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Autore: AGirlInTheDark    09/07/2018    1 recensioni
Jin lo aspetta.
Attende il ritorno di Jungkook, cosciente di dover aspettare ancora un paio d’ore.
E Jimin si sveglia, pieno di domande e con il cuore in mano.
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Kim Seokjin/ Jin, Park Jimin, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Due del mattino.

 

La casa è silenziosa, le persone che ci vivono stanno dormendo, ed ogni cosa sembra essere al suo posto.

 

Tutto tranne Jungkook, perché lui non è ancora tornato.

 

 

Sono le due del mattino e Jin è preoccupato.

Si era alzato a mezzanotte, diretto verso il salone e, prendendo una coperta, sdraiato sul divano.

Aspettando.

Attendendo il ritorno di quel ragazzo a cui aveva chiesto espressamente di non fare tardi.

 

Non era la prima volta che accadeva, anzi, negli ultimi mesi era sempre così.

 

“Jungkook vedi di tornare verso la una.

Domani abbiamo le prove.”

 

 

Lui annuiva, con un sorriso rassicurava il più grande.

 

 

“Non ti preoccupare.

Torno presto.”

 

 

Si, figurati.

Se per lui “presto” significava ritornare alle tre del mattino, Jin era arrivato alla conclusione che, nella sua testa, qualcosa non andava. Che il tempo era solo un’opinione e che, a Jungkook, non interessavano le sue preoccupazioni.

 

 

 

Jin non era arrabbiato, proprio non ci riusciva e, ogni volta che il ragazzo cercava di aprire la porta facendo meno rumore possibile, lui si alzava velocemente dal divano, prendeva la coperta e tornava nel suo letto.

Faceva finta di dormire e, quando Jungkook entrava nella sua stanza per avvertirlo del suo ritorno, se ne stava in silenzio.

Fingeva anche di russare pur di non farglielo capire.

Pur di non essere scoperto.

Perché voleva un gran bene a quel ragazzo, si preoccupava fin troppo per lui ma, mai e poi mai, avrebbe voluto che Jungkook si rendesse conto di tutte le notti passate in bianco solo per aspettarlo.

Si sarebbe sentito in colpa, avrebbe smesso di uscire con il suo nuovo gruppo di amici, avrebbe provato pena per lui, per i suoi occhi stanchi.

 

 

 

Ci aveva provato tante volte a non essere così.

A rinnegare le sue paure, a chiudersi in camera per evitare di spostarsi verso il salotto, ma nulla aveva mai funzionato.

Il suo cuore lo costringeva a raggiungere il divano per essere più vicino alla porta, per sentirlo arrivare perché, quando cresci accanto ad una persona ( e quando questa è più piccola e giovane di te) tendi a creare un rapporto quasi fin troppo profondo.

Ti prendi cura del suo corpo quando questi sta male.

Cerchi di aiutarlo mentre affronta l’adolescenza, mentre cresce.

Cresce.

Cresce.

E Jin aveva avuto paura, la stessa che lo assilla ogni notte.

Quella di lasciarlo andare. Di non potergli più dare consigli, mostrargli la strada migliore da percorrere.

Quella di perderlo, di non essere più un punto di riferimento nella sua vita.

Di vedere Jungkook sorridere anche senza di lui, vederlo andare avanti.

Dio, non vorrebbe mai che smettesse di crescere o continuasse a dipendere da lui per sempre; avrebbe solamente voluto più anni, più tempo.

 

 

Ed ora è qui, sdraiato su un divano scomodo e con una coperta che non lo copre tutto, solo per tentare di convincersi che non è cambiato nulla, che Jungkook rimarrà sempre al suo fianco anche se ora non c’è.

 

 

 

Non sono i soli a vivere in quella casa, Jin ne è consapevole ma, per qualche strana e fortunata ragione, nessuno si è mai accorto del suo attendere Jungkook per poi correre per il corridoio e nascondersi nel suo letto.

Nessuno.

Non si stupisce di Yoongi o Namjoon; d’altronde hanno sempre avuto il sonno pesante ma di Hoseok, che sente e vede ogni cosa, di lui sì.

Forse credeva se ne andasse a prendere un bicchiere d’acqua in cucina, o che andasse in bagno.

Sta di fatto che nessuno se ne era mai accorto, nemmeno Taehyung o Jimin, grandi frequentatori di bagni e cucine notturni.

 

 

È proprio per questo motivo che, quando una piccola voce gli solletica l’orecchio, Jin prende un colpo.

 

 

 

“Tutto bene Jin? 

Cosa ci fai alzato a quest’ora?”

 

 

 

Jimin appoggia la sua testa sulla spalla del più grande, stanco e con gli occhi leggermente chiusi.

 

 

Panico.

Vuole davvero dirgli il vero motivo? Potrebbe, senza problemi, inventarsi qualcosa ma, tra la stanchezza di ore passate in piedi e la preoccupazione per Jungkook, la verità esce dalla sua bocca senza che lui la possa fermare.

 

 

 

“Sto solo aspettando Jungkook.

Torna a letto Jimin, domani abbiamo le prove.”

Con un sussurro e passandogli le dita fra i capelli, incoraggia il ragazzo a tornare a dormire, a riposare in vista delle faticose ore del giorno dopo.

 

 

 

Ma Jimin non risponde, si siede accanto a Jin per poi sdraiarsi sulle sue gambe, nessuna intenzione di muoversi o di tornare da dove era venuto.

 

 

 

“Aspetto con te.”

 

 

Il tempo passa in silenzio e sono quasi le due e quaranta.

Tra mezz’ora Jungkook sarebbe tornato, cercando di non farsi sentire, e Jin si sarebbe dovuto muovere, prendere per mano Jimin e portarlo via con sé.

Nascondersi non era difficile, ma quando si è in due, lo è sempre un po’ di più.

 

 

 

I piani di fuga vengono interrotti ed il più giovane fa una domanda.

 

 

 

“Jin?” 

 

 

 

“Mmh mmh?”

 

 

 

“Qualche anno fa, quando uscivo e passavo le nottate fuori casa, facevi lo stesso anche con me?

 

Mi aspettavi come stai aspettando lui?”

 

 

 

 

 

Tanti ricordi affollano la mente del più grande.

Le notti a mandare messaggi, a chiedersi dove fosse, preoccupandosi e pregando perché non fosse accaduto nulla di male perché, a differenza di Jungkook, Jimin passava intere notti lontano da casa.

Dormiva da qualche amico e, a volte, si dimenticava di avvisare.

 

 

Jin si teneva tutto dentro e, quando Jimin tornava, non diceva nulla.

Gli sorrideva come se nulla fosse successo e chiedeva aggiornamenti, preparava la colazione e gli accarezzava la testa.

Jimin si era sempre chiesto perché lo facesse con così tanta lentezza e dolcezza; cosa pretendere da un ragazzo giovane e libero che sta cercando di vivere la propria adolescenza? Non lo faceva con cattiveria, semplicemente non se ne era mai accorto.

Jin lo aveva sempre aspettato, ogni notte per quasi un anno, e poi Jimin aveva smesso di uscire.

Superati i diciannove anni aveva capito quali fossero le sue responsabilità, cercando di diminuire le notti lontano da casa fino a renderle inesistenti.

Non gli pesava doverlo fare, si sentiva bene nel suo letto con accanto i suoi migliori amici.

Non aveva bisogno di nient’altro e, ad un Jin che non dormiva da un anno e mezzo, poteva solo che togliere un peso.

 

 

E mentre ripensa a quel periodo, Jimin lo guarda, attendendo una risposta.

 

 

 

“Come potevo non aspettarti?

Anche se sapevo che non saresti tornato e che ti avrei rivisto in mattinata, ti continuavo ad aspettare.

Sempre e comunque.”

 

 

 

 

A Jimin quelle parole pesano più di quanto dovrebbero.

Si sentiva in colpa e con il cuore in gola, l’unica parola che voleva uscire dalla sua bocca era-

 

 

 

“Perdonami.”

 

 

 

“E per cosa?

Stavi solo vivendo la tua vita, ero io quello che insisteva, quello che voleva rimanere sveglio ad aspettare.

Non sentirti in colpa, è passato tanto tempo.”

 

 

 

“Non me ne sono mai accorto.”

 

 

 

 

Era stato bravo allora.

Scappava sempre prima del rumore delle chiavi nella serratura, dei passi davanti all’entrata.

Un ninja, una carriera da velocista mancato.

Faceva così per tutti.

Aspettava Yoongi quando faceva tardi al suo studio.

Aspettava Taehyung quando usciva per qualche cena con dei suoi colleghi.

Aspettava Hoseok quando decideva di fermasi a provare per qualche ora in più.

E Namjoon, anche lui nel suo studio fino a tardi.

 

Li avrebbe sempre aspettati; erano le persone più importanti della sua vita.

 

 

 

 

Jimin si alza in piedi, apre le braccia e, con un maglione fin troppo grande per lui, pretende un abbraccio.

Perché solo adesso si rende conto, solo ora può ringraziarlo come si deve.

 

 

L’abbraccio è lungo, sa di pulito, di vestiti morbidi appena lavati, di affetto e calore.

Quell’abbraccio che Jimin avrebbe dovuto dargli tanto tempo fa.

Ma Jin non ci pensa, è solo felice di averlo ricevuto, anche se un po’ in ritardo.

 

 

 

“Grazie di tutto.

Ti voglio bene, Jin”

 

 

 

 

“Te ne voglio tanto anche io.”

 

 

E, senza staccarsi l’uno d’altro, si sdraiano  sul quel divano stretto e scomodo.

Si addormentano sussurrando parole senza un vero significato, un misto di “grazie”, complimenti e “sei la cosa più importante che ho”.

 

Jin non se ne rende conto.

Non sente le chiavi entrare nella serratura o i passi davanti all’entrata.

Non sente Jungkook avvicinarsi al suo viso, posargli un bacio sulla fronte.

 

Sono le tre del mattino e tutto è dove dovrebbe essere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Da quella notte Jungkook non esce più con la stessa frequenza e, se lo fa, non torna mai più tardi della una.

 

Jin non dice nulla ma, in cuor suo, gli è profondamente grato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Jin?”

 

 

 

 

“Cosa c’è Jungkook?”

 

 

 

 

“Sappi che sei e sarai sempre fondamentale per me.”

 

 

 

E quella frase così genuina e detta senza alcun motivo, sembra essere l’unica ad essere importante.

 

 

 

 

“E tu sappi che, anche quando non vivremo più insieme, continuerò ad aspettarti.

Anche se so che non tornerai.”

 

 

 

 

 

Abbracciarlo è l’unica cosa che sembra avere un senso, e quindi lo fa.

E mentre lo stringe fra le sue braccia, Jungkook risponde.

 

 

 

 

 

“Tranquillo.

 

 

 

 

Tornerò sempre.”

 

 

 

   
 
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