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Autore: ciredefa    27/06/2018    5 recensioni
« Se è per tutta la cazzata del ‘io sono debole’ ti ho già detto come la penso » incrociò le braccia, « sei forte, e non c’è bisogno di farsi tutte queste seghe mentali, Eijirou ».
Kirishima si grattò la nuca « ce l’ho dipinto in faccia, vero? » e il biondo annuì.
« Hai ragione » si alzò in piedi « mi dispiace averti disturbato per questa stupidaggine, sono un idiota ».
« Non sei un idiota » proferì il biondo. Kirishima accennò un sorriso, mentre apriva la finestra per tornare nella sua stanza « buonanotte Katsuki ».

{ VINCITRICE DEL PREMIO MIGLIOR IC | KiriBaku | !Spoilers per chi non segue il manga! | Storia partecipante al contest “Friends to lovers?” indetto da Ayumu Okazaki sul forum di EFP!}
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Katsuki Bakugou, Kirishima Eijirou
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Nickname su EFP e sul forum: Rain_Elfwand sul forum, Olivina su EFP.
Fandom: Boku no hero Academia/My Hero Academia
Personaggi e pairing: Kirishima Eijirou, Bakugou Katsuki, KiriBaku.
Note dell'autrice: hurt/comfort lieve, missing moments e tanti spoiler per chi segue solo l’anime. Questa storia partecipa al contest Friends to Lovers? indetto da Ayumu Okazaki sul forum di EFP. Buona lettura~

 

With the exception of you, I dislike everyone in the room

 
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« Se hai bisogno di me, bussa al muro tre volte, okay? » questa fu l’ultima frase che disse Kirishima prima di sfoggiare un grande sorriso a Bakugou e chiudere la porta della stanza nuova di zecca. « Hmph », non diede troppo peso a quelle parole all’inizio. Come se lui avesse bisogno di qualcuno per qualsiasi cosa.
Ma ben presto i tonfi al muro del suo letto si fecero sentire. Prima, dopo le lezioni « Senti Bakugou … mi potresti dare una mano con l’esame? » chiese il rosso fissandosi la punta dei piedi. Bakugou alzò un sopracciglio e lo fece accomodare nella sua stanza, dove passò le quattro ore seguenti ad insegnare a quel testardo di Kirishima qualche formula di matematica.
La cosa si protrasse inevitabilmente nel tempo: ogni pomeriggio si ritrovavano insieme dopo le lezioni, a studiare o a giocare ai videogiochi, oppure a fare una passeggiata nei dintorni della scuola con molta tranquillità, quasi anomala per Bakugou. Non riuscì ad opporsi all’irriverenza con cui Kirishima si presentava alla sua porta ogni giorno con qualcosa di differente da fare e ciò che lo lasciava sempre di stucco era che la sua compagnia non gli dava per nulla fastidio, anzi. Si trovava stranamente bene con il rosso: in qualche modo non si sentiva … giudicato? Non lo sapeva nemmeno lui. Quando Kirishima veniva a studiare con la sua tenuta da ‘per imparare devo stare comodo’ con i capelli vermigli che gli sfioravano le spalle, t-shirt bucata di qualche band metal e pantaloni della tuta di un taglia più grande di lui, nonostante più Bakugou ci provasse e più Kirishima non capisse nulla di legami di chimica, si stava bene. Stavano bene, insieme.
Poi i tre colpi sul muro arrivarono anche di notte. Katsuki si svegliò di soprassalto, con il viso illuminato dalla notifica blu del suo cellulare: “ehi, scusa l’ora” recitava il messaggio “ti dispiace uscire sul balcone?”.
Fosse stato qualcun altro l’avrebbe già mandato a quel paese. Ma ci fu qualcosa che lo fece alzare dal suo letto e lo fece uscire, visibilmente assonnato e spettinato più del solito. Trovò Kirishima appoggiato al parapetto del balcone, con lo sguardo cupo e perso nel vuoto.
« Oi » Bakugou richiamò la sua attenzione. Kirishima si girò e nei suoi occhi lucidi si accese un scintilla.
« Ehi! »
« Cosa c’è? »
« Oh … nulla. »
« Come nulla? »
« Ti sei preoccupato? »
« Sono le tre del mattino, hai bussato tre volte » fece spallucce.
« Effettivamente » ridacchiò, « non riuscivo a dormire e volevo un po’ di compagnia, tutto qui » sorrise. Ma non era il solito sorriso di Kirishima, che da solo poteva illuminare una stanza intera: era dipinto di un certa tristezza, o qualcosa di simile.
« Sicuro? » il tono di Bakugou era dubbioso, sentiva che l’altro non gliela raccontava giusta, ma insistere non sembrava una buona idea nemmeno a lui, che di sentimenti e di amicizia ci capiva ben poco.
« Sì, sicuro » e la voce di Kirishima s’incrinò un po’.
« Se è per tutta la cazzata del ‘io sono debole’ ti ho già detto come la penso » incrociò le braccia, « sei forte, e non c’è bisogno di farsi tutte queste seghe mentali, Eijirou ».
Kirishima si gratto la nuca « ce l’ho dipinto in faccia, vero? » e il biondo annuì.
« Hai ragione » si alzò in piedi « mi dispiace averti disturbato per questa stupidaggine, sono un idiota ».
« Non sei un idiota » proferì il biondo. Kirishima accennò un sorriso, mentre apriva la finestra per tornare nella sua stanza. « Buonanotte Katsuki ».
Quella serata sul balcone fu al limite di un’esperienza mistica.

Nei giorni seguenti il comportamento di Kirishima divenne molto strano, a detta di Bakugou. Non che si comportasse in modo normale di solito, ma cominciarono a farsi notare dei cambiamenti che lo lasciarono perplesso. L’altro lo osservava e quando il biondo lo notava distoglieva immediatamente lo sguardo; aveva cominciato anche a fare delle osservazioni molto strane.
Durante il pranzo Kirishima se ne uscì con « Sai che hai degli occhi davvero belli? », a cui Bakugou riusci a rispondere solo con un confuso e sonoro « Eh?! ».
« Ahah, era solo un osservazione scema » si difese il rosso, « scommetto anche che somigli più a tuo padre, no? » chiese, per sviare un po’ il discorso.
« Pfft, anche no » Bakugou incrociò le braccia, « mia madre ».
« Davvero?! Cavolo, non l’avrei mai detto » prese un boccone di riso, « mi piacerebbe conoscerla, un giorno ». Bakugou scosse la testa, « fidati, non vuoi » e continuarono il pranzo parlando del più e del meno.
Kirishima cominciò anche a tenere una certa distanza fisica tra loro due. Di solito la parola spazio vitale gli era sconosciuta: tendeva ad appoggiarsi, abbracciarsi e stare sempre appiccicato a chiunque avesse intorno. Questa, ad esempio, era una delle cose cose che Katsuki capiva di meno di Eijirou ma con l’andare avanti della loro amicizia stava arrivando a patti con la testa a spuntoni che durante i viaggi in bus gli cadeva sulla spalla, le mani che si sfiorano, il divano condiviso.
Ma tutto ad un tratto anche solo stare nella stessa stanza sembrava mettere a disagio Kirishima, che cercava di nascondere il più possibile la cosa. Fallendo tra l’altro, perché uno dei pregi – o difetti, dipende dai punti di vista – di Eijirou era l’essere un pessimo bugiardo.
« Mi spieghi cosa ti prende? » sbottò all’improvviso Bakugou, rompendo il silenzio. Stavano studiando insieme di nuovo e Kirishima fece un sussulto.
« Nulla? » rigirò la domanda, ridacchiando e facendo spallucce.
« Non mi prendere per il culo. »
« Davvero, non c’è n-”
« Ho detto che non mi devi prendere per il culo Eijirou » alzò il tono.
Silenzio. Kirishima smise di scrivere, ma continuò a fissare il quaderno.
« Chi devo andare a picchiare? » propose Bakugou, dove per lui la soluzione sempre valida a tutto sono due ganci ben assestati. Kirishima cominciò a sudare freddo « Nessuno! Davvero! » gesticolò, ma la sua riposta non era ancora convincente.
« Se scopro che quel bastardo di Deku- »
« Piantala! » rispose a tono « non è nessuno », ritornò a scrivere.
« E allora cosa », la penna a sfera cominciò a tremolare tra le dita di Kirishima.
« Non sono un deficiente, noto le cose » prese un respiro « e sembri rincoglionito questi giorni, che ti passa per quella testa? » sondò il biondo, scrutando l’altro.
Non ricevette una risposta chiara, e frustrato sparò la prima cosa che gli venne in mente « non è che ti piace qualcuno? ». Kirishima saltò sul posto, producendo non volendo uno scarabocchio su metà del quaderno. « Ho indovinato » ghignò Bakugou, sentendosi il genio delle relazioni umane « chi è? Ashido? ».
« NO! » sbottò l’altro con troppa foga del normale, per poi calmarsi « non te lo posso dire »; intanto il colorito delle orecchie e del viso di Kirishima cominciarono ad assumere lo stesso colore dei suoi capelli. « E perché? » non capiva tutto quel mistero.
Eijirou non rispose di nuovo e non sembrava avere intenzione di farlo. « Se vieni turbato da queste cazzate non diventerai mai un eroe professionista » mise le braccia dietro la testa e si stiracchiò, « cotte, pfft, che roba inutile. Dovresti concentrarti sul passare i prossimi esami senza farti rimandare come uno scemo ».
« Buono a sapersi » il tono di Kirishima cambiò completamente: a quelle affermazioni diventò stizzito, infastidito. Lasciò la camera del biondo poco dopo, liquidandolo con poche parole, senza salutare e sbattendo la porta dietro di lui.
« Coglione » proferì dopo il tonfo Bakugou. Uno che si fa distrarre a questa maniera da una cosa futile come l’amore adolescenziale gli faceva solo venire i conati di vomito. Lo considerava diverso dagli altri, lo aveva quasi deluso con quei pensieri frivoli.
Quella sera Eijirou non si presentò alla cena comune, dalla sua stanza non proveniva nemmeno un suono, come se fosse sparito nel nulla. A Bakugou balenò nella testa persino l’idea di aver fatto qualcosa di sbagliato – ma ovviamente senza capire precisamente cosa -, che lo portò a sera inoltrata a bussare al muro tre volte per la prima volta, non ricevendo risposta.
Il giorno dopo il banco di Kirishima era vuoto e Bakugou aveva la fronte più aggrottata del solito, arricchita di due cerchi grigiastri sotto gli occhi, a suggerire la notte insonne.
« Kaminari, sai perché quel testa di merda non si è presentato oggi? »
« E’ partito per la settimana di tirocinio con il pro hero, non te l’ha detto? »
Katsuki in tutta risposta sbatté le mani sul banco, provocando qualche scintilla dai sui palmi e facendo spaventare il povero Kaminari.
Aveva fatto un casino e se ne rese conto troppo tardi.

Una settimana dopo fu Sero a dirgli che Kirishima era finito all’ospedale. Era rimasto ferito nella battaglia contro la yakuza mentre era con l’eroe professionista, diceva. Andarono tutti insieme, chi andava da Deku, chi da Uraraka e Asui, ma lui aspettò che la folla scemasse.
Era ormai pomeriggio inoltrato quando decise di alzarsi dalla panca del corridoio per entrare nella stanza di Kirishima, e lo fece nel mondo più sgraziato immaginabile: « OI EIJIROU » tuonò lui seguito dal tonfo della porta di plastica che sbatteva sul muro.
La stanza aveva quattro lettini, tre vuoti e uno in cui se ne stava placidamente disteso il ragazzo, lo sguardo rivolto verso le grandi finestre che coloravano la stanza asettica dell’ospedale dell’arancione caldo del tramonto. Nonostante il gran fracasso, Kirishima si girò verso Bakugou lentamente, sorridendogli « Ehi Katsuki » lo salutò, alzando la mano. Era fasciato dalla testa ai piedi, con entrambe le gambe ingessate nascoste sotto il lenzuolo leggero; il petto e il collo erano stretti tra le bende e dalla fasciatura della testa spuntavano i suoi capelli rossi.
Bakugou prese una delle sedie vicine, l’avvicinò al lettino e ci si sedette a cavalcioni, appoggiandosi con le braccia sullo schienale.
« Ne hai prese di botte » osservò, scorrendo lo sguardo sul corpo dell’altro.
Kirishima rise, « Eh già! Avresti dovuto esserci, abbiamo conciato quei cattivoni per le feste » strinse il pugno, ricordando la battaglia « Fat Gum è stato fantastico! Mai visto un quirk così strano e figo allo stesso momento in azione! E poi ho anche raggiunto una forma indistruttibile! Anche se alla fine ho subito troppi colpi » si guardò le braccia, anche loro completamente bendate « ma alla fine abbiamo vinto. » Bakugou non aveva mai visto qualcuno così contento di essersi fatto male in una battaglia, « fortunatamente per i cattivi non c’ero, o avrei fatto saltare in aria il posto » e risero insieme di gusto.
Le risate scemarono e Kirishima stette in silenzio per un po’, per poi fare un sospiro profondo.
« Sai, Katsuki » cominciò, « credo che senza di te non ce l’avrei mai fatta. Mentre ero in pericolo, mentre ero arrivato alla convinzione che quei due yakuza ci avrebbero ucciso se non avessi fatto qualcosa in fretta, ho pensato a quello che mi hai detto e mi sono detto io sono forte, io posso sconfiggerli » Kirishima allungò il braccio e mise la mano sulla spalla di Bakugou, « grazie » e finì, sfoggiando uno dei suoi migliori sorrisi.
Il biondo sgranò gli occhi. Non si aspettava minimamente una discorso del genere e non sapeva come rispondere, ma dallo sguardo dell’amico capì che non ce n’era bisogno. Nessuno mai lo aveva ringraziato per qualcosa che aveva detto, tanto meno perché era stato d’ispirazione.
Katsuki doveva trovare un modo genuino per dirgli che non era necessario ringraziarlo, ma che in realtà lui stesso dovrebbe essere riconoscente nei confronti di Kirishima, per non essersi mai arreso nell’essergli amico, nonostante la sua attitudine. Ma no, le parole non erano per niente il suo forte, allora decise di farlo a modo suo, passando agli atti.
Si alzò dalla sedia in un attimo e lo abbracciò. All’impatto Eijirou rimase di stucco: l’abbraccio di Bakugou era rigido, forse aveva paura di fargli male, ma poco dopo prese confidenza con il contatto e si sciolse, nascondendo il viso nel suo collo. Gli carezzò la schiena e stettero così per un po’, perché quell’abbraccio parlava più di mille parole e allora lo lasciò discorrere liberamente, finché ne avessero avuto bisogno. Quando l’abbraccio si sciolse, Bakugou aveva lo stesso broncio di un bambino capriccioso sull’orlo del pianto isterico. C’era una breccia nel muro che aveva eretto attorno a sé, faceva un po’ male, ma era senz’altro un’evoluzione.
« L’altro giorno » spezzò il silenzio Katsuki, « sono stato orribile, più del solito. »
Kirishima scosse la testa, « sono stato io irragionevole. Avrei dovuto dirtelo, avrei dovuto fidarmi di più di te », affermò con tutta la tranquillità del mondo. Sapeva che era arrivato il momento di vuotare il sacco.
« Quello che mi piace sei tu, Katsuki » e in un attimo mille espressioni e pensieri attraversarono il viso di Bakugou, rimasto di nuovo senza nemmeno una parola da dire. Se la questione fosse stata un combattimento sarebbe riuscito a prevedere ogni mossa, a capire subito. Si sentì un completo deficiente a non avere colto i segnali, che sarebbero stati palesi a chiunque, tranne che a lui.
Il biondo si sbatté forte la mano sulla faccia, un po’ perché si sentì tremendamente stupido, un po’ per nascondere le guance arrossate.
« Sono un idiota » mugugnò da dietro la mano, abbassando il viso.
Kirishima poggiò la fronte sulla chioma dell’altro e sussurrò « no, non sei un idiota. »

 
   
 
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