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Autore: MaikoxMilo    24/07/2018    2 recensioni
Ceresole Reale, un paesino situato nell'alta valle dell'Orco in provincia di Torino, sarà da sfondo alle vicende della giovane Sakura, che nel giro di poco tempo verrà a sapere dei "demoni" legati alla sua famiglia e vedrà, letteralmente, crollare il mondo che fin da bambina l'aveva avvolta in un'aura di freddezza e solitudine inconcepibile per lei.
Può un incontro cambiare la vita di una persona fino a tal punto da farle rivedere completamente il proprio passato?!
Lo so, come presentazione non è un granché ma è il meglio che sono riuscita a fare. Questo è il mio primo esperimento di AU e mi auguro con tutto il cuore che possa piacere e, perché no, far strappare anche un sorriso ai lettori (anche se dal prologo non sembra proprio) Eh! Eh! A voi quindi questo piccolo esperimento che vede come ambientazione un luogo caro alla mia infanzia e che ha avuto la capacità di incidersi nel mio cuore come ben pochi altri!
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Aquarius Camus, Aquarius Degel, Aries Mu, Nuovo Personaggio, Scorpion Milo
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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CAPITOLO 16: IL COMPLEANNO DI MILO

 

 

"Bene, ragazzi, e anche oggi abbiamo finito con Dante! Siamo a buon punto del programma, ma non possiamo permetterci di adagiarci sugli allori. Quest'anno è molto facile che Letteratura Italiana sia esterna, per cui voglio portarvi alla Maturità il più preparati possibile!"

La campanella suonò nell'esatto momento in cui la professoressa abbassò il capo per mettere a posto le sue cose, decretando così il termine dell'intera giornata scolastica. Menomale!

Tuttavia all'improvviso la vidi riscuotersi e, mentre i miei compagni di classe erano già intenti ad alzarsi dalle sedie, l'insegnante chiese ancora qualche secondo di attenzione.

"Mi sono dimenticata di dirvi che, per quanto concerne la gita di quest'anno in Sicilia, ci sono delle novità. Pare infatti che dovremmo posticiparla a marzo, perché a dicembre, complice la fine del quadrimestre, diventa troppo difficoltoso..."

La nuova frase della professoressa fu accolta con schiamazzi vari, nonché un sonoro "nooooooo" prolungato che palesava nitidamente la reazione generale davanti a quella semplice frase. Sogni e speranze infranti in un millisecondo...

"Su, su, non ho detto che non si farà, il professor Giacometti ed io abbiamo già dato la nostra disponibilità ad accompagnarvi, e così sarà, solo... dovrete aspettare un po' di più, nient'altro. Buon pomeriggio a tutti!" si congedò da noi, uscendo poi dall'aula.

Mu ed io fummo veloci a prepararci per uscire e, del resto, quel giorno era molto speciale per me, visto che mio fratello Milo compiva gli anni. Finalmente... finalmente avrei potuto dargli il regalo che tanto avevo faticato a cercare, retaggio di almeno due mesi di pensieri su come fare con i soldi limitati e di duro, estenuante, lavoro. Ero emozionatissima.

Anche Mu era invitato alla festa, ma, al contrario di me, pareva avvolto da uno strano mutismo coronato da un'espressione scura in volto, già presente sul suo delicato viso dall'inizio della mattinata. Avvertivo qualcosa di strano in lui, un qualcosa che, per qualche motivo, non sembrava volesse rivelarmi. Rispettai questo suo desiderio.

Sul pulmino per risalire a Ceresole Reale, fissai silenziosamente fuori dal finestrino, tentando di non dare peso ai soliti schiamazzi che provenivano da Megres e dalla sua banda. Aveva smesso di nevicare la sera prima, ma il cielo era perennemente bianco, così come il terreno ghiacciato e ricoperto dalla neve. Per certi versi era qualcosa di perfettamente normale lì, ma anche di estraniante: i colori sembravano completamente spariti, dandomi così la fastidiosa impressione di vedere in bianco e nero come i cani.

Mio fratello Milo era giù in casa, lo sapevo. Da quanto avevo capito da quei pochi mesi di università, era tutto un mondo a parte, o almeno così era la sua facoltà. A quanto avevo afferrato in linea generale, si potevano saltare più o meno tranquillamente le lezioni senza dover portare una giustificazione; volendo, in casi estremi, si poteva tranquillamente fare il corso come non frequentante e avere comunque accesso agli esami che si svolgevano in determinati periodi all'anno.

Era tutto così strano lì, mi sarei mai adeguata a quel ritmo, così abituata ad essere sempre presente a scuola (e per forza, qualunque posto era meglio di casa mia!), ma ancora di più... i miei mi avrebbero mai pagato l'università? E se sì, quale avrei scelto? Se guardavo al mio futuro, un brivido di panico mi avvolgeva, riportandomi brutalmente al presente; al tranquillo presente, anche se ormai neanche da quello riuscivo a trovare un minimo di pace.

Una volta arrivati alla consueta fermata, scendemmo senza fiatare, nessuno di noi due pareva intenzionato a rompere quell'arcano silenzio. Ancora una volta, avvertii lo sguardo di Megres fisso su di me, portandomi il consueto disagio. Proprio per questo fui svelta a scendere, desiderosa come non mai di essere invisibile al suo sguardo, cosa che puntualmente non succedeva, rendendomi inquieta.

I rumori, nella neve, venivano attenuati, regalandomi una piacevolissima sensazione. In fondo, neanche l'inverno era così male, dai, bastava prenderci l'abitudine. Così presa dal bianco intorno a me, non mi resi subito conto che i passi di Mu si erano arrestati, mi fermai solo quando il suo tono grave giunse alle mie orecchie, facendomi rabbrividire.

"Sakura, io... ti devo parlare!"

Lo fissai, preoccupata, mentre mille e più ipotesi mi rimbalzarono in testa, tutte senza risposta. Ci fu un lungo silenzio fra noi, poi si appropinquò a me, lasciandomi tra le mani un foglio di carta stropicciato, al suo interno una calligrafia disordinata ma leggibile.

"Non ho il cuore di dirtelo a voce... leggi e capirai... scusami!" balbettò, allontanandosi un poco con espressione ricolma di rimorso.

Feci quanto chiesto.

 

Cara Sakura,

Penso di aver capito. Proprio per questo io me ne devo andare. Alcuni ricordi non sono ancora tornati, altri si sono assemblati nella mia mente, ma la cosa più importante è che io abbia compreso la situazione in cui ti ritrovi.

Scusami... non è da me fare questi discorsi seri e, in fondo, non ci conosciamo che da una settimana, malgrado abbia la netta sensazione di conoscerti da una vita, e forse è davvero così...

Come ti ho detto, io me ne devo andare, ma mi farò vivo qualche volta. Non ti abbandono mica, è una promessa! Sono l'ultimo dispensatore di consigli qui, quindi, se vuoi, hai diritto di mandarmi al diavolo, tuttavia mi sento di dirti queste cose, un po' come farebbe un fratello maggiore alla propria sorellina.

Allora, ci sei? Sarò breve!

1) Combatti sempre a testa alta e non chinare il capo davanti a niente e nessuno. Tu sai quanto vali e, nonostante l'intricata situazione dei compaesani, tu sei tu, sei mille spanne sopra di loro, fargli vedere chi sei!

2) Non rinunciare ai tuoi legami per paura di mettere nei guai chi vuole stare al tuo fianco. Del resto, il Lilla è sempre stato con te, no?! Perché non fare entrare anche Mentuccio nel tuo circolo?! E' un bavo cristo, forse un facilone un po' imbranato, ma lui la scelta l'ha già fatta, sarebbe spietato mettergli i bastoni fra le ruote, non ti pare?

3) Penso di aver intuito che tu sia innamorata di qualcuno, anche se non ho capito se si tratti del tizio che ti ha chiamato la scorsa settimana o un altro. Non ha comunque importanza, quello che ti volevo dire è di farlo tuo, senza se e senza ma. Se questo qui è un idiota che prova ad allontanarti per paura di provare sentimenti, allora vai e stendilo, e con "stendilo" intendo fagli capire quanto sia meraviglioso provare le emozioni. Forse ci metterà un po', perché da quanto ho subodorato è un imbecille piantato, ma nessuno può resistere alla tua dolcezza, al tuo meraviglioso mondo interno unico e irripetibile. Non arrenderti!

4) ...Uh? Esisteva una quarta raccomandazione? Ci sto prendendo un po' la mano, ehehehe! In ogni caso volevo ricordarti che ti voglio bene, Sakura... cioè, lo so che ora sembro io l'imbecille qui, che ti conosce da una settimana e già spara cuoricini nauseanti, ma la verità è che... così non è! Noi... ci conosciamo da molto di più, lo so io e lo sai tu, anche se entrambi non lo rammentiamo. Io... ora non ricordo bene, ma alcune cose stanno riaffiorando. Non posso dirti di più però e, onde evitare equivoci e situazioni incasinate, anche per questo me ne devo andare, ma tornerò, come già promesso, tornerò per vederti qualche volta!

Questo quindi è quanto. Se puoi, conserva questa lettera e non ti preoccupare per me, sto molto meglio e so badare a me stesso, quindi vai tranquilla fino al prossimo incontro!

 

Tuo Cardia

 

P.S: Ringrazia anche da parte mia il Lilla e il Mentuccio, è grazie a loro se sto meglio, non lo dimenticherò e, prima o poi, ripagherò il mio debito.

P.P.S: già che ci sei... puoi scoprire se il Mentuccio sia davvero gay?! Devo ammettere che è un bel ragazzo, se non ha donne che gli circolano intorno può essere solo perché appartenente all'altra sponda, mi piacerebbe averne la certezza al nostro prossimo incontro!

P.P.P.S: (questo è l'ultimo lo giuro!) al tuo bel moroso analfabeta sentimentale, tu di' che se osa farti soffrire lo sfracello a testate contro il muro finché i sentimenti non gli entrano a forza in quella testa bacata. Lo dico, lo faccio, non sarei il Grande Cardia, altrimenti!

 

 

Lessi il tutto mentalmente, ma fu impossibile trattenere dentro di me le reazioni davanti a quell'immensa mole di lettere che si avvicendavano una dopo l'altra e che per me significavano tutto. Percepivo le guance umide, gli occhi vedevano appannato... malgrado l'evidente tono scherzoso della lettera, volta allo scopo di non apparire troppo strappalacrime, mi sentivo irrimediabilmente sola, abbandonata. Cardia se ne era andato, non sapevo perché, o forse sì, ma se ne era andato... da quanto tempo non lo sapevo, ma non lo avrei mai più riacciuffato di mia volontà, ci saremmo rincontrati solo qualora lui lo avesse voluto.

"Ho trovato questa lettera stamattina, credo se ne sia andato prima dell'alba... non immagini quanto mi dispiaccia, Sakura! Io... dovevo controllarlo e invece... invece..."

"Mu... ma è terribile, per quanto dica di essersi ripreso è ancora ferito, no?! Non possiamo... non possiamo permettergli di..." biascicai, ma mi bloccai immediatamente. Erano già passate più di sei ore dalla sua partenza, avrebbe potuto essere dappertutto o in nessun posto e, cosa più importante, non aveva di certo intenzione di farsi trovare da noi. Sentii come un vuoto dentro di me.

"Sakura... io credo che Cardia se ne sia andato per non aggravare la tua situazione già preesistente... deve aver capito, poiché dotato di grande intuito, che la sua presenza qui ti avrebbe danneggiato, pertanto ha preferito allontanarsi. Non si farà trovare da noi, a meno che lui non lo voglia!"

Semplice e diretto come al solito. Sospirai tra me e me, abbassando le braccia in fare di resa. Mu non aveva di certo letto al posto mio la lettera, troppo riguardoso nei confronti delle scelte degli altri, ma doveva aver capito il contenuto della lettera dalle mie espressioni facciali.

Era esattamente come aveva detto.

"Non pensiamoci più... oggi è il compleanno di tuo fratello e tu ti sei impegnata così tanto per fargli il regalo che volevi! Sono sicuro che Cardia se la saprà cavare e, quando vorrà, si farà di nuovo vivo!" tentò di tirarmi su il morale Mu, posandomi le mani sulle spalle.

Annuii con poca convinzione, cercando di ricacciare indietro lo smarrimento che mi aveva colto. Di tutta quella faccenda, ciò che mi bruciava di più era il fatto di non aver trascorso abbastanza tempo con lui, già mi mancava... e mi sentivo una stupida ad averlo anche solo lontanamente bistrattato.

Così presa dal mio malessere interno, quasi non mi accorsi che le mie gambe si erano mosse da sole, dirigendosi, a passi lenti, verso casa mia. Me ne resi nitidamente conto solo quando, alzando lo sguardo, lo incrociai con quello indispettito di mia madre. La fissai impassibile, chiedendomi tacitamente perché quella donna fosse sempre mestruata.

"Signorinella, oggi i musi lunghi sono categoricamente vietati, quindi vedi di sforzarti di sorridere un po', che si tratta del compleanno di tuo fratello!"

"Come vuoi tu..." la liquidai velocemente, superandola di getto con l'intenzione di filare in camera mia a prepararmi. Avrei indossato la maschera, di nuovo, come sempre nella mia vita. quanto mi sentivo affine a Pirandello che stavamo studiando proprio in quel periodo, il suo pensiero sulle maschere imposte dalla società, dalla famiglia e da tutti coloro che erano esterni a noi, era quanto di più vero e concreto avessi mai imparato a scuola. Del resto, io per prima ero un 'uno, un nessuno, un centomila'... chi ero quindi in realtà?!

Giunta alle scale per salire in camera mia, mi incrociai con Milo, tutto in ghingheri per la festa e con un abito elegante che non gli s'addiceva per niente. Quest'ultimo infatti gli dava un'aria matura che non aveva nulla da spartire con la sua reale personalità, un'altra maschera, appunto!

"Fratello, con quel vestito sembri proprio un..."

Non ebbi il tempo di finire la frase che mi abbracciò di getto.

"Sakura, sono felice che tu sia qui, i giorni scorsi sembravi così distante che ho avuto paura di... vabbè, lascia perdere, ora sei qui... ne sono felice!" esclamò tutto di un fiato, arruffandomi i capelli.

Davvero ero apparsa così lontana?! Davvero i miei pensieri intimi mi avevano fatto allontanare da tutto e tutti?!

"Ora sono qui, Milo... se mi dai cinque minuti mi vado a mettere qualcosa di più elegante addosso!" lo rassicurai, massaggiandogli la schiena.

"Te lo ha imposto nostra madre, giusto?! Non ce ne era bisogno, sei splendida anche così, tuttavia, onde evitare conflitti famigliari, ti aspetto!" disse, sorridendomi con dolcezza, passando poi a salutare Mu, rimasto un poco in disparte.

Salii quindi le scale, risollevata almeno in parte grazie all'intervento di mio fratello. Ero emozionata e agitata al solo pensiero di dovergli consegnare il regalo: sarei riuscita a cogliere il momento propizio? Avrei avuto un momento di intimità con Milo?!

Con questi pensieri per la testa, salii in camera mia, chiusi la porta e mi spogliai, evitando accuratamente di guardare la mia immagine nuda allo specchio. Avevo un rapporto strano con il mio corpo, esteticamente mi piacevo abbastanza, malgrado le sembianze più piccole mi irritassero notevolmente, soprattutto quando a guardarmi erano altri maschi, eppure... c'era qualcosa, dentro di me, che mi impediva di riuscire a guardarmi allo specchio, qualcosa di sporco e vergognoso che era legato diabolicamente al mio fisico e che non se ne sarebbe mai andato, lo sapevo. Proprio per questo tendevo a non vestirmi elegante, men che meno scollata, nonostante quel particolare tipo di abiti mi piacesse. Ogni estate, poi, cominciava il vero dramma...

Scacciai in fretta quei pensieri, costringendomi ad indossare la consueta maschera che, per quel particolare frangente, doveva essere più radiosa e splendente del solito.

Mi sistemai con cura l'abito bianco che sfumava nel celeste, regolando le spalline alla ben meglio e lisciando la parte, per così dire, svolazzante. Come pensavo, non mi faceva sentire a mio agio, ma era molto bello e adoravo quei colori. Presi un profondo respiro per prepararmi a scendere, ma proprio in quel momento un'entità silenziosa mi passò in mezzo alle caviglie.

Abbassando lo sguardo vidi Asia, la mia gatta di color grigio-bianco, strusciarsi con insistenza su di me, dandomi così il benvenuto. Ridacchiai, ben sapendo che ai gatti e in particolare alla mia, il chiasso non piaceva proprio.

"Hai già intuito che oggi sarà una giornata stressante per te, eh? Del resto, dal tuo punto di vista, la casa, il tuo territorio, sarà invaso da gente rumorosa e senza ritegno, per questo ti sei già rifugiata qui, vero?!" le chiesi, prendendo ad accarezzarla con enfasi. Lei fece il pane con le zampette, strusciandosi poi sulla mia mano, infine tornò elegantemente sul letto, consapevole di aver fatto il suo dovere.

Sorrisi tra me e me, iniziando a scendere senza più alcuna esitazione. Dagli schiamazzi che si udivano di sotto, intuii che gli amici di Milo erano già arrivati, puntuali come al solito.

Mi diressi quindi in soggiorno, coprendomi un poco il petto e abbassando lo sguardo per via dell'imbarazzo; gli altri, nel vedermi dallo stipite della porta, si avvicinarono a me con la solita curiosità. Tentai di calmarmi e di recuperare la consueta maschera, perché davvero avevo i nervi a fior di pelle, ma quel giorno, stranamente, era più difficile del consueto. Fortuna che Mu era sempre al mio fianco, anche in quella circostanza.

"Eccola qui la sorellina di Milo, non ti si vede spesso in giro, eh? Sei sempre casa e studio?" mi chiese Kanon a mo' di saluto, rivelandosi come sempre sfacciato.

"Kanon, quante volte te lo devo ripetere che sbagli approccio con lei, guardala come l'hai fatta indietreggiare... eppure dovresti aver capito che non è la solita ragazza con cui sei abituato a discorrere tu!" lo rimproverò subito Saga, suo fratello gemello. Era davvero difficile riconoscerli, risultando del tutto simili a due gocce d'acqua.

Saga e Kanon erano amici di Milo dalle Superiori, scuola che avevano frequentato insieme e che, pur portandoli su due strade diverse, infatti i due fratelli gemelli si erano iscritti a Giurisprudenza, aveva rinsaldato il loro legame, permettendo così a quell'amicizia di continuare nonostante la distanza. Li fissai di sottecchi, mentre Kanon continuava a fare battutine sul mio conto. Il giorno e la notte, questo sembravano, oppure l'acqua di mare e l'acqua di lago. Diversissimi di natura ma in tutto e per tutto identici in apparenza.

"Sù, Saga... dovresti ben sapere che sono attirato dalle ragazze che dimostrano meno età di quella che hanno, no?! Guarda Sakura come sembra piccina, nonostante abbia compiuto diciotto anni... Che ha fatto al compleanno uno splendore come te?!"

"Niente..." fu la mia serafica risposta, sforzandomi di guardarlo negli occhi. La maschera stava cominciando a dare i suoi frutti.

"Come... niente?! Sei diventata maggiorenne, no?!"

"Non ho fatto comunque niente!" confermai nuovamente, dandogli le spalle. Era la verità, i miei non avevano preparato nulla per il mio compleanno, che cadeva il 10 ottobre, ma del resto c'ero perfettamente abituata.

Kanon si accorse di aver toccato un tasto dolente e si grattò la testa, a disagio, il tutto mentre Saga mormorava un "sempre il solito..."

Fu Milo ad intervenire per stemperare la tensione:

"Kanon, devo averti già ricordato che la mia sorellina è intoccabile, no?! C'è bisogno del mio benestare per mettersi con lei e, fino ad ora, nessun candidato si è rivelato meritevole, neanche tu!" affermò, posandomi un braccio sulla testa e sfidando gli altri con lo sguardo. Ovviamente scherzava, non c'era bisogno di alcun permesso, ma che mio fratello fosse così protettivo nei miei confronti era limpidamente vero e la cosa mi faceva piacere, in fondo.

Saga annuì soddisfatto del tutto in accordo con la presa di posizione di Milo, tornando poi a concentrarsi su me.

"E' un piacere rivederti, cara Sakura, ti vedo in forma!" mi salutò, guardandomi con quegli occhi profondamente verdi. In passato mi ero infatuata di lui, così altero, solenne, dai modi eleganti e raffinati, ma inaspettatamente il vedermelo di nuovo davanti in quel preciso momento della mia vita, non mi faceva alcun effetto, come se un incantesimo mi avesse di colpo tolto la capacità di apprezzare l'altro sesso, con un'unica eccezione...

Fortunatamente ci pensò Aiolia, un altro amico di Milo, a impedirmi di finire nella spirale dei pensieri su Camus, ancora ben vivo dentro di me, malgrado il mio sforzo di razionalizzare quel sentimento che si faceva sempre più forte. Ormai ero stremata...

"Ciao, Sakura, anche io sono felice di rivederti! Ultimamente ci siamo persi un po' di vista e, tutto sommato, al di là dell'università, anche Milo ed io non usciamo più tanto spesso, spero sia solo un momento di passaggio dovuto alle nostre incombenze!"

A parlare era stato appunto Aiolia, soprannominato 'Leo' per via dei suoi capelli che ricordavano la criniera di un leone da quanto erano folti e ribelli. Questo ragazzo era un amico d'infanzia di Milo, per cui si trattava di un'amicizia datata e che personalmente mi ricordava quella tra me e Mu. Erano cresciuti insieme, poi si erano separati alle Superiori, salvo poi ritrovarsi nella stessa università a Torino, ovvero Scienze Naturali. Era un ragazzo pacifico, buono come il pane ma che, all'occorrenza, rivelava una forza e una grinta che raramente avevo scorto in altri. Mi piaceva molto caratterialmente e, ai tempi, mi sarebbe piaciuto averlo anche come amico.

"Anche io sono felice di rivederti!" lo salutai, avvicinandomi a lui e sorridendogli, probabilmente avrei dovuto abbracciarlo, ma non era nella mia natura farlo con spontaneità.

Fu nel muovermi verso Aiolia che la vidi, l'unico essere umano femminile presente in queste quattro mura ad eccezione di me e mia madre, non l'avevo mai vista prima di oggi. Sbattei le sopracciglia nel scorgerla. Sulla mia destra, infatti, un poco nascosta da Kanon, stava una ragazza minuta e timida in apparenza, gli occhi dolci di color smeraldo e i capelli lunghi lilla incorniciavano il suo sorriso sincero. Ne fui, in qualche modo, tranquillizzata, ma... chi era?!

"Credo sia necessario fare delle presentazioni... Sasha, lei è Sakura, la mia dolce sorellina minore; Sakura, lei è Sasha, una... ehm... compagna di corso!" mi presentò, mentre il suo tono salì fino a quasi strozzarsi. Un comportamento strano, non c'era che dire!

"E così tu sei la sua famosa sorella, Milo parla spesso di te ai corsi, ti adora! Spero potremo, in un futuro, diventare amiche!" mi salutò lei, prendendomi le mani tra le sue. Un gesto sincerto che accolsi tuttavia, come di consueto, con un passo indietro.

E così era una compagna di corso, quindi la conosceva da poco, ecco spiegato tutto quell'imbarazzo.

"Il p-piacere è mio!" balbettai, arrossendo un poco. Lei sorrise di nuovo.

Le presentazioni e i saluti erano finiti, ne fui sollevata, poiché mi mettevano a disagio, eppure mio fratello continuava ad essere assurdamente ammutolito, mentre, con lo sguardo un poco lucido, fissava fuori dalle finestra.

Ah, ma vuoi vedere che mio fratello, tanto Don Giovanni con le ragazze ben curate, che appaiono mature e sicure di sé, si sia invece preso una sbandata per questa compagna di università?! Devo assolutamente indagare quando saremo da soli!

A sbloccare la situazione giunsero infine i miei, vestiti di tutto punto, che annunciarono il termine della preparazione della torta per il compleanno di Milo e ci invitarono pertanto a raggiungere la cucina. Tutti i presenti non se lo fecero ripetere due volte, golosi più che mai di assaporare il nuovo dolce (del resto, di mia madre si poteva dire di tutto, ma era risaputo che fosse una cuoca provetta). Anche io mi ritrovai concorde all'entusiasmo generale, trovando il lato positivo, in tutta quella manfrina piena di regali costosi e dispendiosi, nel poter mangiare almeno qualcosa di delizioso.

Feci quindi per dirigermi in cucina con Mu e gli altri, ma Milo mi prese momentaneamente da parte, lasciando che il marasma lasciasse il soggiorno per dirottarsi in cucina.

"Sakura... poi te ne parlerò meglio quando, stasera, torneremo dal pub, ma... volevo chiederti una cosa..."

Annuii brevemente, guardandolo in faccia, di cosa poteva trattarsi?

"Io... beh, sai, avevo invitato anche Camus quest'oggi, perché, dopo il pranzo dai Delacroix e dopo aver saputo che ti aveva protetto, mi ha incuriosito e ho avuto l'impulso di farmelo amico. Ecco, non siamo ancora tali, ma mi capita di parlare molto con lui, dopo le lezioni dell'università e... c'è una cosa che devo sapere..."

Già ad inizio del discorso, al suono di quel nome causa di tribolazione per me, un brivido mi era sceso lungo la spina dorsale, in quel momento poi, complice il tono ambiguo che aveva assunto la voce di mio fratello, il cuore mi accelerò di colpo. Non ci avevo più pensato, ma effettivamente anche Camus era iscritto all'università di Scienze Naturali, ed era un compagno di Milo. Era quindi, di per sé, impossibile da dimenticare... sembrava quasi che il destino ponesse contro di me tutti gli ostacoli possibili e immaginabili per impedirmi di metterci una pietra sopra, era quasi frustrante! Prima Dégel, poi Cardia, poi l'incontro con Pandora, infine mio fratello... tutti loro mi avevano tirato fuori quel nome e continuavano a farlo, non importava se io non lo avessi più visto e non ne avessi più saputo niente, lui c'era... C'ERA E CONTINUAVA AD ESSERCI!

Mi venne da sorridere nervosamente, mentre con le dita della mano destra mi massaggiavo la fronte con enfasi. Assurdo... era tutto così assurdo... un po' come l'espressione ambigua che, sapevo, aleggiarmi in viso in quel preciso momento.

"Sai... quando gli ho chiesto se volesse venire alla festa oggi, gli ho detto che non facevo nulla di speciale, solo mangiare la torta a casa mia e pub stasera, una cosa tra amici, insomma, ed ecco... ho visto un'ombra passare nei suoi occhi, poi ha detto una cosa strana..."

"Quanto... strana?" chiesi, priva di forze.

"Lui ha detto più o meno così: ti ringrazio per l'invito, Milo, ma temo di dover rifiutare. Per il bene di Sakura... è meglio che lei non mi veda, men che meno in questo periodo... - mi recitò lui, un'ombra anche nei suoi occhi – Sembrava davvero dispiaciuto, capisci? Pertanto, volevo sapere: cosa è successo tra voi? C'entra con il fatto che sei stata mentalmente distante per tutta la settimana?"

Non trovai il coraggio di rispondere, colta in fallo su tutti i fronti. Anche Milo lo aveva intuito, qui tutti avevano intuito la mia, anzi la nostra situazione complicata, Camus addirittura pareva preoccupato delle eventuali ripercussioni che io avrei potuto subire se lo avessi incrociato, eppure permeava a rimanere fermo nelle sue posizioni, io nelle mie. Dègel mi aveva detto di non arrendermi con lui, di non ascoltare le sue parole ma le sue azioni; ebbene le azioni avevano parlato proprio quest'oggi: nulla avrebbe schiodato Camus Delacroix dalle sue decisioni sofferte, il motivo ancora mi fuggiva ma i suoi intenti erano limpidi. Lo stesso potevo dire forse di me?! Anche io non mi sarei mai schiodata, impedendo così ad un sentimento appena nato, ma già accresciuto, di estinguersi nella razionalità?! Il mio cervello diceva di sì, la consapevolezza di non poter stringere le relazioni anche... eppure le mie emozioni erano di tutt'altro avviso e, ancora chiare in mente, avevo le ultime parole lasciatemi per lettera da Cardia: non rinunciare, non arrenderti, mai!

"Camus ed io..." iniziai, ma la voce di nostra madre sfumò le parole nell'aria.

"Parleremo di questo dopo il pub, è una promessa, piccola!" affermò lui, regalandomi una veloce carezza in testa, poi andò in cucina.

Seguii quindi a capo chino mio fratello, mentre il pensiero correva all'ormai onnipresente mentalmente Camus, motore delle mie cogitazioni. Mi sentivo una vera e propria idiota, ma... avvertivo un insano tepore incanalarsi nel petto e permeare lì: inconcepibilmente mi faceva piacere; mi faceva piacere ch Camus si preoccupasse per me. Quelle parole, se davvero le aveva rivolte a Milo, parafrasavano davvero il suo desiderio di allontanarmi per evitare che rimanessi, in qualche modo, ferita. Era assurdo e stupido come comportamento, una parte di me ne era infatti infuriata, l'altra sollevata, ma più di tutto c'era quello strano calore, via via sempre più forte.

"Mi pare di averti detto che non sono tollerati i musi lunghi, vero?! - senza sapere perché, mi ritrovai mia madre praticamente addosso, a distanza di un palmo da me – Quindi fatti scacciare in fretta quell'espressione corrucciata, è meglio!" mi rimproverò lei, una nota di avvertimento nella voce.

Figurarsi, già pretendeva che indossassi sempre la maschera, avrei dovuto anche controllare i miei pensieri?! GIAMMAI!

Sbuffai sonoramente, squadrandola con odio, poi mi diressi verso il tavolo, laddove mio padre, intuendo la scaramuccia tra me e lei, mi fece posto vicino a lui, offrendomi un bicchiere di aranciata. Metodo poco esaustivo ma efficace, non c'era che dire, almeno avevo la bocca intenta a bere quel liquido un poco aspro e non a mandare a spazzare quella serpe che mi trovavo come madre.

Quando tutti presero posto, fu la volta, in pompa magna, dell'arrivo della torta, fatta su tre strati, grossa, con in cima una serie di biscotti in stile 'gocciole'. Mi venne immediatamente l'acquolina in bocca alla sola vista. Adoravo la crema pasticcera, la nutella e, naturalmente, anche la panna, tutti e tre elementi ben presenti all'interno (e all'esterno!) del dolce. Una cosa era sicura: quella donna che mi trovavo come madre, oltre ad essere abile in cucina, sapeva organizzare le cose in grande stile, soprattutto quando si trattava del figlioletto adorato. Guardai brevemente gli altri, notando che anche nei loro occhi era passata una scintilla di letizia alla vista della torta. Erano tutte persone dai venti anni in su, ad eccezione di me e del mio amico Mu che, così avvolto nella camicia elegante, rassomigliava tremendamente ad un bambino, un po' come me. Malgrado tutti i protagonisti di quella simpatica vignetta fossero tutti dei giovani adulti, la consueta faccia stupita e meravigliata non si risparmiò, dando una parvenza di essere tornati, quantomeno, alle elementari. La torta venne quindi tagliata e divisa equamente tra gli astanti; per un fortuito caso del destino, dato da circostanze favorevoli, a me toccò pure un discreto bis, perché alcune persone, tra cui la misteriosa Sasha e il mio amico Mu, non vollero una seconda fetta, adducendo scuse di linea e/o motivi vari.

Venne così il tempo dei regali, ma non del mio, ancora accuratamente chiuso in camera di sopra. Preferivo poterglielo dare in un momento di intimità tra noi, non in mezzo agli sguardi indiscreti degli altri. La prima fu Sasha, che portava con sé un ciondolo blu notte da dare a Milo, unito ad un caleidoscopio che rappresentava, a suo dire, la personalità multipla di mio fratello.

"Perché tu, Milo, sembri tale e quale ai colori di un laghetto di montagna: celeste scuro, azzurro chiaro, verde acqua, cobalto... è impossibile acciuffarti, quindi quell'oggetto ti identifica completamente!" la sentii dire, rimanendo ammirata.

Sasha sembrava aver compreso perfettamente il carattere multisfacettato di mio fratello, ne fui sinceramente meravigliata. Non sapevo da quanto tempo si conoscessero, ma sembrava perfettamente a suo agio con lui, quasi come se fossero cresciuti insieme. Milo, dal canto suo, al suono di quelle parole, invermigliò improvvisamente, cominciando a sproloquiare frasi a casoo senza un minimo di nesso logico. Decisamente qui gatta ci covava, era lampante!

Finita la breve, ma intensa, parentesi di imbarazzo, fu il turno dei due gemelli che, a quanto pare, si erano uniti a fare un regalo, ovvero una playstation fatta e finita. Strabuzzai gli occhi, scioccata: possibile che tutti avessero così tanti soldi da spendere per mio fratello Milo?! Ed io... ed io con che faccia avrei potuto presentarmi con un pensiero così striminzito?! Mi vergognai selvaggiamente, percependo il malessere crescere in me. Dopo questo, toccò quindi ad Aiolia, che subitò sfoggiò una bella scatola contenente un'altrettanto bella macchina fotografica. Certo, non l'ultimo modello e nemmeno troppo costosa, ma compatta, leggera e maneggevole. La guardai incuriosita, accorgendomi che doveva trattarsi di una Bridge, decisamente un buon inizio se si voleva entrare nel mondo della fotografia.

"Uuuuh! Era proprio ciò di cui avevo bisogno!" lo ringraziò Milo, sorridendo affabile.

"E' per le uscite didattiche dei nostri corsi di quest'anno, quali per sempio il censimento dei caprioli, l'osservazione degli uccelli e la descrizione delle piante alpine. - spiegò Aiolia, soddisfatto della reazione – Ne abbiamo parlato a lungo lo scorso mese, quindi ho pensato di farti questo pensiero!"

Pensiero?!? Alla faccia! Giusto il mio era una sciocchezzuola, quelli degli altri erano dei Signor Regali!

Mi ritrovai a muovere nervosamente le dita le une contro le altre, cominciando davvero a sentirmi inadatta. Tuttavia il colpo di grazia doveva ancora arrivare, e arrivò per mezzo dei miei stessi genitori.

Finito infatti di scartare i regali, l'ultimo dei quali proprio del mio amico Mu e consistente in tre libri diversi, rispettivamente sul riconoscere gli alberi, i fiori e gli animali del Parco Nazionale del Gran Paradiso; i miei decisero di prendere parola, annunciando l'imminente arrivo di una macchina tutta per Milo.

Inutile descrivere le espressioni di puro sgomento che intercorsero in tutti i presenti, festeggiato compreso.

"Mamma... cosa vuol dire questo?" chiese infatti delucidazioni quest'ultimo, incredulo.

"Esattamente quello che hai sentito, mio caro! Hai preso la patente l'estate appena passata, è più che naturale darti una macchina per affinare la tua guida, no?! In più sarà anche più agevole andare all'università così!" disse semplicemente mia madre, serafica.

"Sì, ma..."

Lo sguardo di Milo si posò, per un breve istante, su di me, incrociando così il mio stentato sorriso nella sua direzione. Non era affatto facile, anzi mi costava una gran fatica, ma ero comunque felice per lui: la patente l'aveva presa senza essere bocciato nemmeno una volta, se l'era davvero meritata! Mio fratello probabilmente intuiva il mio malessere crescente, ben conscio che, per il mio, di compleanno, non era stato fatto nulla da parte dei miei genitori. Era rimorso quello che leggevo nel suo sguardo colpevole, un sentimento che soventemente provava soprattutto nei miei confronti, eppure lui, in quella storia, c'entrava solo in minima parte, non ce l'avevo in alcuna maniera con lui. Comunque non ci fu il tempo di alcun scambio di parole tra noi, perché i suoi amici, immediatamente, gli corsero incontro, regalandogli pacche sulla schiena e circordandogli le spalle con un braccio.

"E bravo, Milo, sei il primo, tra noi, ad avere un mezzo per muoversi, questo significa che ci accompagnerai a tutti, vero, amico?!" si congratulò Kanon, al settimo cielo.

"Bene, bene... guarda un po' i casi della vita, ne stavamo giusto parlando l'altro ieri di come muoverci per le uscite, e ora abbiamo un mezzo!" gli fece eco Saga, sorridendo bonariamente.

"Questo significa che siamo apposto anche per le uscite con l'università, vero?! Ricordarti di lasciare un posto al tuo amico d'infanzia!" esclamò Aiolia, festoso.

Milo si lasciò coccolare da quelle attenzioni, ridacchiando insieme agli amici. Tuttavia la sua postura era rigida, la potevo ben vedere sotto quell'apparente ilarità che sprizzava da lui: si sentiva a disagio.

Verso il tardo pomeriggio, come da piani, si sarebbe dovuti andare al pub, ma né io né Mu, ancora instillati nel circuito scolastico, ce la sentivamo. Proprio per questo, il mio migliore amico si affrettò a scusarsi con i presenti per il fatto di doversene andare e, fatti i consueti saluti di circostanza, si diresse, lesto, verso casa sua. Anche io dovevo finire i compiti per il giorno seguente, ma Milo fece di tutto per convincermi a seguirli nella parte bassa del paese, sotto la diga, dove un mini pub era il luogo designato per concludere in bellezza la festa ventennale di mio fratello.

"Sakura, sei proprio sicura che tu non voglia venire?" mi chiese infatti, mentre tutti erano intenti a mettere giacche, giacconi, sciarpe e guanti.

"Sì, Milo, è meglio così..." biascicai, sforzandomi di sorridere. Stavo raggiungendo il limite di sopportazione, quella maschera che dovevo indossare a forza, mi risultava sempre più stretta, non vedevo l'ora di salire in camera mia e togliermela.

"D'accordo. Solo che... è il mio compleanno, speravo potessimo trascorrere un po' di tempo insieme" mi disse, corrucciato, abbassando lo sguardo.

"Lo so, mi spiace... tu cerca comunque di divertirti con gli altri!" lo provai a rincuorare, a disagio. Non mi aspettavo una reazione così da 'cane bastonato'!

Milo sospirò più volte, dirigendosi a passi lenti verso gli altri. Ci teneva davvero tanto, eh...

"Fratellone, io..."

Ma mi bloccai. Dovevo dirglierlo, ora, del regalo, di quanto tenessi a darglielo in un momento di intimità, a spiegargli il motivo della mia scelta, ma... non ci riuscii, la testa ancora piena della consapevolezza di non essere abbastanza.

Mio fratello mi fissò, sperando in cuor suo di sentirsi dire chissà che cosa, forse che sarei andata con loro, o altro.

"Niente, lascia perdere!" mi riscossi, fuggendo poi al piano di sopra.

 

 

* * *

 

 

Le 11 e 15 di notte. Distrattamente chiusi le persiane, mentre la luce soffusa della strada illuminava debolmente le strade lastricate di ghiaccio. Era tornato il limpido, probabilmente il giorno dopo ci sarebbe stato un bel sole, decisamente meglio che quella nebbia spessa propria delle precipitazioni nevose. Sospirai tra me e me, andando a sedermi sulla sedia vicino alla scrivania. Milo non era ancora tornato, invano lo avevao aspettato sveglia, auspicando di potergli consegnare finalmente l'agognato regalo. Si stava facendo veramente tardi per i miei canoni, considerando che la sveglia sarebbe suonata solo sei ore dopo e che, quasi certamente, mi sarei pure risvegliata rincoglionita, ma continuavo a sperare in un arrivo immediato di mio fratello.

Trascorse ancora qualche minuto. Niente. Quasi inconsciamente cominciai a passarmi di mano in mano il bracciale che mi aveva regalato Mu: era davvero bello, con quell'acquila imperiosa e austera intenta a spiccare il volo. Mu diceva che ci assomigliavo, io mi percepivo più come un'insulsa pernice. Sorrisi al pensiero del mio amico, socchiudendo gli occhi e avvicinando il prezioso regalo al mio volto.

Nella mia testa non passò che qualche secondo, probabilmente nella realtà almeno dieci minuti, visto che fui svegliata da un qualcosa di meravigliosamente caldo e morbido che venne posato con gentilezza sulle mie spalle: una coperta?

Mi riscossi, sfregandomi gli occhi nel tentativo di mettere a fuoco la figura accanto a me che, nella luce della penombra, mi sorrise con dolcezza.

"M-Milo... ti stavo aspettando!" biascicai, lieta di vederlo.

"Ho visto, ma non dovresti fare così tardi per me, domani hai la sveglia presto, mentre io non ho corsi! - mi salutò lui, accarezzandomi la testa – Ma guardati, sei ancora vestita di tutto punto!" mi prese scherzosamente in giro, regalandomi un buffetto sulla guancia. Gesto che non apprezzavo particolarmente, ma che in quel preciso momento mi diede una intensa sensazione di calore nel petto.

"M-Milo io... prima non avevo il coraggio di dartelo, con gli altri, ma... ma ho un pensierino per te!" decisi di smascherare la mia carta, alzandomi maldestramente in piedi.

"Uhoh, un regalino? Sei la solita stupidina, Sakura, per quale ragione non volevi mostrarla agli altri?! I-io ero convinto che non mi avresti fatto niente, sai?"

Sembrava... imbarazzato, comportamento assolutamente non consono a lui, allegro e spavaldo come pochi, mi diede una sensazione di straniamento: davvero pensava che non gli avrei fatto nulla per il suo ventesimo compleanno?!

"Come hai potuto anche solo concepire la malsana idea che non ti avrei regalato nulla? Sei proprio uno sciocco, Milo, e poi dici di me!" lo presi scherzosamente in giro, sorridendo.

I suoi occhi i illuminarono nel buio, come una intensa fiammata che, assorbito il combustibile, mostra tutta la sua capacità.

Mi diressi quindi verso l'armadietto, contenta e un po' emozionata di avere finalmente un nostro momento di intimità, allo stesso tempo però permeava quel lieve senso di apprensione e inettitudine che mi aveva avvolto già dal pomeriggio. Pertanto presi tra le mani il pacco e glielo passai a Milo, allontanandomi un poco per mascherare il mio stato emotivo. Trucco che non sfuggì a quella adorabile spina nel fianco di mio fratello.

"Eh no, Sakura, non accetto una cosa del genere! Tu mi hai fatto un regalo, voglio che tu sia seduta vicina a me quando lo apro e lo guardo. Che ne diresti se ci sedessimo sul letto?" mi cantilenò infatti, sorridendo sornione.

Maledetta piaga da decupito, mi aveva messo all'angolo ancora una volta, come solo lui sapeva fare. In ogni caso, non avevo alternative, quindi annuii meccanicamente, andando poi a sedermi al suo fianco, mentre mio fratello, tuttto incuriosito, si apprestava a scartare il pacco.

E così il regalo si manifestò, il cuore che accelerava di colpo per l'agitazione e la speranza che potesse essere di suo gradimento.

Vidi Milo passarselo tra le mani, lisciando la copertina con cura poco prima di aprirlo, si trattava infatti di un libro, o almeno così appariva di primo acchito.

"Ma questo..." biascicò, capendo finalmente di cosa si trattasse.

"Sì... ho raccolto un bel po' di foto nell'ultimo periodo, non ti dico i rigiri che ho dovuto fare per scovarne qualcuna di esse, solo che non sapevo come metterle insieme, almeno finché non mi è venuta l'illuminazione su come fare. Sono quindi andata nel negozio di souvenir a Noasca, ch fa anche da cartoleria, e c'era questa offerta di fare una specie di libro personale con foto e frasi, allora mi sono azionata!" spiegai, evidentemente imbarazzata.

Milo non aggiunse altro, ma continuò a sfogliare le pagine e a leggere quanto c'era scritto in esse.

La mia idea originale era appunto quella di fare una sorta di libro di ricordi mio e di mio fratello, una specie di album che avrebbe racchiuso tutti i periodi della nostra vita, da quando eravamo bambini ai giorni nostri; solo che, strada facendo, mi era sopraggiunta un'altra idea: perché non integrare la nostra storia con quella del paese che ci aveva regalato i natali?!

Amavo Ceresole Reale, al di là delle difficoltà con i suoi abitanti, era il paese che mi aveva visto crescere, condividere esperienze e regalarmi la vita stessa. Lì avevo messo le radici, questo non sarebbe mai cambiato, in qualunque posto mi sarei trovata da quel momento in avanti.

Il libro cominciava con alcune foto (peraltro rarissime!) del paese prima della costruzione della diga, si parlava quindi dei primi anni '20 del secolo scorso, proseguendo poi con la costruzione della diga stessa e con altre foto del luogo, sempre più vicine al nostro tempo, fino ad arrivare alla nascita di mio fratello e poi successivamente alla mia. Da lì in poi una grossa scritta che recitava "la nostra storia" faceva da slogan ad alcune immagini di Milo quando era bambino, di Milo con me in braccio e poi di noi due piccoli, arrivando poi al giorno in cui Zeus, Asia e poi Mirtillo erano entrati a far parte delle nostre vite, completando così il quadretto. L'ultima foto era stata scattata quella stessa estate, in essa vi eravamo Milo ed io avvinghiati l'uno all'altro con i nostri cani tutti festosi, dietro di noi gli immensi prati del Colle del Nivolet, un luogo da favola a due passi dal vero e proprio paradiso. Ecco, quello era il paradiso per me!

Sorrisi tra me e me, persa nei ricordi, mentre Milo continuava a sfogliare ad intermittenza le pagine tra le dita, soffermandosi sulla scritta: "Ti voglio bene, Milo! Grazie per continuare ad essere il mio sostegno".

Mi sentii avvampare all'idea che mio fratello continuasse a leggere mentalmente quella frase, non dicendo però niente. Crebbe anche la mia sensazione di disagio.

"Sì, lo so che non è nulla di che... per quello che rappresenti per me meriteresti molto di più, perdonami, ma... era il massimo che potessi fare. Quando avrò più soldi da parte ti prometto che..."

Ma non ebbi il tempo di finire la frase che mi ritrovai contro il suo petto, l'intensità del suo abbraccio forte come mai l'avevo percepita. Mi tremarono le labbra, non riuscendo più a spiccicare parola.

"G-grazie, Sakura! E'... è la cosa più bella che abbia mai ricevuto!" mi sussurrò all'orecchio lui, emozionatissimo.

Sembrava davvero sopraffatto in un frangente simile, portandomi ancora una volta ad ingoiare a vuoto, tutta tremante.

"Non... non dire sciocchezze, li ho visti i regali degli altri, sono molto più..."

"Cosa? Costosi? Belli? Utili? Non ha importanza! Ciò che mi hanno fatto gli altri è sicuramente meraviglioso e non li ringrazierò mai abbastanza per il pensiero che hanno avuto per me. Tuttavia... il tuo regalo, Sakura, è mille spanne sopra il loro! In esso c'è tutta la tua anima, il tuo impegno, persino il tuo sacrificio... Non so quanto ti sia costato fare un regalo simile, ma di sicuro parecchio del tuo tempo e dei tuoi risparmi. Hai... hai materializzato vent'anni, forse più, della mia esistenza, riportandomi alla mente anche ricordi che avevo apparentemente dimenticato, io... grazie, Sakura, ti voglio bene!" ribatté lui, accarezzandomi la testa con dolcezza. Continuava a rimanere avvinghiato a me, tutto tremante, quasi come se la tremarella fosse passata da me a lui in un battito di ciglia.

"Io... davvero ti piace così tanto? Menomale, fratellino! Avevo paura non ti dicesse niente, mi sentivo così scialba in confronto agli altri che... che per un breve istante ho persino pensato di nascondere per sempre il regalo. Scusami..." gli rivelai, affondando il volto nella sua felpa.

"Perché sei un sciocca, Sakura! Guarda cosa hai fatto per me, guarda che belle foto che hai scelto, che frasi ricche di significato... avresti ben dovuto farlo vedere anche agli altri, gliavrei detto, anzi urlato, che sono il fratello maggiore più felice al mondo per avere una sorellina come te! Mi hai emozionato, davvero... forse più dello stesso regalo che mi ha dato Sasha!" ammise infine, tossicchiando poi per darsi un contegno.

Mi si accese immediatamente la lampadina, permettendomi così di sfuggire da quella situazione imbarazzante.

"Sasha, già... cosa mi nascondi, Milo?! Vi ho visto alla festa, eh!" lo punzecchiai immediatamente, scostandomi un poco da lui per regalargli delle scherzose gomitate sui fianchi.

Milo incespicò immediatamente con lo sguardo, diventando rosso pomodoro e voltandosi dall'altra parte per nascondere il suo imbarazzo crescente.

"I-io... niente, cosa dovrei nascondere?!" blaterò, paonazzo.

"Ma guarda... il grande Milo Don Giovanni che perde la testa per una sola ragazza dai modi gentili ed educati... questo sì che è da scrivere nell'album dei ricordi, se solo lo avessi saputo prima!" lo canzonai, sorridendo sorniona a mia volta.

"N-non è come pensi... lei è una mia compagna di corso!"

"Una tua compagna di corso della quale sei cotto a puntino... andiamo, conosco quell'espressione, fratellino!" insistetti, cercando di acciuffare il suo sguardo azzurrino dietro tutto quel rosso.

Milo prese un profondo respiro, cominciando a torturarsi le mani nel tentativo di manifestare il suo nervosismo, poi si decise a vuotare il sacco.

"Lei... la conosco da poco, ma siamo diventati amici velocemente. Non so come sia successo, non subito, credo, ma... beh, un giorno, parlando con lei, l'ho vista sistemarsi un ciuffo di capelli dietro all'orecchio come non avevo mai visto fare a nessuno e, senza che me ne accorgessi, il mio cuore ha accelerato i suoi battiti. Era davvero graziosa, i suoi movimenti, sinuosi ed eleganti, mi procuravano un ammasso di emozioni di difficile comprensione. Da quel giorno non c'è momento in cui i miei occhi non la cerchino, che sia a lezione, o a parlare con altri, o ancora a mangiare insieme a me. Sono come... carpito... fin dai recessi dell'anima!" tentò di raccontarmi, prendendosi delle breve pause per raschiarsi la gola.

Sensazioni che conoscevo fin troppo bene...

"Oh, Milo, sei... ti sei innamorato! Sei così adorabile così imbarazzato!" dissi, correndo ad abbracciarlo di nuovo. Un singulto sfuggì dalla sua bocca, mentre cominciò a sproloquiare frasi come: "ma no, che dici, non è vero!", o anche "mi sembra di essere tutto un fuoco anche adesso che ne sto semplicemente parlando".

Mio fratello Milo si era dunque invaghito della sua compagna di corso e, a sentirlo parlare di lei in quei particolari termini, non sembrava affatto una cosa passeggera come invece era capitata altre volte. Pareva davvero che fosse preso fin dai recessi dell'anima, non potevo che essere felice per lui. Sasha, di primo approccio, mi era sembrata subito molto simpatica, reputandola inconsciamente, forse, molto simile a me.

"E'... gentile, educata, riservata, ma dal cuore immenso... mi ricorda molto te, Sakura, forse proprio per questo che.... che la vorrei proteggere con tutto me stesso!" confermò lui, neanche leggesse nella mia mente.

Trasalii, tornando a guardarlo in volto, mentre i suoi occhi sfuggirono vacui in direzione della finestra chiusa.

Rammentai che un professore delle medie ci aveva rivelato che circa il... -ora non ricordo la proporzione- di individui, tendeva a ricercare nel partner connotati che riportavano alla mente le caratteristiche del genitore del sesso opposto. Milo quindi avrebbe dovuto cercare, così avevo sempre pensato, una vipera al pari di mia madre, invece il suo ideale di donna era, con ogni probabilità, assai simile alla mia natura. Non seppi se sentirmi lusingata o tremendamente imbarazzata.

"Piuttosto... - proseguì dopo una lunga pausa, e seppi per certo dove sarebbe andato a parare il discorso già dal tono usato – Dovevi dirmi cosa è successo tra te e Camus!"

"Oh... ehm..." balbettai, facendo un passo indietro. Non avevo voglia di parlarne, ma vista la settimana appena trascorsa e il discorso già abbondantemente aperto da innumerevole fessure, non avevo scelta.

"Semplicemente mi ha friendzonata. E' finita, ancora prima di incominciare. E' tutto!" decisi di andare subito al sodo, discostando lo sguardo. Era il mio turno di essere paurosamente imbarazzata.

"Eeeeeeeeeeehhh?! No, no, frena, frena! Qui urge un approfondimento!!!" urlò Milo, fuori di sé.

"Ssssssh, matto, cosi sveglierai i nostri genitori!" lo zittii, correndo a tappargli la bocca.

"Scusa... scusa! - abbassò il tono lui, a disagio – Ho bisogno di saperne di più, Sakura, perché quel coglione ti ha dato il due di picche?"

Sospirai, certa più che mai di dover raccontare tutto dal principio. Così feci, non lesinando in particolari e raccontando persino di Pandora. L'unica questione che non trattai fu di Dègel, evitando accuratamente di dirgli che avevo rifiutato la sua amicizia per paura di metterlo in pericolo con gli abitanti del paese, troppo lungo da spiegare, inoltre avrei dovuto tirare fuori discorsi e fatti che preferivo dimenticare per sempre, o meglio relegarli all'oblio della mia mente, perché scordarli era davvero impossibile. Naturalmente non citai nemmeno Cardia in tutto quel casino, ci sarebbe mancato altro!

Al termine di quel discorso mi accasciai sul letto, stremata, mentre Milo rimase ritto in piedi con fare pensieroso. Impossibile capire dove lo conducesse il suo cervello, almeno finché non ruppe il silenzio.

"Solo... questo?" mi chiese, scettico.

"Mi sentii ferita.

"Solo?! Più chiaro ed esaustivo di così si muore!" commentai acida, infastidita dall'atteggiamento di mio fratello. Avevo bisogno di un po' di comprensione, non di minimizzare una questione così importante per me.

Inaspettatamente Milo ridacchiò, ferendomi ancora di più, se possibile. Poi, quando vide la mia espressione delusa, si affrettò a spiegare.

"Sakura... Sakura... Sakura! Come si vede che sei totalmente inesperta su questo settore: Camus non ti ha affatto friendzonato, un maschio ha ben altri modi per farlo! Lui ti ha semplicemente allontanata perché gli stai cominciando a piacere!"

Un vero e propri colpo al cuore.

"E' uno scherzo, questo?! Non sei divertente, Mil..."

Per la seconda volta nell'arco di una serata, mi ritrovai avvinghiata a Milo, tutto preso ad abbracciarmi con tutte le sue forze e a sussurrare frasi come: "che testa che sei, sorellina!"

Sbuffai sonoramente, sentendomi avvampare.

"E' questo, lo vedi? Come si fa a resistere a te? Neanche Camus può farlo!"

"Milo, basta parlare per enigmi, cosa stai dicendo?!"

"Che Camus ti ha allontanata perché gli stai iniziando a piacere, è lampante! Non so cosa abbia la sua testa bacata per partorire una simile idea, forse c'entra con quella Pandora, ma, al di là di questo, non può certo controllare i suoi sentimenti!"

"Milo... Camus è stato molto esaustivo con me, credimi..."

Attimi di silenzio, poi...

"E' quello che ti stai ripetendo per paura di amarlo, o cosa?"

Strinsi con forza le dita, furente. Il tono canzonatorio usato da Milo non mi piaceva per niente, anzi mi offendeva proprio, eppure... un fondo di verità c'era!

"In ogni caso non vuole avere una relazione con me, per cui..."

"Non dire sciocchezze, Sakura! Nel tuo cuore sai, perché non sei stupida, che Camus non ti ha cassato completamente, che anzi ti ha lasciato una breccia per entrare, consapevolmente o no, e che tu, se lo vuoi, puoi penetrare da lì!"

Il suo tono aveva assunto un non so che di rude, mi sentii quasi fustigata sul posto senza possibilità di appello. Era vero, lo sapevo... non solo, Dégel e Mu me lo avevano ripetuto più volte, ora persino Milo. La domanda vera era: potevo cedere davvero? Potevo perseguire il mio egoismo?

"Quanto pensi... a lui?" mi domandò all'improvviso Milo, di nuovo calmo, tranquillo, e comprensivo.

"Oh, Milo... penso a lui ogni volta, che io lo voglia o no, il suo viso delicato si affaccia alla mia mente con così tanta frequenza da stordirmi. Mi manca... mi manca dannatamente, più vado avanti più penso che vorrei essere al suo fianco, anche se solo come amica, se non posso altro. Io... vorrei condividere tutto con lui e... e niente, sento di amarlo con tutta me stessa... so di essere stupida!"

"Lo supponevo... - asserì lui, affondando il suo volto nei miei capelli – Se le cose stanno così, vai... vai da lui, Sakura!"

"Io... non posso!"

"Perché? Perché limitarti questa possibilità?! Tu sai cosa vuoi, lo sai... e allora perché rinunciarci?!"

Non fiatai, discostando lo sguardo per poi perderlo nel vuoto della luce soffusa intorno a noi. Luce e tenebre. Desideri e possibilità.

"Sakura... lascia decidere agli altri se vogliono partecipare alla tua vita, non chiuderti porte preziose e, soprattutto, non badare alle parole di quell'algido di Camus. E' un tipetto problematico, di certo te lo sei scelto male su questo versante, ma si preoccupa genuinamente per te, chiede di te persino all'università!"

"Chiede... di me? Lo dici per consolarmi o è vero?"

"E' tutto vero, sai che non riuscirei a mentirti neanche se lo volessi! Perché credi ti stia dicendo di andare da lui, pensi che ti consegnerei nelle mani di un tipo qualsiasi?! Io... ecco, non riesco ancora a leggere nel suo cuore, ma capisco fin troppo bene quando bluffa, nascondendo la sua vera natura dietro parole inconsistenti. Questo è uno di quei casi! La sua natura... sfugge all'umana specie, così credo che lo desideri lui stesso, non so perché, ma non ha fatto i conti con te, con la tua sensibilità!"

Fissai la punta dei piedi sempre più agitata, torturandomi psicologicamente sul da farsi: potevo realmente cedere a quel sentimento, malgrado il mio essere demone non mi consentisse di stringere relazioni normali? Cosa era più forte? Questa consapevolezza, o il desiderio di stare al suo fianco, sostenendolo con tutta me stessa?

Milo nel frattempo spalancò teatralmente la finestra, fischiettando. Rabbrividii all'istante nel sentire il vento gelido dietro alla schiena, quasi mi si mozzò il respiro. Sembrava lo avesse fatto apposta, allo scopo di dissipare l'incertezza in me.

"E' abbastanza tardi, visto che è Mezzanotte, ma domani né io né Camus abbiamo lezione, quanto ci scommetti che è in camera sua a leggersi un libro complicato?!" ridacchiò Milo, facendomi l'occhiolino.

"Io... voglio stare con lui! Non importa a quale prezzo o a quale sofferenza per me, ma é ciò che voglio, con tutto il cuore! Fosse anche solo come amica, io... non voglio perderlo! E' una persona troppo importante per me!" affermai, decisa.

"E allora vai da lui e diglielo, Sakura! Non sprecare questa occasione, non sprecare la tua vita... sai quel che vuoi, vai e coglilo!" mi spronò, guardandomi dritta negli occhi.

Non me lo feci ripetere due volte. Annuii con convinzione, ringraziandolo mentalmente per le parole, dirigendomi immediatamente al piano di sotto per prendere al volo la giacca e la sciarpa da infilarmi a tutta velocità. Poi, senza ridestare i miei genitori, spalancai la porta e uscii, correndo a più non posso con una sola direzione stampata nel cervello. L'aria gelida mi investii in pieno e quasi scivolai alla prima asperità dell'asfalto ghiacciato. Non avevo indumenti minimamente consoni per il luogo e soprattutto per il clima, essendo ancora vestita con l'abito che avevo utilizzato per il compleanno di Milo, ma non me ne curai, del tutto euforica e col cuore stracolmo di emozioni al solo pensiero di poterlo rivedere. Rivedere lui, il suo viso delicato, come candida neve, il suo portamento elegante e, soprattutto gli occhi che mi rammentavano costantemente il lago più bello che avessi visto in vita mia: il Rosset, di un blu profondo e frizzante, adagiato oltre il Colle del Nivolet, nel mio paradiso terrestre.

Non ci misi niente a salire fino alla parte alta del paese, e questo nonostante le mani intirizzite dal freddo avessero perso ogni più piccola sensibilità (non avevo infatti indossato i guanti). Tuttavia, arrivata nella piazza centrale, non distante dalla casa dei Delacroix, mi bloccai improvvisamente, colta inaspettatamente dalla razionalità. Era scoccata la Mezzanotte da diversi minuti, era tardi, il paese desertico, il freddo che si insinuava sempre di più nel mio corpicino gracile. Avevo dato pienamente ascolto alle emozioni, mettendo a tacere il raziocinio, malgrado questo, era inaspettatamente tornato: cosa diamine avrei detto una volta arrivata alla porta? Cosa avrei fatto, una volta che quegli occhi blu cobalto si fossero posati sulla mia figura?!

Era... era ridicolo! Io, nel mezzo del gelo che mi facevo viva di punto in bianco, a Mezzanotte passata, dopo essere sparita dalle loro vite per più di una settimana. La sensazione che ne derivava era estraniante: da una parte una gioia innata al solo pensiero di rivederlo, dall'altra, la consapevolezza più concreta di star facendo una castroneria.

Presi un profondo respiro, il mio alito si disperse in una nuvoletta bianca che immediatamente sparì nel nulla. Guardai distrattamente le stelle sopra di me, la loro luminosità, quasi da poterle toccare con un dito. Tutte quelle stelle parevano molto più vicine quella notte, ebbi la netta sensazione, forse per la prima volta consciamente, di non essere sola in quel mondo, di non essere MAI stata sola.

Il freddo era più intenso, ma non importava più, era un nonnulla in confronto al calore immenso che serbavo dentro di me.

"S-Sakura, sei tu?"

Una voce dietro alle mie spalle mi fece sussultare, portando il mio viso a voltarsi nella sua direzione. Trasalii nel riconoscere la figura incappucciata e pesantemente coperta di Albert, il padre di Camus e Dégel.

"Sakura! Prenderai freddo così! Non mi sarei mai aspettata di incrociarti a quest'ora!" continuò lui, sorridendomi. Sembrava quasi felice nel vedermi, ma forse era solo frutto della mia immaginazione.

"Uh... b-buonasera, io..."

Mi venne quasi da scusarmi con lui per il fastidio creato, ma mi trattenni.

"Non c'è bisogno di essere così formale con me. Come dicevo prima, è una sorpresa incontrarti qui. Ne vengo dall'ambulatorio veterinario, oggi ho avuto un'emergenza bella grossa e mi sono trattenuto là fino a tardi!" mi spiegò lui, avvicinandosi a me.

"L'animale... sta bene?" chiesi, preoccupata. Non sapevo di che animale si trattasse, ma era essenziale, per me, chiedere informazioni su quella creatura.

"Sì, è fuori pericolo ora... sono contento di averlo salvato!"

Sorrisi, comprendendo pienamente il suo sollievo: salvare vite, umane o animali checchessia, quale meravigliosa scelta di vita!

"Vieni... a casa nostra?" mi chiese lui, cordiale.

"Uh, no, ci mancherebbe, è molto tardi! Solo... volevo solo sapere se Camus fosse ancora sveglio. Vorrei... ho bisogno di parlargli!" rivelai, arrossendo un poco.

"Certo, sono... sono davvero contento che alla fine tu... beh, ti faccio strada!" biascicò, non sapendo bene come comportarsi.

Lo seguii fino alla porta della casa, rimanendo comunque un po' distante dall'entrata quanto bastava per non dare fastidio.

Le stelle erano sempre più vicine, quella notte, brillavano a tratti e con insistenza, alcune di loro quasi opache, altre luminose. L'aria gelida congelava il respiro fin nei recessi della gola. Inavvertitamente tossii, massaggiandomi le spalle per ricreare un po' di calore. Le mani sembravano dei pezzi di ghiaccio, quasi mi veniva da tremare, malgrado sotto la veste tenessi dei collant assai pesanti.

In quel preciso momento un universo di emozioni mi invadeva, portando la mia mente a vagabondare a metà strada tra i miei desideri e speranze. Continuavo ad avere il dubbio se avessi fatto bene oppure no; dubbio che, con ogni probabilità, non mi sarei mai levato del tutto, ma che parallelamente incrementava ancora di più la fermezza della mia decisione.

Le stelle luccicavano sinuosamente con intensità variabile sopra la mia testa, quando...

"S-Sakura!"

Sussultai drasticamente, portandomi la mano al petto nel tentativo di placare la risonanza che avvertivo al suo interno. Il suono di quella voce... mi sentivo sul punto di esplodere.

Mi voltai, silente.

Camus era lì, bello come non lo avevo mai visto, illuminato dalla luce che traspariva dietro le sue spalle e che, ai miei occhi, sembrava quasi che non avesse nulla di artificiale. No, doveva essere una stella lui medesimo, non c'era altra spiegazione... una stella come quelle del firmamento, una stella che mi ricordava, ancora una volta, che, in fondo, io non ero sola in quel mondo.

Lo vidi avvicinarsi lentamente a me, sempre meno illuminato dalla luce dietro di lui ma, parallelamente, sempre più nitido al mio sguardo. Il volto era ancora parzialmente offuscato dalle tenebre intorno a noi, ma i lineamenti assumevano sempre più concretezza.

Non ci separavano che pochi passi, ma rimasi ferma e immobile.

"Sakura... cosa ti salta in mente di venire qui a quest'ora e con questo freddo?!"

Un rimprovero velato da una, in apparenza, debole preoccupazione. Tipico di lui!

Senza aggiungere nulla, gli sorrisi, mente i suoi occhi si illuminarono alla luce del lampione della piazza, crosta di ghiaccio illuminata dalla luna.

Era... bellissimo! Non facevo che ripetermelo in testa, più lo pensavo più mi pareva sempre più vero. Da piccola mi capitò di osservare una battuta di pesca notturna, i pesci sembravano totalmente ipnotizzati da quella luce che li avrebbe poi condotti a una prevedibile fine. Io mi sentivo affine a quei piccoli pesci, per lo più trote, che avevo visto nella mia infanzia: era la stessa luce che albergava negli occhi di Camus, splendida e ammaliante come non mai, pertanto pericolosissima per per la mia incolumità. Ma avrei avuto il coraggio di accettare i rischi, quella volta!

"Avevo bisogno... di vederti!"

Contrariamente al mio universo interno che si stava contorcendo, apparivo fin troppo statica, quasi pietrificata, davanti a lui.

Un singulto sfuggì dalle sue labbra, ora non più capaci di proferire parola. Sapevo anche questo: avrei dovuto continuare io!

"Vedi, io... non ce la facevo più, mi mancavi da morire e... e ci ho pensato a lungo..." iniziai il mio discorso con parole cadenzate in maniera assai lenta. Non c'era fretta alcuna, non mi avrebbe interrotto, non prima della fine del mio discorso.

"Tu... mi hai detto che non puoi darmi ciò che cerco, mi sta bene, però... però ti prego, permettimi... permettimi di rimanere al tuo fianco!"

"Rimanere... al mio fianco?"

Annuii di nuovo, sorridendo mestamente, nel farlo, non guardai più nella sua direzione, ma l'asfalto lastricato di ghiaccio. Mettere a nudo i proprio sentimenti... era così tremendamente difficile!

"Rimanere al tuo fianco, sì, come amica... o, se non vuoi neanche quello, come conoscente. So cosa sto dicendo, non preoccuparti! - spiegai, scorgendo il suo sguardo quasi colpevole – E' che... sei una persona speciale, Camus! Ho provato a salvarmi, come dicevi tu stesso, ma la verità è che è troppo tardi, io... sono già... persa! Con questo non voglio costringerti a darmi ciò che non puoi dare, non voglio costringerti a fare alcunché, solo... permettimi di proseguire con te, non... non allontanarmi, non voglio perderti! Non voglio perdere una persona come te..."

Seguì un lungo silenzio tra noi, ma non fu pesante come credetti, quanto... carico d'attesa, come il lampo che precede il tuono. Finalmente, dopo secondi interminabili, Camus prese parola, riscuotendosi dallo strano torpore che lo aveva colto. Attesi la sua risposta sul filo del rasoio, i nervi tesi a fior di pelle.

"Sakura... quanto ti dissi quelle cose non intendevo che tu avresti dovuto sparire completamente dalla mia vita, tuttavia non potevo nemmeno avere la presunzione di obbligarti a rinunciare a quello che provavi, per questo ti ho chiesto di salvarti, finché avresti potuto... - tentò di spiegare lui, prendendosi una breve pausa – Quello che mi chiedo è: ce la farai? Ce la farai a continuare a frequentarmi con ciò che serbi per me nel tuo cuore? Vedi, io..."

"Non puoi darmi ciò che vorrei, lo so..."

"La colpa non è tua, è il mio cuore che..."

"Mi sta bene!"

Troncai sul nascere qualsiasi spiegazione superflua, fissandolo con determinazione. Il suo sguardo sfuggì ancora una volta.

"Il mio cuore non è più capace di amare, per questo volevo allontanarti. Non meriti di soffrire per me, non tu, che sei così..."

"Lo so, ribadisco che mi sta bene!" esclamai ancora, sempre più decisa. Avevo capito, non vi era alcun bisogno di perseverare con frasi altisonanti. Sarebbe stato doloroso, ne ero consapevole, ma pur sempre meno doloroso che non vederlo più!

Camus allora si arrese, il capo chino, prostrato all'inverosimile. Non avrebbe più parlato, ma io non avevo ancora finito.

"Camus... sei un essere speciale, l'ho capito dalla prima volta, quando mi hai salvato da Golia, ma non è gratitudine la mia, non solo, almeno! Per cui... se io avrò occasione di avere te, nella mia vita, non preoccuparti per la mia sofferenza, perché sarà comunque meglio che perderti per sempre!" gli dissi ancora, regalandogli un largo sorriso.

L'interpellato mi fissò, un misto di incredulità, senso di colpa e meraviglia. Un misto di fattori che imprimevano sul suo delicato un viso un'espressione un poco dolorosa che non gli avevo mai visto prima.

"Che ti dicevo? Sei speciale, Ca..."

La mia frase venne bloccata dal suo abbraccio, del tutto inaspettato quanto... disperato... o forse quest'ultimo particolare era semplicemente frutto della mia povera mente innamorata.

"Da dove... da dove sei caduta tu? Perché sei entrata nella mia vita, così naturalmente come il sole irradia il suo calore? Perché?" si chiese retoricamente Camus, stringendomi a sé con forza. Il suo gesto non aveva nulla a che vedere con quello della settimana scorsa, soffice e appena percettibile, no, questo era un vero e proprio aggrapparsi a qualcosa.

Dunque... che dunque anche Camus avesse provato e vissuto, almeno un po', ciò che avevo sperimentato anch'io durante quella settimana? La cosa non aveva, di per sé, importanza, mi era mancata la sua vista, il suo tocco, la sua voce... tutto! Averlo di nuovo lì, tangibile, mi faceva provare una ripetuta fitta allo sterno, unita ad una gioia irrefrenabile.

"G-grazie, Camus! Io... non so neanche perché ti ringrazio, ma sento di doverlo fare!" biascicai confusamente, chiudendo gli occhi per assaporare quel contatto. Mio malgrado, mi sentii rabbrividire, cosa che non fuggì a Camus.

"Sei gelida... - constatò lui, staccandosi da me per poi guardarmi negli occhi – Sei avventata come tuo fratello Milo, non saresti dovuta venire qui con questa tenuta. Sei al Quinto Anno di Superiori, non puoi permetterti di ammalarti!" mi sgridò bonariamente lui, apparentemente severo.

Diniegai con il capo, riconoscendo il timore dietro il rimprovero.

"Come già detto... avevo davvero bisogno di vederti!" sussurrai, emozionata.

Improvvisamente Camus mi prese le mani tra le sue, portandosele al petto con un gesto delicato. Le racchiuse tra le sue lunghe e affusolate dita, carezzandomi il dorso con i polpastrelli allo scopo di riscaldarmi almeno un poco.

"C-Camus..." biascicai, sentendomi divampare.

"S-Sakura, ascolta, io..." iniziò lui, rosso a sua volta in viso, non smettendo però di ricercare un contatto con me, al di là delle nostre mani unite.

Dio, quanto era bello, con quella luce ad illuminare i suoi occhi blu contornati dal rosso acceso delle sue gote! Il suo corpo caldo e accogliente a poca distanza dal mio, la felpa pesante e i jeans che avvolgevano le sue membra delicate. Io gli arrivavo a stento alle spalle, ma ebbi l'impressione che, abbracciandoci, avremmo creato l'incastro perfetto. Bramavo il suo tocco e desiderai, con tutto il cuore, continuare a parlare con lui per tutta la notte, ma mi limitai a continuare ad osservarlo, del tutto rapita dalla sua corporeità, dalla sua concretezza, da tutto... tutto di lui mi creava un gran trambusto interno. Avrei potuto, in quell'attimo racchiuso tra tempo e spazio, toccargli le guance con le mie dita? E, se ci fossi riuscita, avrei forse trovato quel calore arcano che sembravano emanare, così rassomigliante al mio e che sentivo permearmi con nitidezza tutto il volto?

Chissà... non ebbi comunque il tempo di indagare!

"Pssss, Albert, te lo avevo detto, no? Te l'ho detto dall'inizio che sarebbero stati una bella coppia, vero?"

"Josephine cara, questo non lo metto in dubbio, ma... non ti sembra che stiamo esagerando a spiare quei due ragazzi in un momento così intimo?!"

"Ssssssh, non parlare con un tono così alto, ci scopriranno e... oh, no, temo sia troppo tardi!"

Immediatamente mi immobilizzai, mentre, con la coda dell'occhio, vidi due figure in direzione della casa che tentavano disperatamente di celarsi nell'oscurità. Le loro voci erano poco più di un sussurro, lo stesso Camus non le aveva udite, rivolto com'era di spalle rispetto alla fonte sonora, ma erano riconoscibilissime. Mi sentii avvampare al solo pensiero che non avevo la più pallida idea di quanto tempo si trovassero lì, ma, con ogni probabilità, dall'inizio della conversazione.

"Sakura, ti avverto improvvisamente rigida, che ti succede?" mi chiese ad un tratto Camus, percependo il mio stato.

"Oh, ehm... i tuoi g-genitori..." mormorai, al limite dell'imbarazzo, indicando la porta d'ingresso.

"I miei... cosa?"

La scena che ne seguì fu quanto di più divertente avessi assistito in quella settimana. Camus si voltò in direzione della casa e, quando riconobbe i due genitori intenti ad origliare, diventò immediatamente paonazzo come mai visto prima. Incespicò nei suoi stessi piedi, quasi cadde, mentre, con evidenti imprecazioni in francese, ordinava ai suoi di tornare subito dentro. Ne seguì una specie di diatriba, tutta in lingua francese, tra madre e figlio, mentre il padre, al limite dell'imbarazzo, si nascose immediatamente dentro, accennando parole di pentimento. Desiderai anche io sparire all'istante!

La discussione tra i due continuò con toni alterni, quasi da temere il risveglio in massa di tutto il paese. Io non capivo un'acca di quello che dicevano, non sapevo neanche come fermarli, cosa che, per fortuna, fece Dégel, appena sopraggiunto, al posto mio.

"Mamma! Fratellino! State dando spettacolo, vi prego di calmarvi!" affermò, uscendo di casa con passo ritmico. Vederlo illuminò il mio sguardo. Lo fissai come se fosse un'ancora di salvezza, un approdo sicuro in un mare in tempesta, una luce in mezzo alle tenebre... Probabilmente anche lui aveva saputo del mio arrivo, ma, rispettando la nostra intimità, era rimasto in camera, cosa che non aveva fatto invece sua madre, curiosa e speranzosa come non mai. Avvertendo quindi il chiasso fuori, aveva deciso di intervenire per troncare sul nascere qualsiasi litigio.

"Hai ragione, Dégel! Ma tuo fratello ha deciso di coronare la sua settimana di intrattabilità proprio oggi, rivolgendomi parole spietate. Non vuole che mi interessi alla sua vita, capisci?! Eppure Sakura mi piace così tanto, come ragazza, che spererei davvero che..."

"MAMMA, BASTA COSI'! Hai origliato una conversazione privata, almeno ora taci!"

"Oh, accidenti come sei sgarbato, ero solo preoccupata e..."

"E' LA MIA VITA, TU NON C'ENTRI, NON..."

"Finitela entrambi, o volete svegliare tutto il paese?!" intervenne ancora Dégel, raffreddando nuovamente i bollori.

Camus sembrava punto sul vivo, al limite dell'imbarazzo e quasi snervato: anche per lui, a giudicare dai pochi elementi che avevo a disposizione, doveva essere trascorsa una settimana assai dura, probabilmente ricca anche di scontri con i suoi famigliari. Ne fui immensamente dispiaciuta.

"Sì, hai ragione, tolgo le tende... - si rassegnò la madre, sospirando, poco prima di approcciarsi a me – Stammi bene, Sakura! Spero che tu... che tu ci venga a fare visita più spesso. Questa settimana, sai, non è stata affatto facile, e tu sei sempre la benvenuta qui!" si accomiatò, regalandomi un buffetto sulla guancia, prima di sparire dentro casa e socchiudere la porta.

Era tornata la calma, ma Camus sembrava ancora fuori di sé, carpito nella sua intimità e ancora aggressivo come un animale che aveva appena adocchiato un intruso nel suo territorio.

"Est-ce que tu veux, Dégel?" chiese infatti, quasi ringhiando.

"Nulla, non trovi che abbiamo già litigato abbastanza, questa settimana?"

"Io chiedo... visto che ultimamente sembrate molto pressanti sulla mia vita privata!" ribatté ancora Camus, discostando lo sguardo. Era ancora tremendamente rosso in viso.

"Sc-scusate, è colpa mia, sono io ad essere venuta da voi così tardi. Perdonatemi!"

"No, Sakura, perdona tu questo siparietto, l'importante è che, almeno voi, vi siate chiariti. Vi siete chiariti?" mi domandò Dégel, gentile come di consueto.

"Più o meno..." biascicai io, imbarazzata.

"Se voi non foste intervenuti, forse avremmo avuto anche occasione di approfondire maggiormente il discorso!" si lamentò ancora Camus, sbuffando.

"Ne sono lieto!" rispose Dégel, non curandosi del fratello, poi fece per allontanarsi, ma io gli presi lestamente la mano.

"Dègel... va bene quella cosa lì, scusami se ho tentennato, ma... va bene!" dissi solo, imbarazzata.

"Ti sta... bene? Significa che..."

"Sì, tengo a te e non vorrei metterti nei guai, ma non posso certo controllare i miei sentimenti. Ci ho pensato a lungo e... diventiamo amici! Non posso impedirmi di affezionarmi a te, è già successo, d'altronde!" spiegai, pratica.

Il viso di Dègel si illuminò automaticamente, mentre un'espressione infinitamente dolce si dipinse radiosamente sul suo giovane e inesperto viso. Provai un misto di tenerezza e desiderio di proteggere quel sorriso gentile, questo malgrado io fossi più piccola di lui. Avevo dimenticato il calore che si poteva provare quando si stringevano le relazioni, lo avevo dimenticato perché avevo avuto sempre il veto su questo fin da piccola, eppure... era così meraviglioso da riscaldare il cuore, persino nella notte più buia e fredda!

"Grazie, Sakura... sono pieno di problematiche e fatico non poco a fidarmi degli altri, ma farò di tutto per essere un buon amico per te! Tu e Mu non sarete più soli, lo prometto!" asserì, abbassando leggermente il capo e arrossendo un poco. Camus rimase sulle sue per tutta la conversazione, era impossibile ristabilire l'umore di prima, spazzato via come polvere, tuttavia provai ad approcciarmi nuovamente a lui, regalandogli un largo sorriso ricco di affetto.

"Allora, se per voi va bene, giacché abbiamo avuto la fortuna di conoscerci in questo attimo del tempo, proseguiamo il percorso insieme, poiché le nostre vite si sono ormai intrecciate indissolubilmente!" esclamai, più allegra del solito e ricca di una nuova vitalità. Mi sentivo stranamente più leggera, quasi che davvero, smezzare le gioie e i dolori, cioè il condividere, avesse il magico potere di darmi nuova speranza, nuova forza.

Non vidi direttamente l'espressione di Camus nella notte, non intercettai il suo sguardo per pochi istanti stupido, ma ebbi la tiepida sensazione di avvertire il suo velato sorriso solcare le gote ancora drasticamente rosse.

 

 

 

 

 

  
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