna testimoniavano come non fossero, poi, così
perfette.
Quello non era proprio il momento, sbuffò
irritato dalla
facilità con cui in sua presenza sbolliva
l’incazzatura.
«Siamo in ritardo» Lysandre lo riportò
alla realtà, guardandolo come fosse tutta colpa sua.
«Tu», sbraitò
Castiel, «sei un
grandissimo rompicoglioni, altro che ali!» Purtroppo, si
morse la lingua in ritardo e ormai la bomba era stata sganciata.
Il cantante credette in un primo momento di aver sentito male, poi
comprese che no, era tutto vero ma impossibile e scoppiò a
ridere. Quando ebbe pietà del suo rabbioso imbarazzo, lo
scavalcò con una gamba per sedersi sopra il suo stomaco e
non perdersi alcuna sfumatura delle sue espressioni, né
alcun luccichio nei suoi occhi.
«Credevi fossi un angelo per via del tatuaggio?»
Aggrottò la fronte, ancora divertito.
Castiel borbottò tra i denti stretti: meglio non rivelare
cosa gli passasse per la testa in quei momenti.
Non poteva di certo dirgli che quegli occhi così diversi e
magnetici l’avevano dapprima spaventato e attratto
irrimediabilmente già dalla prima volta che li aveva
incrociati. Né che adorava immergere le dita in quei fili
sottili, stringerli e scompigliarli per distruggere
quell’aura di irraggiungibile perfezione che sempre lo
circondava – e baciarlo per lo stesso
motivo, farlo gemere e
arrossire per lo stesso motivo. Né che quando gli
sorrideva
in quel modo – nel modo di chi
è riuscito ad
aggiudicarsi la vittoria, nonostante probabilmente ci avesse rimesso
più dell’avversario – lo mandava fuori
di testa, lacerandolo tra la voglia di ucciderlo seduta stante e quella
di scoparselo di nuovo, perché sì.
Cazzo, sì.
Grazie per essere arrivati fin qui ♥
Spero che la one-shot vi sia piaciuta ^^ So che la coppia non è molto gettonata, ma a me piacciono tantissimo in entrambe le versioni, sia semplici migliori amici che amanti ;)
Qualche nota, giusto per chiarezza:
- Il poster dei Winged Skull non c’è nell’immagine ufficiale della stanza di Castiel, ma l’ho posto nella parete che non vediamo.
- Il grunge come genere preferito di Castiel è riportato nella wikia, anche se non ricordo più la fonte (forse l’artbook?).
- La madre di Castiel che non fa sapere al figlio quando rientra a casa con il marito è solo un mio headcanon.
Calime