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Autore: ReyHaruka    23/07/2018    4 recensioni
"Nulla l’uomo teme di più che essere toccato dall’ignoto"
Non riusciva ancora a capacitarsene, ma si rendeva conto che dentro di lei, sentiva crescere il desiderio di essere toccata dall’ignoto.
Voleva essere toccata da quelle mani.
Desiderava essere toccata da quelle dita.
Senza rendersene conto, Michiru si stava mordendo di nuovo il labbro inferiore mentre cercava di frenare i suoi pensieri.
Genere: Demenziale, Parodia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Haruka/Heles, Michiru/Milena | Coppie: Haruka/Michiru
Note: AU, Nonsense, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
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WARNING: questa fanfiction, come avrete certamente capito dal titolo, si basa su una parodia di 50 Sfumature di Grigio.
Ripeto, è una parodia, ma in realtà della storia originale segue ben poco (principalmente l’idea di fondo) e vi condurrà in un luogo nel quale sorgerà spontaneo domandarsi: «come siamo arrivati a questo punto?!...»
Uomo/donna/gatto avvisato... mezzo salvato.
Detto questo, a storia conclusa dedicherò uno spazio per le dovute spiegazioni sul ‘come’ sia nata questa trashata pazzesca, visto che se lo anticipassi ora vi rovinerei la sorpresa... XD
Spero davvero chiunque decida di proseguire lo faccia a cuor leggero e spero vivamente di regalarvi del nonsense di qualità.
Buon Viaggio.
 




Capitolo 1 – Le 50 Sfumature di Tenou Haruka
 
Le sue mani cingevano la tazzina di caffè che le era appena stata servita.
Sulla superficie si rispecchiava il riflesso del cielo coperto da nuvole pronte a rovesciarsi in un intenso temporale di lì a qualche ora.
Il cucchiaino argenteo con una luna decorativa sul manico posato sulle sue labbra.
Era una di quelle giornate.
Uno di quei momenti in cui la sua vena artistica sembrava completamente prosciugata.
Ma si sa, agli artisti capita più spesso di quanto vorrebbero che il flusso creativo si interrompa, in attesa di qualcosa che riesca a scuotere le loro emozioni ed ispirarli sino alla nascita di un nuovo capolavoro.
Non le piaceva ammetterlo, ma dentro di sé, nel profondo del suo cuore, temeva che i suoi anni migliori fossero ormai andati.
Passati.
Finiti.
Come poteva sperare di incontrare qualcosa che la smuovesse da quel torpore nel quale le sue emozioni si mescolavano ormai quasi completamente inerti?
Eppure forse era proprio questa piccola speranza, la fievole scintilla, che le aveva fatto rispondere alla chiamata di quella mattina.
Normalmente avrebbe ignorato una chiamata da un numero sconosciuto.
Ma qualcosa questa volta l’aveva spinta a rispondere.
«Meno male che sei ancora qui!» una voce conosciuta squillò alle sue spalle ridestandola dai suoi pensieri «mi dispiace per il ritardo! Il treno ha avuto un imprevisto...» ora la sua interlocutrice le era apparsa di fianco, sfoggiando i suoi lunghi codini biondi «per farmi perdonare ti offro qualcosa da mangiare! Hai già fatto colazione?» la domanda giunse con un ampio sorriso «qui fanno dei dolci strepitosi! È per questo che ho insistito per questo locale, pensa che la pasticcera ha la mia stessa età! Certa gente nasce proprio con il talento!»
«O forse lo coltiva a dovere con anni di pratica...» ad interrompere la biondina fu una terza ragazza, che si era avvicinata al tavolo per prendere l’ordine della nuova arrivata.
«Mako! Stavo giusto pubblicizzando le tue doti culinarie!»
Le due si scambiarono un sorriso «per te il solito Usagi?»
La biondina annuì decisa.
«E per lei qualcos’altro, o le basta il caffè?» il sorriso della cameriera fece sorridere di rimando la sua interlocutrice.
«Sono a posto così, grazie»
«Michiru! Ma come sarebbe a dire che sei a posto così?... ti ho appena detto che i dolci qui sono fantastici! E poi devo pur sdebitarmi per il ritardo...»
La biondina si tolse la giacca accomodandosi sul divanetto del tavolo a cui ormai era seduta.
«Portale il dolce della giornata!»
Prima di annotare l’ordine la cameriera cercò rapida lo sguardo dell’altra ragazza per capire cosa fare.
«Non serve che tu mi offra alcunché Usagi, non-»
«Insisto!»
Gli occhi blu elettrico di Usagi ora fissavano pieni di convinzione quelli color del mare dell’altra, che dopo un breve momento di velata sorpresa, si rivolse alla cameriera.
«Gradirei molto provare il dolce del giorno» Michiru accompagnò la sua ordinazione con un sorriso immediatamente corrisposto dalle altre due.
«Ottimo! Torno subito»
La cameriera si diresse verso la cucina lasciando le due ragazze sole.
«A quanto pare ti piace ancora quella pettinatura» Michiru rivolse di nuovo il suo sguardo verso l’amica, notando i caratteristici odango nei quali aveva acconciato i suoi capelli dai tempi della scuola superiore.
L’altra si portò una mano dietro alla nuca.
«Certo! Sono così comodi! E poi piacciono un sacco pure a Mamo quindi...» Usagi arrossì leggermente.
Michiru rimase un secondo assorta nei propri pensieri, deducendo che ‘Mamo’ dovesse essere il diminutivo di Mamoru Chiba, il ragazzo con il quale l’altra l’aveva assillata durante gli innumerevoli pomeriggi sprecati ai tempi del club di giornalismo, del quale entrambe erano state membri all’epoca.
«Dunque frequenti ancora il senpai Chiba»
Sentendo queste parole un sorriso ancora più ampio fece capolino sulle labbra della biondina che non aspettava altro che sfoderare il gioiello che fiera portava al dito.
«Non solo ci frequentiamo ancora! A breve ci sposeremo!»
Michiru non riuscì a nascondere una risatina cristallina di fronte a tanto entusiasmo.
«Non sei cambiata per niente, sei sempre piena di vitalità»
«E come non esserlo quando apri il tuo cuore a braccia spalancate all’amore?»
A salvarla dal dover pensare ad una risposta per cambiare argomento, ci pensò il ritorno della cameriera, con due piattini contenenti una torta di meringhe e glassa di limone e una fetta di torta triplo strato di marmellata di fragola, decorata con rose di panna montata.
«Buon appetito!»
Makoto non ebbe nemmeno il tempo di completare l’augurio che Usagi stava già divorando il primo boccone.
«Gfrafie!» fu il boffonchiato ringraziamento che riuscì ad emettere.
La cameriera si congedò per poter attendere agli altri tavoli.
«Di cosa volevi parlarmi?» Michiru decise fosse il momento di affrontare il motivo della chiamata improvvisa dell’altra.
In attesa che Usagi terminasse di mandare giù il terzo boccone, si portò la forchettina alla bocca per assaporare il primo assaggio del suo dolce.
«Ho un favore importantissimo da chiederti» disse chinando il capo e portando i palmi delle mani sopra di esso congiunti in preghiera.
Usagi aveva pensato per giorni a come proporlo a Michiru e alla fine si era convinta che parlarne in maniera diretta fosse il modo meno pericoloso per sperare nel suo aiuto.
«Non posso chiederlo a nessun altro! Sei l’unica di cui mi fidi per un incarico di questa portata...»
Michiru posò la forchetta sul piattino e si portò la tazzina di caffè alle labbra aspettando il fulcro della richiesta.
«Si tratta di un’intervista» queste parole furono pronunciate a braccetto con uno sguardo serio, anzi, serissimo.
«Ma non sto parlando di un’intervista qualsiasi...» Usagi prese coraggio per pronunciare quel nome che facilmente avrebbe scosso chiunque al solo sentirlo «sto parlando di un’intervista esclusiva... con Tenou Haruka, CEO delle TenouTec Industries, una delle 3 persone più ricche dell’intero Giappone!»
Michiru ascoltò quelle parole senza mostrare particolare interesse, come fossero qualcosa di già sentito.
Quel nome non le era affatto nuovo, ma nonostante alcuni rapidi sforzi mentali non riuscì a focalizzare un volto da allegare a queste informazioni.
«Nonostante la sua fama, l’ombra di mistero che avvolge Tenou è fitta quanto la sua volontà di mantenere la sua privacy tale...» Usagi si concesse un altro boccone «...è da 5 anni che la mia rivista tentava di ottenere una sua intervista. 5 lunghissimi anni di tentativi andati a vuoto, fino a ieri»
Usagi rovistò nella sua borsa in cerca del suo notebook.
«Questa è un’opportunità d’oro per la mia carriera, è uno di quei treni che passano un’unica volta nella vita! Me ne rendo conto...» il tono della sua voce si fece carico di tristezza «...il problema è che con così poco preavviso non riesco proprio a spostare l’impegno all’estero al quale devo partecipare, ma non voglio nemmeno rinunciare a quest’opportunità» i pugni di Usagi si strinsero mostrando la sua convinzione «c’ho pensato davvero a lungo e... non potrei chiederlo a nessun altro al mondo. Sei l’unica di cui mi fidi e a cui potrei affidare un’intervista così importante... in fondo sei stata proprio tu la mia fonte d’ispirazione e mentore»
Michiru spinse leggermente a lato il piattino ormai vuoto.
Non si aspettava una richiesta come questa.
«A redigere l’articolo poi mi occuperei io, tu dovresti solo tentare di estrapolare più informazioni possibili e-»
La biondina fu interrotta da un gesto della mano dell’altra.
Michiru aveva passato la mattina a domandarsi quale sarebbe stato il motivo del loro incontro.
Si era tormentata a cercare di capire cosa fosse stato a farle rispondere ad una chiamata che normalmente avrebbe ignorato.
Non si aspettava di certo qualcosa di interessante, eppure ora una vocina le diceva che di qualcosa di interessante poteva trattarsi.
Aveva passato troppo tempo a cercare di superare il blocco d’artista che l’aveva colpita.
Troppi mesi a cercare di galleggiare nelle acque ristagnanti della sua anima sconfitta.
Troppo tempo era rimasta senza uno scopo.
E quest’occasione, sembrava l’occasione giusta.
Il sassolino che lanciato al centro del lago, increspatura dopo increspatura percorre la superficie dell’acqua, ingrandendosi fino a toccare gli argini.
«Quando sarebbe l’intervista?»
 
"Call."

*             *             *
 
Le porte automatiche dell’imponente quanto alto grattacielo sul quale svettava il logo TenouTec, si chiusero senza emettere il minimo rumore.
La hall nella quale si trovava ora rispecchiava un apprezzato senso estetico e gusto per l’arredamento minimal d’avanguardia.
Ovunque posasse lo sguardo, poteva gustare la fusione tra moderno ed utile.
Nulla era fuori posto, gli spazi riempiti al grido dell’efficienza.
L’edificio stesso sembrava quasi un artefatto di archeologia industriale.
Un monolite compatto di acciaio Corten, solido e possente, che solo da vicino rivela la sua natura raffinata.
La giovane e attraente donna alla reception le porse un cordiale benvenuto.
«Salve, sono Kaiou Michiru, sono qui per l’intervista con Tenou Haruka»
La receptionist raccolse l’informazione con un sorriso, mentre premette con assoluta padronanza e rapidità sul display touchscreen alla ricerca di un riscontro. Verificata l’identità dell’ospite e la correttezza del motivo della visita, si portò una mano all’auricolare bluetooth col quale effettuò una chiamata per avvisare dell’arrivo della signorina Kaiou.
Dopo un momento di sorpresa alla risposta che ricevette, la receptionist rispose in assenso servile al suo interlocutore.
«Molto bene» le parole erano ancora rivolte all’auricolare «se vuole seguirmi miss Kaiou, l’accompagnerò personalmente nell’ufficio dove si terrà l’intervista»
Michiru le sorrise amabilmente, seguendola in direzione dell’ascensore.
Una volta all’interno, la receptionist pronunciò il piano desiderato e, silenzioso quanto scorrevole, l’ascensore cominciò la sua salita.
La ragazza dai capelli acquamarina non poté fare a meno di soffermarsi ad osservare le loro figure sulle superfici riflettenti del cubicolo.
La receptionist era quella che lei stessa avrebbe definito una ragazza di gran classe: trucco, vestiti e capelli perfetti.
I lineamenti del suo viso erano tranquillamente paragonabili a quelli di una modella e pure le altre impiegate che aveva scorto di sfuggita durante l’attraversata della hall le avevano lasciato la stessa impressione.
Il suo sguardo ora si concentrava sul proprio riflesso.
Forse scegliere un abbigliamento così casual e una pettinatura così semplice non le avrebbe fatto fare la migliore delle impressioni.
Non era ancora riuscita a farsi un’idea chiara di come dovesse essere questo Tenou.
Probabilmente un uomo di mezz’età, ricco, amante delle belle donne e troppo preso dal suo lavoro per perdere tempo a costruirsi una reputazione al di fuori di quella che si era creato grazie alla sua compagnia.
Il fatto che gli stesse così a cuore salvaguardare la sua privacy l’aveva incuriosita.
Dopo l’incontro con Usagi, aveva fatto le sue ricerche ma, proprio come aveva detto l’amica, tutto al suo riguardo era avvolto nella più fitta nebbia.
«Che tipo è il signor Tenou?» la voce di Michiru uscì cristallina poco prima che l’ascensore giungesse a destinazione al 50esimo piano.
«Un tipo...» la receptionist si prese il suo tempo per rispondere, proprio nel momento in cui le porte dell’ascensore si aprirono «...particolare.»
Questa parola accompagnò Michiru nei suoi passi all’interno dell’enorme stanza dove si trovava mentre, silenzioso com’era arrivato, l’ascensore cominciò la sua discesa.
Le imponenti ed enormi vetrate dai riflessi blu petrolio lasciavano entrare ogni singolo raggio di luce che terminava rifrangendosi su qualsiasi superficie presente.
Ai lati della ragazza due file di piante creavano una specie di corridoio che conduceva ad un’enorme scrivania, alla quale poteva notare appoggiata una persona dalla figura slanciata, atletica, con un viso dai tratti al contempo decisi e delicati, incorniciato da corti e fitti capelli color dell’oro.
Non ebbe il tempo di formulare nemmeno un pensiero, che due iridi smeraldo dal taglio affilato si sollevarono in sua direzione e trovarono saldo contatto con le sue.
«La signorina Kaiou, suppongo» quella voce melodica e leggermente profonda, giunse alle orecchie impreparate di Michiru che, sentendo pronunciare il suo nome, non riuscì ad evitare di percepire un brivido di piacere risalirle lungo tutta la schiena.
Questo era strano.
Non era da lei una reazione del genere.
Non per mano di un uomo, per lo meno.
Le ci volle un momento per ritrovare una compostezza.
«Esatto» la voce di lei uscì perentoria «sono qui per l’intervista con il signor Tenou»
Un angolo delle sottili labbra di lui si sollevarono per un secondo come avesse appena vinto una scommessa e quel quasi impercettibile gesto concesse a Michiru di capire la situazione.
«Beh, sono felice di poter affermare che se persino nel mio ufficio non mi si riconosce, allora ho fatto proprio un lavoro eccellente nel proteggere la mia privacy.»
Era lui.
Avrebbe potuto capirlo prima.
Avrebbe dovuto.
Eppure quel ragazzo e l’immagine che si era fatta del CEO della TenouTec non avevano colliso fino a quel preciso momento.
Forse aveva perso un po’ del suo smalto, e questo non la faceva sentire a suo agio.
«Chiedo scusa, vi immaginavo più...» Michiru sospese la frase in cerca di un termine adeguatamente inoffensivo con il quale concluderla.
«Vecchio?» la risposta di Tenou parve divertita.
«Sì» la risposta di lei le uscì senza filtri.
Il biondino proruppe in una sonora risata.
Michiru rimase in silenzio, cominciava a temere che forse non avrebbe dovuto concedersi tanta schiettezza, non in quella situazione per lo meno.
«Devo dire che ora mi sento più sollevato»
Lo sguardo di Michiru parve sorpreso.
Il giovane si sollevò con un lieve slancio dalla scrivania ed estraendo la mano destra dalla tasca, mosse i passi necessari per cancellare la distanza che li separava offrendole una stretta di mano salda.
«Quando mi hanno detto che avrebbero mandato un’altra ragazza ad occuparsi dell’intervista, temevo avrei fatto meglio ad annullare l’incontro» un secondo sorriso accompagnò il momento in cui sciolsero la stretta «ma ora sono felice di non averlo fatto.»
La mano di Michiru aveva registrato la sensazione del contatto con quella leggermente più grande di Tenou e ora ne conservava il calore.
Questa strana sensazione fece affiorare a Michiru un pensiero che decise di tenere per sé.
Qualcosa non le quadrava, ma non capiva ancora cosa.
«Temevate che non sarei stata all’altezza dell’incarico?»
Il sorriso di Haruka mutò in uno schiocco di lingua.
«Temevo non sareste stata altrettanto attraente.»
Le ci volle un secondo per capire che quelle parole erano state pronunciate per davvero.
«Come prego?» la voce di lei uscì leggermente infastidita.
Il volto rilassato di Tenou divenne improvvisamente serio ed imperscrutabile.
«Non è questo ciò che vi aspettavate dicessi?» Haruka disse questa frase portandosi con alcune ampie falcate sino alla poltrona su cui si accomodò sotto lo sguardo ancora incredulo dell’altra.
«Circondato da belle donne...» a queste parole nella mente di Michiru riaffiorò il ricordo della receptionist e delle altre impiegate che aveva scorto salendo «giovane, ricco, donnaiolo, borioso, molto probabilmente pure figlio di papà» lo sguardo di Haruka era rivolto altrove, come perso anch’esso nel suo monologo.
«Non è una descrizione calzante per la nuova opinione che vi sarete fatta di me? Di solito è quella a cui giungono tutti una volta scartata quella del vecchio...» le iridi smeraldo sembravano prive di qualsiasi luce «ho indovinato?»
Il suo sguardo ora si posava sulla ragazza che era rimasta in silenzio sino a quel momento, in attesa di risposta alla sua provocazione.
Appena le labbra di Michiru fecero per muoversi, presagendo la sua replica, quelle di Haruka si assottigliarono in una smorfia di trionfo.
«Vi risparmio la fatica-»
«Arrogante»
Le loro voci si sormontarono.
La smorfia di Haruka scomparve lasciando spazio a stupore.
«Come prego?» di tutte le risposte che aveva ricevuto negli anni, questa non l’aveva ancora mai sentita.
Michiru prese a percorrere gli stessi passi che gli aveva visto compiere qualche attimo prima, sino ad accomodarsi sul divanetto che fronteggiava la poltrona sulla quale si trovava Haruka.
«Arrogante è l’unico giudizio che sono in grado di formulare al momento» le iridi color del mare sostenevano senza timore alcuno lo sguardo del CEO della TenouTec.
«Interessante» la voce di Haruka uscì moderata, accompagnata da un gesto della mano che invitava la sua interlocutrice a proseguire con quanto stava dicendo.
«Non posso nascondere che la prima opinione che mi ero fatta riguardo alla vostra persona fosse frettolosa ed anche erroneamente basata su facili stereotipi» per la prima volta in tutta la sua vita era caduta in un simile errore.
Non ne andava fiera.
Ma proprio l’essersi concessa di essere stata così incauta, in questo preciso istante, le stava suggerendo che qualcosa dentro di lei fosse veramente solo assopito e non definitivamente spento.
«Ma non penso di sbagliarmi nel decifrare un’arroganza consapevole, nel vostro presumere di avere a che fare con una principiante, o peggio, con un’incompetente.»
Ora era il turno di Haruka di rimanere in silenzio in attesa che l’altra giungesse al punto.
«Se la vostra intenzione era solo quella di schernire la malcapitata di turno con il vostro discutibile modo di fare, mi dispiace informarvi che con me non funzionano simili giochetti.»
«O-oh...» la risposta di Haruka era il perfetto connubio tra scherno ed inaspettata curiosità.
«Sono qui per svolgere il mio lavoro e non intendo andarmene prima di aver portato a termine il mio compito. Quindi se non vi dispiace, direi di cominciare con l’intervista, così magari mi darete modo di cambiare nuovamente il mio giudizio, o di allungare la lista dei difetti» un sorriso falso le sollevò le labbra «quale preferite?»
Le mani di Haruka si incontrarono in un sincero applauso.
«Ammirevole»
Il suo sguardo era intenso e sembrava scrutarla genuinamente interessato, forse alla ricerca di un qualsivoglia difetto.
«Come ho detto poc’anzi, sono felice di non aver cancellato quest’appuntamento.»
Michiru non si lasciò intimorire da questo singolare comportamento e sfoderando la sua praticata facciata di professionalità, estrasse il blocco note sul quale si preparava a prendere i suoi appunti.
Era giunto il momento di svelare se quella maschera di arroganza era solo una recita o se in realtà quello fosse semplicemente tutto ciò che Tenou aveva da offrire.
«Avete già segnato arrogante?» la domanda di Haruka sembrava nuovamente divertita.
«Da qualcosa bisogna pur cominciare.» la risposta di Michiru fu accompagnata dall’effettiva presa nota del termine, con tanto di sottolineatura.
«Aggiungete pure ‘colpito’» il nuovo suggerimento fece scattare nell’intervistatrice una sorta di risposta preventiva.
«E di grazia, da cosa sareste colpito?» "forse ripetutamente da una mazza da baseball?" si permise di aggiungere mentalmente.
«Dalla vostra capacità di adattamento» Haruka fece una pausa per valutare se quelle parole bastassero a spiegarsi «o se preferite, dalla vostra mancanza di timore nei miei confronti.»
"Timore?" ripetè mentalmente Michiru tra sé e sé.
Non provava timore, di questo era certa.
Doveva ammettere che la situazione le stava agitando sentimenti contrastanti che non provava da tempo: fastidio, competitività, un incalzante desiderio di ‘vincere’ quell’incontro ad ogni costo e... non capiva ancora perché ma, una viscerale curiosità.
Come se sperasse che sotto quei lineamenti così perfetti e proporzionati, si celasse un animo altrettanto degno della sua attenzione.
Una sempre più forte, e a parer suo, immotivata curiosità.
Ma non di certo timore.
«Perché dovrei temervi?» la domanda era legittima.
Il volto di Haruka parve rilassarsi.
«Magari perchè sono tra le persone più ricche e potenti dell’intero Giappone»
Le sue gambe si accavallarono con eleganza.
«O magari perchè sotto questo bel visino d’angelo si nasconde il peggiore dei demoni»
Un sorriso unilaterale sollevò l’angolo destro delle labbra di Tenou, suscitando in Michiru l’insensato timore che, in qualche modo, le avesse appena letto nel pensiero.
«O magari perchè...»
Quest’ultima frase venne pronunciata con lenta maestria, mentre spostando il peso del busto in avanti, Haruka ora si trovava a meno di un palmo di distanza da lei.
«...sarebbe sempre saggio temere ciò che non si conosce.»
"Nulla l’uomo teme di più che essere toccato dall’ignoto."
Tra i pensieri di Michiru si fece strada questa massima, di cui non ricordava l’autore, e stupendosi che parole del genere riaffiorassero proprio ora, decise di controbattere con qualcosa che le permettesse di tracciare nuovamente una distanza tra loro due.
«Il fascino dell’ignoto domina tutto.»
Haruka raccolse questa risposta con un sorriso soddisfatto.
«Omero?»
«Complimenti, supposizione esatta. Credo di poter aggiungere anche ‘apparentemete colto’ alla lista»
Le parole della ragazza dai capelli acquamarina accompagnarono la trascrizione della nuova annotazione.
«Domina tutto...»
Haruka si accomodò di nuovo contro lo schienale della sua poltrona, ripetendo sottovoce quello a cui stava pensando. «Non potrei essere più daccordo.»
Ora le sue parole erano rivolte all’altra.
Michiru lo osservò con l’intenzione di decifrare meglio quest’ultima informazione.
«Mi state suggerendo di aggiungere dominante?»
Le parve di vedere un guizzo di vitalità accendere quegli occhi smeraldo per un istante.
«Oh no, non sono il tipo di persona che suggerisce» si affrettò a rispondere «sono più il tipo di persona che decide come condurre il gioco» la sua voce era sicura, quasi intimidatoria «e questa intervista, signorina Kaiou...» pronunciò il nome di lei sorridendo appena percettibilmente «non fa eccezione.»
Michiru non ebbe nemmeno il tempo di mettere insieme ciò che aveva appena sentito e tentare di dargli un senso compiuto, che Haruka aveva già percorso con rinnovato slancio la distanza che li separava dall’ascensore ormai prenotato.
«Mi segua»
Alla repentinità di quelle azioni, Michiru non seppe come ribattere ed istintivamente, contro ogni sua aspettativa... ubbidì.
Una volta chiusesi le porte dell’ascensore, la loro conversazione riprese.
«Mi sembra corretto precisare che in realtà non ho mai dato per scontato che voi foste un’incompetente» le parole di Haruka facevano riferimento alla precedente accusa con la quale Michiru aveva intavolato il suo contrattacco.
«Ho fatto le mie ricerche su di voi... sono una persona pragmatica in ogni aspetto della mia vita e ci tenevo a conoscere in anticipo tutti i dettagli della persona con cui avrei avuto a che fare»
Questa confessione non la turbò, le sembrava un comportamento alquanto normale, per lo meno per una persona abituata a valutare ogni singolo rischio quando si tratta di prendere decisioni dove, da un errore di valutazione, si oltrepassa con facilità il confine tra investimento redditizio e catastrofe finanziaria.
E in fondo, lei stessa aveva passato la notte a cercare quante più informazioni potesse.
«Questa cosa vi disturba?» lo sguardo di Haruka rimaneva fisso sul volto dell’altra.
Michiru, come era solito capitarle quando si soffermava per calibrare le parole, si morse involontariamente il labbro inferiore prima di rispondere.
«No, non particolarmente» era vero, non aveva nulla da nascondere.
L’ascensore continuava la sua silenziosa discesa senza che Haruka distogliesse lo sguardo dalla sua ospite.
«Avete scoperto qualcosa di interessante che mi riguardi?» Michiru desiderava cambiare argomento, ma questa conversazione poteva trasformarsi in un’ottima occasione per lasciar credere a Tenou di avere un certo vantaggio, facendo in modo che cominciasse a stare meno sulla difensiva.
«Prima di continuare, devo avvisarvi che dovrete firmare un contratto» le parole di Haruka sembravano quelle di una persona abituata a ripeterle quotidianamente.
«Un contratto?»
«Esattamente. Un contratto che regola la confidenzialità di parte delle informazioni di cui potreste venire a conoscenza durante l’intervista»
Michiru si voltò in direzione di Haruka leggermente confusa sulle reali motivazioni dietro una simile precauzione.
"Confidenzialità ristretta ad alcune delle informazioni di cui potrei venire a conoscenza?..."
«Ci sono cose di me, che non voglio in alcun modo diventino di dominio pubblico.»
Haruka si portò le mani in tasca e chiuse gli occhi.
La sua voce era decisa ed incrollabile.
«Quali cose?»
La voce di Michiru venne zittita dal suono del campanello di arrivo al pian terreno.
Una volta aperte le porte dell’ascensore, i due si diressero verso un ufficio, all’interno del quale si trovava l’assistente di Tenou ad aspettarli, con tutti i documenti necessari dei quali Michiru era appena stata informata.
«Se volete che continuiamo con l’intervista dovrete prima firmare questi documenti. La mia assistente sarà lieta di rispondere a qualsiasi domanda.»
Haruka accompagnò con un gesto Michiru a sedere.
«È uno scherzo?» Michiru si decise a parlare solo dopo aver scorso rapidamente alcune righe dei vari paragrafi.
«Come vi ho già detto signorina Kaiou...» Haruka stava già uscendo dalla stanza «io conduco sempre il gioco, qualunque esso sia.»
Con queste parole Haruka si lasciò definitivamente alle spalle l’ufficio, dove una Michiru sempre più incredula cercava nello sguardo dell’assistente una qualche forma di solidarietà.
«Come Le è stato spiegato, se vuole continuare con l’intervista, dovrà firmare questo contratto contenente, tra le altre cose, una clausola inserita a tutela dei dati personali strettamente confidenziali riguardanti il signor Tenou, di cui non è ammessa in nessun modo la divulgazione, e con cui, in caso di violazione, Lei si assume la totale responsabilità giuridica, civile e penale.»
Le parole della giovane assistente suonarono ancora più robotiche e fredde di quelle del suo capo.
«Mi state prendendo in giro?»
«Assolutamente no, questa è la prassi» l’assistente si interruppe per correggere quanto appena detto «o meglio, questa sarebbe la prassi se qualcun altro prima di Lei fosse arrivato così avanti nel processo di selezione dell’intervistatore...»
"Processo di selezione dell’intervistatore?"
Cos’era? Una sorta di gioco a premi? Okay il prezzo è giusto?
«Lei è la prima ad essere arrivata fino a qui, credo sia meritato porgerle le mie congratulazioni» l’assistente le sorrise leggermente porgendole la mano per una stretta di elogio.
Lo sguardo di Michiru continuava a passare dal volto dell’assistente alle righe stampate sugli innumerevoli fogli sparsi sulla scrivania.
Questa situazione aveva del surreale.
Si prese il tempo di fare tre respiri profondi prima di continuare.
«Che succede se mi rifiuto di firmare?»
Sul volto dell’assistente comparve un’espressione di puro stupore.
«Se non doveste firmare?» la sua voce lasciava trasparire la stessa incredulità «In quel caso, non ci sarà nessuna intervista. Semplice.»
La mente di Michiru era più affollata che la metropolitana di Tokyo nell’ora di punta.
Uno dietro l’altro si susseguivano le informazioni che aveva di fronte, le suppliche della sua amica, il senso del dovere che l’aveva portata a non mollare sino a quel momento, lo scontro verbale col quale si era intrattenuta con Haruka Tenou, la curiosità riguardante i segreti che quest’ultimo si prodigava tanto a celare, quel pizzico di orgoglio ora che era consapevole di essere la prima in assoluto ad essere arrivata a quel punto, quella curiosità viscerale di spogliarne l’animo...
"Nulla l’uomo teme di più di essere toccato dall’ignoto"
Queste parole riaffiorarono prepotentemente senza un motivo apparente.
"Perché dovrei temervi?"
La testa della ragazza cominciava a ripercorrere la loro conversazione, ma la ragazza si concentrò per recuperare il controllo dei suoi pensieri.
Troppe informazioni.
Troppa confusione.
Non poteva prendere una decisione del genere in quello stato.
Aveva bisogno di tempo per valutare scrupolosamente la situazione.
Aveva bisogno di tempo per riflettere a fondo.
«Non posso firmare adesso.»
Le sue parole assunsero un tono pacato, nonostante internamente si sentisse all’esatto opposto «posso prendermi qualche giorno per leggere con attenzione i documenti e decidere?»
L’assistente tentò di mascherare la sua incredulità di fronte all’atteggiamento del tutto inaspettato della signorina Kaiou.
«Certamente» il suo sorriso non poteva essere più forzato «Ma ci tengo a precisare che, come di certo saprà, il signor Tenou è estremamente impegnato e se perde troppo tempo a decidere, perderà sicuramente quest’opportunità.»
«Ne sono consapevole.»
Michiru sapeva che stava rischiando di mandare all’aria tutta l’intervista con questa decisione, ma lei non era il tipo di donna che si lancia di petto senza prima aver valutato attentamente tutti i pro e contro, e di sicuro non avrebbe cominciato ora, proprio contro una persona vigile e sulla difensiva come Tenou.
Dentro di lei, qualcosa le diceva di non sottovalutare la situazione.
La vocina che l’aveva spinta a rispondere alla chiamata del giorno prima e ad accettare quest’intervista, quella stessa vocina ora le stava dicendo di valutare bene sia la sua mano, che quella avversaria, prima di giocare le sue carte.
O se ne sarebbe pentita.
 
"Heads up."

*             *             *
 
Aveva passato tutta la notte a ripensare a quanto accaduto.
Sul tavolo davanti a lei, assieme alla colazione che stava terminando, c’erano ora ordinatamente impilati i fogli del contratto che si era portata a casa e che aveva letto e riletto fino quasi a memorizzare.
La conclusione a cui era giunta era che quel contratto non sembrava nascondere insidie evidenti.
Ma le sembrava ancora una cosa di cui non fidarsi ciecamente.
Si riteneva una persona professionale e questa mancanza di fiducia, per quanto comprendesse le possibili ragioni visto l’attaccamento alla privacy di Tenou, la colpiva sul personale.
Questo, assieme all’atteggiamento che Haruka aveva tenuto durante il loro breve incontro, la facevano sentire quasi come fosse una pedina in un gioco più grande di lei.
Da un lato la situazione non le dispiaceva: adorava qualsiasi genere di sfida e non si sarebbe mai tirata indietro di fronte a partita alcuna, specie se si fosse trovata di fronte ad un avversario capace di regalarle un duello memorabile.
Ma qui si trattava di un gioco pensato per un unico giocatore, il cui unico scopo era condurla esattamente dove Tenou avrebbe voluto, costringendola a piegare la sua volontà ed il suo orgoglio entro il termine della partita.
La stava sottovalutando.
Stava decisamente sottovalutando la sua intelligenza.
«Ho fatto le mie ricerche su di voi...»
Sapendo una cosa simile, si aspettava che si fosse già fatto un’idea di chi stava sfidando.
Eppure la stava trattando come se fosse il nuovo giocattolino con cui divertirsi prima che passi la voglia di usarlo.
Tenou le dava la stessa impressione di un bimbo circondato da tutto ciò che si può desiderare, ma alla continua ricerca di qualcosa che lo emozioni.
Qualcosa che lo scuota.
Forse era proprio questa loro somiglianza ad infastidirla.
Per quanto diverso da lei nei modi di fare, sotto quella superficie, nel profondo, erano l’uno il riflesso dell’altra.
Due anime spente, desiderose di incontrare quella scintilla che renda possibile il miracolo.
A questa realizzazione, Michiru prese a sfiorarsi le dita della mano destra con quelle dell’altra, facendo riaffiorare così il ricordo del tepore della stretta di Haruka, seguito dall’immagine perfettamente nitida delle sue curate, lunghe e sottili dita.
Quelle mani le erano rimaste impresse a fuoco.
Le trovava estremamente sexy, anche se decisamente più adatte ad una donna.
"Nulla l’uomo teme di più che essere toccato dall’ignoto"
Non riusciva ancora a capacitarsene, ma si rendeva conto che dentro di lei, sentiva crescere il desiderio di essere toccata dall’ignoto.
Voleva essere toccata da quelle mani.
Desiderava essere toccata da quelle dita.
Senza rendersene conto, Michiru si stava mordendo di nuovo il labbro inferiore mentre cercava di frenare i suoi pensieri.
L’improvviso ricordo dello sguardo dal taglio deciso di Haruka mentre con voce profonda pronunciava il suo nome, la sorprese facendola stringere su sé stessa.
Quasi a voler sfuggire a quello sguardo, la ragazza spostò il suo verso l’orologio appeso alla parete della cucina e si rese conto che era passato molto più tempo di quanto avrebbe potuto permettersi.
Sgranò gli occhi e buttò giù d’un fiato il té allo zenzero e cannela che oramai si era raffredato.
Era estremamente in ritardo.
Si vestì coi primi indumenti che riuscì a trovare e fece per fiondarsi fuori dalla porta del suo appartamento, ma qualcosa nel riflesso dello specchio nell’atrio la fece soffermare sulla sua immagine.
«Oddio che occhiaie»
Per quanto fosse di fretta e non stesse facendo troppo caso al look, quelle occhiaie non poteva accettarle nemmeno lei, doveva provare a coprirle al meglio, o i suoi studenti l’avrebbero di sicuro tartassata e canzonata nella speranza di cavarle qualche informazione personale.
E ritrovarsi a dover pensare o parlare di Tenou Haruka anche durante la sua classe di pittura, era qualcosa che non gli avrebbe concesso.
Aveva già perso il sonno per colpa dei suoi modi di fare e ne era certa, non avrebbe permesso che la cosa si riproponesse rovinandole anche la giornata.
Finì di applicarsi il correttore all’ultimo semaforo a cui era ferma con la sua auto, prima di raggiungere lo studio a Shinjuku.
Il risultato era soddisfacente e finalmente potè rilassarsi gli ultimi minuti nei quali stava parcheggiando il suo veicolo.
Varcata la soglia dell’aula si infilò il camice da lavoro più rapidamente di quanto la porta ci mise a chiudersi dietro di lei.
«Buongiorno a tutti. Scusate il ritardo ma ho avuto un problema con la macchina...»
A queste parole seguirono quelle all’unisono dei suoi allievi che, come consuetudine, si erano alzati per salutarla.
Lo sguardo della ragazza percorse rapido ciascun volto alla ricerca della persona che stava cercando e che non riusciva ad individuare.
«Dov’è la signorina Aino-san?» la mancanza della modella che doveva posare per la sessione di disegno dal vero era un imprevisto che non si aspettava di dover affrontare quella mattina.
Dal resto dei presenti si sollevò un brusio confuso, ma nessuna risposta concreta.
Michiru, decisa a non sprecare ulteriori minuti preziosi, si avviò allo scaffale dove erano tenuti i pennelli e le tavolozze.
«Fintanto che non sapremo se arriverà...» prese gli acrilici che stava cercando «direi di approfittarne per continuare con la tela di esercitazione di pittura paesaggistica della settimana scorsa»
La classe rispose in assenso ed ognuno si mise a preparare la propria postazione, nel frattempo che la ragazza passava tra i cavalletti a lasciare il materiale che avrebbero utilizzato.
Era già passata più di mezz’ora e della modella ancora nessuna notizia.
«Kaiou-sensei?» la mano di una delle alunne si muoveva nell’aria per chiamare l’attenzione della sua insegnante «potrebbe aiutarmi a scegliere quale tra queste sfumature di grigio sia la più indicata?»
Michiru le rivolse un sorriso e le fu subito a fianco.
«Direi che il grigio ardesia scuro è quello più adatto a rendere al meglio la solidità della roccia di cui sono composte le rovine in primo piano»
La studentessa abbassò gli occhi tra i colori a disposizione alla impacciata ricerca della tonalità appena menzionata, senza trovarla «Ehm...»
Le sue gote arrossirono leggermente per la vergogna, mentre Michiru mosse la mano con sicurezza prendendo due boccette di colore e rovesciandone con precisione le quantità volute sulla tavolozza.
«Posso?» fece gesto l’insegnante indicando all’allieva il pennello che, senza accorgersene, stava stringendo come un pugnale.
«S-sì! Prego...»
Se possibile la ragazzina si fece ancora più rossa mentre osservava l’eleganza con la quale Michiru stava ora mescolando i due colori.
«Partendo da una base di grigio grafite, con una punta di azzurro si ottiene facilmente il riflesso tipico dell’ardesia, per dosare il contrasto di luci ed ombre ti basterà aggiungere del nero all’occorrenza» Michiru le porse di ritorno la tavolozza con il colore pronto per essere utilizzato quando sentì l’inconfondibile rumore della porta aprirsi.
«Finalmente sei arrivata» la ragazza dai capelli acquamarina ormai aveva perso le speranze verso un effettivo arrivo della modella «se non ti dispiace cominciare a prepararti e spogliarti, intanto farò cambiare le tele alla classe-»
La sua frase si fermò a mezz’aria quando, al voltarsi, si rese conto che ad essere entrata non era la signorina Aino.
«Che cosa ci fate qui?» aggiuse a voce più bassa dopo essersi avvicinata di qualche passo alla persona.
«Ma come, io vengo qui con le migliori intenzioni e mi proponete di denudarmi così su due piedi?» una risata soffocata accompagnò questa frase «Per giunta davanti a tutte queste persone...»
Due occhi smeraldo scrutarono divertiti i volti dei presenti per poi ritornare su quelli già noti di Michiru «per questo ci vorrebbe un altro tipo di contratto...»
Una smorfia di autocompiacimento incurvò le labbra di Haruka che ora, oltre allo sguardo stupito di Michiru, stava attirando l’attenzione generale della classe.
Passata la sorpresa iniziale, la ragazza ritrovò la sua compostezza prendendo in mano le redini della situazione facendo cenno di seguirla fuori dall’aula per poter continuare la loro conversazione in privato.
«Come mi avete trovata?» riprese una volta serrata la porta alle loro spalle, il tono volutamente freddo.
«Ha qualche importanza?» la risposta di Haruka sembrava lanciata con l’intenzione di alterare la pittrice.
«Non ve lo starei domandando se così non fosse.»
Haruka, prima di risponderle, si prese il tempo di infilare le mani nelle tasche dei pantaloni dell’elegante completo color antracite che indossava.
«Ve l’ho detto, ho fatto i compiti...» le lanciò un occhiata per scrutarne la reazione «ho fatto le mie ricerche...» lo sguardo di Haruka si assottigliò serio, come quello di un predatore che ha selezionato la sua preda.
Come un avvertimento, un brivido percorse Michiru dalla testa ai piedi, ma cercò con tutta sé stessa di non lasciar trapelare all’esterno la sua reazione interiore.
«Non avete ancora risposto alla mia prima domanda» aggiunse poi con tono incalzante «Perché siete qui?»
«Hai da fare?»
La risposta giunse ancor prima che la domanda di Michiru arrivasse a conclusione, assieme alla consapevolezza che ora Haruka aveva deciso di cominciare a darle del tu, come a volerla in qualche modo collocare in una posizione più debole.
«Sto lavorando» disse facendo gesto col capo in direzione dell’aula.
«Intendevo dopo. Sei libera dopo?»
Michiru non si aspettava un invito, specialmente dopo com’era stata trattata il giorno prima.
«Cosa vi serve?»
Decise di non indietreggiare dalla propria posizione.
«Se non sbaglio non abbiamo ancora avuto la nostra intervista...» la voce di Haruka sembrava nuovamente divertita.
«Se non sbaglio prima dovrei acconsentire firmando il contratto...» ribattè Michiru con tono perentorio «e io non ho ancora firmato nulla, né tanto meno sono intenzionata a farlo.»
Il volto di Haruka sembrava privo di qualsivoglia emozione, fatta eccezione per lo sguardo con il quale non aveva smesso di fissare Michiru negli ultimi minuti.
«E se invece ti invitassi semplicemente a pranzo?»
A Michiru scappò una risata, che mascherò prontamente portandosi la mano al volto.
«Dovrò firmare un contratto anche per quello?» la domanda della ragazza sembrava più una provocazione.
Haruka schioccò la lingua.
«No, non ce ne sarà bisogno» un sorriso tornò ad incurvare le sue labbra «quindi passo a prenderti quando fini-»
«Non ho ancora detto che accetto.»
Gli occhi smeraldo di Haruka si strinsero leggermente sorpresi.
«Non capisco ancora perché vi interessiate tanto a me...» Michiru si scostò decisa la chioma color del mare con un gesto rapido, mentre si voltava per aprire la porta per tornare verso la sua postazione di lavoro «ma se desiderate così tanto che io accetti l’invito...» si fermò con la mano sulla maniglia «dovrete prima accettare di concedermi qualcosa in cambio.»
La pausa che si prese prima di proseguire sembrò durare un’eternità.
Michiru sentiva che finalmente stava riuscendo a giocare le sue carte in maniera da spiazzare l’avversario.
Non era intenzionata a perdere quell’occasione: avrebbe segnato lì, in quel preciso momento, la linea di confine dietro la quale sarebbe stata lei a condurre le danze, o non se ne sarebbe fatto nulla.
«Ti sto già concedendo l’onore di pranzare con me, a mie spese»
«Non sto parlando di denaro»
Senza staccare la mano dal pomello, Michiru ora era nuovamente rivolta in direzione di Haruka.
«Sto parlando di qualcosa di più prezioso»
Sapeva che in quel momento, mantenere con fermezza il contatto visivo era indispensabile per portare a casa una vittoria.
«Sto parlando di uno dei vostri segreti» un sorriso quasi amichevole le incurvò le labbra.
Haruka rimase di sasso di fronte a quest’ultima richiesta.
«Se davvero volete che accetti l’invito...»
La ragazza fece un’ulteriore pausa pensando che potesse permettersi di spingersi anche un pochino oltre.
«Se davvero volete me...»
Sapeva che era un azzardo puntare su questo fronte, ma per Michiru quella era esattamente il tipo di situazione da ‘go big or go home’.
«Voglio prima conoscere uno di quei segreti che avete così tanta paura di svelare al mondo.»
La mandibola di Haruka si serrò impercettibilmente.
«Che ne dite?» il sorriso mutò da benevolo a vincitore «Ne vale la pena?»
"Ne valgo la pena?" aggiunse mentalmente quasi speranzosa in una risposta positiva.
Il silenzio calò nello stretto corridoio, senza che da parte di Haruka giungesse risposta alcuna.
«Come supponevo»
La voce di Michiru seguì la ragazza che, varcò la soglia rientrando nell’aula, lasciando che la porta le si richiudesse pesantemente alle spalle e raggiungendo nuovamente la sua postazione da lavoro.
Si rendeva conto che per Haruka, lei doveva essergli sembrata un passatempo per lo meno interessante.
Ma sapeva benissimo anche che nessun gioco sarebbe mai stato abbastanza, per cedere ad una richiesta del genere.
Sicuramente non nel caso di Tenou Haruka.
La partita era chiusa.
L’esito sempre il consueto.
Aveva vinto.
Un sorriso malinconico le incurvò le labbra.
Come ogni sua vittoria, anche questa era risultata scontata, troppo facile.
Proprio quando stava cominciando a divertirsi e avrebbe voluto che la partita durasse di più... ma nemmeno questa volta l’avversario era capace di tenere il passo con lei.
A questo pensiero, sentì il cigolio della porta annunciare la sua riapertura, seguito dal rumore delle suole con cui a passi decisi qualcuno stava giungendo al centro dell’aula.
Colta alla sprovvista, Michiru non si era ancora voltata, sino a che non udì la voce cristallina di Haruka.
«La modella che doveva presentarsi per la lezione di oggi non verrà» seguì il rumore di un vestito che veniva sbottonato con rapidità.
"Come faceva a sapere della modella?"
Quel pensiero non ebbe quasi il tempo di essere formulato.
«Dunque perché non approfittare della mia presenza...»
Dalla classe si sollevò un sussulto di stupore che portò la pittrice a girarsi di scatto.
«Per ritrarre il migliore dei soggetti?»
Michiru sgranò gli occhi, aggiungendosi alle innumerevoli espressioni stupite dei presenti.
 
Haruka Tenou, era una donna.

E ora stava lì in mezzo, nuda, una bellezza statuaria, mentre con naturalezza ed una postura fiera si accomodava sullo sgabello.
Un sorriso vittorioso che le solcava il viso da uno zigomo all’altro.
«Dipingimi come una delle tue ragazze francesi.»
Il volto di Michiru si fece paonazzo.
Questo cambiava ogni cosa.
Questa volta la sua voce interiore non tardò a farsi risentire.
 
"Bad Beat".

 
*             *             *             *             *
 
Fine dell'unica parte "seria" di questa storia. XD
Fatemi sapere se è valso lo spreco del vostro tempo o se invece ci sono cose che vi sono piaciute. >w<
Siete ancora in tempo per smettere di leggere e conservarne un buon ricordo...
Anche perchè non so quando pubblicherò il prossimo capitolo...
Ma cercherò di non farvi aspettare tanto come per l'ultimo capitolo di IPdS... u_u'
 
Anyway... i pensieri di Michiru ad ogni fine scena sono modi di dire utilizzati nel poker e, per chi non avesse dimestichezza col gioco, significano:
Call - in fase di puntata il call è l’azione di rispondere corrispondendo la somma puntata da altro giocatore. (Ho trovato estremamente azzeccata l’affermazione visto che letteralmente Michiru risponde alla ‘chiamata’ XD)
Heads Up – si ha quando in una mano due giocatori decidono di affrontarsi testa a testa.
Bad Beat - espressione usata quando una mano favorita, con percentuali molto alte per la vittoria del piatto, viene battuta.


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