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Autore: Silen    07/07/2009    1 recensioni
Il paradiso esiste davvero, oppure è soltanto un miraggio nel deserto?
Un giovane pistolero dagli occhi di ghiaccio lo scoprirà durante il cammino per ritrovare suo padre e se stesso.
Genere: Azione, Avventura, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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SAM FanFic

Disclaimer

Il protagonista “Sam” (Isamu, o in kanji 伊佐武) e il relativo manga/anime “Sam, ragazzo del West” (Koya no shonen Isamu, 荒野の少年イサム) sono una proprietà di Koji Yamakawa e Noboru Kawasaki e della Tokyo Movie Shinsha, e non vengono da me utilizzati a scopo di lucro oppure in violazione dei diritti di copyright.

Tutti gli altri sono invece personaggi 'originali', quindi soltanto un’invenzione della mia fantasia che non trova alcun riscontro nella storia di partenza; il brano da cui sono tratte le parole è la sigla della versione italiana dell’anime.

Introduzione

Il paradiso esiste davvero, oppure è soltanto un miraggio nel deserto?

Un giovane pistolero dagli occhi di ghiaccio lo scoprirà durante il cammino per ritrovare suo padre e se stesso.




Ascolto consigliato: "Addio a Cheyenne" [C’era Una Volta Il West] di Ennio Morricone

Arizona – America ~ 18xx

Era ormai da un pezzo che Sam cavalcava senza essersi fermato a riposare, figurarsi dormire. Aveva soltanto concesso a Blanca di procedere per qualche miglio senza il suo peso sulla groppa, perché quello delle bisacce contenenti le sue pur poche cose aveva comunque già provato abbastanza i fianchi della cavalla, che ora protestava, sbuffando, a causa della stanchezza, che anche il ragazzo stava incominciando ad avvertire, sia nel fisico costretto alla scomoda posizione, sia nella mente stanca per i molti pensieri che l’avevano tenuta occupata durante la lunga cavalcata solitaria.

Oltrepassato il confine del New Mexico, avevano ormai raggiunto l’Arizona, sfidando il deserto: caldo impietoso e bruciante di giorno, ma altrettanto infido e freddo di notte. Adesso, però, avevano bisogno entrambi di un buon sonno ristoratore, e quella era la prima città vera, non fantasma, che incontravano.

Il cerchio infuocato del sole al tramonto sarebbe presto sparito dietro l’orizzonte; Sam distolse lo sguardo assorto, battendo una volta le palpebre per scacciare il riverbero, poi diresse le iridi nere come il buio verso il cartello di ferro arrugginito, che cigolava leggermente nel lieve alito di vento fresco della sera che stava sopraggiungendo.

Contro la luce del sole, del sole morente,
stanco nel corpo e stanca, stanca la mente
Solo al tramonto, Sam, se ne va lento, Sam
Solo il rumore dei passi, il rumore del vento,
come frontiera i confini, i confini del mondo
Solo al tramonto, Sam, se ne va lento, Sam

“Welcome to Paradise” lesse silenziosamente; paradiso era il nome di quella piccola cittadina del Far-West. – Secondo te, il paradiso esiste, Blanca? – chiese accarezzando la criniera soffice della sua cavalla, che in risposta nitrì, poi sospinse col muso la sua spalla, come a volerlo incoraggiare a proseguire. Il giovane cow-boy rivolse un sorriso alla sua amica equina e aggiustò la tesa del cappello sugli occhi, poi la mano andò automaticamente a controllare l’altra fedele compagna che lo seguiva ovunque, la Colt infilata nella fondina, casomai qualche disperato che si trovasse nei paraggi avesse intenzione di dargli il benvenuto.

Il consueto rito per familiarizzare con la sua nuova tappa fu identico a tutte le altre volte che si era fermato in un posto simile per un certo periodo di tempo: un breve giro al cimitero, perché dal numero (ma, soprattutto, dal tipo) di morti recenti poteva capire con quale frequenza avrebbe dovuto guardarsi le spalle; poi, mentre percorreva la strada principale, adocchiò le insegne di barbiere ed emporio, già chiusi, data l’ora tarda, ma in cui l’indomani avrebbe sicuramente recuperato parecchie informazioni utili sugli abitanti (i cosiddetti pettegolezzi).

Infine un salto nell’ufficio dello sceriffo, per presentarsi ufficialmente, anche se sapeva che il suo nome e la sua fama lo avevano come al solito preceduto. Infatti, l’uomo dal viso di cuoio segnato dal tempo lo soppesò con un’espressione perplessa negli occhi castani a causa della sua giovane età, ma anche con un velo di timore sotto i baffi, perché Sam il pistolero era, sì, ancora soltanto un ragazzo, ma aveva già un passato da bandito con cui ora doveva fare ogni giorno i conti.

Però, nel Far-West, anche la parola di un influente proprietario terriero texano contava, e Milton Bradley non solo gli aveva dato una casa, un lavoro e persino una parvenza di famiglia, ma anche concesso la possibilità di riscattarsi. E così, alla fine, lo Sceriffo Stoker si era “soltanto” raccomandato di tenersi fuori dai guai.

Mentre Blanca lo aspettava tranquillamente legata alla staccionata, soppesò le ultime monete che gli rimanevano in tasca e andò a bussare all’unica pensione di Paradise; Miss Holloway, la padrona, lo squadrò con diffidenza, e sulle prime non parve troppo entusiasta di averlo come ospite, poi, però, il luccichio dei dollari d’argento la convinse a farlo entrare. Dopo che i soldi furono spariti nella tasca del candido grembiulino, la donna lo invitò a “tenere un certo decoro”, perché la sua era “una casa rispettabile”, sottolineò, specificando che i sudici cow-boy di passaggio erano tollerati, ma soltanto finché potevano permettersi di pagare e non arrecavano disturbo agli altri pensionanti con i loro schiamazzi da ubriachi, o peggio: portando le donnine in camera!

Sam si trattenne dallo scrollare via la polvere che impregnava i suoi vestiti consunti e del colore ormai quasi uguale a quello del deserto, perché il soggiorno in cui stava in piedi, praticamente sull’attenti, era lindo e immacolato. E comunque, mentre teneva il cappello tra le mani, considerò che fosse più saggio non contrariare la vecchia zitella, o avrebbe probabilmente dovuto passare la sua prima notte ‘in paradiso’ in cella; anche se, a puro titolo di cronaca personale, lui non era interessato alle donnine.

Ringraziò Miss Holloway e uscì, meditando che magari l’indomani avrebbe potuto fare anche un bagno, ma intanto adesso doveva sistemare nella stalla la sua compagna di tante avventure e terminare la cosiddetta ricognizione.

Accompagnata dentro la cavalla, tirò fuori dalla bisaccia l’ultima razione di avena, e mentre Blanca mangiava, la strigliò a lungo, liberando il manto candido dai residui di sabbia; la sua cena poteva aspettare ancora.

Infine si diresse verso l’unico edificio di Paradise che a quell’ora tarda aveva ancora le finestre illuminate, e da cui proveniva il tipico baccano: il saloon. Spalancò, deciso, la doppia porta basculante, che cigolò immancabilmente, e una dozzina di paia di occhi lo puntarono; Sam scostò appena la tesa del cappello con un dito, rivolgendo a tutti indistintamente un’occhiata di ghiaccio, tanto era abituato a quel tipo di accoglienza. Perché lui era, in teoria, ancora troppo piccolo per frequentare un posto del genere, ma comunque abbastanza grande per fregarsene ed entrare ugualmente.

Il pianista non smise di suonare, e al tavolo da poker il gioco sembrò non essersi mai interrotto, anche se il suo sguardo vigile e attento aveva notato che parecchie mani erano scattate alle fondine, per poi riapparire vuote e tornare a riempire bicchieri e boccali: quella sorta di esame preliminare reciproco era stato superato da tutti senza conseguenze. Allora, il giovane pistolero occupò uno sgabello, mentre dal riflesso del grande specchio poteva osservare e memorizzare volti e fisionomie degli avventori, e il chiacchiericcio gli permise di associare anche i vari nomi che avrebbero determinato la qualità della sua permanenza più o meno lunga in città.

E “fuori dai guai”, citando lo sceriffo, che adesso lo stava fissando dall’angolo opposto del bancone, mentre con un cenno invitava la procace barista a servire da bere anche a lui. Un sentito favore, perché in quel momento nelle sue tasche c’era il deserto, fatta eccezione per un bottone staccatosi dalla camicia e il laccetto di cuoio; però l’indomani sarebbe andato a cercarsi un lavoro, portando con sé l’intenzione di ricominciare insieme alle cosiddette ‘referenze’ di Milton Bradley.

Sorseggiò lentamente il suo whisky, bagnando le labbra arse e sentendo poi l’amaro della bevanda fortemente alcolica dare un po' di sollievo alla gola secca, mentre lo stomaco vuoto brontolava alquanto infastidito. Restituì all’uomo di legge un cenno di ringraziamento e si voltò appoggiando i gomiti sul legno, così da poter scrutare meglio la stanza fumosa e i suoi occupanti altrettanto annebbiati dai fumi dell’alcool, e quindi essere anche preparato nell’eventualità di una rissa.

Incrociò gli occhi neri con quelli cerulei di William Raymond Sacks, il proprietario, indubbiamente intento a fregare due sprovveduti al tavolo da poker con un paio di assi nella manica. Gli comunicò che non lo riteneva un suo affare con uno sguardo indifferente, a cui il bastardo rispose con un sogghigno di benvenuto studiatamente amichevole, che la sua mente registrò come segno inequivocabile di autorità in città, inferiore, forse, soltanto a quella dello sceriffo.

L’uomo, diversamente dai suoi compari di gioco, tre cow-boy impolverati, sciatti e non esattamente freschi di lavanderia, indossava invece un abito scuro di fattura piuttosto elegante, era perfettamente rasato, e da sotto il cappello nero scendevano sciolti i lunghi capelli mossi biondo cenere, che ondeggiarono leggermente quando invitò con un cenno una delle sue donnine a portargli un piatto di minestra calda; il ragazzo non fece fatica a riconoscere quell’ulteriore gesto, gentile soltanto in apparenza ma affatto disinteressato, per ciò che realmente rappresentava: un indice lampante dell’approccio basato sul reciproco scambio di favori, nel caso specifico, sicuramente poco puliti.

Poi osservò la ragazza, giunta nel frattempo, che dimostrava non più di vent’anni ed era vestita discinta, ma era così che doveva apparire una puttana da saloon; il trucco era pesante, e a quell’ora tarda, ormai, riusciva a nascondere a fatica l’espressione segnata e falsamente allegra, che però su di lei stonava, e si addiceva di più ad una ‘veterana del mestiere’ come la florida barista. Sam la ringraziò, con rispetto, senza dirigere le pupille sulla notevole scollatura dell’abito, che doveva invece mostrare la mercanzia da vendere agli uomini che pagavano per averla; la fissò negli occhi azzurri, notò i capelli rossicci raccolti in un’elaborata acconciatura piumata, poi soppesò le forme generose e dovette riconoscere che era decisamente avvenente.

Lei rispose con un cenno del capo, mentre in un sussurro appena percettibile disse di chiamarsi Frenchie, anche se il suo vero nome, ipotizzò lui, era probabilmente Frances o Francine, poi gli rivolse un sorriso, badando, però, che il suo padrone non la stesse guardando; altrimenti, suggerì uno sguardo offuscato dal timore, dopo, dentro una delle camere al piano di sopra, avrebbe dovuto fare i conti con qualche ceffone; perché in un posto come il “Paradise Sacks” persino i sorrisi avevano un prezzo, ogni cosa era in vendita: dall’whisky alle donnine di Billy Ray.

Il suo stomaco questa volta approvò la scelta del liquido immesso: la minestra calda era decisamente meglio del solo alcool! Svuotò il bicchiere e ripulì perfettamente il piatto, poi si alzò e si accinse ad andarsene, evitando con prontezza un ubriaco che stava per finirgli addosso, perché spintonato da altri due idioti che sghignazzavano in modo parecchio sconclusionato, anche loro decisamente alticci.

Mentre inspirava l’aria pulita e fresca della notte stellata, Sam sentì il rumore di una bottiglia infranta contro una parete, lo scontato primo atto dell’immancabile rissa che sarebbe senza ombra di dubbio seguita nel saloon; ma udiva il chiasso provenire come ovattato dalla porta richiusa alle sue spalle, inoltre non erano di certo affari suoi, se qualcuno avesse poi dovuto dormire sulla dura branda di una cella… Poiché lui stava per andare, finalmente, a riposare corpo provato e mente stanca in un letto vero.

Premesse

Il passato del protagonista è essenzialmente quello dell’anime, trasmesso in Italia nei primissimi anni ottanta, ma dato che io ho ormai un’età e non ricordo esattamente proprio ogni minimo dettaglio, potrebbe saltar fuori qualche inesattezza o incongruenza, così come ho sicuramente cannato qualcosa nella scelta dei nomi propri. Inoltre, gli eventi raccontati possono essere considerati 'alternativi' alla storia originale, ma non la stravolgono e non hanno una precisa collocazione temporale in essa; però ho ugualmente apposto l’avviso “What if? (E se…)” per scrupolo di coscienza, qualora ci fossero altri antichi nostalgici come me che non riconoscessero i riferimenti dei personaggi citati, oppure l’ambientazione diversa, dato che ho appositamente spostato Sam dal New Mexico all’Arizona.

Per tutto il resto, è alquanto evidente che mi sia ispirata al “Vecchio West”, prendendo spunto da situazioni viste in telefilm del genere come “Alla conquista del West”, “La casa nella prateria”, “La signora del West”, “Paradise”, da cui appunto ho preso a prestito il nome della città; oppure film, che però sono troppi per segnalarli tutti, quindi mi limito a citare la regia del Sommo Maestro Sergio Leone, ma anche John Ford e Clint Eastwood.



Credits e Note:

Addio a Cheyenne | C’era Una Volta Il West [Colonna sonora] – Ennio Morricone | © Warner Music

Sam, ragazzo del West | Un qualsiasi album o raccolta di vecchie sigle – Nico Fidenco | © RCA
E per i vecchi nostalgici, il link al video della versione integrale, non tagliata, reperito su YouTube.


Nota sul nome del saloon “Paradise Sacks
Gioco di assonanza tra il cognome di William Raymond (Billy Ray) Sacks e 'sucks', parola che in slang si usa per dire che qualcosa 'fa schifo'; pertanto, rispecchiando appieno l’ambiguità del suo proprietario, sull’insegna virtuale può essere letto a scelta: “Il paradiso di Sacks” o “Il paradiso fa schifo

* * *

I miei più sentiti e doverosi ringraziamenti vanno all’amico MaxT per il suo immenso e paziente – e sempre preziosissimo – "lavoraccio" di beta-reading, che comprende non soltanto lettura e revisione, ma anche supporto, incoraggiamento, suggerimenti e gradevoli scambi di opinioni; so che non è una passeggiata arginare gli sproloqui dell’Arpia, quindi… Posso soltanto ripetere un zillione di volte grazie, e continuerò a farlo ogni volta.
E per qualsiasi errore o inesattezza possiate trovare, comunque, la responsabilità è unicamente della sottoscritta.


Non mi seppellite, questo è in assoluto il mio primo tentativo di scrivere una vera fanfiction, e di questo tipo poi! ^^;;
Sono affezionata al genere western, scoperto da piccina grazie sia a Sam che alla cinematografia, e questo è proprio ciò che volevo venisse fuori. E poi tanto sto già scappando dal Sig. Leone che mi cerca imbracciando un Winchester… T_T

  
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