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Autore: Ghostclimber    03/08/2018    2 recensioni
Kogure osserva Mitsui distruggere se stesso e desidera con tutto se stesso di poterlo aiutare.
Ma come si fa ad aiutare qualcuno che non vuole essere aiutato?
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hisashi Mitsui, Kiminobu Kogure
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fools, said I, you do not know,
silence like a cancer grows.
Hear my words that I might teach you,
take my arms that I might reach you;
but my words, like silent raindrops fell
and echoed in the wells of silence.

-Simon & Garfunkel, The Sound of Silence

 

(Stupido, dissi, tu non lo sai,
il silenzio cresce come un cancro.
Ascolta le mie parole e potrò insegnarti,
prendi le mie braccia e potrò raggiungerti;
ma le mie parole, come silenziose gocce di pioggia caddero
ed echeggiarono nei pozzi del silenzio.)

 

 

 

Ci sarò, amico mio.
Quando vorrai, io ci sarò.
Potrai venirmi a chiamare in ogni momento, anche nel cuore della notte, io ci sarò.

 

Ma non ora.

 

Ora non posso che guardarti, mentre distruggi la tua stessa vita, un tassello dopo l'altro.
Non posso fare altro, perché anche se tu trovassi il coraggio dentro di te di chiedere aiuto, non lo accetteresti da me.
Sai che io ti metterei di fronte allo squallore della tua esistenza; squallore dal quale tu sembri proprio non volerti staccare.

 

Ed è colpa tua.

 

“Crudele destino!” sembrano tuonare i tuoi atti, le tue spirali autodistruttive, come un moderno Don Chisciotte che se la prende con i mulini a vento, pur conoscendo la storia.
E sì, Hisashi, hai ragione il destino è crudele.
Il destino ha i denti, e i suoi morsi fanno male.
Ma non serve a niente lamentarsi del dolore che cresce, cresce e ti divora, quando hai la possibilità di cercare di strapparti da esso.
Sei giovane, sei attraente, basterebbe un tuo sorriso sincero a far cadere il mondo ai tuoi piedi, perché il tuo sorriso è come l'alba luminosa del primo giorno delle vacanze estive: libero, sincero e colmo di promesse.

 

Non sei nel ventre della bestia, non ancora.

 

Non sei in trappola, ma presto lo sarai se non capisci che il sentiero che stai percorrendo ti porterà inevitabilmente alla rovina.
Ti osservo, ti guardo dall'esterno e dall'interno: dall'esterno perché ormai sei lontano da me, nello spazio e nella mente, dall'interno perché nonostante ciò che fai e che dici io continuo a volerti bene come te ne ho sempre voluto, e non smetterò mai anche se questo affetto dovesse essere unidirezionale per il resto dei miei giorni.
Vorrei riuscire a trovare un passaggio magico per portarti al di fuori di te stesso. Ti prenderei per mano e ti accompagnerei lungo i sentieri bui della tua anima, mostrandoti tutto ciò che emerge dai tuoi comportamenti, dalle tue parole.

 

Dolore.

 

È dolore ciò che traspare.
E la cosa che mi fa arrabbiare, anzi, che mi fa incazzare, come diresti tu, è che questo manto di dolore te lo sei tessuto da solo, con la tua dannata ostinazione, con la tua maledettissima aria di superiorità, con quel tuo essere isola, con quell'anima colma di bei sogni frustrati.
La vita è reale, Hisashi. Non siamo in un cartone animato o in un manga, in cui si trova sempre una rapida via d'uscita agli infortuni, quelli fisici e quelli del cuore.
Non ci sono le sfere del drago a rimetterti in sesto, non arriverà nessuna Fata Madrina a cucirti l'abito di sogno con il quale arriverai al “vissero tutti felici e contenti”.

 

Guardati intorno.

 

Vedi qualcuno felice? Vedi qualcuno contento? Sì che li vedi. Ci sono.
Ma non lasciarti ingannare. Non sono sempre felici, non sono sempre contenti.
Quella ragazzina che raccoglie petali di fiori caduti dal ciliegio nel giardino ha il sorriso sulle labbra, ride mentre un colpo di vento porta su di lei una morbida cascata di petali, ma giusto ieri l'ho vista piangere in un angolo della biblioteca, e l'ho sentita discutere di quel ragazzo che la tratta così male; ha detto che ogni tanto non si sente altro che una puttana.
Quell'uomo con la ventiquattrore sembra contento, mentre parla al telefono della promozione ricevuta, ma domani, quando tornerà al lavoro, si renderà conto che ciò comporterà un maggior grado di responsabilità, e che dovrà darci dentro parecchio per non deludere le aspettative.

 

La felicità non è gratis.

 

Devi lottare per averla, devi metterti d'impegno e focalizzare tutto te stesso per ottenerla, e la lotta non finisce mai. Mai.
Non finirà il giorno in cui toccherai di nuovo una palla da basket, perché dovrai continuare ad allenarti e a migliorare.
Non finirà il giorno in cui avrai baciato la persona che ami, perché dovrai aver cura di quel legame, e spesso non sarà facile, perché nulla è facile.
La vita uccide, se mi permetti questo piccolo gioco di parole, non solo fisicamente: puoi fingerti nichilista e dichiarare che ogni giorno che passa ci porta più vicino alla tomba e nient'altro, ma non è così. Lo so, perché ho assaggiato la felicità, e lasciamelo dire, non è niente di trascendentale.
Non fraintendermi, non sto dicendo che la felicità è sopravvalutata, anzi. Piccoli istanti di felicità possono risollevare un intero semestre di giornate buie. Ma la felicità non è quella che ci raccontano le favole. La felicità è un istante, un bagliore, come un lampo nella notte a cui dobbiamo aggrapparci per ritrovare la via di casa.

 

Dobbiamo camminare a testa alta.

 

E con ciò non intendo dire che dobbiamo avere la testa fra le nuvole, o che dobbiamo essere arroganti o supponenti.
Quel che voglio dire è che dobbiamo avanzare spavaldi, come un pugile sul ring che resiste nonostante i colpi incassati, che si fa avanti ad aggredire l'avversario pur sapendo che non uscirà vincitore. Il montante che riuscirà a mettere a segno sarà la sua piccola vittoria.
La felicità è fatta di questo, di piccole vittorie. In pochi possono averne di grandi, e da quel che vedo osservando il mondo con i miei occhi curiosi, le grandi felicità sono pesanti. Pesanti, Hisashi, come il dolore che ognuno di noi si porta dentro.
Il grande campione di basket probabilmente soffre per non poter essere a casa con la famiglia, o magari per non essere riuscito a farsene una, perché è sempre stanco dagli allenamenti e perché la gente preferisce discutere della sua media di rimbalzi piuttosto che di lui.
Il cantante rock famoso in tutto il mondo si nasconde, evita la folla, si maschera con cappelli e occhiali scuri per non farsi riconoscere, perché sta solo uscendo a comprare un pollo allo spiedo per pranzo, e non sopporta che ogni passante si giri a guardarlo, non sopporta che domani sui tabloid i paparazzi inventino qualche crudeltà per denigrarlo.
Il grande imprenditore di successo sa che il suo eventuale fallimento porterebbe nel baratro decine, forse centinaia di persone.

 

Il tuo dolore è grande.

 

Soffri, si vede, soffri moltissimo, ma non sei l'unico. Guardati intorno: non una delle persone che conosci ha vissuto nella bambagia.
Siamo tutti soldati semplici nel grande schema dell'esistenza, feriti, intossicati, affamati, ma con il cuore che brucia per la forza delle nostre convinzioni.
Da bambino volevo diventare un Super Sayan. Suona sciocco, non è vero? Mi fa sempre un po' male rendersi conto che non lo diventerò mai, ma è un dolore vago, solo un'infinitesimale ombra di rimpianto in confronto a tutti i piccoli sogni che ogni giorno porto a compimento.
Forse a te sembrerà stupido, essere felice perché ho preso 10 in fisica, ma non lo è: perché per quel voto mi sono impegnato, giorno e notte, e il mio impegno è stato ricompensato.

 

L'impegno.

 

L'impegno è la chiave, l'unica, che può portarci dove vogliamo andare.
Ti devi impegnare se vuoi avere dei risultati, non basta fare azioni plateali e radunare attorno a te una folla di curiosi che vorranno commentare ogni tuo movimento.
Non sono loro che possono prenderti per mano. Non è il loro stupore, la loro meraviglia, il loro rispetto, che ti porterà ad essere una persona migliore.
Tu sei l'unico artefice del tuo destino; non si lavora mai soli, ma tu sei quello che deve far scattare la prima scintilla, e devi farlo abbastanza vicino alle stoppie per appiccare il fuoco. E per tenerlo vivo, dovrai aggiungere un ceppo dopo l'altro, avendo cura di non soffocare le fiamme, avendo cura di non lasciarle spegnere.
E se un giorno sarai troppo stanco o troppo demoralizzato per aver cura del tuo fuoco, ci saranno gli amici al tuo fianco, pronti ad aiutarti.

 

Ma tu devi lasciarti aiutare.

 

Non posso sollevarti da terra, se non lasci che ti prenda per il braccio.
Non posso darti consigli, se ti metti le mani sulle orecchie.
Non posso camminare al tuo fianco, se mi spingi fuori dal sentiero.
Quindi, Hisashi, ti prego, lascia che io ti mostri cosa sei diventato. Lascia che io ti mostri tutte le ferite della tua anima: le vedo da qui, le posso contare, le potrei toccare per curarle, se tu mi permettessi di farlo.
Lascia che io ti mostri cosa puoi diventare. Forse non il miglior essere umano della Terra, amato e stimato e bravo in qualsiasi cosa, ma sicuramente un buon amico, un brav'uomo, una persona che mette passione e amore in tutto ciò che fa, e che importa se la torta verrà bruciata? Andrà meglio la prossima volta, oggi gratteremo il nero dal fondo e la mangeremo così. Non è una tragedia.

 

Nulla è una tragedia.

 

Non le sfide che stai affrontando, non le sfide che affronterai.
Siamo tutti buttati nel mezzo della battaglia, e non possiamo uscirne. Il suicidio, dici? Quella non è una via d'uscita. È la resa. È il disonore. È l'estrema rinuncia a tentare una delle tante potenzialità di fronte a cui ci pone la vita.
Non c'è nulla che tu non possa affrontare, ma non puoi stagliarti da solo contro il nemico.
Io ci sarò, ti terrò per mano, imbraccerò il fucile insieme a te, se necessario morirò per te.
Ma tu devi permettermi di provarci.
Non scansarmi.
Smettila, Hisashi, così fai male solo a te stesso.

 

Fammi entrare.

 

Ti farò male, pensi. E non posso contraddirti: lo farò. Ma giuro su tutto ciò che è sacro che spremerò a mani nude il tuo cuore, lasciando uscire tutto ciò che lo rende impuro, facendo sgorgare tutte le lacrime che non hai versato, strizzerò e schiaccerò fin quando l'ultima goccia di veleno non sarà stata stillata, e lascerò il tuo cuore nuovo, lucente e pronto a ricominciare a battere.
Non aspettarti compiacenza. Non ne avrai. Non aspettarti approvazione a priori. Non ne avrai. Ma sarò solido come una roccia, e tu potrai mettere radici in me, per crescere alto e orgoglioso come una quercia nel profondo del bosco.
Sarai una quercia nodosa, ferita e contorta, ma chi sarà degno di vedere la bellezza delle tue cicatrici saprà amarti, non perché sei la quercia più bella del bosco ma perché sei la quercia più forte del bosco.

 

Questo è ciò che vorrei dirti. Questo e molto altro.

 

Ma ti guardo soltanto, in ginocchio sul parquet della palestra.
“Signor Anzai... io voglio giocare a basket!”
Il tuo viso è contratto dal dolore, quasi deformato. Sangue e lacrime si rincorrono e si mescolano sulle tue guance e sul mento. I capelli sporchi di sudore, sangue e polvere sono appiccicati alla tua testa. La tua bocca dalla dentatura danneggiata è aperta in un ghigno di sofferenza che finalmente mi fa comprendere l'estetica del momento prima dell'esplosione del dolore che caratterizza tutte le statue greche.
Sei brutto, sei orrendo nel giogo del tuo soffrire. Ma sei anche bellissimo, perché c'è una luce in fondo a tutto ciò, e io so cos'è: stai finalmente socchiudendo la porta.
E aspettami, Hisashi, perché tra non molto verrò a bussare.
E tu mi aprirai.

 

 

 

Standing on a hill in my mountain of dreams,
telling myself it's not as hard, hard, hard as it seems.

-Led Zeppelin, Going to California

 

(Siedo su una collina nella mia montagna di sogni,
ripeto a me stesso che non è così dura, dura, dura come sembra.)

 

 

 

Per Illy.

Sono qui.

Aprimi.

   
 
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