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Autore: ragazzasullaltalena    07/08/2018    1 recensioni
[...]Nessuno vuole essere figlio della mia generazione, figlio della fame, della sofferenza, della terra che soccombe sotto le bombe, dell’anima annerita dal fumo.[...] Abbiamo passato intere vite con lo spettro della morte che ci osservava dallo spioncino della porta della casa in campagna dove ci nascondevamo, e ora l’attendo, per poter ancora stringere la mia amata. [...]
Un intreccio di voci nella memoria ricordando i giusti insegnamenti di un nonno.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I giorni scivolano via dalle mani, i mesi si susseguono frenetici e gli anni, gli anni si disperdono nell’oblio. Le generazioni come foglie dall’albero della vita cadono, appassite al suolo, e il tempo inesorabile scorre.

Le vite cambiano, giungono variazioni, ma non nell’uomo. L’uomo ha smesso di evolversi; ora, cerca solo nuovi modi per ingannare il prossimo.

Quante volte ho percorso questa strada? Non è cambiato nulla rispetto a venti anni fa. In via Annunziata ancora è rosso il portone del Palazzo della Cultura e, guardando sulla sinistra, ancora riesco ad intravedere il limpido blu marino. In questi luoghi il tempo sembra essersi fermato.

 

Guardando mio nipote negli occhi non mi riconosco, non riconosco la sofferenza della mia generazione, non riconosco i problemi di cui si lamenta, non riconosco il loro amore tecnologico e mi chiedo come mai l’uomo si sia spinto così avanti, come abbia fatto a divenire così asettico. Non mi capacito di come si possano sentire le farfalle nello stomaco per un messaggio, come si possa preferire il contatto telefonico a quello reale. Donerei la vita per farmi sfiorare un’ultima volta da mia moglie, se potessi un’ultima volta guardarla negli occhi.

 

Immobile in questo infinito silenzio, finalmente riesco a rendermi conto di tutte le verità che mio nonno sapeva. Siamo stati dei pessimi ascoltatori e degli eredi ancora peggiori. Non siamo stati capaci di custodire le loro storie di sofferenza, pensando unicamente alle nostre esigenze.  Aveva ragione quando mestamente borbottava su noi giovani.

 

Nessuno vuole essere figlio di una generazione senza padri, di una generazione nata stanca che vive solo per la mera ebbrezza di poter guadagnare di più. Una generazione nata con la coscienza che tutti i propri sforzi saranno inutili e che non si accontenta mai del pane portato a casa. Io sapevo gioire di una doppia dose di carrube, a me che la gioventù e l’infanzia erano state rubate, a me che della vita non mi sono mai stancato. Quando guardo mio nipote negli occhi mi chiedo: lui come sarebbe sopravvissuto? Come si può essere stanchi della vita non conoscendo la sofferenza?

Nessuno vuole essere figlio della mia generazione, figlio della fame, della sofferenza, della terra che soccombe sotto le bombe, dell’anima annerita dal fumo. Noi siamo i figli delle lacrime celate fino a corrodere la pelle, ma siamo anche i figli della rinascita, della vera vita. Oggi, riusciamo a dare per scontato anche lei, quasi fosse un diritto di tutti. Ora solo la morte ci spaventa e solo noi avi non ce ne curiamo. Abbiamo passato intere vite con lo spettro della morte che ci osservava dallo spioncino della porta della casa in campagna dove ci nascondevamo, e ora l’attendo, per poter ancora stringere la mia amata.

 

Guardo i bambini giocare nel piccolo parco giochi che oggi rispetto ad allora ha solo innovato qualche scivolo.  Guardandoli ripenso alle parole di mio nonno. Nessuno voleva essere figlio delle nostre generazioni: l’una che si godeva a pieno una vita non vissuta e la mia, che sapeva lamentarsi di una vita piena di gioie. Oggi l’uomo si dirige sempre più verso il baratro dell’apatia e acquistando ad ogni passo valori sbagliati. Spero che in tutti questi anni abbiamo almeno imparato ad essere figli.

È aumentato il debito pro capite, il debito pubblico, si sono alzati e abbassati i valori di PIL e Spred, ma una cosa non è mai cambiata: la tassa che annualmente dobbiamo versare al nostro cuore. Facciamo la dichiarazione dei redditi sull’amore perso e l’amore ricevuto, sull’amore mai donato e quello mai ricambiato.

Alla fine dei nostri giorni ci accorgeremo che l’unica cosa che sopravvive al tempo, alle generazioni, è l’amore. L’ultima reminiscenza che ci resterà è il ricordo d’amore. Perché continueranno a cambiare tante cose ma la forza dell’amore percorrerà tutte le età, ed è questo il nostro unico vero diritto, il nostro unico vero dovere: amare, amare sempre.

Il ricordo più bello che porto di mio nonno è l’amore per mia nonna, e la cosa più bella che abbia mai fatto guardandomi negli occhi è insegnarmi ad amare, amare tutto, amare sempre.  

 
   
 
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