Storie originali > Drammatico
Ricorda la storia  |      
Autore: auroralamberti    28/07/2018    0 recensioni
Tutti arrivano ad un punto della loro vita in cui si sentono sopraffatti.
Quando nessuno ti capisce, ti senti sola, abbandonata a te stessa.
Il dolore si è fatto insopportabile, ingestibile.
E Aurora vuole solo essere felice.
"Ma il buio mi rende viva. Il buio è la mia casa. Io appartengo al buio."
***
Suicidal thoughts, suicide attempt, sad ending.
1,975 words.
Read at your own risk.
Genere: Angst, Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
One day we won't feel this pain anymore.












 
“Sono così forte da non riuscire a muovermi dalla mia camera da letto.
Non riesco ad uscire di casa senza pensare alle occhiate disgustate delle persone intorno a noi.
Tutti mi dicono che sono bellissima, che sono fantastica, che mi vogliono bene.
Ma per me non è vero nulla, lo dicono solo per convincermi a stare con loro senza fare stupidaggini.
Ho degli amici meravigliosi che adoro con tutto il mio cuore, ma ho un terribile problema.
Non riesco più a sopportare nulla di ciò che sta succedendo.
La mia vita è noiosa perché io per prima non riesco a cambiare, ad uscire dal mio guscio.
So benissimo che la colpa è mia ma non reagisco, non ce la faccio perché è più forte di me.
Non dovrei avere paura perché tutti prima o poi sbocciano, ma io non lo farò.
Io sono come un fiore delicato che non ha il coraggio di spiegare i petali e mostrarsi nella sua bellezza.
Ho uno stelo delicato, a cui basta un soffio per spezzarsi e spargersi nell’aria per sempre, morendo.
Sto provando a sforzarmi di uscire, a truccarmi per rendermi presentabile, ma non serve a nulla.
Non so che cosa voglio fare della mia vita, non so che cosa pensare di me stessa.
So che dovrei dimagrire ma il cibo è più forte di me, mi ha resa dipendente.
Ed è tremendamente sbagliato, perché più mangio e più soffro mentalmente.
Sto male ma non posso chiedere aiuto perché non ho soldi per permettermelo.
Non esco di casa perché mi vergogno di me stessa e di quello che sono diventato.
Il mio unico amico in questo momento è un computer, dove continuo a scrivere senza sosta.
Ho le mani che tremano per la vergogna, per il dolore, per questa sofferenza che mi sta devastando.
Mi sembra di vivere in una prigione: la mia testa è quella prigione, un posto buio e impenetrabile.
Non so nemmeno che io che cosa frulla lì dentro.
Prima o poi commetterò qualcosa di drastico, come la cicatrice che ho sul braccio sinistro.
E l’ho fatto, perciò non ho paura di farlo ancora una volta.
Il dolore fisico mi piace, attenua quello psicologico che peggiora ogni giorno che passa.
Voglio andare via da qui perché io non appartengo a questo posto.
Voglio sparire per permettere alle persone intorno a me di non preoccuparsi più di me.
Sono solo un peso morto, una persona che non ha uno scopo nella propria vita, che non sa che cosa dire.
Sono una persona vuota, con la mente incasinata e il cuore ridotto a piccoli pezzetti.
Dicono sempre che le tristezze più profonde si nascondono dietro un sorriso smagliante.
Dietro gli occhi più luminosi c’è la depressione, un dolore così profondo da non essere estirpato.
E io non so che cosa pensare, non so che cosa dire né che cosa fare perché so di aver bisogno d’aiuto.
Ma nessuno mi capirebbe, soprattutto non i miei genitori.
Come potrebbe una ragazza solare con me, tutta sorridente e sempre felice, poter fare questi pensieri?
Non lo so, ma è così: non riesco a sorridere davvero, lo faccio solo perché mi convinco d’esser felice.
Sto perdendo lentamente ogni persona nella mia vita e ciò mi sta facendo soffrire.
Riesco a fare amicizia molto facilmente, ma in questo momento mi sento bloccata in una bolla.
Tutto ciò che passa nella mia testa è “non uscire, fai schifo, tutti ti guarderanno disgustati”.
So di non piacere a nessuno, so di non avere un bel fisico, so di non avere un bel sorriso.
Ma perché allora non riesco a reagire e a darmi una sistemata, a spingere i miei petali fuori?
Perché non riesco a vivere serena, convincendomi che le opinioni degli altri contano relativamente?
Non mi sono mai sentita così giù prima d’ora, ed ero convinta che questa sarebbe stata una bella estate.
Ma non è così, perché da quando ho preso la patente mi sono rinchiusa in casa.
Non sono più me stessa e ho paura di perdere quella scintilla negli occhi che mi ha sempre distinta.
Le pareti della mia camera sono soffocanti ma non fanno altro che ammorbidire il mio dolore.
Sono azzurre, ma di un colore spento e noioso, e s’intonano al colore della mia anima.
Io non riesco a parlare con i miei amici perché mi sento un peso, perché so di esserlo.
Come potrei farmi capire da loro, se non hanno mai provato nulla di simile?
La mia famiglia mi ha sempre dato tutto ma questo sentimento mi porta a chiudere la porta a loro.
Mia mamma cerca un modo per farmi uscire ma è più forte di me, io non ce la faccio più.
Le voglio un bene dell’anima ma io sto impazzendo, ho bisogno d’aiuto.
Voglio andarmene da qui perché questo non è il posto adatto ad un’anima come la mia.
Io giuro di non sapere che cosa mi sta succedendo, voglio solo andarmene per sempre.
Che cosa cambia la mia presenza? Assolutamente nulla: sono una persona inutile, svogliata.
Non ho più voglia di vivere, di respirare, di innamorarmi, di gioire, di scoprire cose nuove.
Voglio solo rimanere a letto, a guardare il soffitto e a piangere finché mi manca il respiro.
E l’ho appena fatto. Sì, mi sono appena svegliata da questo sonno soffocante.
Non c’è nulla che possa salvarmi: solo la musica, solo una voce. Ed è assurdo.
Mi sento così stanca ma non riesco a dormire, come se la stanchezza non fosse altro che un fastidio.
Continuo a piangere lacrime amare, lacrime colme di dolore e rassegnazione.
Non riesco a smettere e probabilmente non smetterò mai, se non quando me ne andrò.
Voglio solo una persona al mio fianco, ma questa non si accorge del mio dolore.
Ha letto il mio sfogo su di lui e mi ha promesso ne avremmo parlato, ma è passato ormai un mese.
Non mi ha detto nulla, non mi ha contattato, non si è scomodato a scrivermi o a chiedere di me.
E piango quando lo guardo, così bello nella sua semplicità e nella sua stranezza.
E piango quando lo penso, così antipatico e così egoista nei suoi comportamenti e nei suoi gesti.
E mi sento una vera idiota perché ho una famiglia che mi vuole bene.
Io non me ne rendo conto. O meglio, lo so ma non riesco ad esprimermi a parole o a gesti.
Io lo faccio attraverso la scrittura, attraverso gli sguardi che però nessuno coglie.
Io adoro i miei amici e i loro sforzi di rendermi felice, ma non possono aiutarmi.
Nessuno può farlo, solo chi è specializzato ma non posso permettermelo.
No, non posso gravare ancora sui miei genitori per un mio capriccio.
Sì, perché loro leggerebbero questo come un maledetto capriccio.
Ma no, non lo è affatto: è un disperato grido d’aiuto, di una persona prossima allo svanimento.
Sì, perché io mi dissolverò nell’aria come vapore e sparirò per sempre, abbandonandomi al caso.
Ormai è l’unica cosa che posso fare.
Chiuderò gli occhi e tutto questo sarà finito, in un battito d’ali di farfalla.
Dubito delle azioni dei miei amici, anche se in cuor mio so che mi adorano.
Dubito delle parole dei miei genitori, perché non mi sono mai sentita abbastanza per nessuno.
Forse è stata la mia malattia, forse è stata la mia infanzia, forse sono io a non essere sana.
Non lo so che cos’ho di sbagliato in me, ma ho bisogno di un’ancora di salvezza.
Ho un disperato bisogno di qualcuno disposto a sopportare le mie parole.
Ma finora, non ho trovato nessuno e perciò continuò ad urlare in silenzio, a chiedere aiuto.
Io non chiedo nulla di così terribile, solo.. qualcosa. Qualcosa che non so cosa sia.
Voglio ritornare a respirare, voglio ricominciare a vivere, ad essere me stessa e a sorridere.
Ero così bella qualche anno fa, quando il mio unico pensiero era: “che rossetto uso domani?”
Ma adesso non è più così perché mi sveglio e penso: “oggi dovrei uscire, quindi rimango a casa”.
E mi rinchiudo in me stessa, in quelle quattro mura che mi soffocano ma mi fanno sentire protetta.
Io non voglio muovermi da casa mia perché mi sento bene, mi sento in pace.
Non mi sento giudicata e mi sento felice, mi sento.. normale, per un momento.
Poi quando scende la notte tutto crolla.
L’illusione di gioia che mi ero costruita con l’azzurro del cielo scompare.
Sì, e lascia spazio ad un dolore profondo che m’inghiotte l’anima e la mastica.
Poi la sputa fuori, sofferente e ammaccata come il mio cuore lento.
Ma il buio mi rende viva. Il buio è la mia casa. Io appartengo al buio.”

 
 
Aurora appoggiò la penna sulla sua scrivania, fissando il foglio finalmente completo.
Aveva lasciato che i pensieri fluissero rapidi in quelle parole.
Le erano bastati cinque minuti per riempire un A4 delle sue intenzioni.
Era pronta ad affrontare l’ultima prova della sua forza, del suo coraggio.
Si era decisa la notte precedente, con il fiato corto e le mani tremanti nel buio.
Il foglio la guardava con tutta la sua rabbia, con una chiazza umida sul bordo.
Le lacrime erano scivolate silenziose su quelle lacrime ormai scavate dal dolore.
Lo piegò con delicatezza e se lo portò al cuore, respirando profondamente.
Accarezzò la carta tagliente con l’indice e deglutì a vuoto, stanca.
Chiuse gli occhi e ascoltò il silenzio della sua camera da letto, assente.
Il suo cuore batteva lento, a ritmo con il suo respiro.
Mancava così poco e lei, finalmente, avrebbe raggiunto la pace eterna.
Nella sua mente c’era solo una voce che sovrastava tutte le altre: “tocca a te”.
E Aurora si decise, scendendo dalla sedia della sua scrivania.
Aprì il cassetto da cui estrasse una forbice e sfiorò la lama.
Era di un argento scintillante, con il manico tagliuzzato verde.
Ma lei scosse la testa, riponendola immediatamente al suo posto.
Non era abbastanza tagliente, perciò afferrò il taglierino del padre.
Lui l’aveva dimenticato in auto e lei, affascinata dalla lama, lo aveva rubato.
Voleva soffrire per un’ultima estenuante volta, prima di abbandonarsi al buio.
Fece uscire la lama scintillante e la osservò con attenzione.
Sulle labbra di lei comparve un sorriso smagliante: era felice, pronta a tutto.
Il rumore assordante del suo cuore fu attutito dal tocco della lama sulla sua pelle.
Aurora chiuse gli occhi e portò la testa all’indietro, sollevando il taglierino.
Non le importava più di nulla, voleva fuggire via dalla confusione della sua vita.
Era così stanca di tutto nel momento in cui la lama tagliò la sua pelle, Aurora si sentì viva.
Una goccia di sangue bagnò la sua pelle e lei aprì i suoi occhi.
Fissò il soffitto biancastro della sua camera da letto e cominciò a piangere.
Odiava la sua vita, odiava tutto ciò che la riguardava.
Ma soprattutto, odiava ciò che era diventata.
Odiava se stessa con tutto il cuore.
Odiava i propri pregi, odiava la sua bravura a scuola.
Odiava i suoi difetti, odiava tutti i suoi sbagli.
Avrebbe cancellato tutto in un istante.
Affondò con più forza il taglierino nella sua pelle e lo trascinò sotto tutto il suo collo.
Un respiro restò intrappolato tra le sue labbra, mentre il dolore le strinse i polmoni.
Sentì le gambe tremare e il sangue bagnarle il bordo della maglia, così come le lacrime.
In quell’istante, tutta la sua vita le passò sotto gli occhi.
I sorrisi, i baci, gli abbracci, le vacanze, le feste, i fuochi d’artificio.
Mille colori le riportarono alla mente i ricordi più belli, i suoi giorni felici.
Ma a lei non bastavano più, non era più ciò che voleva.
Aurora crollò in ginocchio con la lama tra le dita.
Trattenne il respiro e i suoi occhi rotearono all’indietro.
Cadde in avanti, ansante, dolorante.
Poi tutto divenne buio.
E lei si sentì a casa.
Felice.
 
 





 
Non aspettate mai di arrivare al punto di non ritorno.
Cercate aiuto, lottate anche contro voi stessi perché ce la farete.
Ritroverete il sorriso, vi sentirete di nuovo felici ma vi prego, pensate bene prima di fare gesti estremi.
Pensate alle vostre famiglie, ai vostri amici, a tutte quelle persone che vi adorano.
E dimostrate loro che siete più forti del vostro dolore, perché credetemi, lo siete. Chiedete aiuto, fate vedere che volete reagire e vi prego, reagite con tutte le vostre forze.
Dimostrate che la depressione e le dipendenze non vi comandano, che siete padroni di voi stessi.
Se lo farete, andrà tutto bene.
   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: auroralamberti