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Autore: thewickedwitch    02/08/2018    2 recensioni
SwanQueen/ Emma's pov
Ti piace il rumore del mare, Regina? Lo puoi ancora sentire, tra i boschi di quel regno così lontano e a me sconosciuto, nelle notti serene come questa, o quando, potente, risuona nelle onde di tempesta che si abbattono sulla scogliera?
Io lo amo, una delle melodie più dolci del mondo, dolce come i ricordi di quel passato che mi riporta alla mente, vissuto nel soffocato timore costante che dopo l'onda restasse il silenzio, ma dolce, nonostante tutto.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Regina Mills
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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---Questa storia nasce grazie ad un'iniziativa del gruppo facebook 'Maybe I need you...', che come sempre ringrazio moltissimo per le bellissime ispirazioni :-) ---


Soffi di vento sulla mia pelle, lenti e regolari, come respiri, mi accarezzano le braccia nude, il volto, solleticato dai capelli.  Chiudo gli occhi.
é piacevole, questo fresco che intirizzisce leggermente, cattura la mia attenzione, elevandola in una dimensione di vento, di profumo marino, di luna e di stelle .
E poi, il rumore del mare.
 
Ti piace il rumore del mare, Regina? Lo puoi ancora sentire, tra i boschi di quel regno così lontano e a me sconosciuto, nelle notti serene come questa, o quando, potente, risuona nelle onde di tempesta che si abbattono sulla scogliera?
 
Io lo amo, una delle melodie più dolci del mondo, dolce come i ricordi di quel passato che mi riporta alla mente, vissuto nel soffocato timore costante che dopo l'onda restasse il silenzio, ma dolce, nonostante tutto.
 
La hai mai provata, ascoltando il mare, quella paura?Quella tremante attesa dell'onda successiva, quei secondi in cui arrivi davvero a temere che essa non arriverà?
 
Il rumore del mare mi ricorda di te, Regina.
 
é fredda questa estate, forse la più fredda da quando sono qui, a Storybrooke. Fredda come quella casa al 108 di Mifflin Street, cui grandezza non è mai parsa esagerata, fintanto che una luce vi risplendeva, dietro un opaco vetro. Ma ora che è buio e abbandono al suo interno, essa non fa che ingigantire la sua ombra, giorno dopo giorno, inglobando frammenti della mia vita, a ricordarmi  ciò che ormai essa non contiene più.
 
Ricordi quando venivamo qui, Regina?
 
L'ondeggiare dei pennoni delle barche ci calmava, il buio ci accoglieva, e il rumore del mare riusciva, per un po', a sovrastare i lamenti delle nostre anime.
Oggi ci sono tornata, per la prima volta dopo quella sera. Ma come allora non sono sola, no. C'è lei con me, questa piccola creatura che accarezzo attraverso la pelle morbidamente tesa del mio addome.
La mia bambina, la prima che non potrò definire nostra.
Ed è strano, sai? Ormai era quasi una certezza, un punto di equilibrio, un fatto imprescindibile, naturale e giusto, come se fosse sempre dovuto essere così.
Ma questa bambina... beh, forse neanche la conoscerai mai.
 
Sei felice ora, Regina? Hai ciò che hai sempre desiderato. Sei con tuo figlio, è questo quello che conta, no?
 
Il vento soffia ancora, come quella sera. Il rumore del mare, lo sentivamo infrangere il silenzio della notte. Non esisteva più niente per noi, quando venivamo qui. Non il nostro presente, non le lontane luci di questa cittadina. Solo noi, ed il nostro passato. E forse ci ferivamo soltanto, ogni giorno di più, ma quella che provavamo era una sofferenza tanto dolce quanto quei ricordi, che sapevamo di non poter evitare, più potente di noi.
 Perchè ogni sera ti ritrovavo qui. Ogni sera mi ritrovavi qui.
Parlavamo, a volte, fissando il punto in cui il mare si univa al cielo, diventando solo nera oscurità nella quale il nostro sguardo si perdeva. Altre volte, le più,  restavamo in silenzio perchè le parole non avevano senso, perchè tutto ciò di cui avevamo bisogno era averci lì, e ricordare.
Lo dicevi sempre, non riuscivi a capirmi, e infondo, non mi capivo neanche io.
Un matrimonio, i genitori, una vita perfetta. Avevo tutto, tutto quello che potessi desiderare. E allora perchè continuavo a tornare, ogni sera? Perchè l'ho fatto ancora, stanotte?
Avevo giurato a me stessa che quella sarebbe stata l'ultima volta, che era ormai il momento di andare avanti, di ricominciare. Eppure eccomi qui.
C'è sempre stato qualcosa di più, qualcosa di più profondo della gioia che potevo provare di giorno,  in famiglia. Un vuoto nel cuore, incolmabile, che mi straziava lo stomaco di notte. E l'unico rimedio era questo posto, l'unico rimedio eri tu.
E sapevo che il tuo vuoto era infinitamente più grande del mio, lo vedevo nei tuoi occhi, nei pozzi scuri dove si riflettevano le luci soffuse del porto.
Vedevo che alla fine non avevi raggiunto il tuo lieto fine, non ero stata in grado di darti quello che ti avevo promesso. Eri ancora lì, non più alla sua ricerca, ma rassegnata ad averlo trovato e ad essere giunto alla sua fine.
 
Ma i lieti fine non finiscono, Regina. Quelli veri, sono per sempre.
 
Era la mancanza di Henry a portarci qui, senza dubbio, ma non solo. C'era dell'altro, che non siamo mai riuscite a spiegarci, nel sollievo che riempiva il nostro petto scorgendo in lontananza  quella familiare sagoma, che puntualmente temevamo di non ritrovare, ma che puntualmente ritrovavamo. Almeno, fino a quella sera.
 
Sono passati solo pochi mesi da allora, ma mi sembrano anni.
Venimmo qui, come sempre, sotto questo stesso cielo e queste stesse stelle, giudici e testimoni, che non hanno mai distolto lo sguardo da noi.
Ma c'era qualcosa di diverso, allora. Non eravamo più sole. Avevo qualcosa da dirti, qualcosa di bello, eppure mi mancava il coraggio. Ogni volta che ero sul punto di farlo mi voltavo, e vedevo il tuo viso, i tuoi occhi tristi, persi tra le stelle, e le parole mi morivano in gola. E ad ogni secondo che passava, nel silenzio, ad ogni onda che si infrangeva, sentivo quel legame che ci aveva tenute unite in quelle notti condivise, indebolirsi.
Ma tu dovevi sapere. Sei stata la prima a farlo.
Vicine più di quanto fossimo mai state, quella sera, presi tutto il coraggio che mi restava, e te lo dissi.
Sussurrai il tuo nome, non mi aspettavo una risposta, e non la aspettai neanche dopo. Parlai e basta.
Ti informai di quella presenza, lì con noi. Ti dissi di quella vita che aveva iniziato a crescermi in grembo, per poi restare ad ascoltare il triste suono del silenzio in cui mi lasciasti.
Non mi guardasti neanche, per interminabili minuti. Credetti anche che non mi avessi udita, per qualche momento. Il viso impassibile, continuavo a fissarti, timidamente, mentre con l'infrangersi di ogni onda la mia agitazione cresceva.
Perchè sei sempre stata imprevedibile, Regina, e avresti potuto reagire in qualsiasi modo.
Perchè nonostante ti conosca meglio di chiunque altro, non capirò mai i meccanismi della tua anima.
E più di tutto, non capirò mai cosa ti spinse a farlo, quella sera. Quella sera a cui ripensai, in quel momento, desiderando che anche solo un biriciolo di tutta quella felicità potesse tornare nella tua vita.
 
Ricordi quella sera, quando tornavamo dall'isola che non c'è? Sono sicura che non puoi averla dimenticata, se non facendoti forza.
 
Eravamo felici, felici più di tutti, perchè avevamo salvato il nostro bambino, insieme. Durante quel viaggio, avevamo messo fine a quell'interminabile guerra tra noi, avevamo finalmente capito cosa realmente contasse. E molto era cambiato, forse avevo persino trovato l'amore della mia vita, sebbene ancora non lo sapessi, ma la felicità che invadeva i nostri cuori quella sera ci fece dimenticare tutto.
Solo tu, io ed il mare, in silenzio, durante la notte, sul ponte di quella nave. Entrambe felici ma ancora troppo agitate per chiudere occhio. Sentivamo il rumore del mare anche allora, un suono di libertà e felicità.
Ci lanciavamo sguardi furtivi, di tanto in tanto, poggiate alla balaustra di legno, a fissare le stelle. E trovavamo sui nostri volti piccoli sorrisi felici, di quella felicità pura e vera che ci manca così tanto.
Null'altro ci serviva, che quel vento, e quel  odore di salsedine, lieve per le nostre narici ormai abituate.
E ad un tratto accadde qualcosa, incrociammo i nostri sguardi. Non li avevo mai visti così felici, i tuoi occhi, e pensai fossero la cosa più bella del mondo. Affondai in quella terra bruna il verde dei miei, che come radici ad essa si ancorarono, avvolgendola in spire e lasciandosi avvolgere, ricoprire quasi.
Ci sorridemmo debolmente, nel modo più sincero in cui lo avessimo mai fatto, e tutto cambiò.
Ti ritrovai ad un respiro da me, senza neanche accorgermene.
Calò il silenzio, nella mia testa, l'eco lontano del rumore del mare, ed il buio, nei miei occhi, che poterono vedere l'unica luce della felicità celata nei tuoi.
Deboli soffi di vento dividevano i nostri volti, come serpi morenti, che cercavano ancora di colmare quello spazio, di preservare il distacco tra noi.
E rimasi immobile, vedendoti avvicinarti ancora, attendendo la tua prossima mossa, ma smisi di farlo, quando sentii le tue labbra posarsi delicatamente sulle mie.
Esitanti, leggere, tremanti. E fu qualcosa nel profondo della mia anima, un impulso che non potei contrastare, a spingermi a catturarle, a frenare quei tremori, a convincerle di star facendo la cosa giusta.
E in quel tocco delicato, che sapeva di sale, mi persi.
Per quei secondi, che mi parvero anni, sentii la dolcezza infinita del sapore della mia e della tua felicità.
E pensai che era tutto quello che volevo, tutto ciò a cui avevo sempre ambito, che poteva riempire il mio cuore fino a farlo esplodere e a cui non avrei mai rinunciato.
Ma un'onda si infranse,  più forte della altre, sul fianco della nave. Portava con se la consapevolezza, fu il rumore che udisti, che ti svegliò. Fosti la sua nave, colpita con così tanta forza da allontanarti.
Guardasti nei miei occhi un'ultima volta, rigettando quelle radici che cercarono di infondere in quella terra, durante quegli ultimi istanti, tutto ciò che quel bacio mi aveva dato, come le parole non erano in grado di fare, segregate in un recesso troppo profondo, bloccato dall'emozione.
Ma secca era rimasta quella terra, della felicità di pochi istanti prima, infettata era ora, dalla paura, dal terrore, dal pentimento.
Distogliesti lo sguardo, ti allontanasti. Ed io non ti fermai.
Restai immobile a guardarti diventare sempre più piccola e lontana, fino a scomparire alla mia vista.
E il rumore del mare rimase il mio unico compagno in quella notte ormai solitaria.
Non ne parlammo mai più. Dicemmo solo di aver fatto un errore, quella sera, ma non sono sicura fosse quello a cui entrambe ci riferivamo.
 
Imprevedibile, fosti allora.
Imprevedibile, di nuovo, quando dopo minuti di silenzio vidi i tuoi occhi riempirsi di lacrime, frantumando il mio cuore, nella conferma di ogni timore.
Ma quella volta, non c'era nulla che io potessi fare.
Ti girasti finalmente a guardarmi, le tue labbra si stirarono in un debole sorriso, felice e allo stesso tempo incredibilmente triste, o forse, semplicemente consapevole.
Consapevole della fine, sentisti anche tu quel legame recidersi.
Fu continuando a sorridere che posasti una mano sul mio addome, delicatamente.
E mi mancò il respiro, e le lacrime punsero i miei occhi con una violenza inaudita.
Ero felice, ma non sarei mai potuta esserlo del tutto, sapendoti così.
Rimasi immobile, incapace di qualunque reazione, combattendo una battaglia più grande di me contro quelle lacrime che, prepotenti, spingevano per uscire.
"è tutto finito, vero? Siamo dunque giunte alla fine di questa storia."
Mi parlasti con il tono più profondo che avessi mai sentito, mentre le tue parole affondavano nell'aria pesante della notte. Il rumore del mare a coprirle, e a portarle via con se.
Incrociai i tuoi occhi.
"Già..."
Sorrisi, e seppi che il mio sorriso non era altro che un riflesso del tuo. Una smorfia che feriva più di una lama.
"Non posso più tornare qui. Non è giusto per lei."
Parole sussurrate, tentarono inutilmente di nascondere il dolore.
Chinasti il capo:
"Lo so..."
Incontrai nuovamente il tuo sguardo, e fu allora che vi vidi crescere la tua decisione.
Saresti andata via. Non restava più niente a Storybrooke, per te. Lo capii in quell'istante.
Deglutii, cercando di scacciare quel doloroso nodo in gola.
"Quindi...questo è un addio?"
E dirlo lo rese reale come non era mai stato. Perchè per tutti quei gloriosi anni trascorsi insieme, odiandoci, sconfiggendo minacce e costruendo la nostra famiglia, passo dopo passo, avevamo creduto che una fine a tutto quello non sarebbe mai potuta arrivare.
Ed invece eccola qui, la nostra fine, il nostro addio.
Non rispondesti a quella domanda, sorridesti ancora. Seppi che non ne saresti stata in grado e d'altronde, non ce ne era realmente bisogno.
Restammo così ancora, le onde a scandire i momenti, le ore della nostra attesa, di qualcosa di indefinito.
Poi rialzasti lo sguardo.
Sentii la tua mano posarsi sulla mia guancia. Sorridesti dolcemente:
"sarai una madre fantastica".
Un'altra stretta al cuore, ricambiai il tuo sorriso senza parlare, cedendo ormai alla forza di quelle lacrime che, rapide, mi riempirono gli occhi, offuscando la mia vista.
Così ti vidi, offuscata, attraverso quelle lacrime, riflessi nei tuoi occhi, forse piangevi anche tu.
E poi successe di nuovo.
Mi sentii trascinare dai ricordi del passato, come onde che mi tiravano con loro, indietro, più in profondità, per poi infrangersi su di me, ricoprendomi, soffocandomi.
Di nuovo, affondavo nella terra dei tuoi occhi, di nuovo, ti avvicinavi.
E di nuovo le nostre labbra si toccarono come se non avessero smesso di farlo nemmeno per un momento, in tutti quegli anni.
E quella volta fummo entrambe ad avvicinarci, entrambe a cercarci, perchè per quanto sapessi che era sbagliato, mi parve non esistesse niente di più giusto nell'intero universo, del sale, del bagnato delle nostre lacrime che si fondevano in un unico dolore, che l'aria umida che sfiora le mie labbra questa sera, lasciandovi un lieve sentore di salsedine, mi riporta alla mente.
L'unico rumore rimase quello del mare, ancora una volta, sottofondo al battito dei nostri cuori dolenti che rimbombava in noi, nel vuoto che si andava espandendo, allora più che mai.
Mai fui così piena, una vita in me, mai così vuota, il dolore in te.
Per questo esso mi ricorderà sempre di te. Non potrebbe essere altrimenti.
E quello fu il nostro addio, l'ultimo ricordo che avrò di te.
Non proferii parola, mentre ti lasciavo alle mie spalle con nostro figlio, quel giorno, tornando a Storybrooke. Non a casa, no, perchè senza di voi questa non sarà mai completamente casa mia.
 
E ora sono felice, ho una famiglia, presto risate di bambina riempiranno la mia casa ed il mio cuore, come ho sempre voluto. E so che anche tu lo sei, con Henry.
 
Ma la verità è che mi manchi, Regina.
 
Che questo posto non potrà mai essere lo stesso senza di te, che la notte quel vuoto tornerà comunque ad assalirmi, per quanto  tenti di ignorarlo, e io tornerò ancora qui, a lasciare che il mare ed il vento portino via i miei pensieri, a cercare di colmarlo, con il passato.
E continuerò a rivedere te, che senza una parola ti allontani, il freddo sulle labbra, per la mancanza del calore delle tue, di quel bacio appena terminato in cui riuscii a risentire tutta quella dolcezza che ancora mi manca, oltre la disperazione.
E so che significherà rinnovare quel vecchio dolore, ogni volta, ma io ho bisogno di te, Regina, ho bisogno di ricordarti.
Perchè  amo la mia famiglia, la amerò per sempre, ma quella sera, con te, ho perso un pezzo di cuore.
E forse non ti perdonerò mai per averci sempre provato quando sapevi di avermi già persa.
Perchè c'è stato un tempo in cui abbiamo significato l'una per l'altra più di quanto siamo mai riuscite a capire, un tempo in cui eri parte di me.
Ma ora sei solo un eco che sale, che torna indietro, come il rumore del mare.
 
 
   
 
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