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Autore: Irish_Dreamer    09/07/2018    1 recensioni
SulLa Nave di ritorno dall'Inghilterra, una donna aggiorna il suo diario raccontando un vecchio incontro in un caffè parigino diversi anni prima.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Se lo ricorda il nostro primo incontro Mr. Green? Immagino proprio di no, preso com'era dal libro che stava avidamente divorando sul tavolino di quel caffè a Saint-Germain-des-Prés. 
Ho impresso quel pomeriggio di Ottobre del 1887 come se fosse ieri. 
La notai per puro caso, quando un cameriere dal grembiule bianco urtò lievemente la mia sedia con la gamba prima di recarsi al suo tavolino con una tazza fumante di cioccolata. All'epoca ero in visita da mia cugina Marie, che abitava da sola Parigi da diversi anni, e già dopo pochi giorni di soggiorno mi ero abituata all'abitudine maschile di consumare alcolici sin dalle prime ore del pomeriggio, chiacchierando ad alta voce degli argomenti più svariati. 
Fu proprio il suo insolito ordine che attirò la mia attenzione, mi soffermai a guardarla mentre sorseggiava la sua bevanda continuando a sfogliare il libro e una strana forza mi impediva di allontanare lo sguardo dalla sua figura. La sua pelle diafana sembrava delicata porcellana nella penombra del  Les Deux Magots, talvolta gli angoli delle labbra le si alzavano leggermente, forse per qualcosa che stava leggendo. Pensai che fosse l'uomo più bello che avessi mai visto e desiderai ardentemente sentire quegli occhi posarsi sulla mia pelle. 
Un certo Louis, che all'epoca faceva una corte spietata a Marie, la trascinò per un braccio verso il proprio tavolo lasciandomi sola. Non potevo continuare a fissare uno sconosciuto, così estrassi il blocco da disegno che porto sempre con me nella borsa. Iniziai ad abbozzare uno schizzo delle due statue all'interno del locale, diverse da qualsiasi altra opera d'arte che avessi mai visto in vita mia. 
"E così le piace l'arte orientale" furono le prime parole che mi rivolse. La sua voce bassa e morbida fluì come un fiume in piena nelle mie orecchie, provocandomi brividi lungo tutta la spina dorsale. Mi voltai giusto il poco che bastava per osservarla con la coda dell'occhio mentre si trovava ancora alle mie spalle. "Mi interessa tutta l'arte in realtà", le dissi con tono scostante, come mi avevano insegnato a fare con gli uomini. "A loro piace il tira e molla, più li rifiuti più vogliono conquistarti" mi dicevano le ragazze più grandi e più esperte di me.
Capì nell'istante stesso in cui pronunciai l'ultima sillaba che con lei non avrebbe funzionato. Lei non era come tutti gli altri, si limitò a fissarmi confusamente come se  non avesse ben capito, quindi si sedette di fronte a me. Il suo nome era Alexander Green, un inglese a Parigi. Era stato in Francia così tante volte da parlare fluentemente un francese privo di accento, per cercare spunti per  i suoi libri. 
"Lo sapeva che un tempo questo locale ospitava un bazar orientale? Ci sono stato quando ero molto giovane, esperienza irripetibile", mi disse senza il minimo sentore di arroganza. Credo sia stato quello il momento esatto in cui qualcosa dentro di me si aprì, il sentirla parlare così appassionatamente di ciò che conosceva. La ascoltai estasiata per infiniti minuti, ponendole domande per non farla smettere di deliziarmi con quel fervore che la scuoteva dal profondo. 
Mentre parlava, le sue labbra rosee come petali si schiudevano delicate facendo appena tremare il piccolo neo laterale. Avrei volentieri posato le mie labbra su quell'angolo di paradiso che mi si apriva davanti, non so spiegarle perchè. La camicia bianca e il fazzoletto pendant le adornavano il collo come una cornice con un'opera d'arte, tuffandosi nel panciotto grigio che le avvolgeva le membra delineandone la forma. 
Quello che portava con sé era un romanzo che stava scrivendo e che ogni tanto rileggeva per diletto. Mi sentii incredibilmente ed inspiegabilmente rapita dalla sua persona, da quell'aura magica che le aleggiava intorno. Prima di andare via infilò una mano nella tasca interna del suo soprabito e ne entrasse un bigliettino. "Questo è l'indirizzo del mio alloggio, mi scriva se vuole", mi disse allontanandosi lentamente. 
Come ben sa Mr. Green, impiegai dieci lunghi giorni per trovare il coraggio di scriverle, e i numerosi incontri che seguirono li custodirò per sempre nel mio cuore come i momenti più belli della mia misera esistenza. Lei mi deve perdonare perchè per lungo tempo le ho mentito Alexander. Oso scrivere il suo nome per la prima volta dopo anni perchè temo che non ne avrò mai più l'occasione. Approfitto del mio viaggio di ritorno in Francia per aggiornare questo mio diario, consapevole che non leggerà mai le mie pietose parole. 
Io la amo Alexander, la amo perdutamente come non ho mai fatto e mai farò. La amo con un fuoco tale che ad ogni respiro mi logora le membra e mi lascia senza fiato. La amo dal momento in cui mi ha parlato delle stoffe cinesi del vecchio Les Deux Magots, quando ha distrutto tutte le mie convinzioni in uno sguardo. Son stata codarda, per anni ho conservato per lei il mio cuore senza parlare. Lei lo sapeva, lo ha sempre saputo e ha taciuto perchè era più facile così. 
La festa del suo matrimonio è stata sublime, la sua Charlotte è adorabile. È la donna adatta a lei, la musa perfetta per le sue opere. Non me ne voglia Alexander, se son rimasta in silenzio per tutti i festeggiamenti. Si aspettava la solita spumeggiante amica, compagna di giochi e di scherzi. Purtroppo ho deciso proprio in quel momento di non mentirmi più. 
Io non le sfilerò mai il soprabito, non potrò mai passarle le mani tra i capelli, non poggerò mai le mie labbra su quell'angolo di paradiso e me ne duole. Devo abbandonarla, lasciarla andare come è giusto, eppure non voglio. Sento che conserverò per sempre una parte di lei dentro il mio animo, la parte che mi permetterà di ritrovarla nella prossima vita ed amarla pienamente. Fino ad allora, addio Alexander.
  
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