Il
fu Marcello.
Per
ricordare Golding,
l'erede del saggio guerriero che, con la propria vita e quella degli
altri sei
saggi, aveva imprigionato il malvagio stregone Raphthorne, fu
approntato un
importante evento commemorativo nella zona di Baccarat, in occasione
del
anniversario dalla sua morte.
Siccome
la città in sé
era troppo piccola per ospitare tutta la gente che sarebbe venuta da
ogni parte
del continente e oltre, decisero che l’evento sarebbe stato
gestito all’esterno
della città, più precisamente nella zona
più lontana rispetto alla cittadina
vera e propria.
Con
l’ausilio delle
guardie armate e potenti stregoni capaci di respingere la presenza dei
mostri,
fu allestita una fiera imponente.
Dunque,
le cose andarono
come previsto e durò un mese, dopodiché tutto fu
smontato e la fauna locale
riprese le sue normali abitudini.
I
gestori della fiera,
Cash e Carrie grazie ai soldi ricevuti
dall’eredità del defunto padre
riuscirono a investirli bene in questo evento, moltiplicando le loro
già
cospicue entrate.
A
questa fiera,
ovviamente, non poterono mancare i nostri amici della compagnia del Re
Maledetto.
Eroe,
Yangus, Jessica e
Angelo. Gli anni fanno cambiare le persone e, infatti, dopo tanto tempo
li
potemmo vedere visibilmente invecchiati.
Eroe
era diventato il re
di Trodain e ormai, era un uomo adulto e saggio, Medea era divenuta una
bellissima e sempre solare regina e, udite udite, era in dolce attesa,
e
Yangus, seppur con qualche pelo bianco che si vedeva nella sua folta
barba da
montanaro, era divenuto un importante mercante e, in società
con Red, la sua
ex-rivale, era riuscito a mettere su un impresa di importazioni ed
esportazioni.
Ma
la sorpresa più bella
e che suscitò una grande ilarità in tutto il
gruppo fu questo: Jessica, grazie
alla sua costanza, era riuscita a far mettere la testa a posto a quello
sciupafemmine di Angelo.
Complice
di ciò fu anche
il terzo membro della famiglia: Angelica, una bambina di sette anni che
aveva
rubato il cuore del nostro ex-servitore della chiesa.
Era
una ragazzina molto
dolce e gentile, tipico della sua età. Aveva i capelli rossi
della madre e gli
occhi azzurri del padre.
Il
nostro gruppo, tra
tante risate e ricordi avventurosi degli anni trascorsi, visitarono la
fiera e
rividero tantissimi vecchi amici come il buon vecchio Kalderasha, il
veggente.
Ormai
era divenuto
anziano e anche un po’ sordo, affidatosi alle cure dolci
della figlia
Valentina, divenuta anche lei una bella donna e ottima casalinga.
-Ah,
tu sei Eroe. Sei
diventato proprio un bell’uomo. Invidio Medea, sai?- Eroe
arrossì imbarazzato
all’affermazione di Valentina.
Medea
strattonò suo
marito.
-Non
fare il solito
timido!- Eroe ringraziò per i complimenti.
Yangus,
invece, passò a
trovare Brian, il cervellone di Pickham.
Un
po’ qua, un po’ la, i
nostri amici rividero i loro vecchi amici e passarono la giornata in
grande
allegria.
-Angelica!
Dov’è
finita?- O quasi…
Jessica
distratta dalla
calca di gente che s’affollava presso il casinò,
perse di vista la bambina.
Angelo,
appena seppe
questo, girò per tutta la fiera alla disperata ricerca della
sua principessina.
Era
quasi sera e
Angelica vagava spaesata nei pressi dei cancelli d’uscita
della fiera. Le
guardie avevano raccomandato a tutti di non oltre passare quei cancelli
in
quando da quel punto in poi i pericoli erano maggiori.
Lei
che poteva saperne?
Pensando di trovare la madre oltre i cancelli, camminò a
passi spediti e veloci
con le sue gambette scoperte.
-Mamma!
Sei qui?- Un
frusciò di rami la mise in allarme.
Un
mostro dalle fattezze
di scimmia s’avvicinò pericolosamente verso la sua
preda.
-Fendente
di fuoco!-
Qualcuno intervenne prima che la cosa potesse evolversi in tragedia.
Un
uomo ammantato di
nero e con uno stocco nella mano destra riuscì a mettere in
fuga il mostro.
-Una
ragazzina?- L’uomo
le si avvicinò.
-Tutto
bene? Ti sei
persa?- S’inginocchiò e le prese le mani.
Piccole
gocce di lacrime
scesero dalle guancette rosse della creaturina.
-Su,
non piangere. Ti
porterò da tua madre, perché non mi dici il tuo
nome?- Il tono di voce era
calmo e gentile.
Fece
un piccolo sforzo e
pronunciò il suo nome.
-Angelica,
eh?- Il viso
dell’uomo s’incupì per poi subito
sorridere.
-Non
preoccuparti,
andiamo da mamma.- L’uomo si fece pensieroso mentre le
stringeva la mano calda.
“Il
nome potrebbe essere
solo un caso ma non mi sbaglierei mai sulla appartenenza di quegli
occhi
spaventati… sono gli stessi di mio fratello.” Si
soffermò a guardare la
ragazzina per poi subito distogliere lo sguardo non appena la bimba si
voltò
verso di lui.
“Sarei
tuo zio, quindi.”
Sorrise dolcemente. I suoi occhi verdi non emanavano più
quella malvagità di
tanti anni fa.
Oggi
era completamente
irriconoscibile rispetto a tanti anni fa, i capelli lunghi e legati a
coda di
cavallo, la barba che gli copriva le guance e gli occhi stanchi.
-Siamo
arrivati, ecco
mia madre.- I suoi occhi s’illuminarono quando vide sua madre
che, insieme ad
Angelo, spintonavano la gente per cercate la bambina.
-Mamma,
papà, sono qui!-
Lei lasciò la presa dalla mano del misterioso accompagnatore
per raggiungere i
genitori.
L’uomo
si sentì un po’
morire dentro, era da tanto che non stringeva nella sua mano un calore
simile.
Emise un sospiro rassegnato e accettò la vicenda.
“Ti
ringrazio mia dea,
per avermi concesso di vedere una famiglia felice.”
Osservò per un po’ Angelo
mentre abbracciava la sua principessina e Jessica.
-Vivi
felice, Angelo.-
Dicendo questo s’allontanò dalla calca di gente.
Era
sicuro che era la
cosa più giusta da fare, non faceva più parte
della sua famiglia.
Decise
di dormire
all’interno di una chiesa, nessuno lo avrebbe riconosciuto.
La
fiera continuava
quindi nessuno lo avrebbe disturbato.
Si
lasciò scivolare nel
sonno. Il legno della panca gli sembrava un giaciglio di piume.
Gli
ritornò in mente un
vecchio ricordo di tanti anni fa, quando ancora studiava
nell’abbazia di Maella
e Angelo si era appena ambientato nel luogo.
Lui
era curvo sui libri
a studiare le regole del sacerdozio di Neos, quando uno dei confratelli
bussò
alla sua porta e lo informò che l’abate Francisco
gli voleva parlare.
Il
giovane dai capelli
neri lasciò tutto e immediatamente raggiunse il vecchio.
-Buon
giorno Abate, come
posso aiutarla?- Fece un piccolo inchino rispettoso.
-Ah,
Marcello. Proprio
te volevo.- L’abate chiuse il vecchio libro di preghiere e
invitò il giovane ad
accomodarsi su una delle sedie presenti.
-Come
va con gli studi?-
Sorrise mostrando un sincero interesse ai progressi del giovane
prodigio.
-Tutto
bene, fra un mese
avrò l’esame di diritto
canonico.- Rispose immediato.
-Capisco…
non ti ho mai
chiesto nulla finora e sei sempre stato un ragazzo molto virtuoso e
intelligente.- Iniziò. Marcello alzò leggermente
lo sguardo seccato, non gli
andavano molto giù le lunghe litanie del vecchio.
-Potresti
prenderti cura
di Angelo quando non ci sarò più?- La richiesta
arrivò rapida come un pugno in
pieno stomaco. Chiedere proprio a lui, una cosa del genere?
-Con
tutto il rispetto
vostra santità, ma non credo di essere portato per questo
genere di cose.-
Cercò una possibile scappatoia.
-Marcello,
non sto
scherzando.- Lo sguardo dell’abate si fece molto serio e
pungente.
-Proprio
per il fatto
che non sei portato per questo genere di cose, io ti ho scelto. Non
credere che
io non sappia che, tu e Angelo, siete gatto e topo.- Alzò un
dito per indicare
proprio il giovane.
-Conosco
la vostra
tragedia e non capisco perché vi ha così divisi,
anzi un evento simile dovrebbe
rendervi ancor più uniti che mai.- Il sacerdote parlava con
voce convinta e
molto profonda.
Marcello
si voltò verso
la finestra e vide suo fratello più piccolo giocare a palla
con i suoi
coetanei.
Provava
una certa
invidia, lui che era figlio di una cameriera e Angelo figlio di un
nobile.
-Marcello,
ascoltami
bene. Essere fratelli non significa essere necessariamente avere lo
stesso
sangue ma significa essere uniti in qualcosa e aiutarsi a vicenda. Tu
sei il
fratello grande che ha il dovere di proteggere il più
piccolo. È uno dei
precetti sacri della dea. Non c’è bisogno che te
lo rimembri. Vero?- Il tono di
voce si fece più basso all’ultima parola.
-No…
padre.- Marcello
inchinò leggermente lo sguardo.
-Puoi
andare, Marcello.
Ho fiducia in te.- Marcello digrignò. Come si permetteva
quel vecchietto di
decidere cosa fare e non fare con la sua volontà?
-Abate!
Proteggerò mio
fratello solo se mi salverà la vita!- Dicendo questo
sbatté la porta.
Francisco
non disse
nulla ma sorrise.
A
poco arrivò un
confratello che aveva ascoltato tutto.
-Padre,
state male?-
Premuroso come suo uso, il confratello volle visitare l’abate.
-No
figliolo, è presto
ancora.- Affermò il vecchio mentre riaprì il
libro.
-Per
che cosa?- L’abate
sospirò.
“Sarà
necessario un male
grande e terribile, un sacrificio immenso e profondo della propria vita
affinché si rinnovi il desiderio di pace e unione tra tutti
i fratelli, da
troppo tempo divisi da amenità terrene.” Pensando
a questo riprese a rileggere
il libro.
-Nulla,
figliolo… torna
alla tua cella.- Il confratello fece un piccolo inchino e
s’allontanò.
Marcello
socchiuse gli
occhi. Come sempre, l’abate Francisco aveva ragione.
Marcello
poteva essere
stato un uomo avido e manipolatore ma non poteva mancare alla sua
parola data.
Avrebbe
vegliato su suo
fratello più piccolo e sulla bambina.
-Angelica…
è un bel
nome.- Sorrise e s’addormentò.
Il
futuro era ancora
tutto da scoprire.
Fine