Tender like a plush
(Parole: 652)
Colori sgargianti che risplendevano sotto le luci delle lanterne.
Musiche roboanti. Un folla di persone trepidanti. Bambini che
spingevano, maschere che spaventavano, profumi che si mescolavano.
Vita; in una notte d’estate.
Clack!
Appoggiato
a un
palo,
guardava lo spettacolo.
Clack!
Centro perfetto.
Clack!
Tre su tre.
Voleva applaudire, ma era troppo incantato dai gesti della persona
là davanti; inclinava la testa ritmicamente. Poi s’aggiustò
le maniche dello yukata e prese un’altra
palla. Se la passò tra le mani; un movimento pigro dettato
dalle sue
lunghe, allenate dita.
Caricò il tiro e —
Clack,
clack...
Clonk!
Un suono più sordo.
Attimi di
panico. Disfatta.
La lattina decise di ballare in tondo e in tondo ancora, ubriaca. Girava per
secondi e secondi, senza dare segni di cedimento.
Nervosismo. Le serviva che quella lattina s’arrendesse. La
fissò intensamente, credendo quasi di poterla buttare
giù con la
forza del pensiero. Un giro, un altro e alla fine — plonk!
Cadde.
“Sì!
Sessanta punti!”
Il ragazzo dietro cercò di
trattenere
le risate. La lanciatrice saltellava sul posto, da un piede
all’altro e le lunghe maniche dello yukata sembravano ormai
le ali di un pulcino troppo cresciuto.
Riprese la sua
posizione rilassata a braccia conserte. Quell’attimo di suspense
aveva
colpito anche lui.
“Veramente un ottimo
colpo signorina... Che cosa le do?”
La ragazza si guardava attorno indecisa. Dondolava. Non vedeva
più la ragione per cui si era avvicinata alla bancarella.
Poi, un’illuminazione.
“Quello lì!”
***
“Sei
proprio sicura di volerti tenere quella... cosa?”
La ragazza strinse fortemente il suo peluche. Aveva il sorriso di una
bimba dipinto sul volto, neanche fosse Natale. “Sì!”
Lui si avvicinò per vederlo meglio. Era un specie di gatto dalla
testa gigante, gli occhi enormi e vuoti e una boccuccia minuscola. “Ma guardalo... Ha un
sorriso scemo!” esclamò,
rigirandolo tra le mani.
“Non ha importanza!” ribadì
lei, riprendendoselo. “È una
tigre carina!”
I due si guardarono per un attimo. Confusione.
“Tigre?”
Era un’allusione... a lui?
“Ecco
dove voleva andare a parare!” Kojiro distolse lo
sguardo da quella faccia soddisfatta. Gli
scappò una risata: “Sei
veramente imbarazzante a
volte...”
“Ah,
la metti così?!”
- schiantò
le sue labbra sul musetto del peluche. - “Toh,
ecco qualcosa di veramente imbarazzante!”
Un istante dopo, il ragazzo sentì qualcosa di morbido
schiacciargli la guancia. Era
peloso, gli copriva mezza visuale e gli faceva il solletico.
Fastidioso! Lo levò con la mano e cercò di vedere
il volto della compagna.
Era un po’ arrabbiata,
Akamine. Aveva
le gote arrossate.
Il viso si era trasformato in una smorfia di irritato affetto.
Kojiro le sorrise.
“Maki...”
Un tono
profondo, delicato. Sussurato.
Le
cinse
la spalla. Un
tocco tenero.
Dolce,
nonostante lei potesse sentire la mano ruvida tra le pieghe dello
yukata. Le
stava a un palmo dal naso. Osservava
il volto:
prima
le ciglia - lunghe, le adorava
-, poi
le labbra.
Uno scatto.
Le rubò un bacio veloce. Il
tempo di sentire quel sapore di leggera salsedine che lei si portava
sempre dietro.
E slegò subitò
l’abbraccio.
“Se
volevi un bacio, non avevi che da chiederlo.”
Maki sgranò gli occhi.
“Sei
proprio impossibile!”
urlò, picchiandolo col pupazzo. “E io che
l’ho preso perché ti somigliava!”
“Quel coso non mi somiglia per
niente!”
E continuarono così. A
battibeccarsi per ore e ore, mentre camminavano nel caos del festival.
Ridevano, intrecciavano le dita, lei faceva più smorfie e
battute - mentre lui l’abbracciò durante
lo
spettacolo coi fuochi d’artificio.
Questo era stato il loro primo appuntamento. Una ricompensa meritata;
specie dopo il World Youth.
Maki è per me la best girl
della serie, quindi volevo scriverci qualcosa. E niente... Ho passato
sei ore in treno e questo è quello che partorito. Una cosa
fluff, shojo, banale, con Kojiro stronzo. Volevo solo usare le note per
avvertire che yey!, la minilong sugli allenatori slitta ancora! (per
ragioni personali) Mi dispiace molto. Spero stiate passando una bella
estate. :)