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Autore: Oneiroi    29/07/2018    0 recensioni
Non capivo il perché, cosa mi impedisse di farlo, ma non riuscivo a condannarlo del tutto. Una parte di me lo avevo sempre assolto, dal primo momento in cui l’avevo visto.
Era un gioco di contrasti il nostro, eravamo come l’acqua e l’inchiostro, rinchiusi nello stesso bicchiere e con una miriade di sfumature a cui poter dare vita.
Quando Klaus arriva a Mystic Falls per cercare in modo disperato di salvare la vita di sua figlia, Caroline si vede costretta a dovergli dire addio ma si rende conto di non essere pronta per farlo.
Sospesa tra passato, presente e futuro, Caroline non può far a meno di essere sincera con se stessa e costatare quanto la presenza di Klaus Mikaelson sia stata importante nella sua vita.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caroline Forbes, Klaus
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Non ero pronta a lasciarlo andare.
Non ero pronta a lasciarlo morire.
Era ironico costatare il tempismo di quella consapevolezza. Me ne rendevo conto solo allora, nel momento esatto in cui lui mi chiedeva di farlo. Eppure era così ed io non avevo più il privilegio di fingere altrimenti.
“Sei sicuro?”
“No, ma non c’è altro modo”
“C’è sempre un altro modo”
“Sì, ma non abbiamo abbastanza tempo per trovarlo. Mancano solo poche ore alla mezzanotte e non vorrei sprecare le prossime alla ricerca disperata di una soluzione miracolosa. Voglio soltanto essere certo di poterla salvare. Di essere in grado di garantire a mia figlia di vivere, stanotte e per sempre” gli avvolsi le mani tra le mie, in parte per proteggerle, in parte per aggrapparmi ad esse.
“Oh Klaus, vorrei così tanto che ti sbagliassi. Che non fossi costretto a sacrificarti per lei. Che il destino non ti imponesse questa scelta. Che nessun Mikaelson stanotte dovesse morire”, ma avevo sperimentato sulla mia pelle che non fosse vero. Che per quanto forti, coraggiosi e decisi che fossimo, a volte non ci restava altro che arrenderci ed accettare il nostro destino. Era stato così con mia madre, per quanto avessi disperatamente cercato di salvarla, di impedire alla malattia di consumarla, avevo fallito. E avevo fallito anche con Stefan, avevo dovuto lasciare che salvasse il mondo senza poter fare nulla per ostacolarlo. Ed eccomi li, a distanza di tempo nuovamente vincolata nella stessa posizione. Mi chiesi se il mio futuro fosse quello, se fossi condannata a vivere per l’eternità schiacciata sotto il peso dell’impotenza. A vedere le persone che amavo morire, senza poter fare alcunché per impedirlo. Avevo rimpianto poche volte l’eternità, dovevo ammetterlo. E questa era una di quelle.
“Lo so Caroline, lo so. Ma ho bisogno del tuo aiuto. Ho bisogno che tu permetta alle tue figlie di aiutarmi”
“E lo farò, convincerò Rick a lasciare che ti aiutino” sorrise, più con gli occhi che con le labbra
“E così alla fine, riuscirai davvero ad uccidermi come avevi promesso tempo fa. Ricordi?”. Ricordavo eccome se ricordavo. Lo avevo detto, lo avevo pensato, ma infondo mai realmente desiderato. La presenza di Niklaus Mikaelson nella mia vita era sempre stata sin da subito contraddittoria. In un modo contorto, indecifrabile e a tratti persino stremante. Non ero mai stata in grado di capirlo del tutto, di riuscire a districare quella matassa di sensazioni e impulsi che provavo e sperimentavo in sua presenza. Sapevo di doverlo odiare, di dover detestare la sua malvagità, di dover condannare quel mostro sanguinolento e spietato che era. Aveva ucciso persone, devastato villaggi, tormentato e perseguitato innocenti. Mi rendevo conto di quello che avrei dovuto sentire, della posizione dietro la quale mi sarei dovuta naturalmente trincerare. Eppure non ci riuscivo. Non capivo il perché, cosa mi impedisse di farlo, ma non riuscivo a condannarlo del tutto. Una parte di me lo avevo sempre assolto, dal primo momento in cui l’avevo visto. Inizialmente avevo pensato che fosse per una malsana sensazione di gratitudine, di riconosceva nei confronti dell’uomo che malgrado tutto mi aveva salvato la vita. Pensarla così era conveniente, in fin dei conti io restavo sempre integerrima e la mia morale lontana da alcuna messa in discussione. Ero talmente superiore alla sua propensione al male, da essere in grado di nutrire una qualche sorta di lealtà nei confronti del mio salvatore. Ma mi sbagliavo, ero consapevole di farlo ma avevo paura ad ammetterlo, paura ad accettare un qualcosa dal quale era moralmente giusto rifuggire. Non era riconoscenza la mia o almeno non del tutto. Non si trattava in realtà neanche completamente di lui. Klaus non era il vero problema, anzi semmai la scelta di comodo. Potevo facilmente biasimare e disprezzare lui, per evitare di farlo con me stessa. Di affrontare la questione dalla radice e non dalla superficie. Sì, perché Niklaus Mikaelson era diventato quello per me, lo specchio di una parte profonda del mio essere, l’incarnazione di una milionesima frazione della mia anima. Ed io avevo timore, tanto timore da essere completamente atterrita da quella circostanza, dal doverne accettare la veridicità. Non volevo che, seppure in una quantità così trascurabile, albergasse in me una piccola parte serva dell’oscurità. Non poteva nel mio spirito esserci una minuscola scaglia ferrosa attratta dal magnete dell’immoralità.
“È passato così tanto tempo da allora Klaus, sono cambiate così tante cose. Tu sei cambiato, io lo sono. Mi risulta difficile anche solo credere che tu sia stato quella persona. Insomma, guardati adesso. Sei pronto a sacrificarti per tua figlia, anteponi il suo bene al tuo. Sei un padre Klaus e lo sei nel vero senso della parola. Ti mentirei se ti dicessi di non aver mai desiderato che tu venissi ucciso, di non aver mai sperato che qualcuno ti infilasse un paletto di quercia bianca nel petto, giù dritto dritto al cuore. Ma mentirei a me stessa se mi convincessi di averlo fatto sul serio, se mi concedessi il lusso di dare peso e sostanza a quelle parole. Ero piccola Klaus, per quanto mi sforzassi di non esserlo, di non ritenermi tale, lo ero. E avevo paura. Paura di te, di quello che eri in grado di fare e soprattutto di quello che io ero capace diventare al tuo fianco. Era un gioco di contrasti il nostro, eravamo come l’acqua e l’inchiostro, rinchiusi nello stesso bicchiere e con una miriade di sfumature a cui poter dare vita. Ma io non ero nella posizione di poter rischiare, non ne avevo il coraggio né tanto meno la forza. Io avevo la mia vita davanti, i miei progetti. Quel futuro roseo e dorato che sin da bambina avevo sognato e programmato persino nei più piccoli dettagli. Volevo proseguire negli studi, rendere mia madre fiera di me, avere una vita tranquilla ed essere quella donna che avevo sempre fantasticato di diventare. E tu eri un pericolo, tu attentavi inesorabilmente e irrefrenabilmente ai miei progetti. Eri pronto a sconvolgermi l’esistenza, a catapultarmi in una nuova prospettiva ed io mi sentivo troppo debole per lasciartelo fare. Avrei dovuto sostituire il certo con l’incerto, la sicurezza con l’insicurezza. E non dico che l’idea non mi allettasse, nessuno resta del tutto impassibile dinnanzi al fascino del pericolo, dell’incognito. Ma io ero Caroline Forbes, reginetta di Mystic Falls, figlia dello sceriffo Elizabeth Forbes e per quanto paradossale possa sembrare, non avevo scelta. Non sarei mai potuta stare con te, non avrei mai potuto accettare la tua corte. Sei un uomo eccezionale Klaus Mikaelson, oggi me ne rendo conto ancor più di allora. Ho sempre saputo che non eri corrotto del tutto, che c’era una parte di te stesso che poteva ancora essere recuperata, ma avevi bisogno di un aiuto, di qualcuno che lottasse per te e che ti salvasse. Avrei tanto voluto essere io. Ma temevo che invece di redimere te avrei condannato me stessa. So che in parte ci sono riuscita, di aver riacceso in te la speranza, di averti persuaso che persisteva ancora qualcosa per cui valesse la pena lottare. E ne sono fiera, sì. Sono immensamente fiera ed orgogliosa di averti conosciuto Klaus Mikaelson e di aver rappresentato qualcosa di bello per te. È solo che…” mi morsi le labbra, per impedire alle parole di sbocciare come germogli di rosa.
“Solo che…” mi serrò le dita con le sue, con una pressione al contempo dolce e vigorosa, forte e fragile.
Solo che avrei voluto un’altra possibilità, che il futuro ce ne avesse concessa una. Vera, reale e squisitamente tangibile, lontana da tutte quelle promesse, quelle attese, quelle illusioni e disillusioni che avevano caratterizzato il nostro rapporto. Qualcosa di finalmente non effimero, al quale potersi fisicamente aggrappare. Forse quella volta sarebbe potuta andare diversamente. Io ero cresciuta, maturata. Avevo colto la differenza tra realtà e aspettativa. Avevo realizzato in parte me stessa, la vita mi aveva fortificata, forgiata. E credevo di essere pronta, anzi mi ci sentivo proprio così, pronta. Pronta per affrontare quell’avventura, per gettarmi a capofitto in quel destino tintinnante, in quel turbinio di prospettive, possibilità, imprevisti e casualità che tanto mi aveva spaventata. E pure Klaus era diverso, aveva finalmente riabbracciato la sua umanità, si era lasciato alle spalle tutto il dolore e la sofferenza di un tempo, di quel padre che non lo aveva mai accettato. Aveva smesso di essere in lotta perenne contro un Universo nel quale non sapeva bene quale posto occupare, aveva accettato se stesso e la sua diversità, ed era riuscito a trovare un suo spazio, lì dove in precedenza regnavano soltanto vuoto e solitudine.
Tuttavia quel discorso non aveva senso alcuno, tutto quanto stessi per dire o pensare non ne aveva. C’erano troppi forse, troppi dubbi, troppi interrogativi che non avrebbero portato a niente. Rivangare il passato o ipotizzare il futuro erano due hobby ai quali potersi dilettare, due mere e semplici distrazioni alle quali affidarsi. Ma non in quel momento, non in quel frangente di così urgente attenzione. Il presente richiedeva un’estrema concentrazione e, se realmente volevo fare qualcosa di utile, non dovevo far altro che dar ad esso ascolto.
Smisi così all’istante di divagare nell’impetuoso flusso dei miei pensieri.
 “Non ti dimenticherò Klaus, non mi stancherò mai di ricordarti” furono le uniche parole che dissi.


Alla luce degli avvenimenti della 5x12, ho deciso di scrivere questa one shot e l'ho fatto tutto d'un fiato, di getto. Avvertivo la necessita di dire quello che a mio avviso non era mai stato esplicitamente detto. Volevo concretizzare tutta una serie di pensieri e di parole lasciate a metà, sospese tra realtà e immaginazione.
Spero che vi sia piaciuta e che ritroverete Caroline in queste poche righe.
Se vi va di lasciare una breve recensione, mi farebbe tanto piacere leggere i vostri pareri a riguardo.
   
 
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