{Due anime, Due cuori, Un momento condiviso}
Ad Adrien
era sempre piaciuto mascherarsi, poter essere qualcuno di diverso da chi era
quotidianamente, poter credere per un giorno di fare l’impossibile, di essere un
eroe come quelli di cui amava leggere i fumetti – e nelle sue fantasie di
bambino immaginava di salvare sua madre e lei per ringraziarlo gli donava il
sorriso più bello che avesse visto, così luminoso da farla brillare, felice
come non l’aveva mai vista, importante come non si era mai sentito.
Non vedeva l’ora che arrivasse
Carnevale o Halloween per vestire i panni di qualcuno che non era Adrien Agreste, figlio impeccabile e modello di punta della
casa di moda del famosissimo e integerrimo stilista Gabriel Agreste.
Da sempre aveva avuto un ottimo feeling con le doppie identità,
travestirsi e fingersi qualcun altro gli aveva dato l’opportunità di sfuggire
agli obblighi paterni – che aveva sempre seguito senza lamentarsi – e poter
decidere da sé cosa fare e come sentirsi: era finalmente libero di essere se
stesso, di poter anche sbagliare e, di conseguenza, imparare a riparare ai
propri errori.
Poi con Chat Noir aveva anche appreso
i doveri legati al costume.
Ma mai aveva pensato di provare una
sensazione simile, un terrore sviscerale, un’impotenza tale come quando gli
avevano dato in mano quella maschera così simile all’originale. Non credeva
potesse associarle un’angoscia simile.
Era combattuto: cosa avrebbe dovuto
fare?
Aveva puntato i suoi occhi preoccupati
su quell’innocuo pezzo di stoffa – che
ridicolo averne paura, no? – desiderando trovarsi altrove.
Non sapeva quello che avrebbe fatto –
ma poi c’era scelta?
Era un pensiero folle, ma avrebbe
dato tutto quello che aveva per far evadere il suo spirito dal corpo, così da
essere un osservatore esterno e, forse in quel caso, avrebbe vissuto tutta
quella faccenda in maniera diversa.
Non seppe quanto durò quell’attimo di
indecisione – perché sì, se ne erano accorti tutti i presenti.
Con lentezza disarmante se l’era
avvicinata al viso con l’espressione di chi sta per andare al patibolo.
Nessuno poteva immaginare il
conflitto interiore che stava avendo luogo dentro di lui.
Se avesse portato a termine
quell’azione, allora ci sarebbe stata la possibilità che qualcuno l’avrebbe
riconosciuto – nonostante l’impegno nell’evitare di comportarsi come l’eroe
parigino. Perché Adrien non poteva credere che in
quella città fossero tutti ciechi, come sosteneva caldamente Plagg. Insomma Alya, intelligente
qual era e con il fiuto da giornalista che si ritrovava, avrebbe potuto fare
due più due; anche Marinette avrebbe potuto
intravedere delle somiglianze con il suo alter-ego date le loro interazioni –
d’altronde aveva salvato la ragazza in più d’un’ occasione.
Se quella verità fosse dilagata, Ladybug non ne sarebbe stata per niente contenta – Adrien ne era certo così come sapeva che suo padre non
amava essere contraddetto.
Non era una novità, per lui, che lei
volesse mantenere segrete le loro identità anche a loro stessi – molto spesso
si era trovato contrario a questa decisione: era dell’opinione che conoscendosi
anche sotto la maschera, avrebbero potuto aiutarsi molto di più.
Si fidava di lei e aveva fatto sempre
come desiderava; non voleva deludere la sua Lady. D’altra parte non voleva
nemmeno che Marinette pensasse che non gli facesse
piacere averla come sua partner in quel videoclip.
Se le circostanze fossero state
diverse, si sarebbe anche divertito molto.
Per una volta era grato e sollevato
dell’intervento immaturo di Chloé: aveva così
calamitato l’attenzione su di sé – una cosa che le veniva naturale.
La sua amica d’infanzia non riusciva
ad accettare un rifiuto, abituata com’era a ricevere tutto quello che voleva.
Era, perciò, una prassi che ritornasse alla carica per ottenere quello che –
secondo il suo parere – le spettava di diritto: nel processo era inevitabile
che ferisse i sentimenti di qualcuno, le sue parole sapevano essere taglienti
come lame.
Quella volta fece piangere la star
Clara Nightingale riuscendo a infrangere tutti i suoi
sogni. Non si stupì, poco dopo, di ritrovarla in una nuova mise, soggiogata dalle vane promesse di Papillon.
Lo scontro che ne era seguito fu uno dei
più bizzarri a cui avesse preso parte, ma aveva rafforzato l’intesa fra lui e Ladybug.
E l’eroina a pois aveva avuto, ancora
una volta, una brillante idea.
Chissà come le vengono certi colpi di genio.
Puntò i suoi occhi felini sul grande
schermo dell’edificio di fronte che trasmetteva il video musicale senza volume.
Osservò i suoi amici apparire l’uno dopo l’altro, si rivide in una scena
insieme a Marinette e Luka.
Senza saperlo, Ladybug l’aveva tolto da quella
scomoda situazione e aveva dato così la possibilità a molti suoi fan di essere
protagonisti del video.
Una ragazza geniale!
La sua orecchia destra tremolò
appena, avvertendo un’altra presenza.
«Buona sera, my
Lady. Stavo giusto pensando a te!» l’accolse lui con voce gioviale, senza
voltarsi a guardarla.
«Buona sera a te, Chat!» gli rispose
lei, avvicinandosi lentamente.
«Come hai fatto?» gli domandò, una
volta che gli si trovò affianco, con lo sguardo rivolto all’orizzonte.
«A sapere che eri tu? Non ci sono
molte persone che hanno l’abilità di saltare di tetto in tetto. E poi
dimentichi i miei sensi sviluppati…»
Già, ogni tanto capitava. Non
riusciva più a sorprenderlo come una volta e a lei mancava quella sensazione,
in qualche modo si sentiva vulnerabile, come se non avesse del tutto in mano la
situazione; la destabilizzava.
Non che ci fosse nulla da temere, era
in compagnia della persona di cui si fidava di più in assoluto, solo che non
sentirsi preparata a ogni evenienza l’agitava e non poco.
«Hai avuto un’idea brillante» se ne
uscì, di punto in bianco, il suo partner.
L’ammirazione che traspariva da
quelle parole la innervosì. Non se la meritava. Chat Noir non aveva un’immagine
veritiera di lei, era arrivato il momento di aprirgli gli occhi: lei non era
come credeva lui, non era perfetta, anzi… aveva i
suoi difetti come tutti, ma sembrava che il suo compagno di battaglia
rifiutasse di capirlo.
«Smettila!»
Il tono deciso e brusco della ragazza
lo sorprese: la guardò per la prima volta quella sera, sopracciglio alzato.
Notò da subito una certa tensione
nell’eroina e si chiese cosa l’avesse causata: ripercorrendo nella mente le
loro battute, non riuscì a individuare nessuna parola fuori posto. Era stato
cortese come al suo solito, non troppo sdolcinato, perché sapeva che la sua Ladybug non lo sopportava – e spesso si era chiesto se
quelle frasi dolci non le facessero piacere perché era lui a professarle e
magari non le avrebbe disprezzate così tanto in abiti civili.
Chissà da chi vorrebbe sentirsele dire?
No, si riscosse, non era quello il
momento per inoltrarsi in tali riflessioni senza via di scampo.
Dopo quello sfogo improvviso, lo
sguardo della ragazza cercò l’altro: voleva conoscere la sua reazione e, da una
parte, si riscoprì a temerla. Incontrò un gatto confuso, un tenero gatto confuso, che con la sua espressione persa la
tentava a lasciar correre per l’ennesima volta.
No, non poteva lasciarsi addolcire
dai suoi splendidi e magnetici occhi verdi – ma come fa a essere così adorabile?
«Cosa…?»
rese evidente tutta la sua perplessità.
«Per favore, smettila di dire così.»
Il giovane eroe, però, continuò a
osservarla, confuso.
Marinette sospirò frustrata. Com’era possibile
che non ci arrivasse? Doveva essere più esplicita.
«Chat» lo chiamò «non la merito tutta
quell’ammirazione. » E sperò che il suo partner capisse e agisse di
conseguenza.
«Perché dici così?» le chiese,
invece, lui interessato alla questione. Era serio, lo percepiva dal tono di
voce, voleva conoscere le sue ragioni.
«Sai che ti stimo, vero?» volle puntualizzare,
dopo un po’, Chat Noir.
«Sì, Chaton.
Ma forse esageri un po’, non credi?» incatenò il suo sguardo in quello di lui.
No, Adrien
non si trovava d’accordo con lei. Secondo il suo modesto parere, era giusto
riconoscerle i suoi meriti, perché in realtà aveva lo strano presentimento che
in fondo lei non ammetteva le proprie capacità. Dal loro primo giorno aveva
guadagnato una maggiore confidenza, ma era ancora fragile: sarebbe bastato poco
per far vacillare le sue certezze. Per questo si sentiva in dovere di elogiare
in pompa magna i suoi successi e le sue qualità, non solo perché amava quella
ragazza fantastica.
Ma come esprimerle le sue congetture?
«Se lo dici tu» commentò, infine, Adrien. Non era riuscito a trovare il modo per rivelarle il
motivo che stava dietro a tutti i suoi complimenti particolarmente sentiti.
Rimasero in silenzio per alcuni
minuti, l’uno accanto all’altra, mentre una dolce brezza serale scompigliava
loro i capelli.
«Vedi» riprese parola dopo un po’ la
ragazza «non sono affatto come pensi tu. Non sono perfetta.»
Se solo Chat Noir avesse saputo con
che velocità aveva cambiato idea nell’accettare il ruolo di Ladybug
nel videoclip solo perché non sopportava la possibilità che al fianco di Adrien ci fosse stata Chloé. Cosa
avrebbe pensato allora? Non era stato un comportamento molto maturo e, quando
si toccava l’argomento Adrien, era facile che si
lasciasse trasportare dalle emozioni, anche da quelle negative. Forse aveva
paura di perderlo – ed era sciocco, perché in fondo non erano molto legati, ma
se perdeva quei pochi progressi che aveva raggiunto, non avrebbe più avuto
l’opportunità e il coraggio di passare del tempo assieme per conoscerlo meglio
e per rafforzare la loro amicizia.
«Difficile da credere» si lasciò
sfuggire in un sussurro il giovane. Quel commento fu captato dalla ragazza, che
gli lanciò un’occhiataccia.
«Voglio dire: faccio fatica a
immaginare queste imperfezioni. Soprattutto perché tu le fai sembrare una
catastrofe» si lasciò andare a un timido sorriso «Insomma, tutti sbagliano, ma
l’importante è riconoscerlo e migliorare la volta successiva, no?» cercò i suoi
occhi blu come il cielo di notte.
La ragazza rimase colpita dalle sue
parole; ancora una volta Chat Noir si era dimostrato differente dalle aspettative,
le aveva mostrato una parte del suo carattere che non pensava avesse: era molto
saggio e attento, il suo micetto. A volte, più di
lei.
Non era sicuro di averla convinta,
perché non udì più un suono da parte di Ladybug:
l’aveva lasciata senza parole o forse stava considerando come controbattere.
«E tu?» spezzò di nuovo il silenzio
lui «Come lo vedi il ragazzo che ti piace?»
Quella domanda la spiazzò: non sapeva
cosa rispondere.
Sbatté gli occhi un paio di volte,
stupita.
Che cosa si aspetta che gli dica?
Era forse un modo per capire di chi
si trattava?
«Conosci i suoi difetti?» si spiegò
meglio il suo compagno.
Ah.
Una domanda pertinente.
E lei cosa avrebbe dovuto fare?
Dirgli che aveva un vuoto in testa, che non avrebbe saputo rivelargli nemmeno una
piccola imperfezione del ragazzo che professava di amare? Che figura ci avrebbe
fatto? D’altro canto non si era mai trovata a suo agio nel mentire – ed era
facilmente sgamabile.
Quindi l’opzione che aveva era una ed
una soltanto.
«No» confessò la giovane. Quanto era
stato complicato pronunciare quella negazione.
«Ma io e lui non ci conosciamo così
bene. Non passiamo molto tempo assieme. Capisci?»
Adrien voltò la testa verso di lei e la
osservò. Era insicura, lo notò dal tono flebile della voce e dalla sua postura.
Gli dava l’impressione che nemmeno lei avesse compreso fino in fondo quella
situazione, come se fosse ancora alla ricerca di risposte, stava nuotando in
acque sconosciute, non sapendo dove andare e cosa avrebbe incontrato sul suo
cammino.
«Forse è colpa mia, perché non ho
abbastanza coraggio nel fare la prima mossa, nel proporgli di passare un
pomeriggio insieme. Non è facile. E poi lui è sempre così impegnato…»
Era in imbarazzo, se ne rese conto
dal modo in cui gesticolava, mentre lo rendeva partecipe delle sue riflessioni.
«É un ragazzo sempre gentile e
educato con tutti; non è facile notare qualcosa di negativo» si difese Marinette.
Era la verità: non aveva mai sorpreso
Adrien comportarsi male, essere sgarbato e arrabbiato
con chicchessia.
Quel ragazzo doveva avere una
pazienza infinita! Infatti molte volte si era chiesta come facesse a sopportare
Chloé, quando a lei bastava davvero poco perché le
facesse perdere le staffe: Chloé Bourgeois
aveva un talento naturale per farla innervosire oltre ogni dire.
«È per questo che ti sei innamorata
di lui?» si riscoprì a domandarle il ragazzo in tuta nera.
«Sì. È una persona buona,
probabilmente tra le più buone che io conosca. È una cosa che si sente a
pelle.»
Sapeva di cosa stava parlando, anche
lui aveva provato quella sensazione in un paio di occasioni. Sebbene non
conoscesse molto bene Marinette, era consapevole che
era una brava ragazza, era altruista e sempre pronta ad aiutare il prossimo.
«Ma all’inizio non mi aveva colpito positivamente»
continuò l’altra, interrompendo il corso dei suoi pensieri.
«Ah no?»
Scosse la testa, confermando quanto
appena svelato.
«Pensavo fosse tutta un’altra
persona, l’opposto di quello che è in realtà.»
Un po’ come è successo con te.
Quella rivelazione lo meravigliò:
quindi la sua Lady poteva giungere a conclusioni affrettate, non analizzava
sempre con criterio.
«A quanto pare abbiamo entrambi molto
da imparare» concluse con naturalezza il suo partner.
«Già» si ritrovò a convenire lei.
Rimasero a guardare il cielo stellato
in compagnia l’uno dell’altra in un silenzio complice, in perfetta armonia,
prima di salutarsi e separarsi per tornare a casa.
Ciao a tutti! ^^
Ed eccomi di nuovo qui! C:
Non so bene perché ho deciso di postare
questa cosa, in ritardo tra l’altro. L’avevo scritta un po’ di tempo fa, ma non
ho mai trovato il coraggio di postarla. Alla fine mi sono decisa. So che non
sarà un granché; ultimamente non è un buon momento per la scrittura – e forse è
anche meglio, così posso concentrarmi su altre priorità. Vediamo il lato
positivo della cosa. ;)
Eh niente, che posso dire? Non credo
ci sia molto altro da aggiungere, dovrebbe essere tutto chiaro. Ma tutto cosa?
XD
Fatemi sapere cosa ne pensate. ;)
Grazie infinite per aver letto e aver
sopportato queste note senza senso (si vede che non so più come si fa, no?:D)
Buon proseguimento a tutti! ♥
Alla prossima! ;)
Selly