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Autore: Impossible Prince    19/07/2018    0 recensioni
Era mattina, faceva caldo e c'era questo sole accecante sul piazzale adiacente alla stazione che mi ha ricordato la stessa luce che puoi vedere in spiaggia. E mi ha ricordato delle sensazioni che ho cominciato ad incanalare in una potenziale one shot. Poi scoprii che io ero in anticipo, il treno in ritardo e mi aspettava comunque un viaggio di quaranta minuti. La microeconomia è bella, ma una storia a Porto Selcepoli di più.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
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Hey, ti ricordi quell’estate a Porto Selcepoli? Tutto il giorno in riva al mare, con le gambe immerse nell’acqua fredda e l’odore della salsedine che ci impregnava così tanto da non poterlo più riconoscere.
La nostra pelle abbronzata e scottata, coperta come una pellicola dal sale.
Ricordi quelle barche rompicoglioni che passavano ogni cinque minuti? Creavano sempre dei cavalloni e ridevi, ridevi perché sapevi che dentro di me le maledicevo. Il mare si agitava e l’aria si riempiva dell’odore del gasolio. Ma se mi lamentavo ad alta voce eri pronto a schizzarmi al grido di «Smettila!» e allora l’acqua mi si infilava tra gli occhi e dovevo chiuderli, con il timore di esser afferrato da qualcosa proveniente dalle profondità marine.
Ricordi gli isolotti verso cui nuotavamo? Puntualmente dicevo che avrei dovuto prendere la quinta medaglia ed ottenere l’autorizzazione per usare Surf e tu scuotevi la testa sorridendo. Poi, nove volte su dieci, ti buttavi in mare e allora dovevo inseguirti, altrimenti rimanevo indietro, mi lasciavi là. Beninteso che la tua era pura tattica: sapevi che ti avrei inseguito tanto in capo al mondo come in mezzo al mare e questa era una valida scusa per poterti immergere e avere la possibilità di afferrarmi le gambe facendomi strillare perché temevo l’attacco di un Tentacool o un Octillery. Tornavi a galla brandendo la mia gamba come un trofeo ridendo delle mie scene di panico e terrore, io che mi agitavo bevendo acqua e te che ridevi e ridevi e ridevi, ridevi ancora di più. Non ho mai capito cosa ti facesse più ridere se i miei occhi e bocca spalancati, deformati dallo spavento o piuttosto le grida. Quando poi era il mio turno terrorizzarti, era un totale fallimento: mi immergevo nel momento in cui la mia mano stava per afferrarti ecco che tu spostavi la gamba una, due, tre volte. Mi vedevi! Probabilmente perché a differenza tua, io non ero davvero capace di immergermi e quindi, pure con la testa sott’acqua, il mio corpo non era davvero in profondità.
Fu una delle volte che andammo al largo che ti persi.
Andammo davvero al largo, noi due. Non lo avevo mai fatto. Non avevo mai fatto tante cose prima di quell’estate e così molte avvennero per la prima volta. E anche per l’ultima.
Poi ci sono cose che non ho ancora fatto.
La famosa quinta medaglia per usare Surf... Non l’ho mai presa. A voler esser chiari non ci sto neanche lavorando: non ho né le medaglie precedenti e neanche un pokémon, anche se ho una discreta voglia di tornare ad avere un Litten, ma mica da allenare, da addomesticare e coccolare in casa.
E poi ci sono cose che ho cominciato a fare da allora. Tipo adottare quella sorta di falso nichilismo che tu usavi, quel modo di fare che ti permetteva di dare la parvenza di uomo che non poteva essere né piegato e né infastidito. Ma davvero nessuno poteva farlo?
Avevi la convinzione che ogni rapporto umano fosse per sua natura precario e pronto a venir meno in qualsiasi momento: volevi bene ad un ristretto numero di persone ma, al contempo, non ti legavi davvero a nessuna di esse perché se avessi perso qualcuno volevi essere capace di andare avanti senza turbamenti. Vivevi in libertà.
Io ci riesco per metà: trenta e lode nell’atteggiamento e un 18 regalato per i rapporti interpersonali. Ma sono sicuro che tu mi avresti bocciato su tutto, non è vero?
È passato qualche anno da allora, ma ancora ricordo il caldo che faceva quell’estate. Ma quanto caldo faceva? E ogni volta che la temperatura si alza, che l’asfalto è pronto a cuocermi, che l’aria mi manca e agosto si avvicina, io non posso non pensare all’estate passata a Porto Selcepoli.
E sai, se lo dicessi in pubblico qualcuno mi ucciderebbe, ma alla fine mi mancano molte cose di te.
Tranne quell’estate là.
   
 
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