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Autore: MomoiDancho    31/07/2018    1 recensioni
Sto per alzarmi quando sento qualcosa che mi trattiene, senza che io riesca a fare nulla per potermi alzare: sono bloccata da una misteriosa forza, che mi fa rimanere incollata al sedile di plastica della metro. [...]
Continuo a provare ad alzarmi e finalmente, riesco a staccarmi. Scendo di corsa, per evitare di restare ulteriormente in quel posto: mi guardo intorno, sono alla fermata “Colosseo”; “piuttosto che riprendere quella maledetta metro, me la faccio a piedi” penso mentre salgo le scale e attivo il WiFi sul mio cellulare.
Nessuna rete trovata. Alzo lo sguardo dal mio telefono e rimango senza parole.
Non sono a Roma, o meglio, lo sono… ma mi ritrovo circondata da persone vestite con la toga.
Genere: Avventura, Storico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Antichità, Antichità greco/romana
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Scendo dal treno controllando, come una vera milanese, l’orario dal mio Apple Watch.
Ore 11:00 di sera: “Ottimo, sono in perfetto orario”, mi dico, soddisfatta e stupita della puntualità del Freccia rossa; “E’ vero che la festa in maschera è tra tre giorni, ma non mi dispiace vedere la città in questi due giorni” penso distrattamente.
Ho un pessimo senso dell’orientamento e quindi mi fermo a chiedere indicazioni ad uno strano signore: ha degli occhi verdi chiarissimi, il volto solcato dalle rughe che sembrano indicare un vissuto particolarmente tormentato.
Non percepisco granché di quello che mi dice, perché mi colpisce il fatto che usi dei termini …latineggianti, in un certo senso. Comunque, realizzo che devo prendere la metro blu da Roma Tiburtina fino a Termini per quattro fermate. Dopo averlo ringraziato, metto le cuffiette e mi avvio verso la fermata della metro, stranamente deserta “Possibile che nessuno torni dal lavoro?” mi chiedo distrattamente, mentre il mio iPhone inizia a riprodurre “Levels” di Avicii: sento l’altoparlante che annuncia la mia fermata, così decido di alzarmi leggermente prima per scendere con calma.
Sto per alzarmi quando sento qualcosa che mi trattiene, senza che io riesca a fare nulla per potermi alzare: sono bloccata da una misteriosa forza, che mi fa rimanere incollata al sedile di plastica della metro. Mi guardo in giro per chiedere aiuto, ma non c’è nessuno; in quel momento sento il volume della canzone alzarsi:
“Oh, sometimes
I get a good feeling, yeah
Get a feeling that I never, never, never, never had before, no no
I get a good feeling, yeah”

“Ironico”, penso a metà fra l’innervosita e lo spaventata, “questa è decisamente una di quelle situazioni che mi mettono ansia, decisamente una brutta sensazione”.
Continuo a provare ad alzarmi e finalmente, riesco a staccarmi. Scendo di corsa, per evitare di restare ulteriormente in quel posto: mi guardo intorno, sono alla fermata “Colosseo”; “piuttosto che riprendere quella maledetta metro, me la faccio a piedi” penso mentre salgo le scale e attivo il WiFi sul mio cellulare.
Nessuna rete trovata. Alzo lo sguardo dal mio telefono e rimango senza parole.
Non sono a Roma, o meglio, lo sono… ma mi ritrovo circondata da persone vestite con la toga.
Penso ad un’allucinazione, a una manifestazione, a… a… “Cosa diavolo sta succedendo qui?”.
“Mi scusi… mi scusi!” urlo a un tizio lì vicino, che si trova dietro a una bancarella con delle giare contenenti dell’olio di oliva. “Mi scusi… cosa sta succedendo qui?” gli chiedo mentre quest’ultimo mi squadra dalla testa ai piedi “Quid quaeris?” mi chiede con aria diffidente. “Oddio. Oddio. Non può essere” penso freneticamente, cercando di voltarmi alla ricerca delle scale della metro: con orrore noto che sono sparite.
Mi siedo per terra, in preda allo sconforto e tiro fuori il cellulare, come gesto d’abitudine.
“Siri, in che anno siamo?” chiedo, sapendo perfettamente quanto sia impossibile ricevere una risposta in assenza di rete. “Siamo nel 52 avanti Cristo, Sophia”.
Guardo il telefono sconcertata. Non so come sia possibile, come io sia finita indietro nel tempo, come faccia il telefono a rispondermi, come cavolo sia finita in una situazione del genere.
“Ma forse Siri lo sa”, mi dico speranzosa: sto per chiederglielo, quando all’improvviso noto che le persone intorno a me mi stanno fissando; forse per via dei jeans e della t-shirt, forse perché sto parlando con un qualcosa di sconosciuto. Decido che sia meglio mettere via il telefono appena in tempo: delle guardie mi indicano e si dirigono verso di me con passo svelto. Non faccio in tempo a rendermi conto di cosa stia succedendo, che sono su una biga, diretta a tutta velocità verso quello che sembra essere il Senato.
Entriamo nell’edificio e in fondo alla stanza, vedo un uomo di spalle.
Una delle guardie urla qualcosa in latino e finalmente la figura si volta.
“Tu!” urlo in preda al panico: “Tu sei quel signore a cui ho chiesto indicazioni! Fammi tornare nella mia epoca!” dico agitandomi, per quanto possibile, con le guardie che mi tengono ancora stretta.
Egli mi guarda soppesando quello che ho detto, quando, con grande calma mi dice
Puella, come ti chiami?” “Sophia… ascolta, tu riesci a capirmi, no? Come ti chiami? Perché sono qui? “
“Questa è una storia lunga, Sophia. Io Sono Gaio Giulio Cesare. Sei qui “solo” per una missione di salvataggio. Una ragazza come te, venuta dal futuro, è stata rapita dai Galli. Ella si chiama Giulia e ci ha permesso di conoscere il futuro tramite uno strano arnese luminoso…” “Questo?” chiedo, tirando fuori a fatica il bordo del telefono dalla tasca dei jeans. “Per Giove, allora ce n’è più di uno!” esclama l’imperatore con un misto di sollievo e terrore.
Le guardie nel frattempo sono rimaste in silenzio, ma osservano con curiosità i miei movimenti.
In quel momento Cesare con un gesto imperioso fa loro cenno di allontanarsi, lasciandoci soli.
“Dunque, lei è … è… è un pericolo. Perché con quelle cose si può vedere il futuro e così i Galli saprebbero come sconfiggerci. Alcune battaglie sono state perse, ma l’oracolo ci ha detto che sarebbe arrivata un’altra speranza per Roma. Quella speranza sei tu, Sophia. Ora…” mi fa un gesto con la mano “so che tutto questo può sembrarti un vaneggiare da parte mia, ma tutto avrà un senso.” .
“Adesso, vorrei che tu mi informassi di più per quanto riguarda il futuro. Cosa succederà?”
“Ehm… in realtà non lo so. Dovrei andare a cercare, la storia dell’antica Roma l’ho studiata anni fa e…” un suo sguardo obliquo mi fa tacere e controllando l’Apple Watch, noto che ho la batteria del cellulare al 70%. “Va bene, ho capito…”.
Passiamo un tempo indefinito a parlare, in parte della futura guerra nella città di Alesia (dove, per l’appunto è situata Giulia, secondo gli informatori), ma al contempo senza che io riesca ad evitare di stupirmi della profondità delle domande e dell’interesse che quest’uomo suscita nei miei confronti: lui mi racconta delle usanze romane, dei filosofi, dell’arte antica; io dal canto mio gli racconto di Dante, dell’evoluzione dell’arte e della musica, ma anche dell’usanza di scattare fotografie, del “potere” delle telefonate, dove grazie a dei numeri le persone possono parlarsi a vicenda.
“Aspetta… Giulia mi ha lasciato una serie di simboli strani in “cifre arabe” o così le ha definite… ecco” mi dice porgendomi un pezzo di pergamena stropicciato. “Ma questo…è il suo numero! Possiamo contattarla!” gli dico con un gran sorriso. Cesare mi guarda perplesso. “Lascia fare a me, per una volta” sospiro con una punta di felicità nella voce: forse è la volta buona che questa storia possa finire.
Digito il numero e con mani tremanti aspetto, mettendo il vivavoce.
“Pronto?” mi risponde una voce vellutata, sussurrando appena.
“Giulia?” chiede l’imperatore con aria incerta, “Cesare! Sì sono io! Sono riuscita a scappare dai Galli. Sono sulla via per Roma, ti prometto che quando tornerò ti spiegherò tutto. In un paio di giorni dovrei essere di ritorno. Devo andare adesso. Ci vediamo al solito posto, a sera inoltrata, tra due giorni, mi raccomando”.
Con queste parole chiude la chiamata, lasciando Cesare senza parole. “Scappata… Giulia è scappata! Organizzerò un banchetto di due giorni in nome di Marte per celebrare questa incredibile notizia!” esclama guardandomi “Inoltre tu parteciperai, ovviamente. Agli altri invitati diremo solo che sei riuscita a decifrare il messaggio in codice, senza parlare del tuo… ehm… arnese luminoso. Ora” batte le mani e immediatamente due donne compaiono al suo fianco “ti faremo fare un vestito per la festa”.
I due giorni passano lentamente, tra montagne di cibo e vino: sono preoccupata per Giulia, perché ho il telefono quasi scarico e nel caso ci dovessero essere problemi, non saprei come contattarla.
Finalmente arriva la sera del giorno previsto e, dopo aver mandato via tutti gli invitati, Cesare mi fa cenno di seguirlo. Ci ritroviamo nella piazza dove sono arrivata per la prima volta due giorni prima, quando, a cavallo, arriva una donna bellissima dai lunghi capelli neri raccolti in una treccia.
Lei scende da cavallo e stringe la mano all'imperatore con grande solennità: si presenta velocemente a me e inizia a raccontare la sua storia “Quando i Galli mi hanno rapito, ero molto spaventata. Mi sono spacciata per una donna che prevedeva il futuro: per fortuna avevo un lungo scialle che mi ha permesso di nascondere il mio cellulare e, facendomi lasciare da sola in una stanza, consultavo libri di storia dal cellulare per poi dare le indicazioni per le battaglie.” “Quindi le battaglie che abbiamo perso…” “sì, è perché ho dovuto suggerire loro le vostre mosse. Mi dispiace Cesare, ma altrimenti mi avrebbero uccisa”, sospira lei con voce triste.
“Ad ogni modo, dopo poco mi sono finta morta, quasi come Giulietta di Romeo e Giulietta” l’imperatore la guarda con aria confusa “non importa,  comunque ha funzionato. Hanno preso il mio corpo e lo hanno portato in campagna, per seppellirlo. Nel tragitto sono riuscita a scappare su questo cavallo e durante il tragitto ho ricevuto la vostra chiamata. Sono felice di potervi dire che, per quanto riguarda il futuro, la battaglia di Alesia…” “Sì, gliel’ho raccontato” sorrido, interrompendola.
Lei rimane un po’ spiazzata e conclude con una breve risata “Beh, questo è quanto. Sono riuscita a tornare in tempo per poter tornare indietro, direi” sospira guardando il mio Apple Watch. “Si… si può tornare indietro?” esclamo con le pupille dilatate per la gioia.
“Sì”, afferma lei decisa “ogni tre giorni le scale della metropolitana ritornano dalle undici e mezza di sera, fino alle due di notte”.
E in quel momento, come per magia, le scale riappaiono, ricordandomi per una volta il mondo moderno.
“Credo sia giunto il momento di salutare entrambe” sospira Cesare “non è bene interferire ulteriormente con il tempo. Se c’è qualcosa che posso fare per voi, sarò lieto di farlo”. Io e Giulia ci guardiamo un secondo e in un attimo di estremo coraggio, con voce flebile dico “Potremmo farci una foto insieme?”. Non so da dove mi sia giunta quest’idea, ma effettivamente, mi rendo conto di voler una prova di quanto sia successo in questi due giorni. L’imperatore mi guarda perplesso, poi allarga le braccia ed esclama “E sia!”.

E’ l’una e trenta di sabato sera e io sto viaggiando sulla metropolitana blu, in direzione Roma Termini, ancora scossa da quanto successo. Mi rendo conto di non aver preso un costume per la festa che in teoria, comincia tra mezz’ora. Frugo nello zaino alla ricerca di una bottiglietta d’acqua, quando all’improvviso mi ritrovo tra le mani il vestito che Cesare mi aveva fatto confezionare. E’ perfetto per la festa in maschera.
Mi cambio nel bagno della stazione, e riflessa allo specchio, vedo la mia immagine.
Sorridendo, sussurro “Sarà una lunga notte”.


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Buonasera! Ormai sono già alla quinta one-shot, ma di questa lunghezza e con il tema dell'antica Roma, è decisamente la prima.
Spero non vi siano troppe inesattezze storiche (nel caso, perdonatemi!), mi farebbe comunque piacere sentire le vostre opinioni, quindi non siate timidi e lasciate una recensione! 
Alla prossima! 
MomoiDancho
   
 
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