La luna (prima parte)
Now I walk along the streets of
Marseilles
the winter sky is cold and gray
and I don't know why I left you that day
And I don't know where you are.
Ah la luna la luna
The night that we fell under
The spell of the moon
Ah la luna la luna
The light that will bring me back to
you…
(“La luna” – Belinda Carlisle)
Elijah aveva creduto che sarebbe stato possibile far
convivere Tristan con la sua famiglia a villa Mikaelson anche dopo ciò che era
accaduto.
Elijah aveva sperato di poter continuare la sua vita con
Antoinette anche a New Orleans, pensando di trascorrere con lei le serate e le
notti e dedicando il resto del tempo alla famiglia e a riallacciare il rapporto
con Tristan.
Elijah pensava che, una volta sciolto l’incantesimo di Inadu,
avrebbe potuto parlare con Tristan e chiarire l’accaduto, spiegandogli che era
molto dispiaciuto di averlo trattato tanto male e di averlo dimenticato ma che,
appunto, la sua mente in quel periodo era soggiogata dalla malvagia strega e
lui non si rendeva bene conto delle proprie azioni.
Elijah si illudeva e la realtà si sarebbe dimostrata ben più
dolorosa.
Non si era reso conto del fatto che Tristan aveva risentito
in modo particolare dell’ultima esperienza negativa subita. Le cose non
potevano più essere come prima, questa volta non si sarebbero risolte tanto
facilmente.
E, soprattutto, non sarebbe stato possibile, in alcun modo,
far coesistere pacificamente Tristan e Antoinette.
Tristan non era più quello di prima, ma non perché avesse
conseguenze fisiche dovute alla lunga prigionia nelle segrete. In realtà non
era nemmeno in collera con Elijah per ciò che gli aveva fatto: aveva compreso
che il suo Sire non era in sé quando lo aveva condannato e fatto imprigionare.
Sapeva bene cosa significasse avere la mente confusa e offuscata: si era
occupato per secoli della sorella Aurora e, anche se adesso lei stava bene, non
poteva dimenticare quanto fosse stato difficile contenerla e gestirla.
Quello che non riusciva più a fare era credere nel legame con
Elijah. Lui lo aveva abbandonato di nuovo, seppure condizionato da un incantesimo
malefico. Era stata Inadu a maledirlo, ma il suo sortilegio si era innestato in
un terreno fertile, perché Elijah non aveva avuto mai fiducia in lui e, in fondo al cuore, lo aveva sempre sospettato
di pianificare e ordire cose abiette contro la sua famiglia. Inadu aveva avuto
gioco facile perché il sospetto albergava già in Elijah, perfino quando
vivevano insieme a Marsiglia, come una vera coppia.
Poi adesso c’era Antoinette, la donna perfetta, quella che
sapeva riempire tutti i vuoti di Elijah. Non una ragazzina prepotente e
selvaggia come Hayley, ma una donna raffinata, piena di classe e di passione…
qualcuno con cui Tristan non era certo di poter competere.
E forse non aveva neanche più voglia di lottare, di mettersi
in gioco. Aveva rincorso Elijah per mille anni, aveva fatto di tutto per
ritornare con lui, aveva combattuto sperando di poter, finalmente, riunirsi a
colui che lo aveva creato e che rappresentava l’unica possibilità di sentirsi
completo. Ma ogni volta era rimasto deluso, frustrato, persino sconfitto.
Elijah aveva sempre cercato altrove la sua completezza, illudendosi di trovarla
in qualcuna che non si mettesse in opposizione con la sua famiglia. Hayley, in
questo, era la più adatta… ma adesso l’equilibrio funzionava anche con
Antoinette, a cui Elijah dedicava sere e notti per poi ritornare a villa
Mikaelson al mattino.
Inoltre, da ciò che aveva compreso Tristan, Antoinette era
veramente innamorata di Elijah e non, come Hayley, di un gentiluomo da
sfoggiare e da cui farsi aiutare se necessario. Per quanto non amasse trovare i
lati positivi della sua rivale, Tristan doveva ammettere che Antoinette,
innamorata, passionale, colta e raffinata, era veramente l’incarnazione dei
desideri di Elijah.
Tristan era stanco, sfiduciato e la distruzione della sua
Strix gli aveva dato il colpo di grazia.
Non aveva più motivazioni e, soprattutto, non desiderava
rimanere a New Orleans dove non c’era più posto per lui.
Una mattina di tre settimane dopo che Tristan era stato
liberato, Elijah era arrivato a villa Mikaelson per parlare con lui e non lo
aveva trovato.
“Dov’è Tristan?” aveva domandato a Rebekah e Freya.
Le sorelle si erano scambiate uno sguardo perplesso prima di
rispondere.
“Non lo so, non è nel suo appartamento?”
“L’ho cercato là per prima cosa, ma non c’è” rispose Elijah.
“Forse sarà andato al caffè per la colazione, lo fa spesso, a
quanto pare gli piacciono i dolci” suggerì Rebekah con un sorrisetto.
“Non sapevo che non potesse uscire dal palazzo, altrimenti lo
avrei sorvegliato” disse Freya. “Pensi ancora che possa fare del male a
qualcuno?”
“No, non è questo” disse Elijah, guardandosi intorno
pensieroso. “Avevo bisogno di parlargli e… Va bene, andrò a cercarlo al caffè.”
Il vampiro Originale salutò le sorelle e si recò alla
pasticceria dove, ormai più di un anno prima, aveva trovato Tristan
completamente immerso nei piaceri della cioccolata calda e dei croissant, ma il
giovane Conte non c’era. Elijah si sentì sperduto, si guardò attorno ma vide
solo i turisti che affollavano, come al solito, le strade di New Orleans.
Tristan di sicuro non era in mezzo a loro.
Ad un tratto comprese, come in un lampo, dove potesse essere
il Conte De Martel.
Vi giunse velocemente e lì lo trovò, proprio dove aveva
immaginato che fosse.
Tristan era andato a Davilla Estate, o meglio a ciò che ne
rimaneva. Il quartier generale della Strix era stato distrutto, raso al suolo
da un incendio dopo che tutti i membri erano stati massacrati da Klaus, Marcel
e i suoi vampiri in quella notte maledetta. Il parco della villa era devastato,
l’erba bruciata, pochi cespugli stentati, alberi caduti… e le macerie della
dimora un tempo stupenda sparse al suolo, carbonizzate e annerite. Il giovane
Conte stava in piedi davanti a quella che un tempo era stata la sua casa, il
luogo in cui viveva e dava i suoi party, il posto dove aveva incontrato di
nuovo Elijah dopo secoli, il quartier generale della sua organizzazione.
Ora non restava più niente.
E, insieme alla Strix, Tristan sentiva di aver perduto anche
una gran parte di sé. Non c’era più niente che lo trattenesse: Elijah aveva
fatto le sue scelte e la Strix non esisteva più. Tutto quello per cui aveva
combattuto e sofferto per anni era stato distrutto in una sola notte… insieme
alla sua fiducia e alla sua speranza.
Per la prima volta, nella sua lunghissima vita, Tristan non
trovava uno scopo per andare avanti.
Non si sarebbe arreso, questo no, ma la distruzione che
poteva contemplare e che rappresentava il segno esteriore della distruzione che
aveva invaso la sua anima gli faceva comprendere chiaramente che tutto quello
che aveva tentato fino a quel momento era sbagliato.
Se voleva sopravvivere, doveva intraprendere un’altra strada.
Se voleva trovare un nuovo scopo alla sua esistenza, doveva
andarsene da New Orleans e ricominciare da capo altrove, lontano, dimenticando
tutto ciò che era accaduto in quei lunghi anni. Non voleva che gli fosse tolta
la memoria com’era accaduto ad Aurora, lui voleva avere ben presente ognuno
degli errori che aveva commesso per essere sicuro di non ripeterli mai più.
Osservando le macerie e la devastazione, tutto ciò che
rimaneva della sua Strix, Tristan De Martel prese la sua decisione. Poi, di
nuovo fiero e dignitoso, fece per andarsene, ma si trovò di fronte Elijah.
“Ero venuto a cercarti a villa Mikaelson e non ti ho trovato,
poi ho pensato che saresti stato qui” gli disse il suo Sire. Sembrava
stranamente imbarazzato a parlare con lui, adesso, probabilmente a causa dei
sensi di colpa che lo laceravano per tutto ciò che gli aveva fatto e di cui
quelle rovine erano un monito perenne.
Tristan scrollò il capo con noncuranza.
“Avevo bisogno di vedere con i miei occhi che cosa la tua
famiglia aveva fatto alla Strix” replicò, cercando di sembrare indifferente. “Comprendo
che in quel momento eri sotto l’incantesimo di Inadu, ma spero che adesso ti
renda conto del fatto che hai ordinato la distruzione della tua stessa
creazione. Tu avevi fondato la Strix e ne eri comunque il mentore.”
“Ho fatto anche di peggio, ho fatto del male a te…” iniziò a
dire Elijah, ma Tristan lo interruppe.
“Come ti ho detto, non ti accuso di niente, so che la tua
mente non era libera” disse. “Per secoli ho dovuto gestire le intemperanze di Aurora
quando non era in sé e so di cosa si tratta.”
Paradossalmente, l’indifferenza con cui Tristan affrontava l’argomento
era per Elijah ancora più straziante. Avrebbe voluto che lo accusasse, che lo
insultasse, magari. L’odio e la rabbia erano comunque sentimenti, mentre questo
distacco lo feriva.
“Ad ogni modo, di che cosa volevi parlarmi?” tagliò corto il
Conte De Martel.
Elijah avrebbe voluto dire tante cose, in quel momento
avrebbe desiderato stringerlo tra le braccia, sentire di nuovo il suo profumo,
il sapore e la morbidezza delle sue labbra e perdersi nell’incanto del suo
corpo. Ma c’era Antoinette. Lei lo amava, aveva fiducia in lui e lui le aveva
promesso che… le aveva detto che si sarebbero sposati. Antoinette era la donna
giusta, finalmente, una donna che amava tutto di lui, che accettava i momenti
che Elijah dedicava alla famiglia e che non pretendeva di farne un manichino
ben vestito. Lei gli aveva fatto comprendere che i suoi istinti di vampiro non
andavano repressi, ma solo incanalati nel modo giusto: spesso, la notte,
uscivano a caccia insieme per nutrirsi. Secondo Antoinette era sbagliato usare
le sacche di sangue, non era naturale per un vampiro, la caccia era essenziale,
tuttavia le vittime non dovevano soffrire, bensì venire soggiogate. Questo non
faceva di loro dei mostri perché, a differenza di molti altri vampiri, loro
uccidevano solo per necessità e cercavano di causare minor sofferenza possibile
alle persone che sceglievano. Del resto, era ciò che avevano sempre fatto anche
Klaus, Marcel e i loro vampiri e lo stesso Tristan… con la sola differenza che
questi non erano pietosi come Antoinette e non soggiogavano le vittime.
Sì, quella era la scelta giusta, questa volta non avrebbe
commesso errori.
“Tristan, volevo dirti che… io chiederò ad Antoinette di
sposarmi” disse.
Un pallore mortale si diffuse sul volto del giovane Conte e
il cuore gli parve trapassato da un punteruolo di ghiaccio. Eppure, per quanto
poté, Tristan cercò di dominarsi e di non mostrare la minima emozione.
“Congratulazioni, allora. Pensavi di invitarmi al matrimonio?
Sono spiacente, ma dovrò declinare l’invito: il mio modo di intendere la vita è
molto diverso da quello della tua futura
sposa e dei suoi amici e temo che non mi divertirei ad un party di vampiri
puristi” ribatté, ostentando un supremo distacco. “Se vuoi ti invierò un dono
di nozze. Cosa desidereresti? Una bella bara a due piazze per poter dormire di
giorno?”
“Non c’è bisogno di essere sarcastico, Tristan” reagì Elijah,
seccato non tanto per le parole del Conte quanto dall’insoddisfazione che
sentiva aumentare. Non avrebbe dovuto provare quei sentimenti, avrebbe dovuto
sentirsi felice: non stava forse per sposare la donna che amava? “E trovo molto
offensivo che tu parli di Antoinette e della sua famiglia in questo modo.”
“Per cortesia, Elijah” lo interruppe Tristan con una smorfia
di disprezzo. “Credi che non abbia visto quei puristi, come vogliono farsi chiamare? Sono dei poveri pezzenti,
vivono nell’oscurità e hanno un quoziente intellettivo inferiore a quello di
molte creature che strisciano nelle paludi del Bayou. Non nego che Antoinette
sia diversa da loro, ma il mondo in cui ti porterà a vivere è quello. Tuttavia
è una tua scelta, perciò… sii felice.”
Il Conte De Martel, considerando chiuso l’argomento, fece per
andarsene. Elijah, però, non era soddisfatto. Confuso, frustrato e stizzito per
le emozioni che si affollavano dentro di lui e che non riusciva a controllare,
afferrò d’impulso il braccio di Tristan e lo attirò a sé. Quando lo ebbe così
vicino non riuscì più a resistere e lo baciò avidamente, risucchiando il suo
respiro come se fosse l’aria che gli era mancata per tanto tempo, gustando il
suo sapore e perdendosi in esso. Baciare Tristan fu come aprire la diga dei
sentimenti che aveva represso fino a quel momento e l’esplosione del desiderio
lo travolse. Rovesciò il giovane Conte sull’erba bruciacchiata che rimaneva
ancora sul terreno, continuando a baciarlo con prepotenza e affondandogli la
lingua in bocca sempre più indecentemente. L’urgenza della brama era troppo
forte: si abbassò i pantaloni e slacciò quelli di Tristan, si infilò tra le sue
gambe imprigionate ed entrò dentro di lui con un movimento deciso, continuando
poi a possederlo disperatamente, freneticamente, senza respiro. In quei
momenti, perduto nella passione e nella soddisfazione dell’unione con il Conte
De Martel, Elijah parve riacquistare una consapevolezza perduta, la certezza
che l’unica sua possibile felicità e completezza era insieme a lui, era
fondendosi con Tristan. Ogni dubbio, frustrazione, preoccupazione si dissolveva
mentre il suo corpo si perdeva nel giovane Conte sotto di lui, mentre la sua
bocca si riempiva del sapore di Tristan. Antoinette era dimenticata, lontana,
un’ombra nell’oscurità. Tristan era la luce e il calore della passione e Elijah
non riusciva a fermarsi, non riusciva a saziarsene…
Fine
prima parte