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Autore: elisa__f    17/07/2018    0 recensioni
Sandro e Giovanna sono una coppia solida, ben collaudata e che si ama da anni. Sono pronti a sposarsi e ad avere dei figli, quando il destino gioca loro uno strano scherzo e si ritroveranno ad affrontare molto di più di ciò che avevano messo in programma...
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
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Ci vorrebbe una notte soltanto per amare
 

1. Sandro
Salire sui mezzi pubblici con il caldo di luglio era sicuramente in fondo alla lista delle mie cose preferite. L’odore nauseante, il caldo asfissiante prima di entrare, e il freddo sparato dall’aria condizionata non escludevano che anche in piena estate mi potessi prendere un bel raffreddore di quelli che vengono solo con i freddi invernali. Milano è così. Caotica, caldissima o freddissima (anche nei rapporti umani, si sa) nelle stagioni come l’estate o l’inverno, piena di polline nelle mezze stagioni ma sempre piena di gente che ogni giorno si sposta per studiare o lavorare. Per chi ci viveva, era anche peggio.
Controllai sul display le fermate della metropolitana: la prossima era Turro, per Loreto ne mancavano altre tre e poi dovevo fare cambio. Per fortuna ero seduto, la stanchezza delle sei di pomeriggio iniziava a farsi sentire e l’unica cosa che volevo al momento era sedermi sul divano con una birra ghiacciata, chiudere gli occhi e rilassarmi. Ma sapevo che, per il momento, non era possibile. Giovanna era tutta presa con i preparativi di quello che definiva lei “l’evento del secolo”. Se avessi saputo che sposarsi fosse così faticoso e che richiedesse tanto sforzo nei preparativi, le avrei regalato un paio di orecchini piuttosto che un anello. Ma non si poteva tornare indietro.
Giovanna è la donna perfetta, lei piace ai miei genitori, io piaccio alla sua famiglia: un’unione oserei dire perfetta e duratura. Fidanzati da 6 anni, conviventi da 4. Visti da fuori potevamo sembrare la coppia perfetta, con una casa e un lavoro perfetti, pronti ad accogliere tra le nostre braccia minimo due bambini (lei ne andava matta) e non ci era mai passato per la testa il pensiero di lasciarci, nemmeno nelle litigate più pesanti. Eravamo una coppia da manuale, di quelli che leggono quelle donne fissate con la perfezione maniacale e che non lasciano trasparire nemmeno un momento di crisi e incertezza. Giovanna, per l’appunto.
Fu in quel momento che, guardando le porte della metro aprirsi a Pasteur, vidi una persona che mi sembrava familiare. Indossava in modo impeccabile un tailleur blu con gonna sobrio ed elegante, una camicia bianca con dei ricami sul petto che le evidenziavano il decolleté, delle scarpe  con il tacco altissimo che slanciavano la sua figura, i capelli erano raccolti in un morbido chignon e il trucco era sbavato e provato dalla lunga giornata che potrebbe aver avuto al lavoro. Il mio cuore si fermò, e subito la riconobbe.  Una donna. Era diventata una donna. Un unico ricordo si fece strada nella mia testa e subito cercai di allontanarlo, concentrandomi sulla lettura delle mail che avevo abbandonato per guardare quella ragazza, ormai donna, salita poco prima in metro.
Scesi a Loreto e cambiai linea della metropolitana, feci qualche fermata e poi scesi di nuovo, incamminandomi verso casa. Non avevo idea di quello che mi aspettava una volta aperta la porta di casa: nell’ultima settimana, ogni giorno era diverso. Molte volte Giovanna non era in casa, era con le amiche o con la madre a scegliere i vestiti delle damigelle, i fiori, le bomboniere, le partecipazioni o quant’altro. Altre volte c’era ma era così indaffarata nelle sue cose che nemmeno si accorgeva del mio rientro.
Aprendo il portone mi accorsi della monotonia in cui la mia vita era immersa. Dal lunedì al venerdì gli orari non cambiavano mai, lavoravo dalle 8 alle 17,30, salvo qualche feria anticipata concessami già dal venerdì pomeriggio. In questi casi Giovanna mi proponeva di andare via per il weekend, al mare o in montagna, preparando  minuziosamente valigie e borse già dalla mattina presto, come se farlo in anticipo potesse convincerla che saremmo partiti davvero e che avrebbe avuto due giorni e mezzo per non fare altro se non parlare di quanto sarebbe stato meraviglioso il nostro matrimonio. Inutile spiegare quanto pesante diventava la situazione la maggior parte delle volte.
Quando girai le chiavi nella porta e l’aprii, il silenzio e il buio regnavano sovrani nel nostro appartamento. Giovanna non c’era, trovai un biglietto in cui c’era scritto che sarebbe andata a provare il vestito da sposa e sarebbe rimasta a cena dai genitori a Pavia. Capii che prima delle due di notte non avrebbe fatto ritorno e mi rassegnai, sapendo che avrei dovuto cucinarmi la cena da solo per l’ennesima volta in quel mese.
Feci una doccia: niente mi rilassava più della doccia, ma quella sera ero rimasto talmente turbato dalla visione di quella donna che facevo fatica a rilassarmi completamente. La sua immagine era davanti ai miei occhi anche mentre cucinavo o mentre facevo partire la lavastoviglie. Non mi dava tregua.
A mezzanotte mi trascinai dal divano alla camera da letto, pronto per puntare la sveglia per il giorno dopo alle 7 e coricarmi. Ero decisamente stanco e provato dopo una giornata passata tra riunioni e colloqui con nuovi ragazzi e ragazze da assumere e nulla mi avrebbe ristorato di più di un sonno tranquillo e profondo. Avevo anche pensato di scrivere un messaggio a Giovanna per chiedere a che ora sarebbe tornata, ma sapevo già che sarebbe rimasta sul vago e non avevo di certo voglia di aspettarla sveglio.
Andai a letto con la sensazione di vivere in una gabbia dorata, che dall’esterno poteva sembrare la vita perfetta, ma dentro di me sapevo di non volerla proprio una vita senza sbavature. Era tutto finto.
 
La sveglia suonò puntuale come ogni mattina, Giovanna era accanto a me che dormiva profondamente e decisi di lasciarla dormire ancora un po’. Mi pareva di averla sentita rientrare verso l’una notte, ma ero talmente sopito che potrei averlo anche solo sognato.
Guardai la mia futura moglie: certo, bella era sicuramente bella. Bionda, occhi verdi, un  po’ più bassa di me e magra, molto magra, fin troppo. La dieta a cui si stava costringendo per essere in perfetta forma per il 23 di settembre la stava rendendo magra e anche isterica.
Quando già avevo finito colazione, sentii lei che mi chiamava dalla camera da letto:
«Amore? Stai facendo colazione?» mi chiese.
«Sì, ho finito, vuoi che te la prepari?» risposi io. «Devo uscire più tardi questa mattina, non ho riunioni fino alle 11» chiarii.
Con passo felpato lei si avvicinò a me e mi abbracciò da dietro, mentre disponevo sulla tavola le fette biscottate con la marmellata di fichi che tanto le piaceva. Io la detestavo. La marmellata, si intende.
«Allora che ne dici se rimandiamo la colazione a dopo e torniamo un po’ a letto, amore?» chiese lei maliziosa, avvicinandosi per darmi un bacio sulle mie labbra, che però rimasero tese e non ricambiarono da subito il bacio. Le smancerie di prima mattina non erano la mia colazione preferita.
«Uhm, come vuoi, sei ancora stanca?» chiesi facendo finta di non aver capito a cosa in realtà volesse arrivare. «Ti ho sentito rincasare piuttosto tardi», dissi con aria di rimprovero.
«Sì, era già passata la mezzanotte. Scusami, ma i miei hanno insistito tanto che rimanessi a mangiare, domenica ci hanno invitato nel casale in campagna. Ho detto che avrei chiesto prima a te, ma so che ti piace molto quel posto» fece lei, tirandomi un’occhiata che a pelle poteva sembrare dolce ma che nascondeva un “Tanto ho già deciso io”.
Titubai. Certo, mi piaceva Pavia e stare in campagna, ma non in piena estate con il sole che faceva sudare e con la casa piena di zanzare e insetti che entravano per cercare frescura. Ero piuttosto schizzinoso su quel lato. «Amore non saprei. Forse sabato mattina devo lavorare per un progetto di una ONLUS grazie alla quale inseriamo ragazzi problematici nel mondo del lavoro. Ti farò sapere okay?». Sorrisi e la baciai, sapendo di aver mentito (o almeno solo in parte) ma di averlo fatto per preservare la mia salute mentale e anche fisica. Lei ricambiò il sorriso e il bacio, prendendomi poi la mano e portandomi in camera da letto.
Non avevo nessuna voglia di sentirla parlare di matrimonio, vestiti, suoceri o altro. Feci l’amore con lei solo per distrarla dai suoi pensieri e dalle sue fissazioni. Io, invece, volevo allontanarmi dal pensiero di Valeria, che per tutta la notte era stato costante, persino nei miei sogni.
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La sera cercai di prendere la metro verso l’ora del giorno prima, per avere anche solo la possibilità di rivedere il mio primo grande amore e la mia prima ragazza. Uscii dal lavoro appena in tempo e feci le fermate prima con il cuore in gola e una strana speranza nel cuore. Stavo facendo qualcosa di sbagliato e forse in cuor mio lo sapevo anche, ma non me ne importava più di tanto. Rivedere quegli occhi aveva portato una ventata d’aria fresca nella mia monotonia.
Lei c’era. Come avevo sperato, era salita a Pasteur. Quel giorno era vestita in modo più casual, con un pantalone e una camicia con una scarpa più sportiva. Aveva i capelli castani sciolti e un trucco così leggero che potevo vedere (ma soprattutto immaginare) le lentiggini vicino al suo naso. Era incredibilmente stupenda e in quel momento pensai a tutto meno che a Giovanna, a tornare a casa, a prepararmi la cena. Non scesi a Loreto, continuai sulla rossa fino a Pero, quando mi accorsi che stava scendendo e appena in tempo corsi giù dalla carrozza. Lei ancora non mi aveva notato, o forse sì ma non mi aveva riconosciuto o non mi aveva voluto riconoscere.
Le caddero le chiavi dell’auto nel cercare il biglietto nella borsa da convalidare sul tornello. Mi chinai per prendergliele e gliele porsi. Quando i nostri occhi si incontrarono, il mio cuore fece un tuffo nel vuoto e la voglia di baciarla mi pervase da capo a piedi. Non mi era mai successa una cosa così, eppure a 30 anni suonati avevo di nuovo voglia di fare l’amore con Valeria, la ragazza che per prima di tutte aveva saputo farmi sentire il centro del mondo, del suo mondo. Cosa che con Giovanna, da mesi, non accadeva più.
 «Valeria…» sospirai, attirando la sua attenzione.
«Sandro!» esclamò lei. Era stupefatta e aveva gli occhi spalancati, che diventarono in poco tempo lucidi.
«Sei proprio tu!». Ero ugualmente ed incredibilmente agitato, con il cuore a mille.
 
Ciao a tutti! Spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto, cercherò di aggiornare la storia in tempi brevi dato che ho già altri capitoli pronti! Se vi va, lasciate una recensione o un vostro pensiero, sarei grata di sapere cosa ne pensate. Un saluto, Elisa.
   
 
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