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Autore: Hermes    09/07/2009    0 recensioni
Leggere la Divina Commedia fa male...^^
Personale rivisitazione del Canto XIII dell'Inferno.
Genere: Dark, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Il Mostro.
Era rimasta così…
Lasciata a terra con le braccia allargate e gli occhi aperti rivolti al cielo, opachi dal velo della morte.
I lunghi capelli, sparpagliati attorno a lei, impiastricciati dal sangue che usciva ancora dal suo collo.
Il bastone caduto lì accanto, lo stesso che usava per evitare di inciampare sul terreno sconnesso del sentiero.
Ora aveva raggiunto ciò che desiderava da mesi…forse da anni ormai.
Avrebbe guardato il cielo per l’eternità.
Lei era il Mostro.
Sapeva che prima o poi sarebbe successo. Che, in una delle sue sortite, avrebbe incontrato chi avrebbe messo fine alla sua esistenza.
Non aveva fatto altro che cercarlo.
L’istinto di sopravvivenza non l’aveva nemmeno sfiorata, non aveva usato il bastone per difendersi. Aveva lasciato che, in un attimo, il filo quasi invisibile della sua esistenza venisse raso di netto da quel cinghiale imbestialito.
Man mano che perdeva conoscenza, non si pentiva…
Sentiva sempre più freddo nel pieno di quel pomeriggio estivo, e non poteva pentirsi…
L’azzurro la stava inghiottendo…non aveva più modo di pentirsi.
Si era sacrificata per il proprio umore…
Si era tolta la vita per far tacere la propria coscienza.
Non sarebbe tornata indietro…

“Quando si parte l’anima feroce
dal corpo ond’ella stessa s’è disvelta,
Minòs la manda a la settima foce.
Cade in la selva, e non l’è parte scelta;
ma là dove fortuna la balestra,
quivi germoglia come gran di spelta.
Surge in vermena e in pianta silvestra:
l’Arpie, pascendo poi delle sue foglie,
fanno dolore e al dolor finestra.
Come l’altre verrem per nostre spoglie,
ma non però ch’alcuna sen rivesta,
ché non è giusto aver ciò ch’om si toglie.
Qui le strascineremo, e per la mesta
selva saranno i nostri corpi appesi,
ciascun al prun dell’ombra sua molesta.”
Dante ~ Inferno, Canto XIII, v. 94 - 108
  
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