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Autore: Rosmary    01/07/2018    9 recensioni
Le vacanze estive sono appena iniziate e Hermione si appresta a trascorrerle in compagnia della famiglia Weasley. Questa volta, però, a farle compagnia è anche una singolare consapevolezza.
“Ah, non lo so. Magari posso fare io qualcosa per te.”
“E cosa, di grazia?”
“Cederti il mio letto, ad esempio, così potrai infilarti in quello di Fred durante la notte!”
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fred Weasley, Hermione Granger, Percy Weasley | Coppie: Fred Weasley/Hermione Granger
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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I personaggi presenti in questa storia sono proprietà di J.K. Rowling;
la oneshot è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.


 
 

Era una mattina come tante altre alla Tana: la calura estiva avvolgeva cose e persone, il silenzio regnava sovrano e la signora Weasley sfaccendava ai fornelli per la colazione. I ragazzi erano ancora addormentati, mentre Arthur era uscito alle primissime luci dell’alba in compagnia di Bill, entrambi diretti a un appuntamento mattiniero con alcuni colleghi dell’Ordine. L’unico elemento insolito era un Fred Weasley già sveglio e intento a raccattare gli gnomi sopravvissuti alla disinfestazione della madre – a lui e George occorreva una modesta quantità di saliva di gnomo per alcune merendine marinare. Ciononostante, nulla suggeriva che di lì a breve qualcosa avrebbe infranto la routine di quel luglio appena iniziato; d’un tratto, però, una figura del tutto inaspettata apparve dal nulla dinanzi all’ingresso della Tana e adocchiò subito Fred.

“Buongiorno.”

Un saluto educato, distante, eppure in grado di catturare l’attenzione di Fred, che si disinteressò degli gnomi e mosse i passi in direzione del nuovo arrivo.

“Guarda chi si vede.”

Percy Weasley non nascose una smorfia di disappunto a quelle parole infarcite di astio. Era lì, impettito nel suo completo migliore, con la bacchetta rigidamente stretta tra le dita e gli occhiali da vista calati sul naso – impeccabile –, senza tuttavia avere la forza di bussare alla porta di quella che era stata casa propria sino a qualche tempo prima.
Fred, notando che somigliasse a uno stoccafisso tanto era immobile, gli indicò l’ingresso con un cenno del capo, invitandolo così a entrare, ma Percy restò fermo dov’era, a fissare il fratello con l’espressione tipica di chi iniziava a credere di aver avuto proprio una pessima idea.

“Che vuoi?” chiese allora Fred.

“L’educazione continua a esserti estranea, a quanto vedo.”

“E a te non manca la faccia tosta. Te lo ripeto: che vuoi?”

“Sono venuto per parlare con nostra madre, e con voi, in assenza di nostro padre. Nutro ancora la speranza che in questa famiglia ci sia qualcuno, oltre me, in grado di ragionare.”

Il viso di Fred, in genere caratterizzato da un’espressione allegra e giocosa, si contrasse in una smorfia di disgusto.

“Se sei qui per questo, non ho nessuna intenzione di farti entrare. Mamma già piange tutti i giorni per colpa tua.”

“Non è mio desiderio trattenermi né causare dolore a nostra madre, puoi star tranquillo. Ho un lavoro importante io, e delle responsabilità...”

“A me sembri solo un idiota montato,” l’interruppe Fred.

“E tu sei solo uno scansafatiche privo di qualsivoglia ambizione. Tu e George siete sempre stati inopportuni, sconsiderati e fonte di problemi. Ho trascorso anni a Hogwarts vergognandomi di portare il vostro stesso cognome, di esservi fratello. Quindi, Fred, mi perdonerai se non ho intenzione alcuna di prestare orecchio alla tua opinione.”

“Vuoi un applauso?”

“Voglio parlare con nostra madre, confido che almeno lei abbia più senno.”

“Nessuno di noi ha senno, se per senno intendi scodinzolare dietro a quell’idiota del Ministro e credere alle cazzate che hanno messo in giro su Silente e Harry,” sbottò. “Vattene, prima che la mamma ti veda. Le farai solo avere un’altra crisi con i tuoi stupidi discorsi sul Ministero e su papà.”

Etciù!

Entrambi i ragazzi si voltarono rapidi in direzione dello starnuto che li aveva interrotti, accorgendosi solo in quell’istante che lì, a pochi passi da loro, con la valigia stretta in una mano e la Passaporta stretta nell’altra, c’era Hermione, intenta a domandare a se stessa per quale assurdo motivo dovesse sempre starnutire nei momenti meno opportuni – come se fosse la tensione a tradirla. Malgrado la vergogna per essere stata colta in flagrante a spiare una conversazione privata, lasciò andare sia la valigia che la Passaporta, si strofinò il naso imbarazzata e si mosse in direzione di Percy e Fred – ormai si erano accorti di lei, tanto valeva raggiungerli colmando quei pochi passi di distanza.

“Buongiorno,” esordì, “sono arrivata da poco.”

Fred le sorrise bonario e le indirizzò un occhiolino complice. “Tranquilla, anche a me piace origliare,” disse scherzoso. “Tu invece non puoi stare tranquillo, puoi solo andartene,” sentenziò in direzione del fratello, mettendo via il sorriso.

Percy strinse le labbra in una palese espressione di disappunto. Sapeva bene che Fred non lo avrebbe mai lasciato entrare, piuttosto avrebbe preferito duellare con lui. L’alternativa era chiamare a gran voce sua madre, informarla che lui era lì, ma era una soluzione che giudicava becera e assolutamente inadatta a una persona che come lui aspirava a un certo rango sociale. Adocchiò allora Hermione, la promettente e assennata Hermione Granger, che a scuola si era sempre distinta per gli eccellenti traguardi accademici e l’assoluta devozione alle regole – fatta eccezione per quelle sciocchezze in cui s’era trovata immischiata, ma a parere di Percy quella era plausibilmente una colpa d’addossare alla cattiva influenza esercitata da Harry Potter su di lei, che come Ron aveva commesso l’errore di essergli amica. Sì, pensò Percy, Hermione avrebbe potuto risolvere a suo favore quella spinosa situazione.

“Hermione, buongiorno a te,” disse allora, ignorando bellamente l’ammonimento del fratello. “È un vero piacere vederti, speravo di incontrarti alla soglia del tuo quinto anno per farti i miei più sentiti auguri per gli esami che ti attendono e per la nomina a Prefetto. Sono sicuro che, se ancora vige un briciolo di buonsenso a Hogwarts, quest’ultima non ti sarà negata,” concluse sorridendole con gentilezza, come se avesse sul serio a cuore la sua carriera scolastica.

Hermione inarcò le sopracciglia, gesto che non sfuggì a Fred, che tramutò l’espressione disgustata in un ghigno compiaciuto. A quanto sembrava, le lusinghe di Percy non avevano sortito grandi effetti.

“Grazie degli auguri,” rispose leziosa Hermione. “Spero non ti dispiaccia se entro in casa, vorrei avvertire la signora Weasley che sono arrivata.”

“Non mi dispiace affatto, anzi ti accompagno.”

“Tu non accompagni proprio nessuno,” s’intromise Fred. “Non attacca, Percy. Vattene.”

“Non sto parlando con te,” ribatté Percy. “Parlo con Hermione, che è di certo più assennata di te.”

“Mi dispiace deluderti, Percy,” disse svelta Hermione, precedendo il livore di Fred, “ma io sono d’accordo con Fred. Se non sei qui per scusarti e riconciliarti con la tua famiglia, non sarò io a farti entrare. Anzi, credo che dovresti seguire il consiglio di tuo fratello e tornare quando avrai altre intenzioni.”

Il volto si Percy arrossì di fastidio e imbarazzo: quella ragazzina era proprio impudente. “È evidente che sbagliavo nell’avere un’alta considerazione di te. Nel caso dovessi rinsavire, scrivimi.”

Alle ultime parole risentite di Percy seguì il classico suono della smaterializzazione. Non aveva alcuna intenzione di trattenersi oltre, avrebbe provato ad avvicinare sua madre, Ron e Ginny in un altro momento – dopotutto, per lui era oltremodo importante far rinsavire almeno una fetta della propria famiglia, così facendo avrebbe potuto restituire prestigio al proprio cognome e riabilitato in parte l’immagine dei Weasley agli occhi del Ministero.
Rimasti soli, Fred indirizzò un sorriso decisamente impertinente a Hermione, afferrandole il mento tra le dita così da indurla a sollevare il viso verso di lui.

“Però, che classe, Hermione!”

Hermione si divincolò svelta da quella delicata morsa. Quando Fred le era vicino o addirittura la sfiorava, c’era sempre un nitido e imbarazzante formicolio a drizzarle i peli, e la cosa la metteva a disagio – era come se lui avesse una strana influenza su di lei, come se riuscisse a indurre il suo corpo a reagire al minimo contatto.

“Cosa diciamo a tua madre?” chiese, ignorando volutamente l’allusione di Fred.

“Niente. Io ero qui a rigirarmi i pollici e tu sei arrivata. Tutto qui. Di questi tempi non ti ascolta neanche se le parli con un megafono, è sempre persa nei suoi pensieri, quindi sta’ sicura che non ha sentito niente. Poi, capirai, quel demente parla con un filo di voce come se stesse sempre davanti al Ministro dei miei stivali.”

Hermione incassò il tono duro di Fred, rivedendo in lui lo stesso astio che aveva riversato Ron nella lettera dove le aveva spiegato cosa fosse successo con Percy. Riusciva a capirli: Percy era stato oltremodo sgradevole con i loro genitori, aveva commesso un errore di giudizio dopo l’altro, e a quanto aveva appena potuto constatare seguitava a sbagliare, trattando i familiari alla stregua di estranei fastidiosi di cui disfarsi o da ricollocare in una posizione a lui più gradita e utile.

“Sapevo già tutto di Percy,” disse allora, “me l’ha scritto Ron. Sono davvero dispiaciuta.”

“L’hai visto, è un deficiente, non c’è modo di parlargli come si deve. Ormai è disposto a tutto per ingraziarsi il Ministero...” la guardò sogghignando, “persino a provarci con te!”

“Ora straparli,” disse Hermione.

“No che non straparlo. Tutti quei complimenti… ti ha persino sorriso. Hai dato una bella batosta alla sua autostima!”

“Sembri molto soddisfatto.”

“E lo sono. Insomma, hai preferito me a lui! Tu. Tu che parli il secchionese hai preferito schierarti dalla mia parte, non se ne farà tanto facilmente una ragione! Perde terreno, capisci?”

Hermione lo guardò stranita, indecisa se offendersi o meno. Era chiaro che Fred fosse impressionato dal suo comportamento, ma questo agli occhi della strega rendeva altrettanto chiaro il fatto che lui avesse un’idea completamente distorta di lei – una convinzione che la infastidiva, e molto.

“Se mi conoscessi, non saresti così stupito,” disse infatti.

“Ma io non sono stupito, Hermione, sono compiaciuto. Io lo sapevo che l’avresti mandato a farsi divorare dalla Piovra, ma lui no. È questo che mi diverte!” spiegò allegro. “Dai, ora entriamo, o la mamma inizierà a chiedersi perché non arrivi.”

Fred afferrò la sua valigia e l’anticipò in casa, Hermione strabuzzò gli occhi stupita, mentre sentiva il fastidio sgonfiarsi in favore di una sensazione straordinariamente simile alla lusinga. Ad ogni modo non perse tempo e lo seguì, salutando calorosamente la signora Weasley, che appena la vide non mancò di stringerla nel consueto abbraccio e chiederle se avesse appetito. Hermione scosse il capo, spiegando di aver già fatto colazione in compagnia dei propri genitori.

“Posso essere di aiuto in qualche modo?” domandò la giovane.

“Non ora, cara, ma ti ringrazio. Ron e Ginny dormono ancora, ma sono sicura che a Fred non dispiacerà farti compagnia. Vero, Fred?”

“No, ma’, tranquilla, la userò come cavia per qualche mio esperimento!”

“Fred Weasley,” rimproverò Molly, puntando l’indice contro il figlio con espressione minacciosa.

Fred si limitò a ghignare scrollando le spalle, mentre Hermione decise che fosse meno pericoloso fare da cavia a Fred che restare sola con i nervi tesi della signora Weasley.
Un istante più tardi, entrambi i ragazzi erano di nuovo in giardino. Fred, seduto a terra, estraeva con una specie di bastoncino cotonato la saliva dalle bocche di un paio di gnomi svenuti, conservando poi quei bastoncini in delle fialette vuote. Hermione seguiva la scena tra il disgusto, la curiosità e la contrarietà.

“Perché non ti siedi?” chiese Fred.

Hermione sospirò e si sedette accanto a lui, stupendosi nel percepire un fresco sollievo al contatto con il terriccio ancora umido di notte. Come il ragazzo, infatti, anche lei indossava dei pantaloncini corti, seppure quelli di Fred coprissero le gambe sino al ginocchio.

“È legale quello che stai facendo?”

Fred sbottò in una risatina di scherno. “Conosci la risposta.”

“Tua madre lo sa?”

“Conosci anche questa risposta.”

Hermione strinse le labbra infastidita. “O ti conosco molto bene o sei più scontato di quanto ti piace ammettere,” insinuò.

Fred le indirizzò uno sguardo incuriosito, curvando le labbra in un’espressione sghemba. “O sei annoiata o cerchi disperatamente la mia attenzione,” insinuò a sua volta.

Hermione dissimulò l’imbarazzo con una risatina di scherno, consapevole che Fred avesse almeno un po’ ragione. Per un motivo che non aveva voluto indagare, nel corso dell’ultimo anno, aveva cercato sempre più spesso di parlargli e di avere la sua attenzione, in quei momenti poteva percepire un’adrenalina molto piacevole farsi strada in lei e renderla euforica.

“A cosa ti serve la saliva di gnomo?” domandò allora.

Fred sghignazzò a quel repentino cambio di argomento, ma decise di essere clemente e assecondarla. “È per le merendine marinare, io e George siamo in fase di sperimentazione e testiamo varie materie prime.”

“Sembra sensato,” considerò perplessa Hermione.

“Forse perché lo è,” suggerì lui. “Dovresti avere meno pregiudizi nei nostri confronti, in fondo mettiamo in pratica gli amorevoli insegnamenti dei tuoi amati professori.”

“Peccato che lo facciate inventando cose illegali, pericolose e di dubbia utilità.”

“Hermione, dacci un taglio. Non sono servite le ramanzine della mamma, figurati le tue!”

“A proposito di tua madre, come stanno lei e tuo padre?”

“Male. Papà reagisce sbraitando e spaccando qualcosa, mamma piange. È stata una scena orribile quella di Perce… Ho sempre saputo che fosse uno zuccone, ma non credevo potesse arrivare a tanto. Fosse stato per me, ora sarebbe al San Mungo, per certe cose ci vogliono le maniere forti.”

Contrariamente al solito, Fred aveva parlato con fermezza e serietà, replicando in parte il tono di voce usato con Percy poco prima. Hermione tacque assieme a lui, cercando di immaginare ancora una volta quella scena descritta anche da Ron: ora che aveva rivisto Percy, non faticava più a figurarsi lo scontro con la famiglia. Stupidamente, si ritrovò a pensare che nel corso degli anni era sempre stata lei la più indulgente con Percy, quando era a scuola lo aveva persino ammirato, così diligente e così apprezzato da tutto il corpo insegnanti da essere riuscito a ricoprire persino la carica di Caposcuola. In quel momento, Hermione si sentì a disagio, perché a causa di banali stereotipi non era riuscita ad andare oltre la facciata, non con Percy almeno, e non sempre – almeno nel caso di Winky, pensò con orgoglio, aveva sempre espresso il proprio disappunto.
A interrompere quei minuti di silenzio fu Grattastinchi, che aveva adocchiato gli gnomi svenuti catturati da Fred. Il ragazzo, che nel frattempo aveva messo via la quantità di saliva che gli occorreva, incantò gli gnomi per farli rinvenire. Un attimo dopo, quelli correvano allegri per il giardino e il gatto li inseguiva divertito, proprio come aveva fatto l’estate precedente.

“Me l’ero quasi dimenticato,” disse Fred, riferendosi a Grattastinchi.

“È sparito non appena siamo arrivati, penso cercasse proprio gli gnomi, lo divertono molto,” spiegò Hermione. “Io invece avevo dimenticato che fossi maggiorenne. È… preoccupante, credo.”

Fred ghignò, puntandole pigramente la bacchetta contro. “Immagino lo sia, in effetti. Qui sei sola con me e io potrei farti qualsiasi cosa ora che posso usare la magia!”

Hermione sorrise a quel finto proposito bellicoso. “Confido nella tua clemenza, allora,” disse scherzosa, facendo sorridere anche lui. “Percy ti ha detto delle cose molto brutte prima, ma non credo le pensi.”

“Invece le pensa,” disse astioso. “Ma smettiamola di parlare di quella testa di ca...”

Fred!

Cacca,” disse Fred sogghignando. “Sempre prevenuta, Granger!”

“Non sono affatto prevenuta, smettila di pensarlo.”

“Hai ragione, non lo sei, fingi di esserlo solo per difendere la tua reputazione di secchiona modello e non ammettere che sei pazza di me!”

Fred aveva l’aria ilare e scherzosa, ma le guance di Hermione si imporporarono comunque – un particolare che a lui non sfuggì. Ci pensò Ginny a spezzare quello strano silenzio: svegliatasi, si era precipitata in giardino per riabbracciare Hermione, non aveva neanche perso tempo a mettere via il pigiama tanto era entusiasta di riavere l’amica con sé.
Prima di andare via con la pimpante Weasley, Hermione poté giurare di aver visto un lampo di consapevolezza attraversare il viso di Fred.


*
 

La settimana era trascorsa per tutti molto rapidamente. Hermione, la sera stessa del suo arrivo, aveva saputo che entro dieci giorni al massimo si sarebbero trasferiti tutti in un’altra dimora, scelta da Silente come nuova sede dell’Ordine della Fenice. Da quel che sapevano i ragazzi, gli adulti erano già frequentatori abituali di quel posto, ma per evitare curiosità indiscrete era stato deciso che la famiglia Weasley si sarebbe spostata in un secondo momento, così da dare ad Arthur il tempo utile a inscenare un viaggio estivo.
Harry, avevano raccontato a Hermione e Ron, li avrebbe raggiunti sul finire dell’estate in questa nuova dimora, di cui non avrebbe dovuto essere informato in nessuna missiva al fine di garantirgli l’incolumità. Nessuno dei due aveva accettato quest’ordine di buon grado, ma essendo una direttiva di Silente non avevano avuto scelta. Hermione soffriva anche più di Ron quest’imposizione, perché era abituata a scrivere lettere molto lunghe e corpose a Harry, soffermandosi anche su particolari che Ron giudicava di troppo e noiosi, quindi per lei si era rivelato veramente molto difficile scrivere poco e nulla – aveva la sensazione di escludere Harry, e la cosa non le piaceva neanche un po’.

“Pensieri?”

Hermione sobbalzò. In effetti era persa nei propri pensieri, lì seduta alla scrivania di Ginny a fissare titubante una pergamena ancora immacolata.

“Ciao, Fred,” salutò con semplicità.

Fred ghignò, sedendosi sul letto di Ginny. “In verità sono George,” mentì.

Hermione sospirò. “Non credo.”

“Sai, questa tua evidente preferenza per Fred potrebbe ferirmi,” disse ancora. “Sono George, sul serio.”

Hermione lo guardò di sottecchi, infastidita dall’allusione e per nulla convinta che quello davanti a lei fosse George. Per quanto strano fosse, aveva capito di essere in grado di distinguerli – o meglio, di sapere quando dinanzi a lei c’era Fred. Si trattava di una consapevolezza istintiva, che sembrava maturare nello stomaco più che nella testa, perché a quell’altezza lì avvertiva una contrazione insolita, che non le provocava dolore ma solo inquietudine e imbarazzo; delle volte, la trovata persino piacevole. Non aveva raccontato a nessuno di questa contrazione, ma Ginny le aveva ugualmente rivolto più di uno sguardo perplesso quando l’aveva vista in compagnia di Fred – “Sei strana quando c’è lui, non so dirti in che senso però,” le aveva confidato qualche sera prima, e Hermione aveva scrollato le spalle.

“Sei George, d’accordo,” disse allora, decidendo di assecondarlo. “Cosa posso fare per te?”

Fred si morse le labbra per non ridere, lo divertiva tantissimo stuzzicarla. “Ah, non lo so. Magari posso fare io qualcosa per te.”

“E cosa, di grazia?”

“Cederti il mio letto, ad esempio, così potrai infilarti in quello di Fred durante la notte!”

Fred, sei proprio un imbecille!”

Lui rise di gusto. Hermione dissimulò il sorriso con uno sbuffo ben udibile, consapevole di non riuscire a essere arrabbiata con lui per più di una frazione di secondi. Attese con le braccia incrociate che lui smettesse di ridere, e Fred lo fece, senza tuttavia rinunciare al solito ghigno malandrino pieno di aspettative – Hermione non l’avrebbe mai detto a voce alta, ma trovava quell’espressione intrigante, le piaceva. Un’espressione che in quel momento era tutta per lei, perché Fred non aveva ripreso a parlare, si limitava a guardarla, mollemente seduto su quel letto a pochissima distanza da lei; dopotutto, la stanza di Ginny era piuttosto piccola.

“Allora?” chiese Hermione. “Non farmi perdere altro tempo, ho una lettera da scrivere,” incalzò, nella palese speranza che lui uscisse di lì.

“A chi scrivi?” chiese invece Fred, ignorando l’ammonimento.

“Non è affar tuo.”

“Quindi non scrivi a Harry...”

“Non ho detto questo.”

“…Né alla tua famiglia...”

“Non ho detto neanche questo.”

Il ghigno di Fred si ampliò. “Infatti, il punto non è cos’hai detto, ma cosa non hai detto!”

“Vuoi farmi impazzire?”

“Sarebbe divertente!”

Hermione assottigliò lo sguardo, era chiaro che senza una risposta non l’avrebbe lasciata in pace. “Devo rispondere alla lettera di Viktor,” disse allora, “e lo faccio qui, in solitudine e tranquillità, per evitare che Ron sbraiti e mi deconcentri, dopotutto devo prestare molta attenzione a ciò che scrivo, sai bene che molte cose non possiamo dirle. Ora esci di qui, per favore?”

“E così anche questa volta ti nascondi per colpa di Krum,” considerò Fred, ignorando per l’ennesima volta le richieste di Hermione. “Sicura che questa relazione faccia al caso tuo?”

Era un interrogativo insinuante, che le aveva rivolto con tutta l’impertinenza di cui era capace – e Fred era decisamente la persona più impertinente che Hermione conoscesse. Tuttavia, a imporporarle il viso non fu la domanda in sé, ma il sottinteso cui si riferiva; solo qualche mese prima, a Hogwarts, i due avevano avuto un incontro-scontro molto singolare: lei, desiderosa di fuggire ai pettegolezzi causati dalla vistosa relazione con Viktor, aveva preso l’abitudine di studiare negli spogliatoi inutilizzati di Quidditch e un pomeriggio s’era imbattuta in Fred intento a rivestirsi dopo aver fatto una doccia in tutta tranquillità; anche in quell’occasione era stato un inopportuno starnuto a svelare la presenza della ragazza e Fred non aveva potuto evitare di credere che lei lo stesse spiando, da allora non aveva perso occasione per stuzzicarla – “Ti capisco, sai. Perché accontentarsi di un Krum qualsiasi quando c’è Fred Weasley in giro?!” le aveva detto una volta, “Penso che andrò a farmi una doccia, vuoi farmi compagnia? Non è galante da parte mia costringerti a spiarmi di nascosto!” le aveva detto un’altra, “Hermione, ma la Skeeter lo sa che tra i due litiganti il terzo gode e quel terzo sono io?!” le aveva detto un’altra volta ancora, sventolando una pagina di giornale che parlava del presunto triangolo amoroso tra Harry, Hermione e Krum. Hermione, in tutte quelle occasioni, aveva preferito ignorare Fred e le sue allusioni, limitandosi a ripetergli che non aveva capito proprio niente e aveva frainteso tutto. In realtà, complice quella sottospecie di contrazione allo stomaco che l’assaliva ogni volta che lui le era vicino, non riusciva a essere molto convincente quando negava il proprio interesse per lui, un dettaglio che a Fred non era affatto sfuggito e che lo induceva a provocarla sempre più spesso. Secondo George, avrebbe dovuto darci un taglio, o provarci e basta.

“Non sono affari tuoi,” rispose Hermione, ridestatasi da quei ricordi molesti. “E poi non abbiamo una relazione.”

“Questo è interessante,” considerò Fred.

“Potresti uscire?” chiese di nuovo Hermione. “Per favore.”

Lui si limitò a ghignare, si alzò da letto della sorella e le diede un buffetto sul capo. “Va bene, ti lascio alla tua lettera, anche se credo che mezza riga possa bastare per dirgli di non scriverti più!”

Hermione lo fissò allibita, ma non disse nulla per evitare che lui si trattenesse. Rimasta sola, si impegnò per scrivere quella lettera, ma non riusciva a concentrarsi a sufficienza, i suoi pensieri erano tutti focalizzati su Fred. L’aveva notato lei, eccome se l’aveva notato, quanto gli piacesse metterla in difficoltà, dentro di sé temeva addirittura che lui fosse a conoscenza di quella sensazione che le attanagliava lo stomaco in sua presenza – dopotutto, pensava Hermione, non era stato molto furbo fargli capire di saper distinguere lui e il gemello con tanta facilità. Ciò che proprio non capiva, però, era il motivo per cui quel gioco lo divertisse tanto, erano passati mesi ormai, ma Fred non era ancora stufo. Ripensò al suo arrivo alla Tana e al battibecco con Percy di cui erano stati messi al corrente Ron, Ginny e George; era stato Fred a raccontare l’episodio e, messo via l’astio nei confronti del fratello più grande, non aveva mancato di precisare che lei si era apertamente schierata dalla sua parte. Ciò che Fred, per fortuna, non sapeva era che in quella circostanza Hermione aveva provato un forte fastidio quando Percy lo aveva insultato così aspramente; Fred non meritava quelle parole, malgrado fosse una mina vagante – non un traditore, però.


*

La sera, quel giorno, era arrivata prima di quanto Hermione si fosse aspettata.
Il signor Weasley era rincasato più tardi del solito e aveva cenato da solo con Molly e Bill, che aveva aspettato il padre assieme alla madre. Hermione, appena dopo mangiato, era tornata in camera di Ginny, dove da una settimana a quella parte c’era anche il suo letto, aveva indossato il pigiama, preparato piuma, inchiostro e pergamena e si era poi seduta sul davanzale della finestra, con le gambe distese in avanti, in attesa dell’ispirazione utile a rispondere a Viktor. Da lì, poteva sentire gli schiamazzi dei fratelli Weasley che giocavano nell’orto lanciandosi una pluffa – un po’ alla babbana – perché Molly non voleva che volassero al buio.
A destarla fu il suono delle nocche contro la porta in legno, porta che si spalancò prima che lei potesse invitare il chiunque a entrare. Le fu impossibile non arrossire quando vide Fred con un sorriso furbetto e solo un paio di pantaloncini indosso, non aveva avuto neanche la decenza di infilarsi le pantofole. Lei, d’istinto, piegò un po’ le gambe, come se volesse portarsele al petto in un gesto di chiusura, a bloccarla fu la razionalità, che le suggerì di non palesare in maniera così sfacciata il proprio disagio.

“Non mi inviti a entrare?”

“Non credo ti serva un invito.”

“Giusta osservazione,” concesse ghignando. “Il pigiama ti dona, lo sai?” chiese retorico, indugiando con lo sguardo prima sulle gambe lasciate scoperte oltre il ginocchio e poi sulla sottile canottiera. “Non arrossire,” le suggerì scherzoso, “o dovrò credere che ti piaccio sul serio.”

Hermione avrebbe voluto seguire il suo consiglio, lo trovava stranamente saggio, ma l’atteggiamento intriso di malizia di Fred era imbarazzante e di conseguenza arrossì, ritrovandosi costretta a incassare il sorrisetto di scherno del ragazzo.

“Cosa vuoi?” chiese allora e, infischiandosene di rendere ancora più vistoso il proprio già evidente imbarazzo, ritrasse le gambe con l’intento di scendere dal davanzale, ma Fred la bloccò proprio quando era pronta a saltar giù, costringendola a restare lì, con le gambe penzoloni e le ginocchia premute contro l’addome di lui. “Fred, per favore.”

“Sicura che non sia George?”

“Sì.”

“Come fai a esserlo?”

Lo sai.”

A quella sincera quanto inaspettata risposta, le mani di lui allentarono la presa sui polsi di Hermione, senza tuttavia lasciarli liberi. Lei trovò allora l’ardire di alzare il viso e guardare quel matto in pieno volto, accorgendosi così che era curvo su di lei – vicino, troppo vicino –, una posizione che ne acuì l’imbarazzo. Tuttavia, Hermione aveva deciso di smettere di eludere le domande, ne aveva abbastanza dei sottintesi di Fred e di quelle sue provocazioni giornaliere. In fondo, considerò amareggiata, era inutile mentire a se stessa: era chiaro che lui fosse a conoscenza dello stupido stomaco abituato a contrarsi quando le si avvicinava, quindi non era più una grande idea mentirgli.

“Cos’è che vuoi, Fred?”

“Non lo immagini?”

“Pensavo di sì, ma a questo punto non ti capisco più.”

“E cos’è che pensavi?”

“Che ti divertiva.”

“Infatti mi diverte.”

“Ti annoi in fretta, Fred, e questa... cosa dura da parecchio.”

“Mi conosci bene.”

“Quindi?”

“Quindi sei attratta da me, l’ho capito da un pezzo.”

Hermione sgranò gli occhi, non riusciva a credere che fosse stato davvero così sfrontato; certo, sapeva che fosse capace di questo e anche di altro, ma non credeva potesse spingersi a tanto – non con lei, l’amica di suo fratello. Si domandò se oltre a tanto sfrontato fosse anche perfido, e stesse quindi per ridere di lei e della sua ridicola infatuazione in grande stile. Ma Fred la guardava con un sorriso malizioso, non di scherno: non aveva l’aria di chi era in procinto di sbeffeggiare un’altra persona.

“Noto che ti ho zittita,” disse dopo un po’. “Speravo in una reazione diversa, mi deludi, Granger!”

Scherzava. Hermione lo poteva capire sia dal tono di voce che dall’uso del cognome. Si ritrovò ad abbozzare un sorriso, godendosi per la prima volta la vicinanza di Fred. Si accorse allora che era il suo odore a essersi impadronito del proprio olfatto, così come si rese conto che il formicolio alle ginocchia era causato dal contatto con l’addome di lui. Si ritrovò anche a seguire con lo sguardo una piccola scia tracciata da alcuni nei che partivano dalla spalla e arrivavano in prossimità dell’ombelico. Arrossì più di quanto non avesse fatto in precedenza e orientò di nuovo gli occhi sul volto di lui – sempre più vicino.

“Perché stai facendo questo?”

“Davvero non lo immagini?” chiese sorpreso, ma lei scosse il capo in segno di diniego. “Preferisco mostrartelo, il mio perché.”

Sussurrò quelle parole sulle labbra di lei, labbra che sfiorò con le proprie senza smettere di guardarla, chiedendole un tacito consenso o forse cercando di capire se avesse finalmente raccattato quel perché nascosto oramai da mesi tra gesti e provocazioni. Quando le dita di Hermione si allungarono a sfiorargli incerte l’addome, Fred sorrise e la baciò, lasciando che le proprie mani corressero a stringerla per avvicinarla a sé, gesto che fu ampiamente ricambiato dalle gambe di Hermione, che si distanziarono tra loro per lasciarlo avvicinare ancora di più, sino a schiacciarsi contro di lei.
Hermione capì di non aver bisogno di altre parole, tutte le spiegazioni del mondo erano incastrate lì, tra loro due. Tutto il resto, pensò la ragazza, in quel momento era senza importanza.




 
NdA: è trascorso davvero molto tempo dall'ultima volta che ho pubblicato una storia a tema Fred/Hermione, non posso che sperare che vi sia piaciuta. Come sempre, questa coppia mi diverte molto! In questa storia c'è un piccolo rimando a un estratto di un'altra mia oneshot, si tratta di Galeotte furono l’incoscienza e l’idiozia e l'estratto in questione è la scena degli spogliatoi di Quidditch – lo segnalo nel caso qualcuno abbia voglia di leggerla per esteso, riscrivere la stessa scena (o quasi!) non mi è parso interessante. La storia si colloca alla fine del quarto anno, le vacanze sono appena iniziate e nella mia versione i Weasley non si sono ancora trasferiti da Sirius, ma lo faranno a breve.
Grazie a chiunque abbia letto la storia (e le note), alla prossima.
   
 
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