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Autore: JimGordon96    11/08/2018    1 recensioni
Lui lo ha messo in pericolo, lui ha rischiato di perderlo, di perdere sia lui che suo fratello, forse le due persone che ama di più al mondo senza ammetterlo, e nonostante tutto John è venuto a chiedergli se stesse bene. – John Hamish Watson, non finirà mai di sorprenderlo. Gli ha appena fatto una domanda, semplice, banale, eppure nel suo piccolo non è mai sembrata tanto difficile. Cosa dovrebbe rispondere Sherlock? La verità?, ovvero che da diversi giorni a questa parte sta mettendo in discussione tutte le sue credenze e ciò che fino ad ora lo ha aiutato ad essere l’uomo razionale che è sempre stato? Eppure mentire, mentire fa parte del nostro sistema, le persone mentono, per proteggersi, per far del male o a volte anche, per fare del bene, come ha fatto lui in passato nascondendo al suo migliore amico la verità sulla propria morte. 
Cosa dovrebbe fare, ora, Sherlock? Seguire la logica, o seguire il cuore?
( Johnlock / post season 4. )
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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THE DOUBT.


Sembra un miraggio, ma ora, mentre guarda dalla finestra, può chiaramente osservare quel cumulo di neve attecchita al suolo.  Vedere le strade di Londra coperte da quel colore candido e puro lo fa riflettere. Perché – si domanda spesso – perché le persone amano la neve? Non è altro che una semplice e banale forma atmosferica di acqua ghiacciata cristallina, formata da una moltitudine di minuscoli cristalli di ghiaccio. Eppure per le persone comuni la neve è quasi sinonimo di romanticismo, di libertà, ed è sporgendosi, con ancora il violino in mano, che nota bambini spensierati intenti a lanciarsi contro palline di neve, altri invece, impegnati a formare un pupazzo accanto alla tabaccheria. Un sorriso malinconico appare sul suo viso, perché sa, Sherlock, che in una parte remota della sua mente, quella che cerca di tenere nascosta agli occhi del mondo – sa quanto da bambino amasse la neve, e quanto era felice quando, uscendo dalla porta di casa, mentre gridava il nome di Mycroft nella speranza che giocasse con lui. Ricordi di quell’infanzia quasi dimenticata, ma che nonostante tutto è sempre presente, nel suo palazzo mentale che mai  lo abbandona. Chiude gli occhi  e ricorda.

              Many years ago . . .
 
“ Potete andare a giocare fuori, ma non restate a lungo, l’aria è pungente e non voglio che vi ammaliate. ” la voce della signora Holmes adornava ogni centimetro di quella grande casa oramai coperta da un folto strato di neve. Sorrise a sua madre, sapeva che si preoccupava e sapeva che si preoccuperà sempre per lui. Ma Sherlock aveva soltanto sei anni, per questo le baciò la guancia, la rassicurò di tornare non appena il clima comincerà a diminuire la temperatura, e poi sorridendo uscì fuori, volgendo lo sguardo al cielo, mentre piccoli fiocchi cominciavano a posarsi sul suo viso. 
“ Sherlock! Non stare a stretto contatto con la neve, prenderai un raffreddore, per l’amore del cielo! ” e la voce di suo fratello entrò nella sue orecchie come un gran richiamo. Anche lui si preoccupava, forse anche troppo per i suoi gusti. 
“ Mycroft, sto solo osservando il cielo, non sto cercando di ammalarmi!, invece di fare il musone perché non vieni anche tu? ”
“ Perché il mio compito è badare a te, non prendermi il raffreddore mentre cerco di farlo. ”
“ Musone. Vieni a formare un pupazzo di neve! ” — tutto felice si avvicinò alla soglia di casa così da prendere le mani di Mycroft con le proprie coperte da guanti e trascinarlo fuori in modo che potesse fargli compagnia. Si mise a cercare tutto ciò che poté occorrere per creare forse il più bel pupazzo di neve nei dintorni. Due pigne per i grandi occhi, un piccolo rametto per la bocca, e — manca il naso. Manca solo il naso. Sospirò dunque,  ma gli venne subito in mente un’idea! La penna porta fortuna di Mycroft quella da cui non si separava mai, era perfetta per il pupazzo!
“ Myc, dammi la tua penna! ”
“ — Sherlock, non userai la mia penna come naso di quel coso. ”
“ Per favore .... in questo modo avrà qualcosa di tuo e qualcosa di mio. ” sorrise quindi cercando di mettere su il broncio quasi più adorabile di cui era capace, ( era furbo, il piccolo Sherlock ) e fu sospirando che suo fratello si arrese dandogli la sua penna! Evvai. Missione compiuta. Così quando gliela porse la prese e tutto fu pronto. Un mucchietto di neve su, un mucchietto giù, un po’ a destra, un po’ a sinistra e in men che non si dica dopo quindici minuti ecco pronto il fantastico pupazzo di neve! Con le due pigne al posto degli occhi, il rametto al posto della bocca e la penna come naso. E per tocco finale, la sua sciarpa,  che si sfilò e poi avvolse al collo del pupazzo. Sì, era perfetto.
“ Se avesse anche il tuo ombrello ti somiglierebbe! ” Mycroft rise alla battuta del fratello minore, nonostante continue liti, alla fine si volevano bene. Avevano solo un pessimo modo di dimostrarlo.
“ Sì, non hai tutti i torti fratello caro. Sei un bambino speciale, Sherlock. ”

Il ricordo è svanito. Ha riaperto gli occhi perché un rumore lo ha costretto. Il rumore di una porta che si è aperta. Staccando il viso dalla finestra, poggia il violino sulla sua spalla, e l’archetto comincia a pizzicare le corde ed è così che ricomincia ad intonare quella melodia che poco prima si è interrotta. Compone sempre quando è pensieroso, è la sua caratteristica, di Sherlock, è fatto così. Compone quando le sue emozioni sono difficili da gestire, e per non ascoltarle, per non essere costretto a farlo, si rifugia nel suo mondo dove sa di essere al sicuro. La melodia continua, ma non per questo non ode i passi che piano piano si fanno strada verso la porta di casa. Passi che riconoscerebbe fra mille. Passo felpato ma deciso. Il rumore delle sue scarpe, lisce, tenute in ottime condizioni, ma usate e questo è ciò che gli fa comprendere chi  sta per entrare. Sta per bussare nonostante la porta sia aperta, ma lo interrompe subito. 
« Buonasera, John. » dice dunque, smettendo di suonare, ma lo sguardo non si scompone, rimane fisso ed incastonato sulla finestra oramai appannata causa il freddo. 
“ - Sherlock, come sapevi a s - lascia stare. Domanda stupida. “ nonostante Sherlock non lo stia guardando, intravede dal vetro davanti a  se che si è seduto sulla sua poltrona ed ora lo sta osservando. Non parlano molto, non parlano da tempo, se deve essere davvero onesto, da quando Eurus è stata rinchiusa, da quando lo ha salvato da quel pozzo, da quando entrambi hanno rischiato la morte, per l’ennesima volta. 
« Non aspettavo una tua visita, è successo qualcosa? A Rosie? » i sentimenti sono ancora un libro chiuso per lui, seppur metaforicamente parlando tentasse di aprire quel libro per leggere la prima pagina, non si ritrova con la definizione che gli autori gli hanno dato e per paura o vigliaccheria, lo richiude  sempre, prima di poter andare avanti e capire che forse, lui e le emozioni, sono compatibili, anche se lontani. John lo sa, lui sa sempre tutto, ciò che perfino lui non sa di se stesso, il nostro Sherlock. Perché John riesce a guardarlo dentro, sempre. Per questo è la sua famiglia. 
“ Oh Dio, no. No, Rosie sta bene, è di sotto con Mrs Hudson. Sono solo .. venuto a vedere come stavi. È passato del tempo dall’ultima volta che beh - lo sai. Volevo sapere se fosse tutto a posto. “ 
Se fosse tutto a posto. Lui lo ha messo in pericolo, lui ha rischiato di perderlo, di perdere sia lui che suo fratello, forse le due persone che ama di più al mondo senza ammetterlo, e lui è venuto a chiedergli se stesse bene. – John Hamish Watson, non finirà mai di sorprenderlo. Gli ha appena fatto una domanda, semplice, banale, eppure nel suo piccolo non è mai sembrata tanto difficile. Cosa dovrebbe rispondere Sherlock? La verità?, ovvero che da diversi giorni a questa parte sta mettendo in discussione tutte le sue credenze e ciò che fino ad ora lo ha aiutato ad essere l’uomo razionale che è sempre stato? Eppure mentire, mentire fa parte del nostro sistema, le persone mentono, per proteggersi, per far del male o a volte anche, per fare del bene, come ha fatto lui in passato nascondendo al suo migliore amico la verità sulla propria morte. 
Cosa dovrebbe fare, ora, Sherlock? Seguire la logica, o seguire il cuore?
« Io sto bene, John. Non devi preoccuparti per me. Le convenzionali sociali impongono di chiedere, per gentilezza o cortesia, come sta l’interlocutore con il quale stai scambiando convenevoli, ma non c’è bisogno che tu ti attenga a questa etichetta. » sospira, Sherlock, solo dopo interminabili secondi decide di poggiare il violino nella sua custodia, assieme all’archetto, così da raggiungere John sedendosi nella propria postazione, ovvero poltrona posta di fronte alla sua. Non può fare a meno di osservarlo, le occhiaie sarebbero evidenti anche ad un cieco: è chiaro che Rosie non lo fa dormire la notte. Il picchiettare della sua mano sul braccio della poltrona indica uno stato nervoso, forse la perdita del sonno rem provoca nervosismo, o forse non è solo quello il motivo per cui rimane sveglio la notte. Incubi, lo deduce dal tremolio delle sue labbra, che cercano di non emettere suoni, ma falliscono miseramente. La morte di Mary è stato un avvenimento che ha segnato tutti, anche Sherlock che ancora a distanza di mesi si ritiene responsabile di ciò che è accaduto. Ha giurato di proteggerli, entrambi, ha giurato di non deluderli mai, ed ha infranto quella stessa promessa. John lo ha perdonato, ma c’è differenza fra l’essere perdonato da esterni e il perdonare se stesso. Una differenza che nessuno, tranne lui, può capire. 
“ Ma santo cielo, Sherlock, non ti sto chiedendo come stai per le convenzioni sociali – siamo amici, sei il mio migliore amico e dopo tutto quello che è accaduto negli ultimi mesi credo sia logico perfino per una mente inferiore come la mia pensare che il grande Sherlock Holmes potesse aver bisogno di sfogarsi. Mi preoccupo sempre per te. ” adesso la può vedere, quella lieve ma ben evidente nota di preoccupazione nel tono di voce di John. Nonostante tutto dovrebbe essere abituato Sherlock, alla sua – quasi devastante umanità. Infondo,  John è un sentimentale, un romantico, e rimarrà tale sempre. Non dovrebbe affatto sorprendersi di questo, giusto? Invece lo fa, ogni volta che venga manifestata una qualche forma di emozione, che sia – amicizia, preoccupazione, dolore, felicità – Sherlock non riesce mai a cogliere i giusti segnali e per questo non sa come replicare. Gli occhi non si staccano un secondo da quelli di John, quell’uomo lo aveva salvato tante volte dall’ombra di se stesso e continua a farlo tutt’ora senza rendersene conto; in tutto questo, Sherlock non sa ancora come replicare, per questo si limita a schiarire la voce.
« Tu non hai una mente inferiore. Sì, forse non sarai dotato di un senso dell’osservazione come me, oppure spesso e volentieri tralasci i dettagli importanti ma - » okay, va bene, forse non è .. la miglior risposta che si possa dare, per questo scuote la testa e prosegue. « quello che voglio dire è che ... nella tua semplicità, sei prezioso. Indispensabile, per – noi tutti? » deve sicuramente aggiornare il suo vocabolario dei complimenti, dato che non riesce mai a formularne uno di senso compiuto.
 “ Mi hai appena fatto – hai appena ..? Sherlock, ti senti bene? ” dovrebbe valere come espressione di stupore ma a Sherlock non sfugge quel sorriso quasi compiaciuto che ora adorna il viso del suo blogger. Imbarazzato, ecco come si sente. In imbarazzo. Certe che le emozioni davvero tradiscono il corpo. Può anche restare immobile, impassibile, con lo sguardo puntato in quello di John, ma il corpo – il corpo lo tradisce. Il calore che ora sente lungo le guance, la fatica che ha nel deglutire, quel leggero brontolio allo stomaco, il desiderio di volgere lo sguardo altrove oppure cambiare argomento. Sì – tutti sintomi chiari e semplici del più comune sentimento che un essere umano è capace di provare. Eppure, il detective cerca nonostante tutto di non ascoltare i messaggi che il suo cuore gli sta comunicando. Meglio dar ascolto alla mente.
« Ho solo constatato ciò che è ovvio, John. Non mi spiego la tua sorpresa. » sulla difensiva, ecco come si mette quando tutto sembra andare storto, quando sta perdendo la battaglia. Deve difendersi, - con John tuttavia è così arduo farlo, perché lo conosce, e perché col passare degli anni ha imparato ad aprirsi con lui, ad aprirgli il suo cuore sempre chiuso col lucchetto, sigillato, ma c’è da dire che pur lasciandolo entrare, ancora non gli ha donato la chiave che lo apre del tutto. Per paura, direte voi. Forse, la paura è solo una fiamma, debole, - è come una macchia di inchiostro su un libro bianco. Il libro non è più limpido, non è più libero dalle parole, no, ora è macchiato e niente potrà cancellare quella piccola ma significativa macchia dalla pagina. La paura in Sherlock è presente, in ogni istante, ogni secondo della sua vita, cerca di reprimerla,  perché sa che altro non porterà se non problemi, ma non riesce a non sentire il suo peso quando si poggia sulle sue spalle e deve trasportarla come un grande carico. Fa finta di no, ma non c’è niente per lui che faccia più paura della paura stessa. La paura di perdere coloro che ama, la paura – no, la consapevolezza di avere punti deboli. Talmente preso dai suoi pensieri, Sherlock non si accorge che John ha ripreso a parlare.
“ Riuscirai mai ad accettare il fatto che, sebbene il tuo disappunto, anche tu sei umano e capace di fare complimenti? Perché l’hai appena fatto ed è stato inaspettato, ma piacevole.  ”  sta per ribattere ma la cara Mrs Hudson irrompe nell’appartamento, sorridente, con un braccio una Rosie ancora più sorridente che sporge le braccia verso suo padre. Sherlock alza allora lo sguardo verso di lei, le mani ora congiunte sotto il mento.
“ Scusate l’interruzione – ma la piccola Rosie desiderava tanto il suo papà .. tenga, John. ” gli occhi di Sherlock ora sono puntati su un John felice che con sorriso a trentadue denti prende in braccio sua figlia, sistemandole il vestito e cullandole fra le sue braccia. Inclina la testa di lato, il consulente, e quasi gli viene da sorridere osservando quel quadretto felice. 
In quel momento chiude nuovamente gli occhi, e torna nel proprio palazzo mentale. 



Ora c’è silenzio, nel 221b di Baker Street, John, Rosie e la Mrs Hudson sono svaniti, gli unici presenti, in quella stanza, sono Sherlock in piedi intento a guardarsi intorno, ed una Mary che lo osserva, seduta sulla poltrona di John. 
“ Siamo di nuovo qui, Sherlock. Hai bisogno di me? ” Hai bisogno di me? È ciò che sente, ripetuto più volte, come se ci fosse un eco. No, perchè dovrebbe aver bisogno di lei? Sherlock non ha bisogno di nessuno, non adesso - .
“ Sai che è così, altrimenti non sarei qui.  ” scuote la testa allora, Sherlock, decidendosi infine a sedersi di fronte la moglie di Watson. Se si trova lì, se nel proprio palazzo mentale ha cercato la sua presenza, allora sa che dovrà ascoltarla, dopotutto, è ciò che lui desidera, inconsapevolmente.
« Va bene, ti ascolto. »
“ Non funziona così, Sherlock. Io sono frutto della tua mente, devo aiutarti a capire cosa ti sta attanagliando, ma devi essere tu a dirlo. ”
« Non c’è niente che mi attanaglia, non capisco il motivo della tua presenza. Io sto bene. »
“ Se non ci fosse niente, io non sarei qui. Sei tu che mi hai voluto qui, e tu puoi mandarmi via, ma non finchè non ammetterai il problema. Avanti Sherl, io sono qui, parlami. ”
Parlami, è così facile dirlo a parole, quanto complicato farlo a gesti. Cosa dovrebbe dirle? Qual è questo – grande problema che lo tormentando? Lui è Sherlock Holmes, riesce a decifrare lo stato d’animo di una persona e dire cosa è accaduto a quella stessa persona solo guardando gli occhi e le mani – eppure non riesce a comprendere il perché di quella conversazione improvvisa. E’ frustrante.
“ Pensaci Sherlock – qual è quell’argomento che ti mette in difficoltà? Qual è quell’argomento del quale non riesci a parlare, che non riesci a comprendere nonostante la tua superiore mente? Quale argomento va oltre la tua logica? ” Mary lo sta osservando, in attesa di una risposta. Risposta che non attende ad arrivare. Ha capito. Mary ha capito che ha compreso, dal suo sguardo. Fisso, su un punto indefinito della stanza, bocca semi aperta, in segno di stupore, ma anche consapevolezza – già. Qual è l’argomento?
« Sentimenti. » risponde prontamente, sigillando le labbra. Sì, quei sentimenti che a lui sono sempre risultati estranei ed ora come un’onda su uno scoglio si sono scagliati contro di lui, senza che potesse fermarli.
“ Sentimenti, bravo. ”
« Perché lo stai facendo? Perché mi stai facendo questo? Io non lo merito. Io non ti devo nulla, Mary. » 
“ Perché, come una volta hai detto tu, noi due siamo le persone che amano John più di chiunque altro  in questo mondo ed hai promesso che non l’avremo mai deluso. Non voglio vederlo deluso ancora, Sherl. Voglio vederlo felice, sia lui che Rosie, e so che tu potrai renderlo felice. È — il mio regalo per voi. ” sta sorridendo, Mary. E nel suo sorriso, nello sguardo che ora gli sta rivolgendo capisce che lei ha sempre saputo. Ha sempre saputo ed ha taciuto, esattamente come ha fatto lui. Non ha mai desiderato rovinare la felicità del suo migliore amico, le parole di Mycroft ancora oggi echeggiano a voce alta : enjoy not getting involved. Ha sempre cercato di convincersi che no, non era stato coinvolto, che i sentimenti sono solo quella parte dell’animo umano che rende l’uomo debole, e lui non lo era, non era debole, non è mai stato debole — eppure scrivere il discorso del testimone, vedere John cominciare la sua nuova vita, una vita di cui sapeva non avrebbe fatto parte — aveva fatto crollare ogni certezza con col tempo e con gli anni aveva costruito intorno a sè. Un muro di protezione che con fatica aveva eretto, e che ora pezzo dopo pezzo si stava disintegrando davanti ai suoi occhi. Potrebbe ribattere, potrebbe dire che non è vero, che si sta sbagliando, ma sarebbe inutile, Mary è quella parte recondita di se, quella parte che sta cercando di emergere, di renderlo umano, che lui dispersamente vuole nascondere. Eppure non riesce più, ora non riesce più. 
« Che cosa devo fare? » è ciò che dice quindi, osservando la donna ora soddisfatta. 
“ Comincia col accettare i tuoi veri sentimenti, e poi penseremo al prossimo passo. Una cosa alla volte, Sherlock, una cosa alla volta e tutto andrà bene. Credimi. Non c’è altra persona al mondo che vorrei accanto a John, se non tu. Proteggilo. Ti prego. ”
« Lo farò. — è una promessa. »
“ E so che la manterrai. Grazie. ” no — non dovrebbe dirgli grazie. Perché dovrebbe dirgli grazie? Per mesi ha nascosto una grande verità che ancora non riesce ad ammettere, ma che lei ha capito al primo sguardo, per mesi ha cercato di nascondere ciò che da tempo temeva sarebbe avvenuto — le emozioni sono e saranno sempre un’arma a doppio taglio, come le parole, che volente o nolente feriscono più di una lama. Ed è in quel momento che rammenta ogni frase, ogni parola sussurrata da esterni.
 
" Ci sono due camere da letto, se ve ne occorrono due. "
" Vi porto una candela, sarà più romantico. "
" Ti brucerò il cuore, sappiamo entrambi che lo hai. "
" Amare non è un vantaggio. " 
" Sei triste, quando pensi che lui non ti veda. " 
" Divertiti a non farti coinvolgere. " 
" Lui è della famiglia. "
 
Riapre gli occhi. Tutto gli è chiaro adesso. Mary è svanita, vede nuovamente John abbracciare la bambina, ed è lì che capisce. Capisce cosa deve fare, capisce cosa deve dire. 
« John? Forse è prematuro, forse avrai altri impegni, ma venite qui, a Natale. Organizziamo una di quelle – ridicole – ehm- simpatiche cene che ami tanto. Con Gavin, Molly, e tutto il resto. »
Dire che John sia sorpreso è dire davvero poco, Sherlock lo vede dalla sua espressione fin troppo stupita e che – lo sta mettendo a disagio, un po’. Ha per caso detto qualcosa di sbagliato senza rendersene conto?
« Non va bene? Ho detto qualcosa di sbagliato?  »
“ No, no è che – tu non festeggi mai il Natale, la consideri una festività ridicola ... ”
«  Lo è, trovo ridicola l’idea che bisogna festeggiare la nascita di un uomo che sanno tutti non essere nato davvero a dicembre, se solo le persone leggessero di più. – ma, tu dici sempre che a Natale si è tutti più buoni, con queste strane credenze, quindi - »
“ Proprio non riesci ad essere o dolce o totalmente stronzo, vero? Devi sempre essere una via di mezzo.   ” però John sorride, e se sorride – è un buon segno, giusto? “ Va bene, festeggeremo tutti qui insieme, con Greg, Molly, e Mycroft, Sherlock. ”
«  Mycroft non crede nelle convenzioni sociali, e tanto meno è il tipo da partecipare ad una festa. Ma se vuoi un musone in casa, invitalo pure. »
“ Neppure tu sei tipo da festa, eppure eccoci qua. E sia, il 25 organizzeremo una fantastica cena. Con tanti regali, sei felice Rosie? ” 
Bene, John ha detto sì, il primo passo è compiuto e Sherlock può tirare un sospiro di solievo, quanti sacrifici bisogno fare per ----- no, non è ancora pronto a dirlo. Ma lo sarà, spera.
 
 
“ Andrà bene, Sherl. ” da lontano intravede la figura di Mary fargli l’occhiolino, felice ed orgogliosa.
Va bene, quindi il prossimo passo sarà riuscire a resistere ad una festa piena di persone. Cosa mai potrebbe andare storto?

 

               
               
               
               
               
               
               
               
               
               
               
               
               
               
               
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Eccomi qua! La mia prima storia riguardo Sherlock. Amo da morire questa serie e come spero si sia capito amo la coppia Sherlock/John, e la sola idea che potrebbe non esserci una season 5 mi deprime ma . . la speranza è l'ultima a morire! Con questa ff vorrei cercare di descrivere i sentimenti di Sherlock e il percorso che intraprenderà per accettarli. ( così come John. ) E se vi piace, niente, commentate. Qualsiasi commento è ben accetto!

Al prossimo capitolo! 

xo xo xo.


 
   
 
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